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Autore: The Blue Devil    22/12/2018    5 recensioni
Eccomi qua, ci son cascato pure io, in una noiosissima Candy/Terence con Albert nell'ombra... davvero?
Chi è il misterioso individuo che si aggira nei luoghi tanto cari alla nostra eroina? Qual è la sua missione? La sua VERA missione? Cosa o chi, alla fine di essa, sarà in grado di trattenerlo a Chicago? Quante domande, le risposte stanno all'interno...
Il titolo è un omaggio a tutti i ''se'' con cui si apre la storia.
dal 3° capitolo:
... Non ne ho parlato con lei, ma io sono sempre rimasto in contatto, in maniera discreta, con Terence. E non le ho neanche mai raccontato di averlo cacciato, quando lo trovai ubriaco da queste parti, anni fa. Vi chiedo di vegliare sempre su di lei, con discrezione, poiché la vedo felice, forse troppo, e non vorrei subisse un’altra delusione".
"Perché parlate così?", chiese, dubbiosa, Miss Pony.
"Non so, ho una strana sensazione, come se stesse per accadere qualcosa di molto spiacevole. E lo consiglio anche a voi: state attente e tenete gli occhi aperti".
"Così ci spaventate, Albert", osservò Suor Maria.
"Non era mia intenzione spaventarvi", asserì Albert, "Forse sono io che mi preoccupo per niente; sì, forse è così...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un’altra piccola sessione di "coccole" tra i "nostri" due. Non chiedetemi di più in questa storia: con la fantasia potete far meglio di cento mie parole....
E poi Buone Feste a tutti, Buon Natale e...
Buona lettura

 
 
 
Capitolo 27
Buon viaggio, carissimo Neal!
 
L’annuncio di Stewart colse di sorpresa la signora Legan:
"Il signor McFly? Fallo accomodare, su Stewart, muoviti".
Appena mise piede nel salone, Harrison fu inondato da gentilezze e ossequi che, più che fargli piacere, lo infastidirono.
"Oh, conte McFly, che piacere vedervi, prego accomodatevi; cosa posso offrirvi? Qualcosa da bere? Abbiamo dell’ottimo scotch. Stewart!".
"Ma guarda un po’ questa, è bastato sventolarle sotto il naso un titolo nobiliare...", pensò il ragazzo, che poi disse:
"Il piacere è tutto mio, comunque non dovete disturbarvi; sono venuto per vedere vostro figlio: è mio desiderio augurargli buon viaggio!".
"E, possibilmente, a mai più rivederci", aggiunse col pensiero.
"Oh, ma certo, lo faccio chiamare; Dorothy!", rispose, battendo le mani, la signora.
"Oh, non serve scomodare la servitù, signora; faccio da solo, tanto conosco la strada".
E, lasciando Sarah a bocca aperta, prese la grande scala centrale, salendo i gradini a due a due.
"Però, è un po’ maleducato, questo conte", pensò la padrona di casa.
Harrison, seguito da Sarah, giunto in cima, imboccò il corridoio e, senza bussare, entrò nella stanza di Neal; nel momento in cui si voltò, Legan junior fu colpito da un pugno allo stomaco che lo fece piegare in due.
"Questo è per Candy", sibilò Harrison.
Un secondo colpo lo raggiunse al volto.
"Questo è per Iriza".
Un terzo lo atterrò in modo definitivo.
"E questo è per me; fai buon viaggio".
Lasciandolo in terra a lamentarsi, Harrison uscì nel corridoio, incrociando la padrona di casa, alquanto inorridita:
"Vi consiglio di chiamare un medico, signora: vostro figlio ha un forte mal di stomaco, mi pare. I miei ossequi".
Con un inchino si avviò, ridiscendendo per la grande scala.
Il primo impulso della donna, quando vide il figlio a terra, fu di soccorrerlo, ma un pensiero improvviso la trattenne:
"Quel McFly è un bruto, ma Neal, in fondo, se l’è cercata".
Così finì, per Neal, quella terribile e umiliante giornata.
Iriza, attratta dal trambusto provocato dall’irruzione di Harrison, si era affacciata nel corridoio e, vedendolo, aveva avuto l’impulso di correre da lui e di abbracciarlo – sentiva un gran bisogno del suo caldo e rassicurante abbraccio – ma il ricordo di ciò che aveva udito il giorno prima nello studio del padre la frenò: richiuse la porta e si abbandonò sul divanetto sospirando.
 
 
DODICI ORE PRIMA
 
Neal si fece trovare pronto di buon mattino, come gli aveva chiesto il padre, che aveva programmato, nei particolari, tutta la giornata.
"Per prima cosa, passeremo in banca: so che William è già lì ed è inutile che ti dica cosa dovrai fare. In seguito ti scuserai con la zia Elroy e le dirai che, sulla faccenda della collana, hai preso un grosso granchio. Naturalmente userai parole diverse, ma hai capito cosa intendo".
"Lo capisco, non sono stupido", intervenne il ragazzo.
"Francamente ne dubito e comunque non interrompermi, che non ho terminato".
Neal annuì con un cenno del capo e il padre proseguì:
"Poi sarà il turno del signor Cartwright: esigo che tu lo ringrazi anche per non averti denunciato e che lo rassicuri sul fatto che, certe stupidate, non si ripeteranno più; in realtà, quest’ultima rassicurazione, la devi fare a tutti, compreso il signor McFly. Infine cercheremo Candy ed è inutile che ti ripeta ancora le stesse cose".
Neal lo guardò con espressione dubbiosa e, compreso quale fosse il problema, Raymond lo informò:
"Se ti stai chiedendo cosà accadrà con il banchiere, stai tranquillo: io e William abbiamo già risolto; mi sono scusato personalmente per il tuo comportamento scorretto e neanche lui ha intenzione di denunciarti".
Neal, pensando con orrore al momento in cui avrebbe dovuto chinare il capo di fronte a Candy, fece qualche passo per avviarsi, ma fu bloccato dal padre:
"Fermo lì, non mi sono dimenticato di una cosa importante".
Chiamò Stewart e gli disse:
"Falla entrare".
In breve Neal si ritrovò a faccia a faccia con Dorothy; lanciò un’occhiata al padre che rimase immobile e impassibile.
"Mi avete fatto chiamare, signor Legan?", esordì la cameriera.
"Sì, mia cara, mio figlio deve dirti qualcosa; avanti figliolo, fai quel che devi fare".
Compresa la situazione, Dorothy accennò una timida protesta:
"Ma... signor Legan, non c’è bisogno, non importa... sono a posto così...".
"Importa a me però; quel che è giusto è giusto, hai subito un torto ed è giusto che venga riparato da chi te lo ha procurato. Avanti Neal, Dorothy sta aspettando".
Dopo aver esitato, vergognandosi come un verme, Neal balbettò, non senza una certa riluttanza:
"E-ecco... Dorothy, ti... ti chiedo scusa".
"Tutto qui Neal? So che puoi far di meglio, avanti", protestò Raymond che, tuttavia, aveva notato l’imbarazzo di Dorothy.
Infatti la cameriera si sentiva molto a disagio e avrebbe fatto volentieri a meno di tutta quella situazione.
"Ti... chiedo scusa per i guai che ti ho procurato e per aver... per averti messo in cattiva luce di fronte alla famiglia".
"Neal?", esclamò il signor Legan, muovendo il capo come a dirgli "Concludi come sai".
"Questo è troppo... troppo umiliante", pensò Neal; ma non era in condizione di far troppo lo schizzinoso.
"Ti assicuro che non accadrà più; ti porgo ancora le... mie scuse e voglio sperare che tu le accetti".
"Bravo figliolo", pensò Raymond, "Vedo che stai imparando".
Dorothy, sempre più in imbarazzo, rossa in volto, rispose, chinando il capo:
"Accetto le scuse e vi ringrazio, signorino Neal".
"No, non ringraziarlo Dorothy: queste scuse erano doverose e vi aggiungo anche le mie. Ora puoi andare".
"A mio figlio un piccolo bagno di umiltà, ogni tanto, non può fare che bene", pensò infine il padrone di casa.
Dorothy chiese compermesso ed uscì velocemente dallo studio del padrone.
All’esterno Stewart, che come al solito aveva origliato, si complimentò con la cameriera:
"Non è da tutti riuscire a farsi chiedere scusa da uno come Neal Legan. Complimenti".
"Ti sbagli Stewart, io non ho preteso un bel niente e ti assicuro che ne avrei fatto volentieri a meno: mi sono vergognata da morire".
"Sei sempre la solita dolce Dorothy che tutti amiamo, non cambiare mai", disse Stewart, prima di abbracciarla.
Inutile dire che, in seguito, il maggiordomo-autista raccontò tutta la scena al resto della servitù, divertendosi – e facendo divertire anche gli altri – un mondo.
Così Neal si scusò con lo zio William, con la zia Elroy, con il signor Cartwright e con Candy: durante quest’ultimo incontro, a causa di alcune battutine su Candy e sugli orfani in generale, Neal rischiò di prendersi un paio di colpi da Terence, sempre accanto alla sua amata; fu Raymond ad evitarlo, redarguendo pesantemente il figlio e costringendolo a scuse più profonde.
"Questa volta mi è andata bene, ci mancava solo che mi picchiasse anche lui... Tom m’è bastato, l’altra volta...", pensò.
L’unica persona che non riuscirono a rintracciare fu Harrison e, di questo, Neal ne fu felice.
"Non avrei sopportato di chiedere scusa a quella specie di... conte, amico degli orfani".
 
Dopo la visita di Neal, Terence cercò di approfittare della situazione, riprendendo un certo "discorso" rimasto in sospeso dal giorno precedente: trovandosi sulla "Collina di Pony", all’ombra del "Grande Albero", pensava che l’aria frizzante, la pace e la tranquillità, inducessero Candy a cedere; ma la ragazza, anche per timore che qualcuno li potesse scorgere in atteggiamenti "sconvenienti", lo indusse a più miti consigli, concedendogli solo qualche toccatina, qualche struscìo e una quantità industriale di baci, anche in zone normalmente nascoste alla vista...
"Ma come fai a resistermi?", rantolò lui, mentre continuava a "lavorare" con la bocca sui suoi seni e con una mano su una delle sue cosce.
La risposta di lei assomigliò più ad un lungo gemito che ad altro:
"Te l’ho d-detto, oooh... voglio c-che tutto sia perfetto... oooh".
"Ti amo da morire... tu mi farai impazzire... ma ti rispetto troppo per costringerti a fare ciò che non vuoi... adesso", puntualizzò, tra un colpo di lingua e l’altro, il ragazzo con voce roca.
"Dai Terence ora basta... p-pensa se ci vedessero".
"E chi se ne importa, mmh...".
D’un tratto Candy esclamò:
"Oddìo! C’è il Principe della Collina!".
Istintivamente il ragazzo si voltò, alzandosi un po’ e dandole la possibilità di scivolare via.
"Malediz... mi prendi in giro? Sei terribile tu... tu, Tarzan lentigginosa".
Terence scattò in piedi, la raggiunse e la ributtò in terra, tempestandola di baci.
"Lo sai che ti amo... e ti rispetto; saprò aspettare, tanto è una vita che ti aspetto".
"Anch’io ti amo e non sai quanto".
Dopo l’ennesimo bacio appassionato, Candy trovò la forza di chiedergli:
"Ma... avevi detto di avere novità importanti, prima... prima della visita di quella sottospecie di cugino".
"E va bene, ho capito! Hai vinto, questa è per te, da parte di Susan", disse, porgendole una busta.
"Susan?", si stupì la bionda.
"Sì. La novità è che, d’accordo con l’impresario della Compagnia Stratford, mi sono preso un periodo di pausa dalla recitazione per stare con te... periodo che tu stai cercando di rovinare in tutti i modi", rispose lui, stringendola e baciandola ancora.
"Dai, smettila, ne abbiamo già parlato".
"La compagnia è partita per un piccolo tour senza di me; alloggerò a Villa Andrew su invito di Albert e della... terribile zia Elroy!".
"Davvero? No, tu mi prendi in giro...", si stupì ancora la ragazza.
"No, no, è tutto vero; non è poi così arcigna quell’adorabile vecchietta; mi sa che ho fatto colpo su di lei e se tu insisti a respingermi potrei sposare lei...".
"Ma va’!", disse Candy che, notando la serietà dell’espressione del ragazzo, aggiunse:
"Non dirai mica sul serio? Guarda che sono gelosa e se mi fai uno scherzetto del genere ti cavo gli occhi".
Finirono ancora a rotolarsi nell’erba, fingendo di lottare fra loro: lotta che fu vinta da lei, che si ritrovò sopra di lui.
"Ho vinto, posso fare di te ciò che voglio".
"Finalmente! Era ora! Che aspetti? Sono vinto e indifeso", esclamò lui.
"Eh no, bello mio; tutto ciò che vuoi ma non quello, non ancora...".
Dopo un’altra lunga sessione di baci e carezze, i due innamorati si ricomposero e lei gli chiese, mostrandogli la busta ricevuta prima:
"E questa?".
"Come ti ho detto è per te, da parte di Susan; si è molto dispiaciuta di non averti potuto salutare di persona, ma ti ha scritto; sono molto contento che si sia ristabilita quasi del tutto e che abbia, in qualche modo, fatto pace con te. Ti confesso che mi sono affezionato un po’ a lei e mi ha rattristato vederla giù: se vuole sa essere molto dolce e spero che possa trovare anche lei, un giorno, il suo amore".
"È vero: però ti assicuro che, anche se pare molto fragile, l’ho vista combattiva e mi è piaciuta molto".
Quando rimase da sola, Candy lesse la lettera di Susan:
 
Carissima Candy,
mi dispiace di non averti potuta salutare di persona, ma non c’è stato il tempo. Non so se ci rivedremo ancora, anche se spero di sì, per cui ti scrivo: non finirò mai di ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me... mi hai salvato la vita... e non solo quella volta, in ospedale; permettendo a Terence (e qui la grafia di Susan si fece incerta, tremolante) di starmi accanto mi hai veramente salvata. Ho capito tante cose, ho capito che gli stavo facendo del male... anche a te, che sei buona e gentile con tutti... e lui mi ha aiutata a ritrovare la voglia di vivere, di lottare. Ti comunico che tornerò a recitare; forse non sarò più all’altezza come lo ero un tempo, ma voglio provarci, e ho cominciato a studiare per diventare scenografa, dopo che avrò smesso con la recitazione... sarà una nuova avventura, una nuova sfida. Quando sono venuta a trovarti, tempo fa, mi hai veramente sorpresa: non eri tenuta a ricevermi e tantomeno a... non so. Ti prego, di’ alle tue amiche di non avercela con me... mando un saluto affettuoso anche a loro.
Ti affido Terence, è un ragazzo meraviglioso, rendilo felice e non tradirlo mai... vi auguro tantissima felicità...
La tua, da ora e per sempre, amica
Susan Marlowe
 
Queste righe fecero commuovere Candy che non riuscì a trattenere qualche lacrima, anche perché aveva notato qualcosa sul foglio, in corrispondenza dell’ultimo periodo, prima dei saluti: delle macchioline scure e irregolari; sembrava proprio che, scrivendo di Terence, Susan avesse pianto...
 
In serata, Harrison venne a sapere, tramite Albert, del "giro di scuse" di Raymond e Neal e si disse che non poteva non salutare il ragazzo come meritava: in fondo, quel saluto se l’era ampiamente guadagnato. I due Legan non l’avevano rintracciato, perché lui si era rifugiato all’orfanotrofio di Daisy: aveva sentito il bisogno di stare un po’ con i bambini, in mezzo a persone che amava e da cui era amato! E aveva bisogno di pensare, di far chiarezza completa nei suoi sentimenti; in definitiva, aveva bisogno di Iriza!
"Devo assolutamente vederla, parlare con lei, raccontarle tutto... tutto di me. Nessuno può distruggere tutto il lavoro che ho fatto... c’ero quasi riuscito... anzi no: sono sicuro che sono riuscito a cambiarti, tesoro mio! Ti ho fatto tirar fuori la parte migliore di te... un maglioncino per un’orfana! E tu vorresti farmi credere che veramenbte vuoi che Dorothy lo usi come straccio? No, non è così, no... ma devo riuscire a vederti, lontano da quei personaggi da cui sei circondata; lo so, sono la tua famiglia, ma tu sei diversa da loro... ma prima... vengo a salutarti, vengo ad augurarti buon viaggio, carissimo Neal!".
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
CONSIDERAZIONI DELL’AUTORE:
 
Spero siate rimasti soddisfatti, soprattutto chi ha avuto in simpatia certi personaggi un po’ "maltrattati" nell’originale.
 
The Blue Devil
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ringrazio tutti i lettori che vorranno imbarcarsi in quest’avventura, che neanch’io so dove ci porterà (se ci porterà da qualche parte)...
   
 
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