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Autore: Nitrotori    24/12/2018    2 recensioni
La Thinker Bell, organizzazione segreta formata da hacker quindicenni, si ritrova a dover risolvere un misterioso enigma, apparso nei forum del Deep Web. Incuriositi e preoccupati di possibili attività illecite, Nitrotori: la punta di diamante del gruppo, nonché geniale e prodigioso hacker, inizia ad avvicinarsi sempre di più al mistero che si cela dietro Cicada 3301.
Genere: Mistero, Science-fiction, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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“Che cos’è?” Chiese Cubby aggiustandosi i grossi occhiali.

  “Un libro” Rispose Sly, facendo una ricerca. “Il Mabinogion, un gruppo di manoscritti medievali. Il suo contenuto è composto da eventi storici gallesi”.

  “Suppongo che dobbiamo leggere questo libro per comprendere il prossimo step da seguire” Disse Pan portandosi un dito sul labbro.

  “Chissà” Agathe era poco convinta “Leggere mi sembra un po’ troppo facile. Visto i precedenti enigmi, credo proprio che dobbiamo trovare un codice all’interno del manoscritto”.

  “Sly, sai dove possiamo trovare questo libro?” Domandò Pan.

  “È un libro molto antico, dubito che possiate trovarlo in una libreria qualunque. Inoltre c’è da prendere in considerazione le sue ristampe. Non possiamo sapere se sono quelle autentiche, visto che possono essere state modificate. La copertina di questo libro mi fa pensare ad una edizione molto vecchia, forse risalente addirittura a prima dell’implementazione di Internet”.

  “Cubby, tu ci sai fare con queste cose” Pan si rivolse al compagno “Ti va di fare una ricerca?”.

  “Uhhh... ok, ci provo”.

Goffamente, Cubby si mise a lavoro. Ma dopo un'ora abbondante, Cubby perse la pazienza.

  “Non trovo un accidenti!”.

  “Come immaginavo, sul web ci sono solo sue ristampe” Disse Sly facendo spallucce “Allora? Che si fa dunque?”.

  “Non possiamo sapere se l’opera ristampata sia la stessa dell’originale” Pensò Agathe “Quindi, dobbiamo trovare una copia autentica”.

  “D’accordo, farò delle ricerche” Pan si alzò in piedi dal sofà logoro “Inutile arrovellarsi troppo adesso. Qui entro in gioco io, parlerò con alcune persone e vedrò se riesco ad ottenere delle informazioni in più. Voi altri invece, se vi capita sottomano qualcosa, comunicatelo ok?”.

Il gruppo rimase d’accordo in questo modo, poi tutti si congedarono.

--

Quella sera, Hugo e Agathe si incontrarono in un pub nelle vicinanze del covo. La ragazza mostrò l’immagine della copertina al ragazzo.

  “Il Mabinogion?” Hugo era particolarmente perplesso “Mai sentito nominare”.

  “Capisco” Agathe se lo aspettava, non poteva di certo conoscere un libro così vecchio.

   “È per quella questione di cui mi parlavi?”.

Agathe annuì. “Sì, esatto”.

  “Forse è un po’ troppo invadente da parte mia, ma non faresti meglio a lasciare perdere? Non è pericoloso immischiarsi in queste cose?”.

Agathe non aveva motivo di preoccuparsi, era un hacker di fama internazionale, ma come poteva spiegarlo a Hugo?

  “Non credo sia poi così pericoloso” Disse lei con un sorrisetto “Ti preoccupi troppo”.

  “Non voglio che ti succeda nulla di grave”.

  “Non fare quella faccia, mi metti la depressione” Lo disse con falsa premura, sorseggiando la sua cola.

  “Eh va bè” Sorrise Hugo con un sospiro “Tanto non credo riuscirò a farti cambiare idea. Non sono così carismatico eh?”.

  “Non è questione di carisma. È che sono testarda, non puoi farci niente”.

  “Capisco, beh ammiro la tua tenacia. Non sono un ragazzo con una forte personalità, al contrario sono un totale buono a nulla, ecco perché... ti ammiro così tanto” Arrossì abbassando lo sguardo.

  “È l’unico motivo per cui ti piaccio? Solo perché sono tenace?”.

  “Hai sempre quello sguardo sicuro, fisso davanti a te come se avessi un grande obiettivo. Non so come spiegarlo... è come se da te venisse un’energia molto potente. Sei una ragazza forte, intelligente, e sei anche... molto bella”.

  “Sì beh... non sei male neppure tu” Affermò lei, sempre cercando di essere schiva il più possibile. “Però vedi di fare qualcosa per quella autostima, altrimenti non potrai essermi di alcuna utilità”.

Hugo rise grattandosi la nuca.

  “Hai ragione, scusami”.

Agathe finì la sua cola e guardò il ragazzo davanti a se.

  “Dimmi Hugo, tu che ne pensi di questa storia?”.

  “Quale storia?”.

  “Del Mabinogion. Perché 3301 ha scelto proprio questo libro?”.

Hugo cambiò espressione.

  “Hai detto che questo libro è molto raro vero? Forse è proprio questo il fatto. Essendo raro e introvabile, vogliono causare una guerra tra coloro che sono interessati a 3301. È proprio la difficoltà di trovare il libro, che rende questo di per sé un puzzle da risolvere”.

Agathe restò affascinata dalla deduzione di Hugo. Era proprio come immaginava, ci sapeva fare, era veramente talentuoso.

Non poteva essere una coincidenza, doveva essere per forza una qualità portante di quel ragazzo.

  “Dovresti davvero credere di più in te stesso Hugo” Sorseggiò la sua cola, senza guardarlo. “Non svalutarti così tanto, hai un grande potenziale”.

  “T-tu credi?” Hugo era diventato rosso per il complimento.

  “Sei molto più tenace di quel che credi. E penso di potermi fidare di te”.

Il ragazzo era in brodo di giuggiole. Non si era mai sentito tanto felice in vita sua.

  “Davvero? Ti fidi di me?”.

  “Sì, mi fido. Per questo... voglio che tu venga con me. Su forza seguimi”.

Lasciò i soldi sul tavolo. “Non fiatare, pago io stasera” Poi uscì dal pub.

--

  “Dove stiamo andando?”.

  “Vuoi saperlo?”.

  “Beh sì” Non riusciva a stare al suo passo, camminava troppo velocemente. “Dimmi che intenzioni hai”.

Agathe si fermò e Hugo quasi andò a sbattere contro di lei. La ragazza ci mise un po’ a girarsi, poi alla fine si decise a voltarsi.

  “Voglio che tu venga a casa mia”.

  “Cos... aspetta! Frena, vuoi sul serio invitarmi a casa tua? Così su due piedi!”.

  “Che c’è di male?” Agathe inarcò il sopracciglio.

  “Ecco... beh, tu vivi da sola no? Non ti sembra, un ambiente troppo privato? Voglio dire...” Hugo era diventato un peperone e si grattò nervosamente la guancia con il dito.

  “Frena i tuoi ormoni signorino” Gli pestò il piede. “Non ti porto a casa mia per QUELLO!”.

  “Ahia! C’era davvero bisogno di pestarmi il piede!”.

  “Ti porto a casa mia perché voglio mostrarti cosa faccio nella vita”.

  “O-ok, va bene...”.

I due ragazzi quindi andarono verso il conglomerato di appartamenti, mentre la neve scendeva silente dal cielo.

--

Hugo non si aspettava che la ragazza che amava vivesse in un luogo tanto degradato.

Quegli appartamenti erano stati costruiti proprio all’ingresso del ghetto di Seattle, ed era un po’ il simbolo del degrado della città.

Carte sporche, graffiti, gente poco raccomandata ad ogni angolo.

Hugo si guardava attorno intimorito, chiedendosi dove diavolo si trovava. Agathe invece era tranquilla, passeggiava come se niente fosse, mentre gli sconosciuti del posto, fissavano Hugo con sguardo poco amichevole.

  “Ehi Agathe... tu vivi qui?”.

  “Fammi un favore”.

  “Huh?”.

  “Quando siamo qui, chiamami Wendy. Altrimenti potrebbero essere guai”.

Hugo non capiva cosa stava succedendo. In quale strano mondo parallelo era finito? Perché doveva chiamarla Wendy?

Mentre camminavano per i corridoi di quell’appartamento, Hugo sentì rumori di ogni genere. Grida, televisioni altissime, risate, musica rap, gemiti di piacere, bambini che piangevano. Era il totale caos, un luogo completamente diverso dal centro città dove Hugo abitava.

  “Non è molto accogliente, ma è casa” Disse Agathe aprendo l’ingresso della sua abitazione.

Quando Hugo entrò si ritrovò letteralmente dentro una topaia. La casa di Agathe era un disastro, dalle mura ammuffite piene di poster, CD musicali e di videogame sparsi ovunque. La cucina era sottosopra, sporca e piena di pentole. Il letto completamente sfatto e la tavola ancora apparecchiata alla cena del giorno prima.

  “Allora? Hai ancora il coraggio di dire che sono bella e piacevole? Questo è il luogo dove io vivo. Poco igenico eh? Ma è il luogo perfetto per una come me”.

  “Certo che ti trovo bella e piacevole! Non importa dove abiti, tu sei tu no?”.

Agathe sogghignò “Sapevo avresti risposto così, ma non è così semplice Hugo. Credo tu ti sia innamorato della ragazza sbagliata”.

  “Perché dici così?”.

  “Io sono un criminale Hugo. Non sono una ragazza comune. Tutto quello che vedi a scuola è una copertura, un mezzo per celarmi dalle autorità della quale la tua famiglia fa parte”.

  “Sei... una criminale?” Hugo era sconvolto.

  “Sì, sono una ladra, una truffatrice, sono un hacker. Penetro nei siti delle grandi multinazionali, rubo dati, ottengo informazioni riservate, e mi faccio pagare dalle multinazionali rivali per i brevetti rubati. Questo luogo è mio, è di mia proprietà. Sono stata io a comprarla con soldi illegali, ottenuti da questi lavori. La gente che vedi qui, sono i miei asset. Se sono in pericolo, loro mi aiutano”.

  “Stai... scherzando vero?” Hugo era più che sconvolto.

  “No, sono dannatamente seria” La ragazza si scompigliò i capelli e si tolse gli occhiali, mostrandogli uno sguardo molto diverso, nonché un aspetto molto più rozzo.

  “Io non sono affatto ciò che credi Hugo. Sono una ragazza pericolosa, immischiata in cose pericolose”.

  “...” Hugo abbassò lo sguardo, nascondendo gli occhi dietro la frangia.

  “Sono conosciuta con molti nomi sul Web. Qui vengo chiamata Wendy, mentre uso Agathe come nome di copertura sociale. Il mio aspetto, i miei voti, il mio comportamento, sono tutti costrutti per tenermi alla larga delle autorità. Noi hacker non siamo mai nello stesso posto, perché è rischioso. Ecco perché vengo a scuola, per mantenere la mia copertura. Ora che sai tutto questo, hai ancora il coraggio di dire che sono piacevole?”.

  “Non essere sciocca” Disse Hugo con un sorriso. “Non mi importa cosa sei. È vero, tutto quello che mi hai mostrato di te è falso, ma c’è una cosa di te che è assolutamente vera. I tuoi occhi, mostrano una profonda solitudine”.

  “...” Agathe restò senza parole.

  “Sei sola, ti senti sola, i tuoi occhi dicono tutto. La tua tenacia, la tua forza di volontà, non riescono a mascherare quel senso di solitudine. Quando siamo andati al centro commerciale, non facevi altro che guardarti attorno, come se non avessi mai avuto l’occasione di entrare in un luogo del genere. Ecco perché mi sono avvicinato a te, perché voglio proteggerti!”.

  “Non serve che mi proteggi Hugo. Come vedi, ho parecchie guardie del corpo. Stare con me, ti renderà solo la vita difficile”.

  “Io voglio restare al tuo fianco, lo voglio davvero! Non importa quante guardie del corpo hai, io voglio essere un tuo cavaliere”.

Agathe sentì lo stomaco alleggerirsi. Poteva davvero contare su Hugo?

  “Ne sei sicuro?”.

Hugo sorrise e annuì. “Certo, non mi pento delle mie scelte”.

  “Wendy! Tempismo perfetto! Vien...”

La brutta abitudine di Agathe, era quella di lasciare la porta aperta. Pan entrò nella stanza di Agathe, e vide lì dentro Hugo.

La ragazza sospirò, portandosi la mano sul viso. “Già... tempismo perfetto”.

  “E tu chi diavolo saresti?” Domandò Pan sconvolto.

  “Uhm... mi chiamo Hugo, piacere di conoscerti”.

Pan guardò sbigottito Wendy e immediatamente riconobbe quella luce abissale nei suoi occhi. Il suo livello di gelosia era oltre i 9000.

  “Ti posso spiegare ok? Lui è... un mio compagno di scuola. Deve aiutarmi a fare i compiti. Non pensare a cose strane”.   

  “Non posso crederci! Come hai potuto farmi questo!” Disse Pan tirandosi i capelli. “Pan e Wendy dovrebbero essere una coppia no? Allora perché hai scelto... questo qui?” Lo indicò.

  “Non ho scelto proprio un bel niente razza di decerebrato. Te l’ho detto, l’ho portato qui perché deve aiutarmi a fare i compiti”.

Pan aveva gli occhi lucidi.

  “Ho il cuore spezzato...”.

Hugo era anche fin troppo perplesso da quella situazione, sentendosi particolarmente a disagio.

  “Ad ogni modo, che cosa ti serve?” Domandò Agathe a Pan.

  “Forse... *sniff* forse abbiamo trovato quel libro” Il ragazzo aveva le spalle basse, deluso e addolorato.

  “Bene Hugo, sembra che i compiti dovranno aspettare”.

Hugo fece un sorriso poco confortevole. Ma alla fine lei l’aveva avvisato, voleva la bicicletta? Ora pedalava.

 
   
 
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