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Autore: mattmary15    04/01/2019    2 recensioni
Sequel de 'Il destino di una vita intera'. Un uomo crede fermamente nel destino, un altro non ci crede affatto. Qualcuno ha detto che sono due facce della stessa medaglia ma il tempo pare non avere dato ragione a nessuno di loro. La ruota del destino si è rimessa in moto e la domanda che si pongono tutti è sempre la stessa: Gli dei possono davvero giocare con la vita degli uomini? Il destino si può cambiare oppure una nuova guerra santa legherà i cavalieri al ciclo infinito di vita, morte e rinascita?
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Pegasus Seiya, Saori Kido, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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- Questa storia fa parte della serie 'Il destino di una vita intera'
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Piccole note dell’autrice:

Buon anno e ben ritrovati. Avete buoni propositi per il 2019? Io m’impegnerò a finire questa storia e la collana collegata.

Per prima cosa, però, devo ringraziare tutti coloro che continuano a seguire questa storia e in particolare modo chi spende il suo tempo a recensire.

Grazie, grazie di cuore. Prometto che troverò il modo di rispondere a tutti.

Vi lascio al nuovo capitolo.

 

Il Vulcano

 

Seiya prese un respiro a pieni polmoni. L’aria del mattino era calda e profumata di arance. Uscì al sole e sentì una grande energia montargli dentro. La voce di Tano lo salutò con entusiasmo.

“Buongiorno a vossignuria!”

“Buongiorno!”

“Hai fatto colazione? Prendi una pasta.” Disse l’uomo allungando un sacchetto a quello più giovane. Seiya infilò una mano nel sacchetto di carta marrone e ne tirò fuori una specie di bombolone pieno di crema. Lo assaggiò e lo trovò buonissimo. “Ti piace?” Seiya si asciugò le labbra sporche di zucchero con il dorso di una mano e annuì. “Bene, bene. Gli altri sono svegli?”

“Dormono. Se è ora, vado a svegliarli.”

“Prima vorrei fare due chiacchiere con te.”

“A che proposito?”

“Del Vulcano. Tu sai in che cosa ti stai cacciando, ragazzo?”

“No. So solo che devo farlo.”

“Fare cosa esattamente?”

“Parlare con lui.”

“E basta?” Seiya sorrise amaramente.

“Non intendo muovergli battaglia ma mi difenderò se sarà necessario.”

“Lui non ti attaccherà ma neppure ti aiuterà credo. Per questo voglio conoscere le tue intenzioni. Se rifiuterà di aiutarti, te ne andrai senza fare storie?” Seiya si guardò una mano. La chiuse a pugno e la riaprì un paio di volte.

“Sì. Immagino che altrimenti non mi porteresti da lui.”

“Molto bravo! Sei sveglio come dicono. Il Vulcano vive qui da lungo tempo. Rispetta questa terra. Si comporta come uno di noi, ma non è uno di noi.” Mentre Tanò parlava, Seiya notò che la sua figura cambiava. Sembrava drizzarsi e farsi solenne. Gli sembrò che non fosse poi così vecchio come gli era parso il giorno prima.

“Temi che se lo faccio arrabbiare se la prenderà con gli abitanti del villaggio?” Tano sorrise con scherno e tornò quello di prima. Agitò una mano nell’aria.

“No, no. Ti sei fatto un’idea sbagliata. È che il Vulcano è capriccioso come tutti i suoi simili. Un momento fuma allegro e quello dopo borbotta lava e lapilli.”

“Ho capito. Ti prometto che non si arrabbierà.”

“Allora non parlare di Ella.”

“Non dovrei nominare Atena?” Seiya adesso sembrava curioso. “Come faccio a chiedergli aiuto se non posso nominare lei?” Tano si grattò il mento.

“E pure tu hai ragione. Però cerca di passare sopra quello che dice di Ella.”

“Sono famoso per la mia ragionevolezza!” Rise.

“Ecco. Sveglia i tuoi amici. È ora di andare.” Seiya entrò in casa e svegliò Shiryu. Death Mask era già vestito e pronto per uscire.

Ci misero poco a raggiungere Tano che si era incamminato per un sentiero che saliva verso le pendici dell’Etna. 

“Gli hai fatto le raccomandazioni?” Chiese Death Mask al suo maestro.

“Fatte e rifatte. ‘Mo ne faccio una a te. Questi ragazzi fanno bene a fidarsi di te, giusto?” Death Mask lo guardò con un ghigno sulle labbra.

“Giustissimo. È passato molto tempo da quando mi mandasti a dire che disapprovavi il mio comportamento. Ella mi ha perdonato.”

“Ella o chi per Ella.” Tano lo guardò di sottecchi e lo vide perdere il sorriso.

“Non avevo bisogno del suo permesso. L’ho servito bene e fino alla fine. Anche se non ti piaceva. E per la cronaca, rivoltarmi contro l’armatura del Cancro è stata una carognata, maestro. Se quello scontro non fosse avvenuto nella dimensione delle anime non ci saresti riuscito e io avrei ucciso Shiryu.”

“Bella cosa! E pure quella picciotta che pregava.”

“Tutti li avrei ammazzati. Obbedivo agli ordini.”

“Per questo lui non mi piaceva.”

“Ella perdonò anche lui e lui si fece perdonare.”

“Fatti vostri. Comportati bene e avrai sempre l’approvazione del tuo maestro. Tu sei molto potente e io sono fiero di come ti ho cresciuto.” Tra i due uomini cadde il silenzio. 

Camminarono fino ad un edificio bianco circondato da uno steccato. Shiryu si accorse che era sovrastato da una croce.  Un’altra chiesa. Una donna vestita di bianco stava sull’uscio. Sembrava aspettarli. I suoi occhi color nocciola erano profondi e allegri. I suoi capelli erano raccolti sotto una cuffia fatta di un velo bianco e si poteva solo immaginare che fosse castana. Le labbra, invece, erano chiaramente rilassate in un sorriso.

“Nunzio? Nunzio sei tu?” Chiese avvicinandosi piano di qualche passo.

“Agata? Ma tu non sei cresciuta! Sembri ancora la ragazzina di tanti anni fa.” Death Mask la prese in giro per l’esile corporatura ma Seiya si accorse che sembrava felice di vederla.

“Quando sei tornato? Sono tuoi amici?” Chiese sporgendosi e facendo un cenno col capo verso Seiya e Shiryu.

“Sono qui solo per una visita al vecchio Tano. Sono miei amici, sì. Seiya e Shiryu. Li portò a vedere il Vulcano. Ragazzi lei è Agata.” La ragazza parve rabbuiarsi.

“Piacere di conoscervi. Fate attenzione, fuma più del solito stamattina.” Disse indicando il cratere. Tano scoppiò in una fragorosa risata.

“Sempre uguale. Questo scapestrato ti fa preoccupare! Sta’ tranquilla. Li accompagno io!” La ragazza alzò gli occhi al cielo e giunse le mani.

“Signore, aiutami. Tu sei anziano. Non dovresti affaticarti!”

“Ma quando mai! Anzi, muoviamoci che il tempo passa e si fa tardi.” 

“È stato un piacere, Agata.” Disse Shiryu. La donna li accompagnò con lo sguardo fino a che la strada non svoltò dietro il rudere di un altro edificio.

I quattro camminarono per quasi tre ore. Il sole si faceva sempre più alto e caldo e Death Mask si fece insofferente.

“Ma insomma! Hai sempre detto che sapevi la strada. A me sembra che tu non abbia la più pallida idea di dove andare!”

“Sei petulante! La strada è questa. Se non ti piace, torna indietro.”

“L’hai detto mezz’ora fa!”

“E te lo dirò tra mezz’ora.” A quelle parole Shiryu si avvicinò a Seiya.

“Credi che sappia davvero dove andare?”

“Secondo me, sì.”

“Mi sembri troppo fiducioso, il tuo tipico ottimismo.”

“E tu sei il solito pessimista.”

“Obiettivo, sono obiettivo.”

“Vedrai che ci arriveremo. Tano è stato il maestro di Death Mask.”

“Non depone a suo favore!” Seiya sorrise.

“Intendevo dire che è un cavaliere di Atena. Non credo che ci farà brutte sorprese.”

“Come il suo allievo?”

“Shiryu, potrai mai perdonarlo?”

“Per aver attaccato me? Già fatto. Per aver attaccato Shun-rei, mai.”

“Lo capisco.” Shiryu si fermò un attimo come colto alla sprovvista. Lo raggiunse allungando il passo.

“Davvero?” Seiya annuì.

“Non a caso mi chiamano uccisore di dei.” Lo disse senza sorridere e non lo fece neanche Shiryu.

“Non mi piace quel soprannome.”

“Neanche a me. Se però tiene alla larga i nemici da Saori, lo porto con piacere.” L’amico annuì. Stava per dire che ne aveva tutte le ragioni quando Tano scoppiò di nuovo nella sua fragorosa risata.

“Eccola! La porta della fucina! Che vi avevo detto?” Seiya lo raggiunse e guardò verso il punto indicato da Tano.

“É aperta.”

“Certo! La fucina è sempre aperta. Il Vulcano traffica sempre con qualche cosa!” Seiya si apprestò a raggiungere l’uscita ma Tano lo trattenne. “Vado avanti io.”

Bussò e attese. Niente. Bussò ancora, più forte. Niente. Gridò.

“Faisto! Faisto, ci stai?” Nessuno rispose e Tano osò entrare con un piede. Qualcosa di metallico rovinò sonoramente sul pavimento.

“Chi c’é?” La voce rauca proveniva dal fondo della stanza. 

“Tano sono!” Urlò l’uomo dopo essersi schiarito la voce.

“Sono d’abbasso!” Ripetè quello.

“Allora scendo. Visite ci sono.” Annunciò prima di guidare Seiya e gli altri lungo quella che sembrava più una caverna che una stanza e poi giù lungo una scala a chiocciola di diversi metri che li condusse in profondità. Quando raggiunsero il suolo, Seiya si stupì di trovarsi davvero in una fucina. Una specie di cratere pieno di lava riscaldava una stanza unica piena di oggetti di svariati metalli. C’erano coppe d’oro, spade di ferro e scudi d’argento. Armature e piatti, trabiccoli e piccole catapulte. Tutto accatastato alla rinfusa. Il fumo che si alzava dal cratere circolare saliva verso una specie di buco profondo nella parete. L’odore di ferro fuso riempiva l’aria. 

“Chi mi hai portato stamattina? Non ho tempo per le visite. Ci stanno un sacco di cose da riparare e devo ferrare i cavalli di Calogero.” Da dietro una pila di biciclette rotte venne fuori un uomo anziano che si trascinava una gamba poggiandosi ad un bastone di metallo che sembrava pesante.

“Lo so, Faisto, lo so. Te lo ricordi Nunzio?” L’uomo alzò la testa e Seiya si accorse che una profonda cicatrice gli scavava il viso dalla fronte al naso chiudendogli quello che un tempo era l’orbita dell’occhio destro. L’uomo squadrò dal basso verso l’alto Death Mask e poggiò entrambe le mani sul suo bastone. 

“Me lo ricordo. Un guaio vivente. Ti dissi che era meglio per lui se gli davi un colpo d’ascia in testa. Tanto sangue risparmiato.”

“E pure io me lo ricordo. Mi ricordo pure che ti dissi che mia responsabilità era. È così è pure mo. Per questo sto qua.” L’uomo orbo annuì.

“E che vuoi da me, ‘Nzulu?” Death Mask guardò Seiya.

“Io niente. È l’amico mio che ti deve parlare.” Solo allora il vecchio diede l’impressione di accorgersi di Seiya e Shiryu.

“Chi siete voi? Perché venite dentro a casa mia?” Seiya fece un passo in avanti.

“Siamo in cerca di consiglio.” 

“Ah!” Gridò l’orbo. “In cerca di consiglio. Ti ho chiesto chi sei.” E allungò il bastone verso Seiya. Shiryu istintivamente si frappose fra l’oggetto e Seiya. Il vecchio abbassò il bastone. “Cavalieri. Puzzate di cosmo. C’è da capire quale bastardo immortale servite.” Seiya si ricordò delle parole di Tano e poggiò una mano sulla spalla di Shiryu per impedirgli di reagire. Parlò per primo.

“Ella” disse usando il modo in cui Tano l’aveva chiamata fino a quel momento, “ci manda.” Seiya ebbe l’impressione che un lampo avesse attraversato l’unico occhio di Faisto.

“Ma tu non hai detto chi sei, ancora.”

“Il mio nome è Seiya, cavaliere del Sagittario.”

“Sagittario, eh?” Seiya annuì. “Andatevene.”

“Cosa?” Esclamò Shiryu. “Ha idea di quanta strada abbiamo fatto solo per parlarle?”

“Andatevene. Io non sopporto i bugiardi. Non ve l’hanno detto i vostri amici? Gli ultimi che mi hanno mentito sono finiti in una rete di ferro e vergogna*.” Seiya fece un passo in avanti.

“Io non ho mentito. Il mio nome è Seiya. Cavaliere di Pegasus un tempo e ora di Sagitter. Vengo in nome di Atena ma sulle tue tracce mi ha messo un messaggero. Era questo che volevi sentire?”

“Pegaso, eh? Bene, bene. Andatevene.”

“Oh! Ma insomma!” Esclamò di nuovo Shiryu. Stavolta però fu Death Mask a tirarlo indietro per un braccio.

“Non ti intromettere. È una faccenda tra di loro. Non è la nostra partita.” Seiya annuì e Shiryu si fece da parte.

“Ascoltami. Ti chiedo solo di ascoltare quello che ho da dire. Dopo, se non vorrai dire neppure una parola, me ne andrò senza aggiungere altro.” L’orbo sembrò pensarci su un momento.

“Parla. Fa in fretta perché il mio tempo è prezioso.”

“Al grande tempio c’è un oggetto. Mi è stato riferito che l’hai costruito tu. Non funziona bene. Gli manca un pezzo, questo mi hanno detto. E che tu potevi aiutarmi ad aggiustarlo.” Faisto scostò malamente una pentola di rame da una sedia. La pentola cadde a terra facendo un rumore assordante.

“Le cose che costruisco io non si rompono.”

“Questa sì. Con tutto il rispetto.” Il vecchio ci pensò su e si grattò il mento.

“Cos’è?”

“Il meccanismo di Antikyteras.” Faisto scoppiò a ridere.

“Non si chiama affatto così.”

“Non è importante come si chiama ma come funziona.”

“Non sai come funziona, Pegaso?”

“No. Il grande sacerdote lo sa. Lui lo userà per trovare il labirinto di Crono. Il mio compito è impedire che Crono si liberi.”

Il vecchio si alzò. 

“Una faccenda della massima urgenza, a quanto sembra.”

“Lo è.”

“E da me, cosa vuoi? Sono fuori dal giro da molto tempo.”

“Un messaggero mi ha detto che tu puoi darmi il pezzo che manca al meccanismo per trovare ciò che sto cercando.”

“Il messaggero sa quel che dice.”

“Mi aiuterai?”

“No.” Seiya si sedette di fronte a lui e lo guardò dritto negli occhi.

“Perché?”

“Hai promesso che saresti andato via dopo aver raccontato la tua storia. Tanto vale la parola di un uomo?” Seiya scosse il capo.

“Vorrei solo sapere perché un dio mi ha detto di venire qui se sapeva che non avrei trovato alcun aiuto.” Faisto sospirò.

“Non sai che gli dei si divertono con le vite degli uomini?”

“Ho avuto l’impressione che non fosse la mia vita l’unica in gioco. Inoltre stiamo parlando di Ella. La chiamano così da queste parti, no?” Faisto si alzò. 

“Vieni con me. Solo tu.” Disse trascinandosi dietro la pila di biciclette rotte. Seiya si scambiò uno sguardo d’intesa con gli altri e lo seguì. Dietro quei rottami c’era un altra porta. Quando Seiya l’attraversò rimase a bocca aperta. 

La camera era completamente diversa dalla precedente. Tutti gli articoli presenti erano sistemati con cura e puliti. C’erano armi finemente cesellate e scrigni e vasi. Addirittura specchi e baldacchini.

“Sei sorpreso, Pegaso?”

“Si. Sembra di essere in un negozio di antiquariato.”

“Sono oggetti antichi. Ah! Non sederti su quella sedia. La costruì per mia madre molto tempo fa. Non è facile alzarsi dopo averla provata**!” Esclamò ridendo forte.

“Mi aiuterai?”

“Tu non mi piaci. Però lei sì. È venuta al mondo grazie a me, lo sapevi?” Seiya scosse il capo. “Adulta e armata di tutto punto! Avresti dovuto vederla. I suoi occhi scintillanti e quel colore di capelli così particolare! L’ho trovata meravigliosa. L’ho amata subito. Almeno quanto suo padre. Ne eravamo fieri. E lei era indomabile.” Si sedette sul gradino della scala e poggiò il bastone.

“Lo è ancora.” Disse Seiya e il vecchio rise sbuffando.

“È umana.”

“E tu non lo sei?”

“No. Queste sono le sembianze che ho scelto di avere per vivere la mia vita in quest’epoca.”

“Se hai deciso di vivere come un uomo, potresti anche aiutare un uomo a salvare quella creatura creatura meravigliosa che hai amato dal primo giorno che ha calcato questo mondo.” Faisto batté entrambe le mani sulle ginocchia.

“Ebbene. Ciò che hai detto è vero. L’Oroscopio, quello che tu chiami meccanismo di Antikyteras, é difettoso ma non perché rotto. L’Oroscopio è esso stesso un pezzo di una macchina più grande. Entrambi venivano alimentati grazie ad un propellente. In assenza di quel propellente, risultano difettosi e forniscono meno informazioni di quanto dovrebbero.”

“Non sono bravo in questo genere di cose. Dovrai parlare più semplicemente se vorrai che comprenda.”

“Tu sai chi é Crono?”

“Il signore dei Titani.” Faisto si tirò su con l’aiuto del suo bastone. Seiya allungò una mano ma il vecchio fece di no con la testa.

“Crono era il padre di Zeus. Aveva spodestato suo padre ed era stato profetizzato da Ananke che avrebbe subito il medesimo destino. Così decise di divorare i suoi figli appena venivano al mondo. E lo fece. Li divorò tutti fino al giorno in cui Gea, stanca di vedere morire la sua progenie, decise di nascondergli l’ultimo nato, Zeus. Crono e Zeus combatterono un aspra battaglia. Zeus ne uscì vincitore ma non c’era modo di annullare per sempre Crono. Lui rappresentava il tempo e neppure il padre di tutti gli dei può cancellare il tempo stesso, così lo imprigionò. Imprigionò la sua essenza, il suo ichor, in una clessidra che oscilla eternamente nelle profondità del Tartaro. Zeus scoprì ben presto che imbrigliare il tempo stesso aveva conseguenze. La clessidra non oscillava solo scandendo il tempo ma modificando anche lo spazio.”

“Il labirinto del tempo.” Sussurrò Seiya.

“Esatto.  L’Oroscopio fu costruito come una sorta di meccanismo a distanza in grado di stabilire continuamente dove fosse il labirinto di Crono. Funzionava perché conteneva lo stesso ichor. Quello era il suo propellente. Zeus lo affidò a me. Passarono molte ere senza che ci fosse mai bisogno di utilizzarlo e divenne un artefatto dimenticato come tanti altri qui dentro.” Faisto indicò i molti oggetti sugli scaffali.

“Come è finito al grande tempio? Perché non funziona?”

“Tolsi l’ichor dal meccanismo. Mi servi per un’altra invenzione.” Seiya annuì.

“Quindi si può aggiustare. Basta rimetterci l’ichor.” Lo zoppo rise amaramente.

“Parli come se l’ichor di Crono si potesse ricavare dalla terra.”

“Che ne hai fatto di quello che era nell’Oroscopio?” Chiese Seiya un po’ spazientito. Faisto se ne accorse e lo guardò in malo modo.

“Calma, Pegaso. Non sono il tuo sguattero.”

“Perdonami. Il tempo è mio nemico. E non solo perché la prigione in cui Crono è stato rinchiuso rischia di cadere ma soprattutto perché Atena risente di quanto succede. Lui si agita per uscire e Atena si agita per impedirlo. La piega che sta prendendo la cosa non mi piace.”

“Il sigillo di Atena ha impedito a molte creature di devastare la Terra. Stare al grande tempio è come essere seduti su una polveriera.”

“Allora, ti prego, aiutami a proteggerla.” Seiya si accalorò anche se si era ripromesso di non farlo. Faisto tornò a sedersi sul quel gradino.

“Non posso.”

“Perché?” Gridò Seiya. Stavolta Faisto non si arrabbiò.

“Quando dico che non posso è perché non posso. L’ichor non c’è l’ho più. L’ho dato ad un’altra persona.”

“A chi?”

“A Pandora.” Seiya rimase immobile, incredulo.

“Pandora? Cosa c’entra lei?”

“È vero. Tu la conosci.”

“Anche lei è al grande tempio ora. Se ha lei l’ichor, devo tornare lì e farmelo dare.” L’orbo batté il bastone in terra e gli intimò di tacere.

“Irruento come al solito. Non è così semplice. Pandora non sa di averlo. Errore mio, lo ammetto. Consideralo un errore di gioventù. Fatto per vanità.” Seiya abbassò lo sguardo e si chiese se doveva insistere ancora. Fu Faisto a proseguire. “So che Pandora ora vive per sei mesi ad Atene.” 

“Ha sposato un cavaliere e da lui ha avuto un figlio.”

“Buon per lei. Una famiglia era quello che le serviva.”

“Sembri conoscerla bene.” Faisto rise.

“Vorrei ben vedere. E’ mia figlia.” Seiya sgranò gli occhi. “Non te lo aspettavi, eh?”

“No, lo ammetto.”

“Nessuno lo sa. A parte il padre di tutti gli dei.”

“Pandora neppure?” Faisto scosse la testa. “Perché?”

“Se potessi scegliere, preferiresti essere il figlio del signore dell’Olimpo o di quello storpio del suo fabbro?” Seiya stavolta rispose senza esitazione alcuna.

“Preferirei essere il figlio di mio padre e potergli dimostrare la mia gratitudine per avermi messo al mondo.” Faisto si alzò e camminò fino a fronteggiare il cavaliere di Atena.

“Non sei lo spocchioso stupido umano di cui avevo sentito parlare. Pandora crede di essere figlia di Zeus. La verità è che sono stata io a crearla e a darle la vita tramite l’ichor di Crono. Ho mantenuto il segreto sulle sue origini per evitare che corresse dei pericoli. Tuttavia quel sangue le ha procurato molti guai. Non solo l’ha portata a scoperchiare il vaso che Zeus le aveva affidato in cui erano custoditi tutti i mali del mondo ma l’ha portata ad unirsi alle schiere di Hades. Io, suo padre, non ho potuto fare altro che assistere al suo destino di morte e rinascita fino ad oggi.”

“Avresti potuto cambiare il suo destino.”

“Sfidando la collera del re degli inferi?”

“Dicendo a Pandora che aveva una scelta. Che poteva avere una vita diversa se l’avesse voluta.” Faisto guardò il bastone cui si appoggiava e sorrise amaramente.

“Vero. Tu non provi mai paura, piccolo uomo? Tu che hai osato uccidere gli dei?”

“Non ne vado fiero. E la risposta alla domanda è sì. Provo spesso paura.”

“Allora perché sembri inarrestabile e così sicuro di te stesso?”

“Perché quando combatto non lo faccio quasi mai per me stesso. Gli dei che ho ucciso, li ho uccisi per proteggere coloro che avevo il compito di difendere e che amavo.”

“Allora facciamo un patto io e te. Tu proteggi mia figlia e io mi schiererò dalla parte di Atena in questa guerra contro Crono.”

“Pandora è cara al cuore di Ikki e lui è mio amico. Farò tutto ciò che posso per proteggerla.”

“Allora hai il mio permesso di rivelarle la verità sulle sue origini e sull’ichor che scorre nelle sue vene. Saranno sufficienti poche gocce del suo sangue per attivare correttamente l’Oroscopio. Non dirle che io vivo qui. Un giorno, se me la sentirò, andrò io da lei.” Seiya annuì. 

“Sarebbe felice di conoscerti. Lo sarebbe anche Eden, tuo nipote.” Faisto rise poi si girò e raggiunse una pila di oggetti dorati accatastati l’uno sull’altro. 

“Prendi questi.” Disse porgendo a Seiya quattro fermagli d’oro.

“Cosa sono?” Seiya li prese e li osservò. Sembravano uguali ma, a guardarli da vicino, avevano quattro disegni diversi sul dorso dorato.

“Sono armi.”

“Armi?” Chiese curioso.

“Il labirinto di Crono non si trova in questa dimensione. Senza le armi giuste non si può combattere nel tempio del dio del tempo. Quelle armi le feci per Ella. Per quattro divinità che la seguivano in battaglia: Nike, Bia, Kratos e Zelos. Dopo la titanomachia io e Atena abbiamo preso strade diverse. Diverse opinioni su tutto. Così le chiesi indietro le armi che avevo forgiato per le sue kamui. Ora le rendo a te. Come pegno di buona volontà.” 

“Non so come potrei usarle. I cavalieri di Atena non adoperano armi.”

“Tienile lo stesso.”Rispose lui dandogli una pacca sulla spalla.

“Forse è ora di tornare. Grazie Vulcano.” Il vecchio orbo lasciò cadere il bastone e la polvere sollevata dall’oggetto caduto sul  pavimento si alzò a spirale e lo avvolse. Quando ricadde al suolo l’immagine di Faisto era cambiata. Sembrava un uomo maturo nel pieno delle forze. Era ancora zoppo e orbo ma l’occhio che gli rimaneva era brillante di un colore simile all’oro. 

“In questa era io sono Faisto, un fabbro che ripara i carri dei pastori. Nell’era degli dei sono stato Efesto, il creatore. Ho amato e odiato gli uomini. Per tanti motivi. Gli uomini, però, hanno una cosa che gli dei non hanno. La carità. Io ne facevo bisogno. C’è una cosa che però gli dei hanno e gli uomini no. L’immortalità. Per questo per gli uomini, il tempo è prezioso. Per questo Crono ha più potere su di loro. Piccolo uomo, ricorda le mie parole. Il tempo non scorre che in avanti. Qualunque tentativo di adoperare i poteri di Crono, finirà comunque per ritorcersi contro di voi. Il passato non si può cambiare. Per questo le scelte hanno valore. Per questo ogni azione ha le sue conseguenze.”

“Perché mi dici questo?”

“Perché il cuore del labirinto del tempo, il cuore dove Crono giace imprigionato, altera il tempo come voi umani lo comprendete.”

“Atena ripete sempre più spesso che il tempo si è perso. Ha a che fare con questa cosa?” 

“Temo di sì. Ti raccomando, Pegaso, non dimenticare mai il mio monito. E non dimenticare mai che la donna che vuoi proteggere a costo della tua vita è una dea dal cuore e dai nervi di acciaio. Forse tu la vedi fragile ed indifesa, meravigliosa e tenera. Ella però è ferro e fuoco. Suo padre è la folgore e sua madre la giustizia. La sua mente conosce ragioni che il tuo cuore non può immaginare. Io, con una natura non dissimile dalla sua, non l’ho mai capita davvero.”

“Forse bisogna accettarla cosi com’è e basta. L’Atena che conosco e proteggo in parte è umana, non scordarlo.”

“In parte è divina. Non scordarlo neppure tu. Ora va.”

“Addio, per ora, e grazie.”

Seiya lo lasciò nella sua stanza dorata. Risalì le scale fino alla fucina sporca e polverosa dove aveva lasciato i suoi compagni. Quando Shiryu lo vide, fece un passo versi di lui.

“Com’è andata?”

“Direi bene.”

“Hai avuto le tue risposte?” Chiese Tano.

“Le ho avute.”

“Allora andiamo via di qua,” intervenne Death Mask “questo posto non mi fa respirare.”

Lasciarono la fucina del fabbro senza vederlo più. Camminarono in silenzio fino alla chiesetta di Agata. Era chiusa. Death Mask si fermò davanti alla porta mentre Tano continuò a camminare. Seiya e Shiryu lo seguirono per un po’ poi si voltarono a guardare il loro compagno ancora immobile davanti alla porticina della chiesa.

“Non lo aspettiamo?” Chiese Seiya. Tano si voltò. Prima guardò il suo allievo e poi Seiya.

“Ci raggiungerà più tardi.”

“Sta pregando?” Chiese Shiryu e Tano scoppiò a ridere.

“Se anche fosse, la sua preghiera non sarà mai esaudita. Agata si è fatta suora e le suore amano solo il loro Dio.”

Seiya mise una mano sulla spalla di Shiryu e lo spinse avanti. Seiya pensò che le parole di Efesto cominciavano ad assumere senso. Il tempo non torna indietro. Anche per il cavaliere del Cancro perso nei ricordi del suo amore di gioventù.

 

  • Faisto si riferisce al modo in cui punì la sua sposa Afrodite e il suo amante Ares imprigionandoli in una rete invisibile ma indistruttibile e mostrandoli, ancora nudi, alla vista delle altre divinità.
  • * Quello su cui Seiya fa attenzione a non sedersi è il trono su cui fece accomodare Hera sua madre e dal quale la dea non riuscì più ad alzarsi almeno fino a che Zeus non lo costrinse a liberarla.
  
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