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Autore: OnlyHope    21/12/2018    10 recensioni
I ricordi riaffiorano lievi durante la vigilia di Natale, come la neve che si posa eccezionalmente sul presente.
Un presente fatto di desideri che sono diventati realtà e di sogni tramutati in luoghi...
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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All I want for Christmas is you





La neve…
Scende lieve posandosi sul mondo, coprendo tutto con il suo candore.
Lenta si stacca dal cielo dondolando nell’aria, lasciando che il vento la faccia danzare.
Quelle che osservo oltre la finestra sembrano piccole sfere bianche, ma in realtà ogni fiocco racchiude in sé un complesso incastro geometrico, composto da cristalli di ghiaccio che si sono aggregati in maniera perfetta e unica nell’atmosfera…
Sorrido serenamente prima di portare la tazza fumante alle labbra.
L’aroma del tè imprigionato nel vapore entra nelle mie narici, sottolineando così il sapore deciso che assaporo con la bocca.
Appoggio la fronte alla finestra.
Il contrasto tra la superficie gelida e il mio corpo avvolto nella coperta, estremamente caldo, mi dona un piccolo brivido, mentre le luci bianche alle mie spalle sembrano tremare nel riflesso del vetro.
Istintivamente mi volto verso l’albero addobbato con cura per poterle mettere a fuoco nella penombra della stanza, illuminata a stento dalle candele accese poco prima che facesse buio.
Un altro sorriso distende inevitabilmente le mie labbra, perché questo è uno dei motivi per cui mi piace l’Europa.
Natale qui non si festeggia esclusivamente in un unico giorno fatto di luci, torte graziose e passeggiate romantiche tra le luminarie.
L’atmosfera natalizia rimane in sospeso nell’aria per settimane, a partire dalle precedenti di preparazione fino all’arrivo dell’anno nuovo.
Unico neo: l’assenza della neve, perché Barcellona non è come la mia Nankatsu.
Ma una natura sorprendentemente generosa ha voluto stupirmi, esaudendo anche l’unico desiderio che sembrava impossibile, tra i tanti formulati nel mio cuore in questo primo Natale in Spagna.
E così i tetti sono eccezionalmente bianchi, proprio come le strade e la baia, dove ora è una leggera coltre bianca a limitare il mare al posto della sabbia.
Sorseggio ancora un po’ di tè mentre osservo la neve che continua a cadere miracolosamente sopra Barcellona.
Un movimento alle mie spalle però attira inevitabilmente tutta la mia attenzione, così poggio la tazza sul davanzale prima di raggiungere il divano.
Non posso evitare di sorridere ancora dolcemente quando mi siedo a terra, non prima però di aver scostato parte della coperta dalle mie spalle e averla poggiata sulle sue, con estrema delicatezza in modo da non svegliarlo.
Quando poggio il mento sul tessuto chiaro, mi fermo a guardare il suo viso vicinissimo, illuminato debolmente dal tremolio delle candele e dai giochi di luce dell’albero a poca distanza.
Dalle labbra socchiuse fuoriesce imperturbabile il suo respiro, nella pace di quella che ora è la nostra casa.  
Assaporo ancora il silenzio mentre sospiro soddisfatta.
Tra qualche giorno questa calma sarà solo un ricordo lontano e anche se non vedo l’ora che il chiasso di Nankatsu rimbombi per le stanze, qui nella diversa e lontana Catalogna, non posso evitare di essere felice per questo Natale solo per noi due.
Delicatamente sfioro la sua fronte prima di poggiare la guancia al cuscino e chiudere gli occhi, lasciando così che i ricordi si affaccino lentamente nella mia mente, come neve che si posa piano sulle mie memorie.


Un errore…
Ah no! Eccone un altro!
Anzi, sono tre…
Con uno sbuffo sonoro, poggio i ferri e la lana sul banco.
Nell’impeto la rivista che dovrebbe aiutarmi con semplici e veloci istruzioni, cade a terra rovinosamente, come a voler sottolineare il mio totale fallimento.
Nella solitudine della classe mi lascio andare allo sconforto, emettendo un lamento rumoroso e prolungato mentre gli occhi si posano ancora una volta su quelli che dovrebbero essere dei guanti di lana, ma che in realtà somigliano più a un polipo… che non ha fatto proprio una bella fine!
“Ma che versi fai, Sanae?”
La voce di Yukari mi fa trasalire.
Con un balzo copro il banco con il busto e le braccia, terrorizzata all’idea che possa esserci qualcun altro insieme a lei.
Quando mi volto a guardarla però, scopro con sollievo che è da sola e fregandomene del suo sguardo allibito, accentuato dalle sopracciglia nere tremendamente ricurve, mi appoggio nuovamente allo schienale della sedia, sospirando vistosamente.
“Non ti ho vista a pranzo, mi chiedevo che fine avessi fatto!”
“Ho mangiato un boccone al volo qui in aula, per non perdere tempo…”
La mia migliore amica si avvicina di un passo, tenendo le mani dietro la schiena e inclinando il busto.
Il collo teso verso la lana che giace scomposta sul piano del banco.
Un’occhiata veloce poi la sua testa si volta di scatto verso di me, facendo oscillare impetuosamente la lunga coda di cavallo.
“Che stai facendo?” chiede, abbassandosi per raccogliere la rivista.
“Mi sto esercitando a lavorare a maglia… non è chiaro?”
Yukari annuisce sorpresa mentre sfoglia le pagine fino a raggiungere quella con il segnalibro adesivo rosso, nella sezione dedicata agli accessori.
La sua attenzione si concentra sui passaggi più ostici che ho evidenziato con un pennarello, prima che il suo sguardo si posi di nuovo sull’intreccio di lana ancora attaccato ai ferri, in bella mostra sul mio banco.
“Come ti sembrano?” domando con un po’ di titubanza.
“Sono per Tsubasa?” ribatte, senza girare intorno agli argomenti come al suo solito.
Annuisco, cercando d’ignorare il calore che si sta propagando istantaneamente sulle mie guance.
“È un regalo di Natale?” chiede ancora, sorridendo allusiva.
“Dovrebbe… Ma sono una frana! Non faccio che sbagliare e se continua così, non credo che riuscirò a finirli in tempo per la vigilia…”
“E quelli per gli altri ragazzi della squadra dove sono?”
Interdetta, sbatto le palpebre più volte mentre apro e chiudo la bocca come i pesci.
Muta come un pesce per la precisione.
Yukari scoppia a ridere, divertita per il mio imbarazzo, dato che è perfettamente conscia del mio debole per il Capitano, nonostante non le abbia mai confidato nulla esplicitamente.
“Farai in tempo, Sanae. Ti aiuterò io!” esclama, sedendosi accanto a me dopo aver trascinato una sedia rumorosamente.
“Sai lavorare a maglia?!” le chiedo senza calibrare l’entusiasmo nella mia voce.
Yukari annuisce, alzando il mento in una posa spavalda, la sua coda oscilla ancora vistosamente.
Un sorriso felice distende allora le mie labbra ma non ho tempo di rilassarmi oltre, perché delle voci in lontananza catalizzano tutta la mia attenzione.
Riconosco il tono caldo di Tsubasa, al quale seguono una battuta d’Ishizaki e le risate divertite di altri ragazzi della squadra.
“Metti via tutto!” mi ordina Yukari, prima di lanciarsi verso la porta della mia classe e fare capolino in corridoio.
Senza perdere tempo, infilo velocemente il mio prezioso segreto nella cartella mentre la mia migliore amica si para davanti al gruppo di ragazzi per temporeggiare, fingendo di fare ritorno nella sua aula.
Porto una mano al petto e sospiro, sentendola battibeccare proprio con Ryo come d’abitudine, perché non oso immaginare cosa sarebbe successo se non avessi fatto in tempo a nascondere tutto!


Le mani dietro alla schiena stringono il pacchetto, tenendolo così nascosto alla vista altrui.  
Sul viso un sorriso di plastica mentre spero che a nessuno venga in mente d’insistere ancora o di farmi altre domande.
Yukari come sempre si erge allora a mia paladina e con fare un po’ intimidatorio spinge quasi letteralmente i ragazzi della squadra via da bordo campo.
Ishizaki protesta per l’intromissione ma la mia migliore amica borbotta un qualcosa, capace di attirare l’attenzione anche di Kisugi, Izawa e Taki.
Il gruppetto annuisce sghignazzando mentre li osservo allontanarsi tra schiamazzi vari e risolini.
Un sospiro sollevato mi sgonfia il petto quando li vedo scomparire oltre l’angolo, senza che nessuno abbia fatto o detto alcunché per convincermi ad andarmene con loro.
Il rumore del cuoio contro gli scarpini torna a essere così, l’unico suono in competizione con i battiti del mio cuore.
Prendendo un grosso respiro mi volto in direzione del campo.
Tsubasa sta calciando l’ennesimo pallone contro la porta vuota, completamente assorto nel suo mondo e per nulla consapevole della mia presenza.
In verità non credo abbia sentito nemmeno le lamentele dei suoi compagni, che fino a pochi minuti fa non facevano che incitarlo a tornare a casa.
È impegnato a creare un nuovo tiro e questo è il suo obbiettivo ora, ma nonostante il suo innegabile talento non si può comunque definire un’impresa facile la sua.
L’ultimo pallone della cesta s’insacca nella rete proprio ora.
Tsubasa fissa la porta, portando le mani sui fianchi mentre riprende fiato.
Ma passano solo pochi secondi prima che torni a curvarsi a raccogliere ogni palla, pronto a iniziare un’altra serie di tiri in solitaria.
Decido allora di aiutarlo, anche per avere un pretesto per parlagli…
Dopo aver posato velocemente il pacchetto su una panchina, mi dirigo con passi decisi verso l’area di rigore, prendendo un paio di palloni tra le braccia strada facendo.
Quando mi avvicino alla cesta e li lascio cadere all’interno, Tsubasa si accorge finalmente di me e mi saluta stupito, facendo poi rotolare altre sfere di cuoio dentro la gabbia metallica.
Senza bisogno che glielo chieda, mi spiega perché si sia trattenuto così a lungo ad allenarsi dopo le lezioni.
“Non posso andarmene, perché sento che oggi farò dei progressi con il nuovo tiro!”
Gli sorrido.
Tsubasa è fatto così, non si accontenta e non si crogiola mai sugli allori.
Nonostante il campionato delle medie stravinto per il secondo anno di fila, lui s’impegna anche in pieno inverno, per migliorare e ottenere sempre qualcosa di più da se stesso.
E questo è forse ciò che mi piace di più in lui…
“Allora credo che mi fermerò anch’io…” esclamo, buttando l’occhio per una frazione di secondo sul pacchetto colorato, rimasto sopra al marmo bianco della panchina.
Tsubasa si limita a sorridermi allegro prima di riprendere a raccogliere gli ultimi palloni, dandomi le spalle.
“Quando avrò finito…”
La sua voce mi trattiene quando faccio per allontanarmi.
“Torniamo a casa insieme!”
Fisso incredula la sua schiena per una manciata di secondi.
Continuo a seguire i suoi movimenti mentre posiziona un pallone sul dischetto dei rigori.
Un calore improvviso si propaga veloce sulle mie gote, provocato dalla felicità inaspettata che sto provando.
“Va bene!” rispondo senza calibrare affatto l’entusiasmo, sorridendo così tanto da sentire le guance tirare, sotto il freddo pungente di dicembre.
Tsubasa rimane di spalle e non aggiunge altro, riprendendo a calciare verso la porta vuota.
È una piacevole leggerezza quella che guida i miei passi fino alla panchina…
Dopo essermi seduta, poggio sulle ginocchia il pacchetto con il mio regalo fatto a mano, fissando poi la figura in mezzo al campo.
I minuti passano lenti e silenziosi ma io non mi annoio di certo, perché passerei ore a guardarlo mentre si allena.
Tsubasa prende una leggera riconcorsa e il piede incontra di nuovo la palla, che si alza da terra compiendo però una traiettoria diversa dalle precedenti.
Il pallone infatti raggiunge la porta con forza, dopo essersi abbassato bruscamente e improvvisamente nell’aria.
Incredibile!
“Hai visto?!” urla soddisfatto, voltandosi verso di me e indicando verso la rete.
Mi precipito subito da lui e insieme commentiamo il suo tiro, entrambi in preda all’entusiasmo che diventa stupore quando all’improvviso inizia a nevicare.
I fiocchi ondeggiano lenti nell’aria, Tsubasa alza il viso fissando il cielo con infantile meraviglia.
Poso allora lo sguardo sul pacchetto stretto tra le mie mani e decido che è il momento di consegnarlo al destinatario, approfittando della cornice perfetta di questo momento, fatta di neve e obbiettivi da raggiungere un po’ più vicini.
“Congratulazioni per esserti avvicinato così tanto al Drive Shot!” esclamo riportando la sua attenzione su di me.
“E buon Natale!” aggiungo, porgendogli il mio regalo mentre sento che sto arrossendo.
Tsubasa socchiude le labbra in un moto stupito prima di sorridere, allungando le braccia e prendendo il pacchetto tra le sue mani.


La neve morbida scricchiola sotto i nostri passi.
Le strade sono deserte e i fiocchi illuminati dai lampioni sembrano come polvere che fluttua nell’aria, desiderosa di ricoprire ogni cosa con il suo gelido manto.
Fa freddo, tanto freddo.
Lo sento sul viso nonostante la sciarpa, tra le pieghe della gonna, sotto il cappotto e perfino nelle scarpe di certo poco adatte a camminare sulla neve.
Nel mio cuore però, non è mai stato così caldo…
È la prima volta che Tsubasa mi raccompagna a casa dopo la scuola!
Non faccio che sorridere da quando abbiamo lasciato il campo d’allenamento… e non solo con le labbra.
Sorridere ora è più uno stato d’animo…
I miei occhi si posano di nuovo sul ragazzo che cammina al mio fianco.
Borsone sulla spalla, continua a guardarsi le mani coperte dai guanti che gli ho regalato e l’espressione sul suo volto mi fa credere che sia davvero felice.
“Non sono piccoli, vero?” chiedo, un po’ insicura del risultato nonostante il prezioso aiuto di Yukari.
Tsubasa scuote la testa mostrandomi le dita e muovendole, come a volerne sottolineare l’effettiva comodità.
Annuisco, spostando una ciocca di capelli finita davanti agli occhi a causa di una folata di vento.
“Sono uguali ai tuoi…” lo sento esclamare, porto così istintivamente l’attenzione sulle mie di mani.
E arrossisco, perché questa somiglianza può essere interpretata solo in una maniera del tutto imbarazzante.
Di solito sono le coppiette a indossare qualcosa di coordinato.
Noi due però non abbiamo di certo quel tipo di relazione…
Non ancora almeno…
“Avevo solo questa lana…” mi giustifico, distogliendo lo sguardo da Tsubasa che invece sembra tutt’altro che turbato dalla cosa.
“È stato difficile farli?” chiede con un sorriso incoraggiante quando torno a guardarlo di sottecchi.
“Un po’…” ammetto, ridacchiando e incassando il collo nella sciarpa.
“Più o meno del bandierone delle elementari?”
“Uh?!” mi volto a guardarlo.
Tsubasa sorride sbattendo le palpebre, in palese attesa di una mia risposta.
Nel suo sguardo non c’è la minima traccia d’ironia, quindi non ha intenzione di prendermi in giro.
“Stessa difficoltà!” ammetto ancora, ridendo divertita.
A essere onesti non avrei mai fatto in tempo a finire la bandiera, se non fosse intervenuta la nonna ad aiutarmi.
“Ma almeno nel cucito ho fatto progressi da allora! I rammendi sulle vostre maglie mi riescono piuttosto bene, ora!” esclamo, facendo l’occhiolino.
Tsubasa annuisce sorridendo, prima di posare di nuovo lo sguardo sulle mani guantate.
Mi soffermo così a osservalo, anche se la mia attenzione non scaturisce di certo dalla semplice curiosità.
A me piace semplicemente guardarlo…
E non ci vuole un genio per capire il perché…
I fiocchi di neve sfiorano Tsubasa delicatamente, volteggiando intorno alla sua figura.
Alcuni si posano sulle spalle coperte dalla divisa nera, altri tra i suoi capelli.
Credevo che consegnargli un regalo nella vigilia di Natale, potesse rendermi davvero felice…
Ma non avrei mai immaginato di ricevere addirittura qualcosa in cambio!
Camminare insieme, da soli mentre la neve imbianca le vie familiari che portano a casa mia…
Mi sento felice e allo stesso tempo proiettata in un qualcosa di molto più grande!
E questa sensazione mi fa sentire davvero ottimista ed eccitata all’idea del futuro, perché oggi…
Oggi è come se avessi compiuto un primo passo in direzione del suo cuore…
Un primo successo verso qualcosa d’importante, come il primo tiro andato a segno per arrivare al Drive Shot.
La strada è ancora lunga, lo so, ma il tempo sarà mio alleato dato che lo trascorrerò al suo fianco.
Nei mesi, negli anni che verranno.
Tsubasa si volta ora e mi sorride, ancora.
E questo è di sicuro il Natale più bello che potessi mai desiderare…


Un sorriso distende le mie labbra mentre seguo i giochi di luce rincorrersi sull’albero.
È una strana sensazione provare tenerezza per se stessi, ma è esattamente questo quello che sento per la Sanae tredicenne che cammina nella neve, con il cuore pieno di buoni propositi e felici speranze.
Cristallizzata in quel momento felice nei miei ricordi.
Mi piacerebbe poter proteggere quella ragazzina dalle delusioni che la raggiungeranno, ma non è possibile.
Sarebbe bello allora poterla abbracciare, sussurrandole di essere forte perché alla fine tutto andrà bene…
In quel momento della mia vita infatti, non sapevo che sarei stata tradita.
Non immaginavo che il tempo sarebbe diventato tutt’altro che un alleato ma piuttosto il mio più acerrimo nemico.
Per trasformarsi poi nell’unica costante a cui fare riferimento, nella solitudine dell’adolescenza.
Le lancette dell’orologio scorrevano lente ai tempi del liceo e tre anni sono trascorsi come secoli, senza la presenza dell’unica persona che avrei voluto avere accanto.


“Dai, Sanae! Vieni con noi!”
Fisso Yukari per secondi che sembrano interminabili, prima di roteare gli occhi al cielo e scuotere la testa.
“Non essere sciocca!” la rimprovero, emettendo anche uno sbuffo sonoro per sottolineare quanto sia assurda la sua proposta.
“Perché non vuoi uscire con me e Ryo?”
Non posso credere che stia insistendo davvero!
Anche se so che le sue intenzioni nei miei confronti sono come sempre buonissime.
“Mah! Non so… Forse perché è la vigilia di Natale e a me non va assolutamente di fare da terzo incomodo in un appuntamento romantico?” rispondo con un sorrisetto sarcastico.
Yukari incrocia le braccia al petto ma prima che possa aprire di nuovo bocca, la sua attenzione viene calamitata da qualcosa oltre la finestra.
Istintivamente, mi sporgo anch’io verso il vetro, cercando con lo sguardo cosa possa averla incuriosita così tanto.
“Li hai visti?” chiede, dandomi una leggera gomitata sul braccio mentre noto due figure familiari al centro del cortile deserto, a causa del freddo pungente.
Annuisco senza trattenere un sorriso.
“Che si staranno dicendo?” domanda ancora, facendosi più vicina.
Alzo le spalle mentre osservo la postura un po’ rigida di Kumi mentre ascolta quello che sembra essere un monologo.
Nitta gesticola infatti in maniera nervosa mentre le parla, anche se sul suo viso compare il solito sorrisetto strafottente e scanzonato.
“Lei gli piace proprio tanto, vero?” sentenzia la mia migliore amica con aria sorniona.
Annuisco ancora, continuando a osservare dall’alto i due kōhai, sempre senza smettere di sorridere.
Kumi sembra in imbarazzo, anche se cerca di camuffarlo facendo finta di concentrare la sua attenzione sul nodo della sciarpa, che disfa e riannoda ripetutamente, in maniera quasi compulsiva.
“E lei? Secondo te a lei piace almeno un po’ Nitta?” chiedo, posando un dito sulle labbra e corrugando le sopracciglia.
I rapporti tra i due non erano affatto idillici a inizio anno.
Kumi in particolare non riusciva a perdonare il nuovo attaccante della squadra, per aver battuto la Nankatsu delle medie nei precedenti due tornei di prefettura, come titolare della Otomo.
Col tempo però, le cose tra loro si sono molto ridimensionate, soprattutto grazie all’impegno di Nitta, che non si è proprio risparmiato nel suo primo campionato nazionale delle superiori.
Kumi non ha potuto fare a meno di notarlo e ne è rimasta impressionata a tal punto, da smettere di trattarlo con sufficienza.
“Non lo so ma se le dovesse piacere… beh allora ha cambiato decisamente gusti dalle medie! E tu dovresti saperne qualcosa, Sanae!” esclama Yukari, prima di scoppiare in una fragorosa risata e darmi un’altra gomitata sul braccio.
Non rispondo, limitandomi a fissarla stringendo le palpebre anche se mi verrebbe da ridere.
“Nitta non ha proprio nulla di Tsubasa, no?” mi stuzzica ancora divertita la mia migliore amica, facendo la linguaccia.
“Nemmeno gli scarpini!” borbotto scuotendo la testa mentre un sorriso distende comunque le mie labbra.
“Le starà chiedendo di uscire?” ipotizza, tornando a guardare fuori.
Non sapendo che rispondere mi concentro su Kumi, che estrae di tasca il cellulare dopo un attimo di esitazione.
Si mette a digitare ora, anzi è Nitta che le sta dettando qualcosa.
Anche lui ha in mano lo smartphone e la sua espressione è talmente euforica, che non mi stupirebbe se si mettesse a ballare sul posto!
“Si stanno scambiando i numeri! O forse le e-mail?” e senza aggiungere altro, Yukari prende il cellulare con l’intenzione temo, di mandare un messaggio all’unica manager rimasta al club di calcio.
La fermo prontamente, posando una mano sopra le sue e scuotendo vigorosamente la testa.
“No!” esclamo, fissando la mia amica negli occhi mentre mi scruta stupita.
“Lasciale vivere il momento…” mormoro poi, poggiando di nuovo le mani sul davanzale e avvicinandomi di più al vetro, così tanto da creare aloni d’umidità in prossimità delle labbra.
Nitta saluta Kumi con un gesto della mano, sorridendo allegro, prima di allontanarsi.
Lei ricambia e lo segue con lo sguardo finché non scompare dalla sua vista.
La osservo attentamente mentre guarda avanti a sé, continuo a fissarla anche quando abbassa gli occhi sul cellulare ancora stretto tra le sue mani.
All’improvviso Kumi sorride… e allora il mondo intorno a lei non sembra poi così grigio.
Una sensazione familiare si fa presto strada in me…
Tanto tempo fa ero invidiosa di questa ragazzina, perché era capace di esternare i propri sentimenti in maniera totalmente trasparente, chiara e sincera…
Dopo anni mi ritrovo a esserlo ancora anche se per motivi completamente differenti, che hanno però sempre lo stesso comune denominatore…
La mia avventura alle superiori tra pochi mesi si concluderà, la sua sta appena cominciando.
Ma sotto certi aspetti, è come se la mia vita da liceale non fosse mai iniziata.
Kumi sorride ancora…
È proprio questo, ciò che avrei voluto vivere nei tre anni passati tra queste mura…
Quell’emozione… avrei tanto voluto sentirla sulla mia pelle, ogni giorno.
Ho sempre saputo però che non sarebbe mai stato possibile…
Senza di lui.
Kumi alza lo sguardo ora e distrattamente lo posa sulla finestra da dove la sto osservando.
Quando mi nota, sul suo viso compare un’espressione stupita e le sue gote si colorano di un rosso accesso, visibile anche da quassù.
“Ora la posso prendere un po’ giro? Ti prego, Sanae!” piagnucola Yukari al mio fianco, in un’imitazione davvero ben riuscita del suo fidanzato.
Appena annuisco, la mia migliore amica spalanca la finestra e si sporge, noncurante della folata di vento gelido che c’investe, arrivando a farci lacrimare.
“Kumi-chan! Cosa stavi facendo tutta sola con Nitta?” la sento urlare mentre poggio i gomiti sul davanzale e il mento sul palmo della mano.
La reazione della nostra kōhai, che arrossisce ancora di più, mi strappa una risatina sommessa.
“Vi siete scambiati il numero? Avete un appuntamento per caso?” grida imperterrita la mia migliore amica.
Kumi si guarda intorno, sempre più agitata.
“Senpai! Non urlare così, ti prego!”
“C’è solo un modo per farmi smettere, lo sai…” sentenzia Yukari, incrociando le braccia al petto mentre la ragazzina in mezzo al cortile la fissa nervosa, pendendo dalle sue labbra.
“Devi dirci tutto! Sali!”
Quella che fino a qualche tempo fa era la manager più piccola del club, si morde le labbra, esitando.
Quando infine annuisce, mettendosi poi a correre per raggiungerci, provo una gran tenerezza per lei.
“Sei tremenda…” sussurro per rimproverare Yukari, che invece si sta divertendo davvero un mondo.
Un sorriso distende comunque le mie labbra.
Sono abituata a scovare il lato positivo, nell’essere perennemente solo una spettatrice dell’universo che mi circonda.


Mastico l’ultimo boccone di torta posando la forchetta sul piatto.
Mio padre mi osserva di sottecchi ma non dice nulla mentre la mamma inizia a sparecchiare la tavola, riponendo nel frigo quel che resta della torta natalizia fatta con le sue mani.
Mi alzo per darle una mano e quando la raggiungo in cucina, lei mi sorride con quello sguardo tipico di chi è un po’ in apprensione ma non vuole darlo a vedere.
“Sei sicura di non voler venire con noi, Sanae?” mi chiede per l’ennesima volta, diventando la mia personalissima versione casalinga di Yukari, in quanto a insistenza.
Mi limito a scuotere il capo sorridendole, nel chiaro tentativo di farle capire che non si deve preoccupare per me ma soprattutto, che non ho bisogno di essere commiserata.
Anche se…
Ricevere anche dai propri genitori un invito a fare da terzo incomodo la vigilia di Natale, è effettivamente un po’ patetico e deprimente.
“Sicura, sicura?” insiste mia madre, cercando d’incoraggiarmi comunque ad andare con loro.
“Mamma… è tutto ok!”
“Papà ha paura che tu oggi sia triste…” si giustifica, strofinando con troppa enfasi le stoviglie sotto lo scroscio dell’acqua.
Come se una data particolare sul calendario potesse rendermi più infelice di un giorno qualsiasi…
Ormai a me sembrano tutti maledettamente uguali…
“Non ne ha motivo, davvero!” esclamo decisa per rassicurarla.
“Voi andate tranquilli, io studierò un po’… gli esami sono dietro l’angolo, ormai!”
Mia madre mi scruta ancora poco convinta, così accentuo il sorriso per essere più convincente.
Quando finalmente annuisce, mi congedo da lei dandole un affettuoso bacio sulla guancia.
Prima di salire al piano di sopra, abbraccio mio padre augurandogli ancora un sereno Natale.
Solo una volta nella mia camera, dopo aver chiuso la porta alle mie spalle, mi sento libera di rilasciare un sospiro prolungato, fatto di sollievo ma soprattutto rassegnazione.
Prima di buttarmi pesantemente sul letto, accendo la lampada che mi ha regalato Yukari e abbracciando un cuscino, fisso il soffitto su cui volteggiano sfere di luce simili a una tempesta di neve.
Poso allora lo sguardo oltre la finestra.
Non ci sarà nessuna nevicata nemmeno quest’anno…
Gli occhi allora si fanno pesanti, oltre a bruciare un po’.
Li chiudo, lasciando che una lacrima scivoli comunque tra le ciglia e rimango immobile, ascoltando il silenzio che avvolge la stanza disturbato solo dal mio respiro.
E dal ticchettio di una lancetta proveniente dal comodino.
Tic… Tic… Tic…
La sveglia batte il tempo che scorre in maniera monocorde e ripetitiva.
E i secondi diventano come sempre un’eternità…
Nel silenzio…
Nel vuoto…
Nell’assenza…
Finché non mi sento chiamare!
Spalanco le palpebre, portandomi seduta sul letto.
Davanti a me la neve vortica per la stanza, in una danza quasi ipnotica.
La finestra è infatti inspiegabilmente spalancata.
Mi sto chiedendo come sia possibile, quando sento pronunciare ancora il mio nome.
All’esterno, ad alta voce…
Dalla sua voce!
Mi alzo di scatto e una volta raggiunta la finestra, mi sporgo.
Non riesco a vedere nulla però, perché sembra sia in corso una bufera proprio nel cortile di casa mia.
Faccio solo in tempo a notare che indosso la divisa scolastica, prima di sentirmi chiamare di nuovo e con insistenza.
Mi precipito così di corsa giù per le scale, poi incontro alla porta d’ingresso.
La spalanco ed esco fuori, piombando così nel bel mezzo di una nuvola fatta di vento e neve ma senza percepirne il freddo.
All’improvviso l’aria si ferma.
I fiocchi rimangono sospesi intorno a me per una manciata di secondi, prima di volatilizzarsi e sparire nel nulla.
Il mondo che mi circonda prende allora forma.
Con stupore mi rendo conto di non essere nel giardino di casa mia, come credevo, bensì al belvedere…
Il monte Fuji è un maestoso triangolo bianco all’orizzonte e c’è neve ovunque…
Sul parapetto che limita il panorama, sulle fronde dell’albero secolare e sul prato, nascosto da una coltre soffice e candida.
“Sanae…”
Trattengo il fiato…
La sua voce all’orecchio mi dona quel brivido, che la neve stessa non riesce assolutamente a trasmettermi.
Mi volto impaziente, portando le mani alle labbra ma quando incrocio il suo sguardo…
Nulla può trattenermi dall’abbracciarlo forte, nascondendo il viso nel suo torace.
Stretta a lui tutto sembra così reale, tangibile…
Nonostante sia perfettamente consapevole che faccia parte di un sogno.
Quando mi scosto dal suo petto e incrocio il suo sguardo, Tsubasa sorride.
Mirabilmente messo a fuoco, nonostante i contorni intorno a noi siano tornati a essere indefiniti.
Indossa anche lui la divisa scolastica ma quella delle medie.
Alla sua giacca manca un bottone, il secondo, perché si trova a casa mia, appeso a un nastro blu sulla bacheca nella mia camera.
Quando mi prende per mano avverto calore, nonostante la neve che scricchiola sotto i nostri passi, non riesca ancora a trasmettermi alcuna sensazione.
Delle luci si accendono improvvise sopra le nostre teste, alzo così lo sguardo verso delle magnifiche decorazioni natalizie, cercando poi di capire dove ci troviamo, perché questa non è più Nankatsu.
Le case che costeggiano la via hanno davvero un aspetto insolito e curioso.
Tondeggianti e prive di spigoli, dai balconi ondulati e mura decorate… sembrano nate da qualche vivace ma geniale fantasia.
Non ho visto nulla del genere prima d’ora e sono sicura di non essere mai stata in questo posto ma avverto comunque una sensazione familiare, nell’ennesimo paradosso tipico delle visioni oniriche.
Non so perché ma mi viene anche da sorridere.
Tsubasa si ferma, costringendomi a farlo a mia volta.
Socchiudo le labbra quando prende il mio viso tra le mani e il mio sguardo, lo so, sta diventando languido.
La parte razionale che sta vigilando sul mio sogno vorrebbe farmi piangere, per far prevalere le emozioni del mondo reale su di me ma quella legata ai desideri, onirica e sfuggevole, riesce a prevalere ancora.
Mi sento infatti totalmente parte del momento che sto vivendo, anche se irreale.
Non mi stupisco mentre vedo sfumare tutto ciò che ci circonda.
Le luci colorate.
La neve.
Il mondo intero.
Perché questa è solo una rappresentazione di quello che c’è dentro al mio cuore.  
E non c’è altra cosa…
Non c’è nulla che voglio di più…
Chiudo gli occhi quando le sue labbra calde raggiungono le mie ed è incredibile come riesca a avvertirle…
La morbidezza, il sapore…
Incredibile sì, come il piacere che invade i miei sensi che non dovrebbero avere tutto questo potenziale in un sogno...
E mentre ci baciamo, un unico pensiero rimbomba nella mia mente.
Vorrei fossi qui.
Vorrei soltanto che tu fossi qui...
Qui…
Ripete la mia anima.
Qui…
Ripeto ancora e ancora nella mia mente.
Qui.
Rimbomba nel mio petto, finché non apro di nuovo gli occhi, lentamente.
Il mio sguardo si posa sulle luci, che si rincorrono ancora sul soffitto mentre nella stanza è piombata l’oscurità della sera.
Mi siedo sul letto, sbattendo le palpebre e portando due dita alla bocca, che sfioro ancora incredula.
Era solo un sogno, lo sapevo…
Una parte di me si sente frastornata per questo rientro improvviso nella realtà mentre l’altra lascia che provi un sentimento, che dovrebbe essere improbabile vista la situazione.
Mi sento inspiegabilmente felice…
Come se avessi potuto incontrare sul serio Tsubasa durante l’ennesima vigilia di Natale solitaria.
So però che questa sensazione è provvisoria e che scemerà col passare dei minuti, così decido di cristallizzarla nel modo che ormai mi è più congeniale.
Piegando il busto di lato, raggiungo il cassetto del comodino e dopo averlo aperto, afferro il quaderno ad anelli e la penna, che tengo sempre a portata di mano.
Il mio sguardo si posa poi sulla sveglia, che scandisce sempre il tempo come se un fosse un metronomo.
E quel ticchettio ritmico prende a scandire una nota, come emessa da un diapason.
Tic, tic, tic…
Din, din, din…
Mi sdraio sul letto, sfogliando le pagine finché non arrivo a quelle bianche.
Il pollice fa scattare la biro mentre mi mordo le labbra nel trattenere un sorriso scioccamente emozionato.
L’inchiostro inizia allora a dar forma a ciò che sento, senza la minima esitazione.
I don't want a lot for Christmas…
There is just one thing I need…


“Sanae…”
Mi volto leggermente per incrociare lo sguardo assonnato di Tsubasa, prima che inizi a strofinarsi gli occhi con le dita, in maniera un po’ infantile.
“Dormito bene?” domando, posando una carezza sul suo viso.
Lui annuisce poi alza la coperta, esortandomi a sdraiarmi accanto a sé.
Ovviamente non me lo faccio ripetere due volte, nonostante non abbia di certo bisogno d’inviti formali per avvicinarmi o toccarlo.
Prima di prendere posto al suo fianco però, poso distrattamente lo sguardo oltre la finestra.
Ha smesso di nevicare e così ora si riescono a scorgere le torri della Sagrada Família in lontananza.
I pinnacoli svettano come a indicare qualcosa ben oltre il cielo.
Le mie labbra si aprono per lo stupore quando un’associazione nasce spontanea nella mia mente.
La città di quel sogno… era Barcellona!
“Ehi, Sanae? Ci sei?” la voce di Tsubasa mi riporta alla realtà, dopo essermi imbambolata a fissare la cattedrale.
“Ho appena scoperto di aver avuto un sogno premonitore… o qualcosa di simile!” esclamo voltandomi verso di lui, ridendo divertita.
“Cioè?” chiede curioso mentre si alza con il busto, lasciandomi sedere nella nicchia lasciata libera dal suo corpo.
Con un solo gesto, la coperta torna a coprire entrambi in un confortevole, caldo abbraccio.
“È una vecchia storia…” glisso, alzando le spalle mentre Tsubasa aggrotta le sopracciglia in un’espressione perplessa, ma allo stesso tempo divertita.
“A volte i sogni diventano realtà… letteralmente!” mormoro poi sibillina al suo orecchio, prima di lasciare un bacio sonoro sulla sua guancia.
Tsubasa stringe le labbra in un sorriso amorevole mentre mi fissa.
“Che c’è?” domando, sbattendo le palpebre in attesa di una risposta.
“È la vigilia di Natale… Cosa ti piacerebbe fare?”
Per un attimo fingo sul serio di pensare a qualche alternativa, che non potrà mai competere con questa coperta, le luci dell’albero e il calore della nostra casa, ovunque essa sia.
“Facciamo una festa!” esclamo poi, battendo un paio di volte le mani sotto il mento.
“Una festa?!”
Annuisco, mordendo le labbra e incassando il collo nelle spalle.
“Prima cosa: musica!” e sporgendomi sopra la sua spalla, afferro il telecomando e lo punto al televisore, scorrendo poi sulle applicazioni.
Tsubasa si mette a ridere quando legge cosa sto digitando sullo schermo, ma non me ne curo, continuando la mia ricerca.
Pochi secondi dopo una melodia fatta di campanelli riempie la stanza.
Non riesco a trattenere una risatina, quando sento che sto inspiegabilmente arrossendo… proprio come se fossi una liceale!
“Non è un po’ da megalomani scegliere una propria canzone, Sanae?” mi stuzzica Tsubasa mentre la mia voce nell’intro ci fa da sottofondo.
“Non lo è anche esserne compiaciuti… perché è dedicata a te?” ribatto mentre il pianoforte si aggiunge ai sonagli, riempiendo la stanza con un motivo ritmato e festivo.
Din… Din… Din…
Tsubasa non risponde ma arrossisce, soprattutto quando mi alzo e gli porgo la mano per invitarlo a imitarmi.
Muovo la dita per esortarlo mentre inizio a dimenare le spalle, sotto l’influenza dei bassi che si sono appena uniti alla melodia.
Quando è finalmente in piedi, prendo a saltellargli intorno, cantando il controcanto che accompagna la strofa, come se la mia voce fosse uno strumento perfettamente armonizzato con gli altri.
“I'm just going to keep on waiting, underneath the mistletoe!” e facendo finta di tenere in mano un vischio immaginario, schiocco un bacio sonoro sulle sue labbra.
Tsubasa ride iniziando a dondolare sul posto, le gambe leggermente divaricate poi contagiato dal mio entusiasmo, si mette addirittura a cantare anche se bisbigliando.
Alza di qualche tono la voce però quando prende a farmi girare su me stessa, più e più volte, facendomi quasi perdere l’equilibrio anche per il troppo ridere.
Ripenso così per un secondo a quella ragazzina sdraiata sul letto, che mordeva la penna di tanto in tanto, mentre tracciava le sue emozioni cercando di non sentire troppo freddo nella solitudine della sua stanza.
È un piacere ora, poterla sentire cantare nel calore di queste mura, tra le risa che si mischiano ai campanellini, ora che i desideri si sono realizzati.
Perché sì, cara Sanae del passato, tutto è andato meravigliosamente bene alla fine…
Anche se sembrava impossibile proprio come la neve là fuori, sui tetti di Barcellona.
Santa Claus può quindi sorvolare la città con la sua slitta, senza preoccuparsi di fermarla sopra questa casa.
Può tranquillamente saltarla quest’anno… ma anche tutti gli altri a venire.
Perché non ho bisogno di nulla.
Ora ho tutto ciò che ho sempre desiderato... e non solo a Natale!






Ho sempre desiderato scrivere qualcosa appositamente per il periodo natalizio, fin dal primo anno di presenza su EFP.
Il tempo però non è mai stato un alleato nemmeno con me, così ogni Natale è trascorso senza che riuscissi a soddisfare questo mio desiderio.
Quest’anno ho deciso però che sarebbe andata diversamente, così ho messo in stand by un paio di progetti e mi sono dedicata a creare questa one shot nei brevi ritagli di tempo a mia disposizione.
Il titolo non è originalissimo ma la canzone che fa da sottofondo alla storia è una delle mie preferite in assoluto e ho sempre pensato che calzasse a pennello su Sanae.
Tanti auguri di buon Natale quindi, anche se in anticipo di qualche giorno… mi sarebbe piaciuto postare la FF proprio la vigilia ma tra un paio d’ore sarò finalmente in viaggio!
OnlyHope

N.B. Il primo ricordo di Sanae esiste realmente come flash back nel capitolo 67 di Rising sun. Amo particolarmente questo brano (come tutta l’ultima serie in corso di CT), così ho pensato di proporlo analizzandolo e dando alle scene più ampio respiro.
   
 
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