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Autore: mattmary15    26/12/2018    3 recensioni
Sequel de 'Il destino di una vita intera'. Un uomo crede fermamente nel destino, un altro non ci crede affatto. Qualcuno ha detto che sono due facce della stessa medaglia ma il tempo pare non avere dato ragione a nessuno di loro. La ruota del destino si è rimessa in moto e la domanda che si pongono tutti è sempre la stessa: Gli dei possono davvero giocare con la vita degli uomini? Il destino si può cambiare oppure una nuova guerra santa legherà i cavalieri al ciclo infinito di vita, morte e rinascita?
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Pegasus Seiya, Saori Kido, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il destino di una vita intera'
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Piccole note di un’autrice senza vergogna:

Se disponessi di una maschera come quelle dei cavalieri sacerdotessa, questa sarebbe l’occasione di indossarla. Mi presento a distanza di tantissimo tempo rispetto all’ultimo aggiornamento. Perdonatemi. Ormai ho fatto pace col fatto che la mia vita attuale non mi consente di aggiornare con regolarità. Forse questo mi consentirà di scrivere con più tranquillità e, magari, maggiore frequenza. Questo e la nuova tastiera per il tablet che sostituisce il rottame che utilizzavo finora.

Grazie a tutti per il supporto. Buone feste.

Mary.

 

La voce di un dio

 

La strada sembrava non finire mai. Fu per questo che vedere il piccolo centro abitato comparire sulla linea dell’orizzonte ai piedi dell’Etna, fu di conforto per Seiya. Dopo la notte passata in bianco e l’inutile battaglia tra Death Mask e Shiryu per decidere come raggiungere il paese, era sfinito. Alla fine avevano optato per un passaggio sul retro di un tre ruote scomodo e lento. Mask aveva deciso così pure a questo giro.

“Vuole sabotarci, non c’è altra spiegazione.” Aveva detto il cavaliere di Libra. Seiya aveva fatto buon viso a cattivo gioco e aveva convinto l’amico a fidarsi.

Il tre ruote si era fermato nella piazza principale di Tremestieri. Mask li aveva lasciati qualche minuto a dissetarsi alla fontana della piazza ed era tornato poco dopo con un foglietto. 

“Seguitemi.” Non aveva aggiunto altro. Avevano preso una strada laterale che costeggiava un muro intonacato con una mano di bianco. Era il muro di un seminario. Shiryu non aveva chiesto chi fossero quegli uomini vestiti con tonache lunghe di colore nero ma Death aveva spiegato lo stesso.

“Sono seminaristi. Ragazzi che frequentano la scuola per diventare sacerdoti. Anche loro sperano di diventare santi ma non  saranno mai niente di più che predicatori. Sacerdoti, li chiamano. Credono che il loro Dio li salverà.” Aveva detto accendendosi l’ennesima sigaretta. 

“Tu sei nato qui. Non era anche il tuo Dio?” Death aveva risposto con un ghigno.

“È il loro Dio.” Aveva detto indicando l’edificio di fronte al seminario. Dietro alti cancelli, un edificio troppo decadente per non appartenere al secolo scorso era animato dal via vai di un sacco di donne. “Non ci sono anime perdute solo nell’Ade. Quelle sono le suore del Sacro Cuore. Loro sono convinte che il compito che hanno ricevuto da Dio sia quello di guidarle. La verità è che non sanno niente. Non possono salvare nessuno. Non hanno salvato me comunque.”

Proseguirono fino a che le case si fecero sempre più rade e la strada non curvò verso uno spiazzo. Lì c’era un’indicazione che diceva ‘Parco dell’Etna’ verso destra e ‘Chiesa del Salvatore’ verso nord. Death Mask prese la via per la chiesa. La strada non era asfaltata e Shiryu riprese a lamentarsi.

“Puoi dirci dove stiamo andando?”

“Questo posto si chiama Tremestieri. La mia gente lo chiamava ‘tria munastiri’ perché tutto quello che c’era nel vecchio paese  erano tre monasteri. Poi la vecchia lingua s’è persa. Nessuno la parla più ed è diventato Tremestieri. Anche uno dei tre monasteri, quello della chiesa del Salvatore, non c’è più. Sono rimaste solo le suore al convento che raccatta gli orfani della mafia e i preti che scappano dal mondo vero per chiudersi tra quattro mura fatiscenti che li difendono dalla vita di tutti i giorni. Noi stiamo andando al monastero che non c’è più.”

“Perché ci porti in un posto simile?” Chiese Seiya che non voleva che Shiryu lo rimbeccasse ancora.

“Perché lì vive Tano, l’unico uomo che può portarci all’ingresso dell’antro di Efesto.”

“È amico tuo?” Chiese Shiryu. Death Mask si fermò di colpo.

“Mettiamo le cose in chiaro. Sono qui per ordine del grande sacerdote. Tano è un uomo del grande tempio come lo siamo noi tre. Non è amico mio. E non sarà amico vostro di sicuro. Tano odia tre cose: le suore, i topi e le visite. Non sono certo se in questo ordine. Vederci lo farà incazzare e, se non vi sto simpatico io, odierete lui. Quindi state zitti e fate parlare me quando arriveremo.”

Seiya annuì e, con Shiryu sempre affianco, seguì il cavaliere del Cancro.

Camminarono su per la strada sterrata fino ad una casa in legno e pietra di modeste dimensioni costruita vicino ai resti di una chiesa. Il tetto dell’edificio era crollato sull’altare e su una serie di panche di legno divorate dai tarli. 

Death non dovette neppure avvicinarsi alla porta. Un uomo se ne stava seduto su una delle panche che doveva aver preso alla chiesa abbandonata.

“Andate via.” L’uomo non li degnò di uno sguardo. Death Mask fece un passo in avanti e parlò.

“Se dipendesse da me, lo farei ma devo obbedire agli ordini di un sacerdote che non veste di nero. Speravo che fossi morto così non avrei dovuto rivedere la tua brutta faccia.” Allora l’uomo alzò il viso e si tolse la coppola che si era calato sugli occhi. 

“Sapevo che tu eri morto.”

“Forse lo sono e la mia anima è tornata per tormentarti.” Tano rise sguaiatamente per poi tornare serio all’improvviso.

“Sento la puzza. E le anime, anche le più nere, non puzzano. Chi sono quelli?”

“Questi sono Shyriu di Libra e Seiya di Sagitter. Ragazzi, lui è Tano.” Death non riuscì a terminare le presentazioni. 

“Maestro! Quante volte dovrò ripeterti che finché campo dovrai chiamarmi maestro, ‘Nzulu?”

“Io mi chiamo Death Mask. Mi hai dato tu questo nome, ricordi? Quindi non chiamarmi più in quel modo!” Seiya sorrise appena. Tutto si sarebbe immaginato, tranne di ritrovarsi un maestro e un allievo a bisticciare come faceva lui da bambino con Marin. 

“Scusate se vi interrompo, noi avremmo una faccenda urgente da sbrigare.” Li interruppe Seiya. Tano lo squadrò come si farebbe con un avversario.

“Sagittario, giusto?” Seiya annuì cambiando appena espressione. Potevano passare gli anni ma, ogni volta che qualcuno diceva quella parola in quel modo, lui si sentiva giudicato. Messo in riga dietro a tutti gli altri cavalieri del Sagittario per l’appunto, Aiolos per ultimo, e giudicato. Death Mask non gli diede tempo di controbattere. 

“Forse ho fatto male le presentazioni. Lui è Seiya di Sagitter, l’uccisore di dei.” Tano si grattò il mento barbuto con un mano e allargò le sue labbra in un sorriso accattivante.

“Ma certo, certo! Si dice in giro che dopo Perseo ed Ulisse, non ci sia mortale che Ella non abbia favorito a tal punto!”

“Se lo sai, non lo provocare!” Puntualizzò Death.

“E chi provoca! Mi avete frainteso! E poi non dovreste intimidire un povero vecchio, non credete?” Disse Tano raggiungendo di nuovo la panca e lasciandocisi cadere sopra.

 

“Povero vecchio, ci serve un favore e il grande tempio pensa che tu possa farcelo.”

“A disposizione di Ella sto.”

“Allora porterai i miei amici a vedere il vulcano?” A quella di richiesta, Tano s’incupì. A Shiryu la cosa non sfuggì.

“Se anche fosse pericoloso, abbiamo bisogno del suo aiuto, maestro.” Tano ritrovò il suo sorriso da furfante.

“Vedi, ‘Nzulu, come ci si rivolge ad un maestro?” Death Mask alzò gli occhi al cielo ma lo lasciò continuare. Tano tirò fuori dalla tasca un sigaro acceso e spento più volte e proseguì. “Ma voi volete vedere il vulcano o il Vulcano?” Seiya non se lo fece domandare una seconda volta.

“Stiamo cercando Efesto.” E mise subito le cose in chiaro. Tano si rigirò un paio di volte la coppola in mano.

“Non si fa mica vedere in giro, sai? E se lo cerca l’uccisore di dei, di certo non metterà più facilmente fuori il naso da casa sua.”

“Allora andremo noi da lui.”

“E pensi che se bussi alla porta del Fabbro, lui ti aprirà come se niente fosse se non vuole vederti?”

“Perché non dovrebbe?” Tano scoppiò a ridere fragorosamente.

“Perché ti sei fatto la fama di assassino.” A Shyriu quell’appellativo non piacque.

“Gli dei lo chiamano assassino, gli uomini lo chiamano eroe.” Tano tornò serio e fece l’espressione di uno che sta soppesando le prossime parole da dire.

“Io vivo qui da molti anni. Il Fabbro è una creatura operosa. Non dà fastidio a nessuno e tutti lo rispettano anche se non tutti sanno chi è. Da quanto ne so, non detesta particolarmente gli uomini e ha un rapporto strano con i suoi parenti. Una cosa so per certo. Non riceve visite. Mai. Quindi state chiedendo una cosa difficile da ottenere.”

“Se fosse stato facile non avrebbero mandato tre cavalieri d’oro.” Precisò Seiya permettendosi un sorriso.

“Non statelo a sentire.” Intervenne Death Mask “Ci porterà. O dirò ad Agata che non prende le sue medicine.” Tano si alzò e aprì la porta di casa.

“Non stasera. Il vulcano fuma, il Fabbro lavora. Domani. Di mattino presto. Venite dentro. Mangiamo e beviamo. Tra poco si alza il vento e si sta freschi pure dentro. ‘Nzulu vai a prendere una bottiglia di vino dietro alla baracca.”

Seiya e Shiryu lo seguirono in casa mentre Death girò dietro la casa bestemmiando.

“Che significa quel nome?” Seiya era era curioso.

“‘Nzulu?” I due cavalieri annuirono quasi contemporaneamente.

“È il suo vero nome.” Disse indicando la porta. Ovviamente si riferiva a Death Mask. Quando vide gli sguardi interrogativi dei suoi interlocutori, prosegui. “‘Nzulu significa Nunzio.” A Seiya scappò da ridere. Shiryu non se ne faceva capace.

“Il vero nome di Death Mask è Nunzio*?” Tano annuì.

“Sua madre raccontò alle suore che alla festa del paese una veggente le lesse le carte e le predisse che avrebbe avuto un figlio solo ma forte e capace di dominare gli altri. Sua madre faceva la cameriera per una famiglia importante di Catania. Fu vittima di un attentato per assassinare il padrino. Le suore ci hanno provato a fare di Nunzio un bravo figliolo ma non capivano perché fosse sempre irrequieto. Io sì. Vedeva le anime dei morti. Non è una cosa semplice con cui convivere. Lo presi con me. Gli insegnai a usare il cosmo.” Shiryu strinse un pugno ma non parlò. Tano, porgendogli un piatto, continuò. “‘Nzulu è figlio della terra sua. Se nasci in mezzo alla polvere da sparo, ti sentirai sempre quell’odore nel naso. U tintu, lo chiamavano. Maschera della Morte lo chiamai io. A lui piacque di più.” Non poté proseguire.

“Hai finito di dire tutti i fatti miei?” Death Mask poggiò la bottiglia di vino sul tavolo e la stappò.

“Sì faceva per parlare. Ora mangiamo così nessuno si offende.” Si sedettero e consumarono il pasto chiacchierando del tempo e del vento che veniva dal mare.

 

――――――――――――-

 

 

Saori se ne stava nelle sue stanze, assorta nei suoi pensieri, quando avvertì di nuovo quella sensazione dolorosa all’altezza dello sterno. Si accasciò portandosi una mano al petto e si sforzò di regolare il respiro. Era stato di nuovo come essere trafitta da una freccia. Stavolta però non aveva avuto allucinazioni, solo provato il dolore. Si rialzò e uscì sotto il portico. Fu allora che lo vide. Stava in piedi sotto alla statua di Atena, una mano a toccare il piedistallo. Sorrideva. Lei lo trovò splendido. Commovente.

“Non sei davvero qui, giusto?”

“Saori.” La donna sorrise. Lo disse con la tenerezza con cui lui, e lo ricordava bene, pronunciava il suo nome quando erano soli. I suoi occhi si riempirono di lacrime e forse ancora stordita dal dolore che aveva provato poco prima, si concesse di dire ciò che non aveva mai osato.

“Tu mi ami, non è così?” Saga la fissava con ardore.

“Saresti stata così bella e forte se non ti avessi strappata alla tua culla quella maledetta notte?” Una lacrima le scese su una delle guance e scosse il capo.

“E tu volevi davvero uccidermi? Un tentativo piuttosto maldestro di liberarti di me.” Si sforzò di sdrammatizzare. Lui stette al gioco. 

“Sono sempre maldestro quando si tratta di te.” Non seppe dire perché ma allargò le braccia.

“Perché sono una dea o perché sono una donna?” Saga abbassò lo sguardo sui suoi piedi nudi e lo disse tutto d’un fiato.

“Perché nei tuoi occhi c’è tutto l’universo.” 

“Allora alza la testa e guardami.” A quelle parole capì che anche se quello davanti a lei non poteva essere davvero Saga, era lui.  Ne ebbe subito la conferma.

“Non posso farlo. Se voglio proteggere ciò per cui vivi, io non posso perdermi in te. Devo continuare ad essere ciò che sono.” Il dolore nel suo petto si fece più intenso. Sapeva già come sarebbe finita quella illusoria conversazione. 

“E cosa sei, Saga?”

“Un cavaliere.”

“Allora non sono io la tua debolezza. Ne sono lieta.” Saga allungò verso di lei la mano che era poggiata sul piedistallo. Poi improvvisamente una freccia d’oro le passò accanto al viso e volò oltre per conficcarsi nel petto di Gemini. Lei si voltò di scatto per capire da dove veniva la freccia e vide il cavaliere del Sagittario. Quale fosse, non seppe dirlo. Aveva il sorriso calmo di Aiolos, lo sguardo determinato di Seiya, la postura coraggiosa di Sisifo, il cosmo caldo di tutti i cavalieri che avevano indossato quelle vestigia tempo indietro fino a Teseo. Sembrava che tutti parlassero contemporaneamente attraverso l’armatura.

“Non meriti la mia punizione?” 

Saori sentì le forze venire meno. Si accasciò nuovamente e cercò di convincere se stessa.

“Sono solo allucinazioni. Vedo persone che appartengono al mio passato solo perché la cicatrice del tempo sta cedendo. Devo farmi forza.” 

Fu in quel momento che il cosmo di Shura si fece più prossimo.

“Milady, Kanon chiede udienza. Shun e Hyoga sono con lui.”

“Falli passare.”

Kanon precedette i due amici e Saori si accorse subito che erano tutti scuri in viso.

“Che é successo?”

“Si tratta di Camus.” Kanon parlò per primo. “Hyoga dice che l’armatura di Acquarius lo ha raggiunto con uno strano messaggio. Un’armatura passa ad un altro cavaliere solo per investitura o per volontà del suo proprietario.” 

Saori raggiunse uno dei gradoni della statua di Atena e si sedette.

“A Camus deve essere accaduto qualcosa. Poco fa c’è stata un’altra distorsione del tempo.”

“Come lo sapete?” Chiese Gemini.

“Perché ho visto qualcuno che non poteva essere davvero qui ora.” Kanon non osò chiedere altro. Hyoga fece un passo avanti.

“Se è successo qualcosa a Camus, io devo scoprirlo.”

“Hai detto che l’armatura ti ha portato un suo messaggio.” Saori provò a distrarre Hyoga dal proposito di intraprendere una qualsiasi azione pericolosa.

“Ha detto solo che c’è molto più del cuore nel petto di un cavaliere.” Saori strofinò i palmi delle mani, lentamente. Si alzò.

“Bisogna informare Mur. Qualunque cosa sia successo a Camus, lui può aiutarci a capire. Stai tranquillo Hyoga, Camus non è uomo che si perde d’animo facilmente. Il suo gesto ha certamente un significato. Lo scopriremo, non temere.” Shun affiancò il compagno.

“Saori ha ragione. Sono certo che, mandandoti l’armatura, Camus volesse avvisarci di qualcosa. Con l’aiuto del grande Mur capiremo.” Hyoga annuì. Kanon prese in mano la situazione.

“Allora voi due andate dal grande sacerdote. Io mi fermo ancora qualche istante per un’altra questione.” Shun quasi trascinò Hyoga che non pareva affatto convinto che l’intervento di Mur potesse risolvere i problemi di Camus.

“Cos’altro c’è Kanon?” Saori si sentiva ancora preda della visione precedente e quasi non riusciva a guardare il gemello di Saga negli occhi.

“Ci sarebbe la faccenda degli allievi.” A quelle parole Saori parve improvvisamente ricordarsi di Niketas e di quello che aveva promesso a lui e a Subaru.

“Giusto. Hai riportato Niketas? Ho fatto preparare una stanza per lui e Subaru.”

“Insieme a Niketas c’è un’altra persona.”

“Chi?”

“L’abbiamo incontrata tornando alla terza casa. Si tratta di una ragazza. Sembra smarrita. Il suo nome è Aria. Le ho permesso di rimanere perché possiede un cosmo molto potente. Dice di venire da Asgard.”

“Asgard? È una messaggera di Hilda?” 

“Non gliel’ho chiesto. Era convinta che la dea Atena fosse morta. Quando Shaina mi ha chiesto chi fosse, le ho mentito. Le ho detto che era un’allieva di Camus.”

“Camus? Perché?”

“Perché padroneggia le energia fredde.”

“Perché hai mentito a Shaina?” Saori incrociò le braccia e Kanon si chiese perché le donne, anche quando litigano tra loro, non possono fare a meno di sostenersi a vicenda contro gli uomini. Disse la verità.

“Era arrabbiata con me per aver portato al santuario Niketas. Non volevo dirle di averne presa un’altra per la strada.” Saori sospirò. 

“Hyoga non ha detto niente?”

“Ha trovato credibile che il suo maestro avesse preso un’allieva mentre lui faceva il bell’addormentato.”

“Kanon sei stato pessimo. Falli venire.” L’uomo raggiunse l’atrio e fece cenno a Shura di far uscire i ragazzi. I tre avanzarono con deferenza. La più esitante era Aria. Quando gli altri due si fermarono al fianco di Kanon, lei proseguì arrivando proprio davanti a lei. 

“Tu sei Atena, sei viva!” Subaru la guardò con curiosità. Niketas, invece, guardò Kanon. L’uomo gli fece cenno di restare in silenzio.

“Sì, io sono Atena. E tu sei Aria. Dimmi, Aria, perché pensavi che fossi morta?” La ragazza abbassò gli occhi. Sembrava che non sapesse cosa dire. Saori le mise una mano sotto al mento e la incoraggiò a parlarle.

“Mi è stato raccontato che la dea Atena è morta durante una battaglia al grande tempio.” Saori sorrise dolcemente.

“È successo. La battaglia c’è stata e io ho combattuto. Sono rimasta ferita gravemente ma, come vedi, non sono morta.” Aria annuì. “Hai detto di venire da Asgaard. Ti assicuro che li abbiamo informati di tutto. Sei più tranquilla ora?” La ragazza annuì. 

“Sono un po’ confusa ma credo di essere lontana da casa da più tempo di quanto credessi.”

“Per adesso riposati. Sei nostra ospite. Quando vorrai, ti aiuteremo a tornare a casa. Subaru, tu sei qui da più tempo degli altri, aiutali a sentirsi a proprio agio.” Subaru annuì. “In quanto a te, Niketas, presto conoscerai il tuo maestro. Per ora seguirai le lezioni di Kiki, il cavaliere dell’Ariete insieme a Subaru.” 

“D’accordo. Farò del mio meglio.” Saori sorrise.

“Shura, accompagnali nelle stanze accanto alle mie.” Il cavaliere del capricorno fece strada ai tre ragazzi e chiuse la porta dietro di loro. Kanon rimase in piedi, in silenzio.

“Cosa c’è, Kanon?”

“Non lo so ancora. Quella ragazza è apparsa nel cuore del santuario durante una distorsione. E Camus sparisce.”

“Perché le due cose dovrebbero essere collegate?”

“Perché sono entrambi legati alle energie fredde.”

“È un collegamento un po’ forzato, non credi?” Kanon fece spallucce.

“Probabile.”

“Lascia questa storia di Camus a Mur. Ho un altro compito per te.” Gemini si fece serio.

“Di che si tratta?”

“Ho mandato Seiya in missione con Shiryu e Death Mask. Mur è impegnato a proteggere la cicatrice del tempo e ora dovrà cercare Camus. Mi serve il tuo aiuto.”

“Sono qui.” Saori annuì.

“Seiya ha avuto una cosa in custodia da me. Devi riportarmela.” Kanon fiutò guai.

“Non potete aspettare che ritorni e chiederla a lui?” Saori scosse il capo. 

“Disubbidirebbe. Anzi, sono convinta che me l’abbia nascosta di proposito.”

“Avete appena detto di avergliela data voi stessa.”

“Sì. Ora la rivoglio e credo che Seiya non sarebbe incline a restituirmela.” Kanon ebbe un pessimo presentimento.

“Di cosa si tratta?”

“Della daga deicida.” Kanon allargò appena le braccia.

“Seiya si è dimostrato più che meritevole di utilizzarla. Non conosco cavaliere vivente più degno di usarla.”

“Ne ho bisogno io adesso.”

“E quale dio dovresti fronteggiare da sola?” Saori si intristì. Kanon, in un passo, le fu di fronte. “Atena lascia combattere i suoi cavalieri. È così dalla notte dei tempi.”

“Sarebbe un atto troppo egoistico stavolta. Obbedisci al mio ordine. O intendi sfidarmi e contrariarmi?” Kanon sospirò.

“Obbedirò. Saga aveva fiducia in te. Ne avrò anche io.” Lo disse col proposito di suscitare in lei qualche reazione ma la donna parve non essersi neppure accorta che aveva nominato suo fratello. Si girò e lasciò le stanze della dea.

 

――――――――――――-

 

 

Saga aprì gli occhi a fatica. La luce, seppure tenue, dell’alba lo colpiva in viso così sollevò una mano per schermarsi da essa. 

“Alla fine ce l’hai fatta.” La voce proveniva da un punto alla sua destra. Si sollevò e si rese conto di essere stato adagiato su una pila di coperte. Alcuni lupi erano intorno a lui e lo fissavano senza dare alcun segno di volerlo attaccare. La voce era di Cora. “Le mie sorelle non ti faranno alcun male.” Saga si mise seduto.

“Dunque non mi sbagliavo, sei una pizia.”

“E non una qualunque!” A parlare era stata una fanciulla che sembrava essere molto più giovane di Cora. “Il mio nome è Tersicore. Ti ringrazio per averci riportato nostra sorella!” Saga fece un cenno col capo e tornò a guardare i lupi. Erano tutti la loro posto tranne uno che adesso aveva lasciato il posto ad una donna dai lunghi capelli neri. 

“Tersicore, non ti è concessa facoltà di parlare allo straniero.” La fanciulla si nascose dietro alle spalle di Cora. “Le tue stelle sono nefaste,” disse rivolgendosi a Saga, “già una volta hanno portato la rovina su di noi.”

“Stessa costellazione, diverso cavaliere.” Rispose Saga allungando il sorriso in una smorfia.

“Pur sempre cavaliere di Atena.”

“Atena non è in guerra con Apollo.” La donna annuì.

“Il mio nome è Urania. Tersicore ha ragione. Tu hai riportato nostra sorella, meriti la nostra gratitudine. Inoltre hai superato la prova della foresta per cui hai diritto ad un vaticinio. Per questo però, temo dovrai aspettare.” L’espressione benevola di Saga mutò.

“Se dici che ho superato la prova, perché non posso conoscere le risposte alle mie domande? Bada bene, pizia, che non sono un uomo che potete manovrare. Hai detto tu stessa che sono nato sotto stelle cattive.” Cora si alzò e lo raggiunse.

“Ti prego, non offenderti. La colpa di tutto ciò è mia.” La donna si rattristò e Saga ebbe di nuovo l’impressione di vedere Saori come l’aveva vista durante la prova nella foresta.

“In che modo sarebbe colpa tua?” Fu Urania a rispondere.

“L’unica in grado di parlare con la voce di Apollo è Clio ma lei ha dimenticato i suoi ricordi e non sa come usare la pergamena della Storia. È un artefatto sacro. Solo lei può utilizzarlo e solo le sue profezie sono immutabili.”

“Quindi lei è Clio, la somma sacerdotessa di Apollo. Che significa che le sue profezie sono immutabili?”

“Che sono destinate a realizzarsi qualunque sia la piega che la Storia prenderà.” Saga guardò Clio e poi strinse i pugni.

“So a cosa stai pensando,” disse Clio “al fatto che ho visto la morte di Atena.”

“Forse se recuperi i tuoi ricordi, vedrai un futuro diverso.” 

“Tu credi?”

“Non credo che lascerò morire Atena. A questo punto Cora, o dovrei dire Clio, sono lieto di averti aiutato a tornare a casa ma non posso più restare. Le nostre strade si dividono qui. Al grande tempio c’è una persona che si fa passare per te. Forse la tua profezia dipende da quell’impostore. Qui sei al sicuro e vedrai che la memoria ti ritornerà stando insieme alle tue sorelle. Io però devo scoprire perché tu hai perso i tuoi ricordi e un’altra persona ha preso la tua identità al Santuario. Se non può aiutarmi Apollo, troverò un altro modo.” Saga prese la via per il porto quando la voce di Cora lo fermò.

“Aspetta!” Saga si voltò e si accorse subito che non era Cora quella che aveva di fronte. Un raggio di sole la illuminava tanto intensamente che i suoi capelli rossi sembravano fiamme. “Avrai l’aiuto di Apollo. Lo avrai perché Atena e Apollo non sono in guerra e poiché è nel mio interesse che l’impostore venga smascherato. Tu punirai chi ha ferito la mia pizia.”

“E quale aiuto avrei in cambio?”

“Tu mercanteggi con un dio?”

“Ti conviene mercanteggiare con me o dovrai di nuovo vedertela con il cavaliere di Pegasus. Lo chiamano uccisore di dei ora.”

“Potrei ucciderti con uno schiocco di dita.”

“E non ne ricaveresti niente.” La figura di Cora fu attraversata come da un tremito.

“Nessuno più di me apprezza la verità. Ebbene sia. Puoi prendere tre delle mie pizie. Poiché è desiderio di Clio venire con te, ti rimangono due doni da scegliere. Talia prevede la buona riuscita degli eventi mentre Melpomene ne vede il fallimento. Erato divina solo riguardo all’amore. Tersicore legge esclusivamente il futuro dei bambini mentre Polimnia può indovinare quale malanno colpirà una persona. Calliope ed Euterpe possono vedere le conseguenze di una scelta sul futuro di una persona. Urania guarda il futuro negli astri del cielo.” Saga la ascoltò con attenzione e si accorse che ora tutti i lupi avevano assunto la forma umana. Soppesò quello che aveva ascoltato e diede la sua risposta.

“Porterò con me Clio, Urania e Tersicore.” La luce scemò e Cora tornò se stessa. 

“Alla fine hai parlato con Apollo.” Disse la donna.

“Pare di sì. Mi aiuterai a salvare Atena?”

“A quanto pare, il mio padrone vuole così.”

“Non ci ha dato molti indizi su come fare.”

“Invece sì.” Disse mostrando una piccola ampolla.

“Cos’é?” Chiese Saga, curioso.

“Ambrosia.”

“E come dovrebbe esserci utile?”

“A noi non serve ma conosciamo qualcuno che la desidera moltissimo. Sarà un’ottima merce di scambio.”

Saga sorrise. Ora poteva giocare ad un gioco che lui sapeva fare bene. Per la prima volta, dopo un intero anno, si sentì vivo.

 

 

*Nunzio non è affatto il vero nome di Death Mask. Per quanto ne so, il suo nome non è conosciuto. Invece che è siciliano è vero.

 

Ps.Ho introdotto il personaggio di Aria. Per chi conosce Saint Seiya Omega, sa che è il nome di un personaggio di questo spin off della serie. La ‘mia’ Aria tuttavia non ha molto a che fare col personaggio della serie. Lo vedrete più avanti. Mi sembrava carino continuare sulla strada già intrapresa di appioppare ai personaggi di Omega un qualche ruolo nella mia storia ma solo in quanto soggetti situati in qualche modo nello stesso arco temporale della mia storia.

Alla prossima.

  
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