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Autore: Spoocky    22/12/2018    7 recensioni
Un breve scambio tra due ragazzi tedeschi nell'inferno della guerra di trincea.
La guerra li costringe a soffocare la loro umanità e i loro sentimenti, gli ufficiali ne vogliono fare macchine per uccidere.
Ma a che prezzo?
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Genere: Angst, Guerra, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali
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Pur facendo riferimento ad un contesto storicamente reale, questa storia è un'opera di fantasia.
Ogni riferimento a fatti o persone reali è puramente casuale.

Warning:
 pensieri suicidi, violenza.

Buona Lettura ^.^ 

Scheiße[1]!”

Alexander Bauman strinse il braccio ferito più forte che poteva mentre si lasciava scivolare lungo la sponda fangosa fino al fondo della trincea dove si rannicchiò, tremando e sussultando, in piena crisi di nervi.

Non bastava la pioggia a martellarli giorno e notte.
Non bastavano le granate e i colpi di mortaio che il nemico lanciava nella terra di nessuno ad intervalli irregolari, solo per snervarli.
Doveva pure tagliarsi il braccio mentre aggiustava il filo spinato per ordine del tenente di turno, col rischio di farsi sparare addosso per giunta!
Al dolore e alla frustrazione si aggiunse la rabbia verso i suoi superiori e tutti coloro che lo avevano strappato alla sua famiglia per mandarlo in quel buco merdoso a morire.
Il nemico lo sentiva tutto il giorno ma non lo aveva mai visto, non aveva mai alzato lo sguardo da quella montagnola di fango che gli faceva da tetto, ma vedeva i suoi ufficiali: sempre a dare ordini, a comandare l’assalto e spedirli sotto il fuoco nemico mentre loro restavano nelle retrovie per poi piangere sui corpi dilaniati dei soldati dopo la ritirata.

Questo quando succedeva qualcosa. Altrimenti potevano restare per giorni accovacciati nella loro galleria – sempre la stessa: da mesi il fronte non avanzava di un centimetro – aspettando che succedesse qualcosa, qualunque cosa, ed era anche peggio.

Non capivano, quelli del Quartier Generale, che stavano mandando al macello degli esseri umani e non degli automi?
Non siamo macchine! Avrebbe voluto gridare Siamo uomini: abbiamo freddo! Abbiamo fame! E abbiamo paura, cazzo!
Non ne poteva più, era stremato.

Il taglio che si era procurato non era profondo ma sanguinava parecchio dato che il cavo d’acciaio era affilato come un rasoio.  Gli si stava incollando la manica alla pelle e le dita, intorpidite dal freddo e dalla pioggia, stavano per scivolare via quando un’altra mano coprì la sua, costringendolo ad alzare lo sguardo ed incontrare quello del giovane facente funzioni d’infermiere, Friedrich Strasse.

“Ti sei ferito, Alex? Fammi vedere.”
“N-no. Non è niente, tranquillo.”
“Non fare l’idiota! Se non lo pulisco quel taglio s’ infetterà e un’ infezione è l’ultima cosa che vuoi, credimi.”
“E a cosa cazzo servirebbe? Tanto prima o poi qui si crepa tutti.” Urlò il ragazzo, con le lacrime agli occhi “Meglio prima che poi!”
Nessuno gli prestò attenzione: esplosioni, urla e pianti erano all’ordine del giorno. Ormai nessuno ci faceva più caso.

Dall’alto dei suoi diciannove anni, Friedrich si rifiutava di cedere a quell’isteria collettiva grazie alla pura forza di volontà. Non sapeva per quanto ancora sarebbe riuscito a tenere duro senza impazzire a sua volta ma finché riusciva a resistere si era posto come obiettivo l’avere cura dei commilitoni, anche solo con un sorriso o una buona parola. Per quello era stato nominato infermiere, anche se la sua preparazione medica era quasi inesistente, quando il suo predecessore era stato sfracellato da una granata. 

Nonostante fosse ormai avvezzo alle uscite dei soldati, Friedrich rimase molto male nel sentire anche Alex, di solo un anno più vecchio, parlare in quel modo: “Non dire così, ti prego.” Neanche lui però sapeva che altro dire per migliorare la situazione “Almeno fammelo bendare, così ti farà meno male.”
“A che scopo?  Si inzupperà comunque.”
“Te lo chiedo come favore personale.”

Sebbene ancora riluttante, Bauman distese il braccio e lasciò che il ragazzino lo esaminasse.

Lo osservò aggrottare la fronte per la concentrazione mentre usava una garza per togliere la terra dai labbri arrossati della sua ferita e, quando le sue dita delicate ispezionarono la pelle circostante gli sembrò di non sentire dolore.
Si era affezionato tantissimo a quel giovane, l’unica creatura con un barlume d’innocenza in quella bolgia infernale.
In cuor suo sapeva di non desiderare una semplice amicizia, che per altro aveva già ottenuto, ma qualcosa di più, qualcosa che nel suo mondo non aveva un nome e che lo spaventava.
Soprattutto non aveva idea di come esprimere questo sentimento, che acuiva la sua sofferenza quotidiana e la sua ansia.
Aveva deciso tempo addietro di non parlarne con nessuno, per non complicare le cose: avrebbero anche potuto fucilarlo, non gli importava, ma non voleva gettare discredito sul ragazzo.
Guardandolo prendersi cura di lui pensò che un giorno anche quella bontà con cui Friedrich si faceva forza sarebbe stata spazzata via dalla guerra, che anche lui era fragile tanto quanto gli altri e avrebbe potuto restare ferito o ucciso. Anzi, se fosse rimasto lì, presto o tardi sarebbe morto di sicuro.
Solo immaginare cosa gli sarebbe potuto accadere era insopportabile.
Decise che non sarebbe vissuto per vederlo spezzato nel corpo e nello spirito. Sapeva di essere egoista ma non aveva davvero più la forza di continuare.
Sentiva di non avere scelta: gli era rimasta una sola cosa da fare.

Strasse finì di bendare la ferita dell’amico e, alzando lo sguardo, si accorse che lo stava fissando stranito.
Sorrise: “Ecco fatto, vecchio mio. Un paio di giorni e sarai come nuovo.”
Senza distogliere lo sguardo, Alex gli mise una mano sulla spalla: “Grazie, Fritz[2]. E scusami.”
“Non c’è di che, amico mio. Sono felice che tu sia più tranquillo.”

Il giovane infermiere si tirò a sedere con malcelata fatica: era in piedi da ore, avanti e indietro per la trincea a medicare i feriti, e cominciava ad accusare la stanchezza.
Si sforzò comunque di sorridere ancora nel salutare il suo paziente: “Abbi cura di te, Alex. Mi raccomando.”

Per qualche motivo, l’espressione sul volto di Alex lo inquietava: più lo guardava più si convinceva che qualcosa non andasse per il verso giusto.
Ci pensò un momento, esitando ad incamminarsi, ma poi decise di non dare peso alla cosa: niente funzionava per il verso giusto al fronte, e già da un bel pezzo.

Ebbe la vaga impressione di sentir sussurrare alle sue spalle: “Ich liebe dich, Fredi.[3]poi il rumore di uno sparo lo fece sobbalzare.
Non aveva bisogno di voltarsi per capire cosa fosse successo e gli si spezzò il cuore.

Gli si parò davanti l’ufficiale responsabile di quel tratto e, con tono perentorio, gli ordinò di spiegare cosa fosse successo.
“Un incidente, signore.” Rispose il ragazzo, trattenendo a stento le lacrime “Stava pulendo la pistola ed è partito un colpo.”
 
-  The End -
Note:
[1] “Merda!”
[2] Fritz è un diminutivo di Friedrich, Fredi invece è un vezzeggiativo.
[3] “Ti amo, Fredi”

Spero che non fosse troppo disturbante, nel caso fatemi sapere che metto mano al rating.

Grazie mille per aver letto. 

Alla prossima ^.^ 

 
  
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