Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Rossini    26/12/2018    0 recensioni
Prosegue la saga de "Le cronache dei draghi e dei re", cominciata con "L'apprendista di fuoco". Il sistema è ormai sovvertito: la pace che per secoli era perdurata, adesso è stata interrotta da una serie di trame, guerre e rivolgimenti che hanno persino portato al ritorno di un'antichissima dinastia. Ma i fratelli del re appena deposto sono ancora tutti in circolazione, per quanto sparsi su tre continenti. Spetta dunque al nuovo sovrano Targaryen gestire questa complessa situazione, che diviene ancora più ingarbugliata pensando alle misteriose e oscure energie che all'est e all'ovest risorgono sotto forma di vita e fiamme. Esiste forse qualcosa che i Sette maghi del passato più ancestrale, col tempo decaduti e divenuti schiavi, nascondono a tutti i partecipanti - nessuno escluso - di questo ennesimo e disastroso gioco del trono?
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri
Note: Lime, Otherverse | Avvertimenti: Non-con, Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 21

UN GRANDE GIORNO PER LE RAGAZZE LANNISTER

 

 

 

Per Marcus Lannister quel luogo era incredibile. C'era rimasto qualche settimana e avrebbe voluto rimanerci per sempre. Donne sempre nude, disponibili e quasi sempre interessate a incontri carnali. Cibo in quantità e una sorta di bevanda inebriante che non era vino ma che causava effetti molto simili se non, per così dire, migliori. E poi c'era lì sua sorella: la sua famiglia. E c'era lì Shirley, la sua chimera: che era molto più che un'amica con le ali e gli artigli. Tutto andava benissimo: in quella montagna di fuoco era come se il cielo non ne volesse proprio di piovere. E poi erano sempre tutti allegri, e sempre tutti cantavano e ridevano. Anche negli unici momenti di comune cordoglio, ovvero quando un anziano moriva... in realtà era come se gli uomini-drago preferissero lasciarsi quasi subito tutto alle spalle: dopo la sepoltura, si tornava a mangiare, bere, ballare e scopare come dannati. Era come una sorta di paradiso. Marcus si era quasi da subito abituato a quasi tutti i costumi di quel popolo: andava in giro in mutande di pelle come loro, e aveva cominciato a frequentare un po' più spesso una delle loro donne, che non era la sua donna fissa... ma era quella con cui tendeva a unirsi più spesso. Da un po' di tempo era come se si sentisse inebriato, come se stesse dimenticando parte della sua vita precedente. Insomma non pensava più, oppure ci pensava molto poco, alla bella Jasmina della Valle del Leone: la ragazza che aveva baciato per la prima volta nella vita, e con cui aveva condiviso quel periodo piuttosto duro, sotto l'austero comando di Sir Winston Cleghorn e il rigido codice dei Cavalieri della Chimera. Continuava a sentirsi un Cavaliere della Chimera per certi versi... ma per altri era libero.

Aveva avuto qualche timore all'inizio a portare anche Shirley al villaggio. Quei maledetti colossi di uomini del nuovo continente mangiavano sostanzialmente tutto ciò che uccidevano, e uccidevano sostanzialmente tutto ciò che si muovesse e non fosse un uomo. Però... erano anche creature curiose ed era come se attendessero che il mondo al di fuori della loro montagna gli venisse spiegato. Così Marcus provò a chiarire, per quanto potesse, che non c'era niente di pericoloso in Shirley se non la si minacciava di morte, un po' come anche con loro. E poi gli fece vedere come quell'animale gli permettesse di salire sul suo dorso e volare con lei. Rimasero tutti estasiati, e da quel momento cominciarono a guardarlo con un rispetto perfino superiore alla già squisita ospitalità che gli avevano dimostrato. E poi una volta aveva mostrato Shirley pure a Kyrios, che si era dichiarato entusiasta delle splendide forme che la magia della vita era riuscita a prendere autonomamente da quando lui e in suoi fratelli e sorelle si erano fatti da parte nel dominio del mondo. E, anche se all'inizio piuttosto atterrita, alla fine anche Shirley aveva tollerato lo sguardo mostruoso del drago su di lei, almeno finché Marcus le rimase al fianco.

L'unica cosa che un po' spezzava questo sogno idilliaco di perfezione era proprio la sua sorellina che chiaramente era insofferente. Lo si vedeva bene: passava buona parte delle sue giornate a parlottare con diversi uomini e donne-drago di non si sapeva che cosa. Era come se cercasse di farseli amici, ma poi non adorasse condividere l'abbondanza del loro cibo, di cui tendeva sempre ad accettare poco. E poi non beveva il vino e chiaramente non si concedeva ai maschi che ci provavano. Primo perché era piccola. Secondo perché era una principessa. E terzo perché Marcus avrebbe ucciso chiunque avesse osato sfiorarla. Quindi, insomma, di tutto quel ben degli dèi la piccola poteva godere solo a metà. Le altre due ragazze, Daessenya e Xenya l'esploratrice, si divertivano molto di più: anche se Daessenya ormai era chiaro come la luce del sole che proprio bene fisicamente non stesse. E che anche loro si divertissero si poteva dire sia di quell'uomo dell'Essos galoppino di Xenya, Jorando Pashamanyna, sia di quell'altro che si erano portati appresso: il Sayun-sama di Muldrow dal nome ridicolo.

Era da un po' di tempo che il principe cavaliere voleva parlare con la sua sorellina, ma temporeggiava perché non sapeva bene da dove cominciare. Pensò quindi di rivolgersi a Daessenya: lei era una ragazza, e stimava Lady Mirietta. Avrebbe senza dubbio trovato il modo di aiutarlo. Certo, aveva anche pensato all'esploratrice e senza dubbio si sarebbe rivolto a lei, se non ci fosse stata Daessenya. Ma delle tre l'esploratrice era forse la meno “femminile”. In ogni caso si trattava di ragazze dal carattere forte, questo era ormai molto chiaro ed evidente a Marcus come a tutti. Però, a corte, Daessenya e Mirietta Marcus le avrebbe viste vestite da signore: sua sorella, d'altro canto, l'aveva già vista vestita come una ragazza del suo rango dovrebbe, al di fuori del contesto estremo di un villaggio sperduto su una montagna in un continente sconosciuto. Xenya invece no. Xenya era tipo da calzoni in tutti i casi. Per questo il principe scelse Daessenya come sua emissaria presso il cuore della Lady sua sorella.

Pianificò dunque di parlare con Daessenya a sera, dopo la cena comune. Si era anche preparato un discorso in testa: niente di machiavellico, qualcosa del genere: “mi pare che mia sorella non stia bene, vedi un po' tu che problemi abbia”. Ma quella sera il piano non poté essere realizzato. Il drago richiese la loro presenza e quando il drago chiamava, tutti andavano al suo antro.

All'inizio Kyrios discusse di cose che a Marcus parvero generali e francamente già affrontate in precedenza. Non che non fosse sempre piacevole avere una occasione di parlare con un drago, ma... la sensazione era che la creatura millenaria stesse un po' girando attorno alla vera questione. Dopodiché, quasi dal nulla, rivolgendosi alla principessa esclamò solennemente: «Lady Mirietta, io so già che cosa ti frulla per la testa. E permettimi di dirti che, anche se so che probabilmente è inutile e anche se so che probabilmente non interverrò in alcun modo per impedirtelo, stai commettendo un gravissimo errore». Xenya, Marcus, Daessenya, Pashamanyna e Tampepe rivolsero tutti il proprio sguardo, un po' imbarazzato, alla giovane Lady del Westeros che invece, dal canto suo, chinò il capo di scatto non senza un poco di orgoglio ferito. «Da quando siete qui, la Lady vostra signora ha cominciato un lavoro incessante e operoso. Un lavoro di una pazienza davvero ammirevole: sta cercando di entrare nel cuore dei miei figli, con avventurosi racconti e vane illusioni. Gli dice quello che pensa loro vogliano sentirsi dire e gli promette di cose che loro neanche possono immaginare. Io so che cosa significa lavorare con il cuore, Lady Mirietta: alcuni dei miei fratelli ne sono stati i primi maestri. So che vuoi convincere una parte dei cosiddetti uomini-drago a venire con te al sud e a sovvertire con il loro aiuto il regno del Sir dell'occidente. Ma ci sono cose che neanche tu sai. Ci sono segreti che scompaginerebbero tutto, e lo faranno... se partirai per il sud. Permettimi dunque di insistere: non andare Lady Mirietta. E non portare nessuno dei miei figli con te. Vivi libera e felice. Qui con noi»

«Beh non sono l'unica qui che manipola la gente», rispose a un certo punto Mirietta con le lacrime che le rigavano le guance ma senza dubbio tutto il cuore di chimera che una donna Lannister si diceva avesse. Sfidare un drago era una questione da cuore di Lannister che neanche Marcus aveva. Marcus che provò un impeto di stima e insieme di invidia verso la sua sorellina. E che soprattutto si terrorizzò della cosa: ma dove cavolo voleva arrivare? La principessa insisté: «Parli di segreti, Kyrios? Quali sono? Perché non vuoi dirceli? Tu conosci il futuro?»

«Io... conosco gli uomini» provò il drago, ma non fu sufficiente. La principessa riprese con la sua arringa: «Pensi che non mi sia chiaro quello che stai facendo? Cos'è, un incantesimo? Questa atmosfera che hai creato... questo posto che si presenta talmente tanto splendido e paradisiaco da farci dimenticare che esiste altro. Che c'è un mondo al di fuori di questa montagna infuocata. Non è forse così? Non sono forse l'unica a resisterti in questa tua magia?». Il drago rispose: «Non è magia. È la forza del cuore. È la connessione che unisce tutto ciò che è puro. Gli uomini con la terra e mediante essa... con me»

«Perché vuoi tenerci qui? Cosa c'è al di là del mare che tanto ti spaventa?»

«NULLA mi spaventa, bambina. Io posso anche morire e grazie alla forza del cuore vivere e rivivere altre mille volte: se avessi conosciuto Luxia o Nidhogg tu lo sapresti questo. Tuo fratello Daniel, che di Nidhogg è stato allievo, dovrebbe saperlo questo». Marcus non capiva più che cosa stava accadendo. Daniel? Il drago Nidhogg? Ma che cos'era tutto quello? E come faceva a saperlo Kyrios se da millenni se ne stava confinato nella sua montagna?

«È così, allora?» fece Mirietta, forse stavolta esternando i pensieri un po' di tutti, sicuramente quelli di suo fratello, «Tu conosci cose... che sono al di là del nostro mondo»

«Io conosco cose che sono al di là della vostra comprensione»

«Diccele allora! Tu... vedi qualcosa al sud non è così? Perché non vuoi farci partire per la guerra? Che cos'è che accadrà, drago Kyrios?»

«BASTA ORA!» ringhiò il drago, e Mirietta rimase zitta. Anche lei provava terrore: era chiaro. Era stata coraggiosa, ma forse in questo modo aveva anche giocato l'altra faccia della moneta dell'audacia: la stoltezza. «Fai come vuoi, bambina. Io ti ho avvertito. E ti dico che se scenderai al sud sarà peggio per te. Rimpiango solo le vite di quelle donne e uomini miei figli che porterai con te... ma sono una creatura millenaria e osservo le cose al di là dei limiti del tempo: la mia stirpe tornerà a vivere più rigogliosa di prima. Sarai tu che non tornerai». Detto ciò, il drago diede la coda che di norma significava che l'incontro era finito. Nessuno prima di allora aveva avuto il coraggio di insistere una volta che Kyrios si era voltato e, anche se quella poteva essere l'occasione in cui ancora un'altra cosa nuova sarebbe accaduta, ebbene – per fortuna – questa non accadde. Mirietta tacque, chinò il capo e fu la prima a lasciare la caverna nel vulcano.

Ma nessuno le permise di andare oltre: era doveroso che desse delle spiegazioni e così tutti, ma proprio tutti, senza neanche mettersi d'accordo tra loro, le andarono dietro ciascuno formulando le domande in maniera diversa. Ma il punto era chiaro: Mirietta aveva davvero convinto degli uomini-bestia a fare la guerra ai Kowacz facendo promesse che non poteva mantenere? Si era dunque servita della propria abilità retorica per manipolare una massa di gente chiaramente troppo semplice e ingenua per non cascare nelle sue trappole? Mirietta non rispondeva e dava le spalle, come Kyrios. Era nervosa. E la minaccia sulla sua vita che il drago aveva fatto sicuramente pesava sul suo cuore di ragazzina come un macigno, anche se non lo avrebbe ammesso mai. Marcus solo provò a prenderla anche da quella parte, e rimase per ultimo a richiedere spiegazioni. Rimase un po' con lei anche non insistendo più. Rimase con lei e basta, mentre la principessina sostanzialmente faceva i bagagli. Alla fine, con tutta l'audacia di un cavaliere, lei disse a lui: «Mi vuoi bene, Marcus?»

«Sì» rispose il Cavaliere della Chimera «Certo che te ne voglio»

«Bene, allora è giusto che tu sappia che questo è il mio ultimo giorno a guardare il drago entrarvi nella testa. Domani comincia il mio viaggio e la mia guerra contro Sir Muldrow. Mi farebbe piacere che tu venissi con me». Detto ciò, lo cacciò a forza fuori dalla sua tenda. E con immenso orrore di Marcus, fece invece entrare al suo posto tre dei più temibili e nerboruti cacciatori degli uomini-drago.

Col passare delle ore e poi dei giorni, Marcus si rese conto che quei tre erano i membri del consiglio di guerra della principessa. Consigli di guerra cui naturalmente pure Marcus, Daessenya, Xenya, Pashamanyna e Tampepe erano invitati. Ma Marcus non li adorava: non ci capiva molto di strategia militare e men che meno di altre furberie politiche. Xenya, in forte polemica con la sua amica, aveva deciso di restare con gli uomini-drago della montagna di fuoco, forse per la prima volta in aperta contesa con la Lady di Lannisport. E Pashamanyna, come di dovere, era rimasto con l'esploratrice. Rimanevano Daessenya e Tampepe: la prima donna molto intelligente, ma ormai chiaramente da tempo in preda a un qualche grave malore. E Tampepe invece... beh, con difficoltà parlava la lingua degli altri.

La maggior parte di questi consigli di guerra, si tennero prima in viaggio dalla montagna alla baia dei Sayun. E poi in una sorta di avvallamento non distante dal vero e proprio villaggio dei Kowacz, il luogo dove Marcus e Mirietta avevano incontrato Sir Muldrow per l'ultima volta. E da questo momento in poi una serie di avvenimenti importantissimi lasciò percepire l'inizio della fine: il primo tassello del domino era stato lanciato. Non passò molto tempo infatti, che i Kowacz si accorsero della presenza nemica alle porte, e Tampepe il Sayun lasciò l'accampamento dei nemici per tornare alla casa madre: avrebbe avuto un sacco di cose da raccontare al suo vecchio Sir, quel selvaggio spione. La cosa abbatté non poco Lady Mirietta che naturalmente sentì in capo a se stessa la responsabilità del fatale errore: avrebbe dovuto pensarci non una ma cento e mille volte che, una volta giunti lì, Tampepe, il quale da sempre era stato una spia più o meno esplicita, avrebbe preso arco e faretra e se ne sarebbe andato. Ci voleva dunque una botta di incoraggiamento per la piccola Lady; e arrivò: grazie alla stima che aveva nei suoi confronti, tutta una parte (se non metà, quasi) del popolo Kowacz decise non solo di schierarsi al suo fianco – cosa prevedibile – ma di farlo accanto all'antico e temibile nemico degli uomini-drago: a detta di molti degli osservatori, una impresa che aveva valore storico. Naturalmente furono certi capi Kowacz a parlare per tutti, ma Mirietta sapeva che quei sette o otto individui avrebbero spostato dalla sua parte dozzine di guerrieri. Sulla carta, metà Kowacz e uomini-drago contro metà Kowacz e pacifici e tradizionalmente servi Sayun, sarebbero stati i primi a vincere. Questo significava che davvero Mirietta aveva possibilità di vittoria? No: Muldrow aveva ancora tutta la sua polvere di fuoco che, a quanto aveva lasciato intendere l'ultima volta che aveva discusso con Mirietta e Marcus, doveva ancora essere numerosa e devastante. Questo sbilanciava l'intera partita verso la compagine del vecchio Sir: gli uomini di Mirietta avrebbero pure potuto combattere valorosamente ma... sarebbero stati sconfitti.

Di questo nessuno aveva il coraggio di parlare alla principessina, neppure Daessenya. Allora Marcus, ancora una volta assumendosi il ruolo di fratello maggiore che gli competeva, prese e affrontò la piccola ma determinata ragazzina, da soli, nella sua tenda. Fu la recita di una commedia che aveva già previsto: Mirietta sapeva già tutto, e non aveva bisogno che Marcus glielo ricordasse. Ella sapeva che era più probabile che avesse perso, e sapeva che questa consapevolezza unita alla previsione del drago Kyrios di qualche settimana prima sul suo futuro... poteva arrivare a significati veramente agghiaccianti. Dunque Marcus scelse di cambiare la carta dell'informazione con quella della prostrazione: pregò Mirietta di non insistere. La pregò di lasciar perdere Castel Granito e i loro zii, e tutto quello che pianificava. Di lasciare che il tempo facesse sedimentare un po' tutti gli avvenimenti: sopravvivere adesso per combattere domani. Ma Mirietta temeva l'influenza del nuovo continente: temeva che a forza di stare alla montagna di fuoco o alla baia dei Sayun prima o poi si sarebbe dimenticata chi era e qual era il suo posto. Disse dunque a Marcus che la sua decisione rimaneva quella di affrontare Sir Muldrow.

Differentemente da Daessenya, che non poteva, Mirietta decise di scendere in battaglia con i suoi uomini. Chiaramente non era una guerriera: non era mai stata addestrata per farlo, ma almeno all'inizio sapeva che era fondamentale che gli uomini e le donne (molte tra le figlie di Kyrios) del suo esercito la vedessero con loro sul campo di battaglia. Anche Marcus partecipò naturalmente, e a cavallo di Shirley. Al momento dell'ultimo incontro sul campo, il vecchio Sir Muldrow non si disse sorpreso di quello che definì un voltafaccia e che, anzi, aveva approntato nuove e raffinate armi per devastare lo squadrone avversario. A giudizio di Marcus, per quel minimo di esperienza che il principe cavaliere aveva, Muldrow aveva un po' la faccia di uno che la sparava grande per nascondere una qualche tragica debolezza, ma non intendeva con questo illudere se stesso, o peggio sua sorella, basandosi solo su una sua sensazione personale.

Lo scontro dunque avvenne. Quello schifoso di Tampepe doveva aver raccontato ai suoi della chimera di Marcus, e forse Muldrow anche a questo alludeva, visto che l'esercito del Sir tirò fuori una sorta di grossa balestra meccanica apparentemente portata sul campo esclusivamente per lanciare arpionate a Shirley mentre era in volo. Marcus schivò un paio di colpi, ma alla fine decise che non intendeva rischiare la vita della sua cara amica zannuta, ragion per cui si concesse del tempo per atterrare, tornare al covo, legare ben stretta la chimera e poi precipitarsi nuovamente a combattere al fianco di sua sorella. In realtà, anche Mirietta alla fine decise, poco dopo, di desistere: aveva fatto più del suo dovere, ma non era una guerriera, era una ragazzina gracile e stanca e quindi sarebbe stato meglio per lei continuare a seguire lo scontro da lontano. Il comando passò tutto dunque in capo a Marcus.

E Marcus vinse. Alla fine, il vecchio Sir non aveva fatto altro che fingere. La sua tattica era stata proclamare molto più di quello che aveva: per un po' prima l'archibugio appositamente creato per uccidere la sua chimera spaventò il principe cavaliere non poco, ma poi si rese conto che armi con la polvere nera praticamente non ce n'erano e questo riportava tutto alla situazione di base: metà Kowacz e violenti e agguerriti uomini-drago contro metà Kowacz e pacifici Sayun. Muldrow perse dunque, anche se la sua presenza sul campo di battaglia in realtà il principe non la scorse fin da quasi l'inizio dello scontro armato. Il vecchio si era comportato né più né meno come Mirietta: si era fatto vedere dai suoi, e poi si era ritirato.

Tutto ciò significava che Mirietta aveva avuto la meglio! Che la profezia di Kyrios in qualche modo era stata erronea. Marcus era vivo, Shirley era viva, era viva Mirietta ed era viva Daessenya. Prima dello scontro, non avrebbero potuto sperare di meglio. Marcus sapeva che la furia della battaglia non era il caso che si disperdesse, ragion per cui spinse Kowacz e uomini-drago all'inseguimento del vecchio verso quello che i Kowacz sapevano essere il suo “palazzo” presso il villaggio Sayun. Si trattava di una sorta di baita arroccata su uno scoglio, ma non di facilissima penetrazione in quanto preceduta da tutta un'altra serie di costruzioni non dissimili. Nella furia della caccia al nemico tutte le porte vennero abbattute una dopo l'altra fino ad arrivare a quella degli appartamenti privati del vecchio Sir. Lui era lì. Non appena Marcus tentò di abbattere l'ennesimo uscio, e trovando questa volta una inattesa resistenza, fu lo stesso Muldrow ad annunciarsi: «Non tentare oltre, principe» disse «Sono sconfitto. Se osservi all'angolo, vedrai la mia spada conficcata al suolo. Lasciami prigioniero nei miei appartamenti». Chiaramente non esisteva: poi, se una volta preso, fosse stato il caso di ucciderlo o meno, su questo si poteva discutere. Marcus aveva una mezza idea di portarlo da Mirietta e far decidere lei. Ma... il vecchio doveva uscire da quella stanza. «Sai meglio di me che non posso farlo, cavaliere» rispose il principe al vecchio Sir, «Avrai anni di esperienza di battaglie sulle tue spalle... saprai bene che il nemico va preso, prima di esser fatto prigioniero»

«Sono preso, mylord»

«Oh, andiamo Muldrow! E chi mi dice che lì dentro non sei pieno di uomini pronti a cospirare nuovamente contro la tua nuova signora? O che non hai uno dei tuoi tanto millantati archibugi che ci sterminerebbero tutti?»

«Oh, andiamo principe, questo è impossibile»

«Beh, ad esempio, come fai a bloccare questa porta? Di che materiale è fatta dentro? Neanche la si riesce a scalfire con spade e asce!»

«Beh, non è un materiale a bloccarla»

«Allora, cosa?»

«Ah... ti prego, principe, sono stanco... ti do la mia parola d'onore che nessun pericolo giungerà mai per voi da questa porta. La parola di un cavaliere»

«Tu non sei un cavaliere, non è vero, vecchio?» azzardò dunque Marcus esclamando qualcosa che da un po' girovagava fra i suoi pensieri, «Muldrow non è certamente una Casata dell'Altopiano, cui pure sostieni di appartenere. Certo, potresti pure essere un cavaliere di ventura... ma di solito i nomi di costoro sono anche più noti di quelli legati a un casato o grande borgo. Comincio a dubitare pure che tu abbia mai davvero servito i Tyrell»

«Ahah» rise il vecchio «Beh qui abbiamo un principe e cavaliere di rara perspicacia... o rara immaginazione. Peccato, Lord o Sir Marcus, che tu questa verità non la conoscerai mai. Vedi: non è un materiale particolare o un ingegnoso meccanismo a bloccare questa porta. È la magia».

Marcus rabbrividì dopo quelle parole. Il vecchio Sir gli parve stra-serio e d'altronde perché non avrebbe dovuto esserlo? Per bluffare? Ancora? Perché era sconfitto? Ma certo doveva avere – lui sì – parecchia fantasia per sparare una roba del genere, se non era vero. Irritato, il Cavaliere della Chimera ordinò ai suoi: «Abbattete questa porta!». Dopodiché si recò personalmente da sua sorella a confermarle quello che di certo già le era giunto: che erano stati vittoriosi e che dunque... lei era la nuova signora assoluta di quelle terre. Che Kyrios l'avesse previsto o meno.

 

 

 

Quello era un giorno grandioso per Hana Lannister. Era il giorno in cui avrebbe preso in sposo Gabryaerys della Casa Targaryen, sancendo così la decisiva unione tra due tra le più antiche e famose casate della storia del Westeros e del mondo intero. Lei era radiosa, glielo dicevano tutti: amici o nemici, lontani o vicini. Dicevano che la gravidanza le donava. Incredibile come le cose fossero cambiate in fretta! Fino a pochi anni prima, o addirittura mesi, Hana Lannister era una fanciulla la cui massima ambizione era fare la politica, come e meglio di suo padre. Non solo l'idea di sposarsi e fare dei figli non veniva da lei considerata neanche alla lontana, ma Hana era anche uno di quei tipi che guardava con una certa sufficienza le altre ragazze che sceglievano quella vita, che poi erano la schiacciante maggior parte. Pensava che fosse un vero peccato, per chi potesse permetterselo, rifiutare una vita più “da maschi”; una vita rivolta più al pubblico che al privato. E non rinnegava niente di quello che era stato: i suoi anni al fianco di suo padre prima e di suo fratello dopo le avevano dato gratificazioni e bei ricordi. Ma da quando c'era il piccolo, la soddisfazione di Hana Lannister era... diversa. Forse altrettanto intensa, o forse perfino maggiore. Sentire crescere una vita dentro di sé era qualcosa di unico e speciale. Fino a qualche mese prima, lei non si sarebbe mai detta una donna che la pensava in questo modo, ma adesso farlo era inevitabile: portare in grembo una vita davvero modificava il carattere.

Il discorso cambiava quando si parlava del presunto re. Senza dubbio, anche nei suoi confronti, ormai era chiaro: Hana non provava il sentimento che avrebbe dovuto. Avrebbe dovuto continuare a odiare letteralmente quel tizio, e invece non lo faceva. Lo tollerava. Alcune volte provava pietà per lui, altre perfino una certa empatia. I rapporti andavano migliorando giorno per giorno, e con lei il re era inappellabilmente buono. Di recente, aveva acconsentito alla richiesta della sua promessa di liberare i Lord Gushing e Pamir Gaholla, finalmente. I due vecchi amici di re Lionel certo sarebbero stati dei sorvegliati speciali dentro le mura della Capitale, ma liberi. E liberamente avrebbero potuto partecipare al matrimonio della Lady di Lannister. Tuttavia il re che non aveva strettamente a che fare con Hana era un re diverso, oscuro e minaccioso. Prima di tutto, si ripetevano malelingue tra la gente e anche talvolta in qualche corridoio più in alto, che il re non fosse in verità chi sosteneva di essere. Veniva dall'oriente certo, era un personaggio strano, influente e forse magico senza dubbio. Ma non era un Targaryen, e men che meno il figlio di una regina esistita migliaia e migliaia di anni prima. Questo era già piuttosto assurdo detto così, e in più non c'era una straccio di prova. Quindi, sostanzialmente, ammettendo che i Targaryen potessero davvero vantare un qualche diritto, in realtà da secoli perduto, sul Trono di Spade, allora bisognava pure considerare la possibilità che ne saltasse fuori pure un altro di questi personaggi, e poi magari anche un terzo e un quarto.

Ma la vera cosa che più su tutte faceva vergognare Hana era che quel suo futuro consorte così dolce nei suoi confronti e in quelli del loro comune figlio che stava per nascere, massacrava gli oppositori ed affamava la povera gente. Accadevano episodi relativi alla prima questione almeno una volta al mese: oppositori non erano necessariamente uomini del palazzo, ma anche capipopolo, anche giovani. La gente invece veniva affamata perché si veniva da una guerra e da una carestia, combinazione che portava inevitabilmente le casse della Corona a soffrire. Ma la nobiltà, e il re con essa, naturalmente non mollava di un piede sulla questione sociale, e questo rendeva tutto disperatamente esplosivo. Il clima era quello di un regime, in cui lo strapotere dell'autorità s'imponeva a tutto campo sulla povera gente. Eppure più s'imponeva, più l'autorità temeva e faceva bene a farlo, a giudizio di Hana. In conclusione, il regno e la Capitale in particolare stavano vivendo insieme due temperature diverse: quella fresca e rilassata dentro la corte, fatta di banchetti e futuri matrimoni, e quella incandescente delle piazze e dei quartieri poveri.

Era una vita... sul filo. Come costantemente in attesa di qualcosa. Qualcosa che poteva essere di tutto, positivo o negativo: il matrimonio, la nascita, un altro figlio, oppure la rivolta, il sangue, la morte. Hana si chiedeva se, qualora la folla si fosse ribellata, i rivoltosi avessero risparmiato la sua vita e quella del suo piccolo. Perché una donna e un bambino non avevano colpe in merito alla politica degli uomini adulti. Oppure anche perché quella donna e quel bambino erano Hana Lannister e suo figlio, e quindi la figlia e il nipote dell'ultimo re sotto il quale aveva regnato la pace e pure un certo benessere. I morti di fame c'erano stati anche allora: ce n'erano sempre e da sempre. Ma sotto Lionel molti di meno. Tuttavia la speranza era vana: la folla non conosceva né ragione né pietà, e quando e se avesse perso il controllo allora il sangue versato avrebbe potuto essere quello di chiunque, uomo o donna, adulto o bambino, laico o religioso.

A proposito di religioso: i rapporti tra Credo e Corona continuavano ad essere non idilliaci. Gabryaerys pretendeva dai Septon, e dal loro capo in particolare, una copertura su tutta la sua politica che il Credo si ostinava a non dargli, rivendicando una sua indipendenza. C'era poi qualcosa di più specifico nel calderone del re, pure importante e pure legato alla questione del Credo, ma che né Hana né molti altri cui Hana si era rivolta avevano bene inteso: questioni segretissime tra Sua Maestà e Sua Sacralità.

Infine c'era il duello con Bolton: sostanzialmente accantonato nei giorni del matrimonio, dimenticato, posto sotto sale per esser conservato e poi rimesso sul tavolo al momento opportuno. La questione innervosiva il re Targaryen e – Hana aveva concluso – lo spaventava. Era la prima questione “spinosa” che realmente stava minacciando il suo ancora così breve regno: avrebbe dovuto imparare, il presunto figlio della madre dei draghi, che sempre, costantemente, un regno è minacciato: questo Hana, che aveva trascorso tutta la vita a palazzo, lo sapeva molto bene. O era una rivolta a nord, o una cospirazione a sud, un re tranquillo non poteva mai stare. Il segreto era conviverci. Forse quel matrimonio avrebbe potuto rappresentare il momento d'inizio di questa nuova fase per Gabryaerys: l'inizio di un nuovo atteggiamento che lo portasse ad essere maggiormente uno che domina gli eventi, non che si lascia trascinare da essi. Le premesse c'erano tutte: anche Gabryaerys – almeno a giudizio della sua prossimissima consorte – appariva molto sereno in quei giorni. Sereno lui, radiosa lei: le circostanze migliori possibili per un matrimonio che, nonostante tutto, era pur sempre un matrimonio politico.

Lady Hana pretese che la cerimonia fosse quanto più sobria possibile: prima di tutto, perché per gusto personale preferiva più – per esempio – le linee morbide e i colori freddi piuttosto che i fronzoli e i colori sgargianti. Preferiva gli accostamenti ai contrasti e le cose brevi a quelle troppo lunghe. Secondo: quello era uno di quei momenti della storia in cui esibire troppo sfarzo non faceva bene a chi poteva permetterselo, e questo in tutti i casi. Quindi, oltre che una scelta di gusto, era pure una scelta di opportunità. Forse, chi lo sa, perfino di sopravvivenza: eventi come quelli erano occasioni che portavano calche immense di individui ad ammassarsi tutte assieme. E in queste circostanze, la storia insegnava, le rivolte diventavano sempre più probabili. Hana decise chiaramente di non pensarci: non poteva fare la morale a Gabryaerys sul non lasciarsi trasportare dalle sue ansie e paure, e poi passare l'intera giornata del suo matrimonio con la prospettiva che il popolo sarebbe andato di matto. Ed in effetti non lo fece...

Il giorno del suo matrimonio, Hana Lannister fece una scoperta che la sorprese non poco: il popolo provava simpatia per lei. Nel momento in cui necessariamente dovette entrare in contatto con loro, quando cioè uscì dal Palazzo Reale per fare in carrozza fino al tempio, uno scrosciante, inatteso, inaudito applauso la accolse come una vera, amata, regina. L'emozione fu tale, che la Lady di Lannister non poté dichiararsi mai sicura di questo: ma le parve di sentire più volte, e da diverse voci, cose tipo “Lady Hana sei tu la nostra vera regina” e, peggio ancora: “Lady Hana, SALVACI”. Il popolo la percepiva come un'alleata. Un'alleata contro chi, questo era tutto da discutere. Ma di sicuro qualcuno di a loro vicino, forse il più vicino all'interno della classe dei palazzi e dell'alta politica.

Il matrimonio andò come andò: parole, formule, una cordicella ad unire le braccia e le mani sue e del re. Un Gushing sinceramente emozionato per lei: il Lord vecchio amico di suo padre fu colui che l'accompagnò sino all'altare per consegnarla a Gabryaerys. Un Gabryaerys sorprendentemente più emozionato dello stesso Gushing: solenne, obiettivamente molto bello, ma anche obiettivamente a un passo dalle lacrime. Per coprire la parte deforme del suo viso, stavolta non aveva optato per il solito squallido cappuccio viola, bensì per una sorta di fascia che, posta sotto la corona, probabilmente da lontano neanche si vedeva. Il popolino avrebbe pensato che per questa occasione il re aveva deciso di non starsene nascosto ai loro occhi: non aveva nulla da nascondere dunque, non era un mostro.

Ma la vera novità, e la sua vera preoccupazione, era che lo stato d'animo della regina Hana di Casa Lannister era di nuovo cambiato tutt'assieme. Già qualche mese prima, il suo improvviso sentimento di “non odio” nei confronti di Gabryaerys la sorprese e la stravolse. E adesso di nuovo, la storia della sua emotività si stava ripetendo, di nuovo all'improvviso e a poca distanza dall'ultimo sussulto: continuava a non odiare Gabryaerys, e continuava a pensare che doveva fare buon viso a cattivo gioco. C'era loro figlio in ballo. Ma questo non le proibiva minimamente di essere se stessa: il popolo la reclamava e lei gli si sarebbe donata. Era questo che voleva fare, era questo che doveva fare: sottilmente, ma scrupolosamente, sostituire un sovrano francamente claudicante sulle questioni della politica del regno. Era il suo matrimonio, ed era bello, e lei era contenta. Ma ciò che più la rese felice, all'uscita da quel tempo, non fu mettersi sulla stessa carrozza di suo marito e baciarlo: manco per idea. Ciò che la rese più felice fu rompere gli schemi, sorprendere Gabryaerys e tutti i suoi consiglieri, e andare di sua iniziativa verso la gente. Non la temeva: sentiva di non avere niente da temere. E si fece toccare la mano, il braccio, fino a condividere un simbolico abbraccio con la ressa tutta. Poi, in un gesto teatrale ma quasi spontaneo, la nuova regina del regno prese un fiore dal suo bouquet e lo consegnò a una bambina particolarmente graziosa che le aveva appena tirato la gonna. Dopodiché Lady Hana si chinò, sorrise, e baciò sul capo la piccolina. Il re intanto non aveva fatto altro che guardarla e attendere pazientemente, come un bravo segugio. Quindi la regina andò a lui, e solo allora, al suo comando la carrozza partì di nuovo. Lady Hana era tornata.

 

 

 

Mirietta chiaramente aveva fretta. La sua amica Xenya, l'esploratrice, ormai riusciva a capirlo perfino da qualsiasi impercettibile gesto che la principessina facesse. Si poteva serenamente dire che ormai le due si conoscevano da un pezzo, e molto si dovevano l'una con l'altra. Senza Xenya, Mirietta non avrebbe mai conosciuto il nuovo continente, e dunque tutta questa cosa di crearsi un nuovo esercito e un potenziale per le sue – assolutamente legittime – mire politiche, semplicemente non sarebbe esistita. D'altro canto, Xenya era una che voleva sempre viaggiare e conoscere luoghi sconosciuti. Altro che volere: lei doveva farlo, sentiva che era nella sua natura, sentiva che se non l'avesse fatto dopo o prima sarebbe morta. Però era anche vero questo: che senza l'appoggio e il finanziamento di Mirietta, a quest'ora lei ancora sarebbe stata tra gli scogli della sponda occidentale del Westeros a trastullarsi coi gabbiani. E invece adesso erano lì, ed erano due donne vittoriose.

Tuttavia questa cosa del ritorno al vecchio continente con l'intenzione di fare la guerra, Xenya non solo sentiva che non fosse proprio nelle sue corde (lei non era affatto una combattente), ma aveva pure il presentimento che ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato e pericoloso. Che fosse una partita vinta sulla carta, ma ancora tutta da giocare nella sua dimensione pratica. Ed essendo che francamente a lei di tutte quelle cose di regni e sovrani non fregava niente, non poteva non negare a se stessa che l'idea della ripartenza la demotivava non poco. Lei sarebbe ripartita sì, anche da sola: ma costeggiando il nuovo continente sempre più a nord ad esempio, o più a sud. Oppure avrebbe voluto vedere dove finisse la montagna infuocata: cosa ci fosse dietro quello che da millenni era il covo di un drago. Eppure, non poteva farlo. Questa volta avrebbe fatto la brava, e avrebbe seguito l'amica. Le si era già opposta di recente, decidendo, con il suo secondo Jorando Pashamanyna, di dissentire dalla sua strategia di attaccare il vecchio Sir nel sud, e di restare dove anche Kyrios voleva che loro stranieri rimanessero: tra i suoi figli.

Non che anche il drago non stesse giocando una qualche sua oscura partita: questo ormai per Xenya era chiaro. Il drago aveva creato tutto attorno a loro un clima onirico che a poco a poco stava annichilendo parte delle loro personalità, ed anche a lui prima o poi era necessario disobbedire. Dalla sua esperienza, Xenya sapeva che la necessità di disobbedire era uno degli ingredienti fondamentali della vita. Una colonna portante. Se di tanto in tanto non ci si ribella, alla fine si muore. E quindi assecondare la sua vecchia e cara amica adesso, almeno significava non fare da sponda una seconda volta al drago, il che era positivo. La verità, era che Xenya avrebbe voluto seguire il suo cuore, ma dato il recente “mini-tradimento” che aveva attuato nei confronti della principessina di Lannisport, si sentiva in dovere per lo meno di riaccompagnarla a casa. Anche se forse non di combattere la sua guerra.

D'altro canto, la sconfitta del vecchio Sir Muldrow alla baia dei Sayun-sama si era anche portata appresso un alone di mistero. In una serata di consiglio, alla presenza anche di Daessenya, Jorando e qualche altro capo dei selvaggi, il principe cavaliere Marcus aveva riferito a Mirietta non solo che Muldrow fosse ancora vivo, ma che si sapeva pure bene dove fosse e che comunque non lo si potesse catturare come prigioniero di guerra. Aspetto ancora più inquietante: il vecchio si era sigillato nei suoi appartamenti, mediante un qualche meccanismo sconosciuto dei suoi. Aveva perfino parlato di una magia, anche se una volta confrontatosi con gli altri, il principe Marcus fu il primo a dire che in effetti non solo la cosa era già incredibile di per sé, ma pure facilmente smentibile. Non era infatti assurdo pensare che proprio Muldrow, che in quel continente aveva avuto l'intelligenza di trovare una sostanza che gli permettesse di sparare del fuoco da alcune armi, fosse stato in grado di elaborare nuove tecniche con nuovi e più resistenti materiali. La conclusione rimase dunque che prima o poi quella porta sarebbe stata aperta; ci sarebbero stati uomini di Mirietta e Marcus a sorvegliare. Fermo restando che ormai era assodato che buona parte della popolazione di quel continente, un terzo circa, adesso sarebbe stato occupato con le guerre in oriente: la sconfitta di Muldrow aveva permesso infatti a Mirietta e i suoi di impossessarsi anche delle maestose navi mercantili del vecchio cavaliere, la cui capienza era davvero formidabile.

Per l'ennesima volta, e nella forma di drago, Kyrios chiese a Mirietta di non partire: si trattava del pomeriggio prima del giorno prescelto. Avrebbe dovuto essere il momento dell'addio – e lo fu – ma Kyrios comunque ci tenne a sottolineare il proprio dissenso. Per Xenya, era pure vera una cosa però: se il drago davvero avesse voluto opporsi al viaggio di tutti quei suoi figli e figlie, che teoricamente Mirietta aveva lasciato liberi di scelta essendosi limitata a proporre la cosa senza mai imporla, allora avrebbe benissimo potuto uscir fuori dalla sua caverna e mettersi fisicamente di traverso. Nessuno sarebbe mai stato in grado di opporglisi. Quindi, se alla fine gli uomini-drago stavano partendo, un suo molto limitato e tacito consenso di fondo doveva pure esserci. Mirietta, testarda come un mulo, chiaramente rifiutò: e l'indomani mattina le navi salparono...

La giornata era splendida, il sole alto e caldo. Certo sarebbe stata una faticaccia, perché prendere Castel Granito immediatamente appena sbarcati, dopo un minimo di quattro o cinque giorni interi di navigazione, sicuramente non sarebbe stata un'impresa da poco. Gli uomini di Mirietta sarebbero stati assai più numerosi, e chiaramente più agguerriti, e avrebbero avuto dalla loro il fattore sorpresa. Ma la storia voleva che la capitale dei Lannister fosse inespugnabile, e che rarissime volte una vera e propria occupazione si fosse veramente verificata. Si trattava quindi in ogni caso di un azzardo: ma d'altro canto, la guerra non lo è forse sempre?

All'inizio, il principe Marcus preferì legare la sua chimera Shirley a una delle navi: disse di non volerla affaticare troppo. Poi però, quando vide che la chimera stava peggio in mare che in aria, decise di fare parte del viaggio in volo e quindi sostanzialmente lasciò la nave in cui lui, Xenya, Mirietta, Pashamanyna e Daessenya viaggiavano insieme. Al comando delle altre navi, erano stati messi uomini dei Kowacz o dei Sayun, in ogni caso fidati dalla principessa. I guerrieri-drago, invece, non avevano il temperamento per esser messi al comando di alcunché: nessuno di loro. Vedere la chimera librarsi per aria, era sempre uno spettacolo entusiasmante. Solo che, naturalmente, andando essa piuttosto più veloce rispetto alle ingombranti navi del vecchio Sir prigioniero di se stesso alla baia, a un certo punto del primo giorno di viaggio il principe sparì. Venne in questo agevolato dal cielo che, da luminoso che era, poco a poco nel pomeriggio si rabbuiò e, a sera, cadde anche una leggera – ma compatta – pioggerellina. Xenya era un animale da navigazione ed era abituata a quella vita. Decise di andare sul ponte, ad osservare un po' il cielo per vedere se avesse l'intenzione di peggiorare o di continuare su quella china nonostante tutto serena. C'erano già sul ponte la sua Lady e amica Mirietta e quell'altra ragazza, la bionda Daessenya, che chiacchieravano amabilmente, ammantate da dei cappucci. Rosso Lannister quello della Lady, giallo paglierino quello della ragazza del sud. Anche Xenya stessa decise di prendere una parte della sua mantella grigia e avvolgersela sul capo a mo' di cappuccio un po' raffazzonato. La pioggia, d'altro canto, non era tale da penetrare così tanto i tessuti da inumidirli in poco tempo: una chiacchierata tra donne sul ponte si poteva anche fare.

«Milady» salutò dunque l'esploratrice, aggiungendo poi: «Daessenya»

«Mia cara amica!» fece Mirietta «Che bello averti qui con noi. Non dormi?»

«Quando sono in mare, è difficile. Non perché non ci sia abituata eh, ma... il mare mi emoziona. Posso dormire così tante volte sulla terra, non vedo perché farlo anche in mare di notte. Il mare di notte... è uno spettacolo straordinario»

«Anche un po' inquietante, devo dire»

«Sai che è solo apparenza? È una di quelle cose che fanno un effetto strano solo perché non le si conosce. Non voglio assicurartelo per tutti i luoghi del mondo, né lo so bene per le profondità di questo oceano a noi sconosciuto... ma sai che la gran parte delle acque del mondo, la sera, sono calde?»

«Davvero?!»

«Sì, è così. Raccolgono tutto il calore del sole nell'arco del giorno, e quindi si riscaldano la notte»

«Posso confermarlo» aggiunse Daessenya «Quanti bagni di notte mi è capitato di fare quando ero a Cowain. Sia quando ero a servizio da Lady Xalandra che anche prima... prima insomma del mio malinconico viaggio verso nuovi orizzonti. Prima di voler dimenticare il male che gli uomini possono farti». Dopo queste parole ci fu un momento di silenzio. Mirietta era ancora troppo piccola per poter parlare di uomini seriamente, e Xenya era sempre stata troppo affaccendata per le storie con gli uomini. Avrebbero potuto fare ancor più le amiche e chiedere di che cosa si trattasse nell'esattezza, ma l'esploratrice ebbe come la sensazione che Daessenya in realtà non volesse realmente parlare di quegli affari, e che la cosa le fosse semplicemente sfuggita. Lady Mirietta poi tolse tutte dalla fastidiosa incombenza, cambiando discorso e rivolgendosi a Xenya: «Sai, ci era parso di intravedere mio fratello volare da qualche parte. È ormai tardi, dovrebbe tornare a momenti per riposare lui e far riposare la chimera. Io sono convinta che fosse lui, mentre Daessenya dice che non si è trattato d'altro che di una nuvola e di un leggero lampo che l'abbia illuminata»

«Mi sembra difficile» fece Xenya con un po' di saccenza «Le temperature sono stabili, il vento pure. Dubito che il tempo andrà a peggiorare rovinando in tempesta. Cosa, peraltro, che non credo sarebbe mai un problema per queste robuste navi»

«Il vecchio cavaliere era decisamente bene armato» commentò anche Daessenya «Per essere uno i cui scambi commerciali si limitavano al solo Altopiano»

«Ne ha di cose curiose, il tizio, da raccontare»

«Hey, guardate!» fece la piccola principessa, spingendosi verso il mare, «C'è davvero qualcosa che si muove in lontananza!».

E c'era in effetti. Solo che non era ad altezza cielo. Era una delle loro navi, la più distante. Stava facendo dei movimenti anomali. Qualcosa di rapido e sinistro, che Xenya non aveva mai veduto nell'intera sua vita. Era troppo distante per capire bene, ma che cosa diavolo mai poteva spingere un'imbarcazione di quella portata a muoversi a quel modo?

Il cuore le sobbalzò alla gola, come anche sicuramente alle sue lì presenti amiche, quando vide che anche un'altra delle navi lo stava facendo. E dopo di quella, un'altra ancora, e intanto la prima colava definitivamente a picco. Alla quarta nave colpita, il dubbio ansiogeno dell'esploratrice mutò in certezza: era chiaramente un gigantesco tentacolo quello che stava scuotendo le navi Fino a portarle giù nelle profondità oceaniche. Atterrita e insieme sbalordita, senza difese, senza sapere cosa pensare, la piccola Mirietta rivolse il proprio sguardo all'esploratrice chiedendo: «Mirietta... ma... che cos'è?»

«È-è u-un... krak...» arrivò a balbettare l'esploratrice, senza neanche riuscire a emettere l'intera parola. Dopodiché furono tentacoli e tentacoli e tentacoli. E urla e grida, e urla e grida, e urla e grida. E poi il mare. Acqua, acqua e ancora acqua. E poi per un certo momento non fu più niente. E, dopo quel niente, fu Jorando Pashamanyna.

   
 
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