"«Devo tornare da lui... devo stargli vicino.» balbettò Ben, allontanando nonostante ciò la mano dalla maniglia.
Maggie scosse il capo, lentamente.
«Lascialo solo... da domani gli starai vicino, ma ora lascialo solo, Ben.».
Ben la guardò negli occhi.
Annuì con un sospiro."
Mai sola
GIORNO 30.
Aida
Gerkhan sbuffò rumorosamente.
La casa della nonna era vuota, terribilmente vuota.
Dopo aver fatto colazione, andò in camera a vestirsi, ma poi
si fermò udendo
qualcuno singhiozzare.
Cautamente, aprì la porta, avvicinandosi alla soglia della
cucina e notando la
nonna seduta al tavolo, con la testa stretta tra le mani e le guance
rigate
dalle lacrime.
Sospirò, piano, senza farsi vedere. Quindi tornò
in camera, finì di vestirsi e
estrasse dall’armadio lo zainetto che usava normalmente per
la scuola.
Lo riempì con l’ombrellino, la giacca che si era
tolta entrando la sera prima,
e il suo pupazzo preferito, quello che le aveva regalato zio Ben e che
aveva
sempre dormito con lei.
Chiuse lo zaino, attraversò il salotto in punta di piedi
stando bene attenta
che la nonna non si accorgesse di niente e abbassò piano la
maniglia della
porta di casa.
Poi uscì chiudendosi la porta alle spalle, senza guardarsi
indietro.
La
Kruger si strinse nelle spalle
e incrociò le mani sopra al ripiano della propria scrivania,
guardando il suo
ispettore con preoccupazione.
«Allora, novità
dall’ospedale?».
Ben, seduto di fronte a lei, sospirò scuotendo il capo.
«Jager, mi dica come sta Gerkhan. So che si è
svegliato tre giorni fa, mi è
stato detto che non poteva ricevere visite e quindi le ho chiesto di
tenermi
aggiornata, ma vedo che non...».
«Commissario, come vuole che stia?» la interruppe
il poliziotto, bruscamente
«Ieri gli ho dovuto dire tutto... gli ho dovuto dire di
Andrea, di sua figlia,
delle gambe...».
La donna abbassò lo sguardo.
«Come l’ha presa?» gli chiese, dopo
qualche attimo di silenzio.
«Ha voluto che lo lasciassi solo.»
ricordò Ben, con un sospiro «È troppo
da
sopportare, capo. Io non so davvero se ce la
farà.».
La Kruger annuì «Io so che Semir ce la
farà. E anche lei dovrebbe crederci. E
poi, Jager... dovrebbe tornare un po’ a lavorare, ormai sono
passate due
settimane da quando li abbiamo trovati e...».
«Certo, e magari dovrei anche trovarmi un nuovo collega, non
è così?» sbottò
l’ispettore, alzando la voce.
«Non ho detto questo, Jager.» ribadì
Kim, con un sospiro «Cerchi di capire, lo
sto dicendo per lei.».
Ben aprì la bocca per ribattere, ma venne interrotto da un
leggero picchiettio
sul vetro alle sue spalle: qualcuno stava bussando alla porta
dell’ufficio.
«Principessa,
che cosa ci fai
qui?» fece Ben, sorpreso, aprendo la porta a vetri e
trovandosi davanti la
piccola Gerkhan.
Aida sorrise e alzò le spalle «Cercavo te, zio
Ben.».
Il ragazzo la prese in braccio, mentre la Kruger, sempre seduta dietro
alla
propria scrivania, assisteva divertita alla scena.
«E sei venuta fino a qui da sola? Dov’è
la nonna?» domandò il poliziotto,
portandola dentro all’ufficio e facendola sedere
sull’altra sedia di fronte
alla scrivania.
La bambina si sistemò sul cuscino, lanciò una
breve occhiata intimorita alla
Kruger e poi tornò a rivolgersi a Ben, alzando gli occhi al
cielo.
«La nonna è a casa e piange.»
sentenziò.
Il poliziotto corrugò la fronte, ma Kim si
allertò subito.
«Tua nonna non sa che sei qua?».
Aida scosse il capo, risoluta.
«Jager, la chiami subito, sarà
preoccupata.».
Ben fece come il commissario gli aveva ordinato. Fortunatamente, la
bambina
conosceva a memoria il numero di telefono della nonna e lui
riuscì a contattare
Helen senza problemi.
L’anziana signora si era appena accorta della scomparsa della
nipote ed era già
stata presa dal panico, ma Ben la tranquillizzò e le disse
che l’avrebbe tenuta
lui per un po’.
Helen acconsentì, sollevata. Sapeva di potersi fidare di
quel giovane
poliziotto ed era contenta che la sua bambina fosse al sicuro e
soprattutto con
qualcuno che, in quel momento, sarebbe sicuramente stato più
in grado di badare
alla piccola rispetto a lei.
Terminata la telefonata, Ben tornò a rivolgersi ad Aida.
«Allora, principessa? Vuoi che ti porti a fare un
giro?».
La bambina scosse il capo, seria.
«Mi porti da papà?».
L’ispettore le sorrise «Certo che ti porto da
papà, andiamo. Capo, non ha
bisogno di me?» aggiunse, rivolto alla Kruger.
Lei scosse il capo e li salutò con un sorriso, mentre Ben e
Aida si
allontanavano mano nella mano.
Ben
guidò fino all’ospedale con
estrema calma e dal momento che in macchina la bambina sembrava non
avere
intenzione di proferir parola, fu lui a parlare per primo.
«Aida, come mai sei scappata da casa della nonna?»
domandò, con il tono più
accomodante possibile.
«La nonna piangeva, di nuovo.» rispose lei,
guardando fuori dal finestrino «A
casa la nonna piange sempre e io non ne potevo
più.».
Ben sospirò, svoltando a destra e immettendosi nel
parcheggio del grosso
edificio.
«La nonna sarà molto stanca, Aida, e
triste...».
«Sì, ma anche io sono stanca. E mi manca
Lily.» disse la bambina, tutto d’un
fiato.
Ben finì la manovra di parcheggio, poi si voltò a
guardarla.
Lei aveva gli occhi asciutti e sosteneva il suo sguardo, ma era ovvio
che
soffrisse. Era solo una bambina e si trovava in una situazione che lui
non
avrebbe mai e poi mai augurato a nessuno.
«E poi mi mancano anche mamma e papà... e la mamma
non si sveglia.» aggiunse
Aida, in un sussurro.
«Lo so, principessa, capisco come ti senti. Ma sono sicuro
che le cose
miglioreranno, e tu devi essere forte.».
La bambina annuì, poco convinta.
«Comunque ora andiamo da papà?» fece
poi, aprendo lo sportello per scendere
dalla Mercedes parcheggiata.
Ben
e Aida entrarono nella
stanza, trovando Semir disteso sul letto nella stessa identica
posizione in cui
Ben lo aveva lasciato il giorno prima.
Aveva gli occhi chiusi, ma li aprì non appena
sentì la maniglia abbassarsi.
Quando vide sua figlia correre verso di lui, accennò a un
sorriso.
«Cucciolo... ciao.».
«Come stai papi?» domandò la bambina,
subito dopo avergli dato un bacio sulla
guancia.
«Bene cucciolo... e tu?».
«Bene.» esclamò lei, di nuovo
improvvisamente allegra «Zio Ben mi ha portato
qui appena gliel’ho chiesto.».
Semir lanciò un occhiata al collega, rimasto fermo poco
distante dal letto.
«Grazie Ben.».
«Dovere, socio.» rispose il più giovane,
con un sorriso.
Poi iniziò a fingersi interessato ai vari apparecchi che
monitoravano le
funzioni vitali dell’amico, lasciando così Aida e
il padre alla loro
conversazione.
Aida gli raccontò di cosa avesse sognato quella notte, del
fatto che il giorno
prima con la nonna aveva cucinato una torta buonissima e di avere un
po’ di
disegni da portare a fargli vedere.
Parlò a ruota libera per quasi un quarto d’ora,
poi improvvisamente si fermò e
nella stanza calò il silenzio.
«Perché ti sei fermata, cucciolo?»
domandò Semir, dopo qualche secondo.
La bambina alzò le spalle, con un’espressione
buffa dipinta sul viso «Mi sa che
ho parlato un po’ troppo velocemente, papi.».
Poi entrambi sorrisero e anche a Ben, vedendoli, venne da sorridere.
Poteva solo immaginare quanto stesse male Semir, e vederlo sorridere
nonostante
tutto gli faceva immensamente piacere. La potenza di quella bambina era
incredibile.
«Ora vorrei andare dalla mamma, posso zio Ben?».
Il giovane ispettore la guardò con tenerezza «Ma
certo che puoi. Sai dov’è, in
fondo al corridoio, se inizi ad andare io ti raggiungo tra cinque
minuti e
prima dico una cosa al tuo papà.».
«Va bene. Ciao papi, vado dalla mamma.» disse
allora lei, rivolta al padre.
Semir annuì leggermente «Aida... dai un bacio alla
mamma da parte mia, va
bene?».
La bambina annuì e uscì sorridente dalla stanza.
Percorse con decisione il corridoio ed entrò nella stanza
della mamma facendo
bene attenzione a non far rumore.
La prima cosa che fece, fu avvicinarsi al letto e darle un bacio.
«Ciao mamma, questo è da parte di
papà.» le disse, come se Andrea potesse
sentirla e risponderle.
Poi, cominciò a parlarle.
Quando
furono rimasti soli, Ben
prese posto sulla sedia accanto al letto su cui era disteso
l’amico, a cui il
sorriso era scomparso dal volto nell’esatto istante in cui la
figlia aveva
messo piede fuori dalla stanza.
«Ehi socio... sai che la tua bambina è
un’eroina?» esordì il giovane ispettore
«È scappata di casa stamattina, questa
furbetta.».
Semir strinse gli occhi e corrugò la fronte
«Scappata di casa? Come... come
scappata?».
«Eh sì, voleva venire a trovarmi ed è
venuta da sola fino in commissariato. È
stata bravissima. Poi ho avvertito io la mamma di Andrea, non ti
preoccupare.».
«Si sarà spaventata...».
«Sì socio, ma sinceramente non me la sono sentita
di rimproverare Aida. È fin
troppo brava...».
Nessuno dei due parlò per un po’, poi fu di nuovo
Ben a riprendere in mano la
conversazione.
«Come stai, socio?».
«Meglio...».
«Non intendevo fisicamente.».
Semir lo guardò senza rispondere.
«Socio, forse parlare ti aiuterebbe.».
«Che cosa vuoi sentirti dire, Ben?».
Il ragazzo sospirò «Niente, Semir, vorrei solo
poterti aiutare.».
«Allora... pensa ad Aida, Ben.» rispose
l’altro, in un sussurro «Pensa ad Aida
perché... non voglio che si senta sola e io... io non posso
aiutarla. Quindi
pensa ad Aida...».
Ben annuì, piano.
«Non ti preoccupare, socio. La tua principessa non
sarà mai sola.».
N.d.A.
Piccolo e di passaggio... se non riuscissi ad aggiornare prima, buone
feste a
tutti!
Sophie