Serie TV > Squadra Speciale Cobra 11
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Autore: sophie97    19/12/2018    2 recensioni
“Ho subìto un danno. Le persone danneggiate sono pericolose. Sanno di poter sopravvivere... È la sopravvivenza che le rende tali... perché non hanno pietà. Sanno che gli altri possono sopravvivere, come loro.” (Il danno, 1992)
14 Novembre, Colonia, un giorno grigio come tanti.
Una storia che comincia come una storia qualsiasi, con un istante di vita. Rapporti incrinati, il riemergere di un passato che fa paura, una serie di piccoli, fatali errori compiuti uno dopo l’altro, fino alla rovina. Fino a quando non si smette di vivere, per iniziare a sopravvivere.
Storia che nulla ha a che fare con la mia serie ancora in corso; storia triste e drammatica, ne sono consapevole. Ma mi piacerebbe ugualmente condividerla con voi.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andrea Schafer, Ben Jager, Nuovo personaggio, Semir Gerkan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dal capitolo precedente:


"«Devo tornare da lui... devo stargli vicino.» balbettò Ben, allontanando nonostante ciò la mano dalla maniglia.

Maggie scosse il capo, lentamente.
«Lascialo solo... da domani gli starai vicino, ma ora lascialo solo, Ben.».
Ben la guardò negli occhi.
Annuì con un sospiro."


Mai sola

GIORNO 30.

Aida Gerkhan sbuffò rumorosamente.
La casa della nonna era vuota, terribilmente vuota.
Dopo aver fatto colazione, andò in camera a vestirsi, ma poi si fermò udendo qualcuno singhiozzare.
Cautamente, aprì la porta, avvicinandosi alla soglia della cucina e notando la nonna seduta al tavolo, con la testa stretta tra le mani e le guance rigate dalle lacrime.
Sospirò, piano, senza farsi vedere. Quindi tornò in camera, finì di vestirsi e estrasse dall’armadio lo zainetto che usava normalmente per la scuola.
Lo riempì con l’ombrellino, la giacca che si era tolta entrando la sera prima, e il suo pupazzo preferito, quello che le aveva regalato zio Ben e che aveva sempre dormito con lei.
Chiuse lo zaino, attraversò il salotto in punta di piedi stando bene attenta che la nonna non si accorgesse di niente e abbassò piano la maniglia della porta di casa.
Poi uscì chiudendosi la porta alle spalle, senza guardarsi indietro.

La Kruger si strinse nelle spalle e incrociò le mani sopra al ripiano della propria scrivania, guardando il suo ispettore con preoccupazione.
«Allora, novità dall’ospedale?».
Ben, seduto di fronte a lei, sospirò scuotendo il capo.
«Jager, mi dica come sta Gerkhan. So che si è svegliato tre giorni fa, mi è stato detto che non poteva ricevere visite e quindi le ho chiesto di tenermi aggiornata, ma vedo che non...».
«Commissario, come vuole che stia?» la interruppe il poliziotto, bruscamente «Ieri gli ho dovuto dire tutto... gli ho dovuto dire di Andrea, di sua figlia, delle gambe...».
La donna abbassò lo sguardo.
«Come l’ha presa?» gli chiese, dopo qualche attimo di silenzio.
«Ha voluto che lo lasciassi solo.» ricordò Ben, con un sospiro «È troppo da sopportare, capo. Io non so davvero se ce la farà.».
La Kruger annuì «Io so che Semir ce la farà. E anche lei dovrebbe crederci. E poi, Jager... dovrebbe tornare un po’ a lavorare, ormai sono passate due settimane da quando li abbiamo trovati e...».
«Certo, e magari dovrei anche trovarmi un nuovo collega, non è così?» sbottò l’ispettore, alzando la voce.
«Non ho detto questo, Jager.» ribadì Kim, con un sospiro «Cerchi di capire, lo sto dicendo per lei.».
Ben aprì la bocca per ribattere, ma venne interrotto da un leggero picchiettio sul vetro alle sue spalle: qualcuno stava bussando alla porta dell’ufficio.

«Principessa, che cosa ci fai qui?» fece Ben, sorpreso, aprendo la porta a vetri e trovandosi davanti la piccola Gerkhan.
Aida sorrise e alzò le spalle «Cercavo te, zio Ben.».
Il ragazzo la prese in braccio, mentre la Kruger, sempre seduta dietro alla propria scrivania, assisteva divertita alla scena.
«E sei venuta fino a qui da sola? Dov’è la nonna?» domandò il poliziotto, portandola dentro all’ufficio e facendola sedere sull’altra sedia di fronte alla scrivania.
La bambina si sistemò sul cuscino, lanciò una breve occhiata intimorita alla Kruger e poi tornò a rivolgersi a Ben, alzando gli occhi al cielo.
«La nonna è a casa e piange.» sentenziò.
Il poliziotto corrugò la fronte, ma Kim si allertò subito.
«Tua nonna non sa che sei qua?».
Aida scosse il capo, risoluta.
«Jager, la chiami subito, sarà preoccupata.».
Ben fece come il commissario gli aveva ordinato. Fortunatamente, la bambina conosceva a memoria il numero di telefono della nonna e lui riuscì a contattare Helen senza problemi.
L’anziana signora si era appena accorta della scomparsa della nipote ed era già stata presa dal panico, ma Ben la tranquillizzò e le disse che l’avrebbe tenuta lui per un po’.
Helen acconsentì, sollevata. Sapeva di potersi fidare di quel giovane poliziotto ed era contenta che la sua bambina fosse al sicuro e soprattutto con qualcuno che, in quel momento, sarebbe sicuramente stato più in grado di badare alla piccola rispetto a lei.
Terminata la telefonata, Ben tornò a rivolgersi ad Aida.
«Allora, principessa? Vuoi che ti porti a fare un giro?».
La bambina scosse il capo, seria.
«Mi porti da papà?».
L’ispettore le sorrise «Certo che ti porto da papà, andiamo. Capo, non ha bisogno di me?» aggiunse, rivolto alla Kruger.
Lei scosse il capo e li salutò con un sorriso, mentre Ben e Aida si allontanavano mano nella mano.

Ben guidò fino all’ospedale con estrema calma e dal momento che in macchina la bambina sembrava non avere intenzione di proferir parola, fu lui a parlare per primo.
«Aida, come mai sei scappata da casa della nonna?» domandò, con il tono più accomodante possibile.
«La nonna piangeva, di nuovo.» rispose lei, guardando fuori dal finestrino «A casa la nonna piange sempre e io non ne potevo più.».
Ben sospirò, svoltando a destra e immettendosi nel parcheggio del grosso edificio.
«La nonna sarà molto stanca, Aida, e triste...».
«Sì, ma anche io sono stanca. E mi manca Lily.» disse la bambina, tutto d’un fiato.
Ben finì la manovra di parcheggio, poi si voltò a guardarla.
Lei aveva gli occhi asciutti e sosteneva il suo sguardo, ma era ovvio che soffrisse. Era solo una bambina e si trovava in una situazione che lui non avrebbe mai e poi mai augurato a nessuno.
«E poi mi mancano anche mamma e papà... e la mamma non si sveglia.» aggiunse Aida, in un sussurro.
«Lo so, principessa, capisco come ti senti. Ma sono sicuro che le cose miglioreranno, e tu devi essere forte.».
La bambina annuì, poco convinta.
«Comunque ora andiamo da papà?» fece poi, aprendo lo sportello per scendere dalla Mercedes parcheggiata.

Ben e Aida entrarono nella stanza, trovando Semir disteso sul letto nella stessa identica posizione in cui Ben lo aveva lasciato il giorno prima.
Aveva gli occhi chiusi, ma li aprì non appena sentì la maniglia abbassarsi.
Quando vide sua figlia correre verso di lui, accennò a un sorriso.
«Cucciolo... ciao.».
«Come stai papi?» domandò la bambina, subito dopo avergli dato un bacio sulla guancia.
«Bene cucciolo... e tu?».
«Bene.» esclamò lei, di nuovo improvvisamente allegra «Zio Ben mi ha portato qui appena gliel’ho chiesto.».
Semir lanciò un occhiata al collega, rimasto fermo poco distante dal letto.
«Grazie Ben.».
«Dovere, socio.» rispose il più giovane, con un sorriso.
Poi iniziò a fingersi interessato ai vari apparecchi che monitoravano le funzioni vitali dell’amico, lasciando così Aida e il padre alla loro conversazione.
Aida gli raccontò di cosa avesse sognato quella notte, del fatto che il giorno prima con la nonna aveva cucinato una torta buonissima e di avere un po’ di disegni da portare a fargli vedere.
Parlò a ruota libera per quasi un quarto d’ora, poi improvvisamente si fermò e nella stanza calò il silenzio.
«Perché ti sei fermata, cucciolo?» domandò Semir, dopo qualche secondo.
La bambina alzò le spalle, con un’espressione buffa dipinta sul viso «Mi sa che ho parlato un po’ troppo velocemente, papi.».
Poi entrambi sorrisero e anche a Ben, vedendoli, venne da sorridere.
Poteva solo immaginare quanto stesse male Semir, e vederlo sorridere nonostante tutto gli faceva immensamente piacere. La potenza di quella bambina era incredibile.
«Ora vorrei andare dalla mamma, posso zio Ben?».
Il giovane ispettore la guardò con tenerezza «Ma certo che puoi. Sai dov’è, in fondo al corridoio, se inizi ad andare io ti raggiungo tra cinque minuti e prima dico una cosa al tuo papà.».
«Va bene. Ciao papi, vado dalla mamma.» disse allora lei, rivolta al padre.
Semir annuì leggermente «Aida... dai un bacio alla mamma da parte mia, va bene?».
La bambina annuì e uscì sorridente dalla stanza.
Percorse con decisione il corridoio ed entrò nella stanza della mamma facendo bene attenzione a non far rumore.
La prima cosa che fece, fu avvicinarsi al letto e darle un bacio.
«Ciao mamma, questo è da parte di papà.» le disse, come se Andrea potesse sentirla e risponderle.
Poi, cominciò a parlarle.

Quando furono rimasti soli, Ben prese posto sulla sedia accanto al letto su cui era disteso l’amico, a cui il sorriso era scomparso dal volto nell’esatto istante in cui la figlia aveva messo piede fuori dalla stanza.
«Ehi socio... sai che la tua bambina è un’eroina?» esordì il giovane ispettore «È scappata di casa stamattina, questa furbetta.».
Semir strinse gli occhi e corrugò la fronte «Scappata di casa? Come... come scappata?».
«Eh sì, voleva venire a trovarmi ed è venuta da sola fino in commissariato. È stata bravissima. Poi ho avvertito io la mamma di Andrea, non ti preoccupare.».
«Si sarà spaventata...».
«Sì socio, ma sinceramente non me la sono sentita di rimproverare Aida. È fin troppo brava...».
Nessuno dei due parlò per un po’, poi fu di nuovo Ben a riprendere in mano la conversazione.
«Come stai, socio?».
«Meglio...».
«Non intendevo fisicamente.».
Semir lo guardò senza rispondere.
«Socio, forse parlare ti aiuterebbe.».
«Che cosa vuoi sentirti dire, Ben?».
Il ragazzo sospirò «Niente, Semir, vorrei solo poterti aiutare.».
«Allora... pensa ad Aida, Ben.» rispose l’altro, in un sussurro «Pensa ad Aida perché... non voglio che si senta sola e io... io non posso aiutarla. Quindi pensa ad Aida...».
Ben annuì, piano.
«Non ti preoccupare, socio. La tua principessa non sarà mai sola.».

N.d.A.
Piccolo e di passaggio... se non riuscissi ad aggiornare prima, buone feste a tutti!
Sophie

  
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