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Autore: Roquel    27/12/2018    3 recensioni
I fiori sbocciano dalla sera al mattino, come dei nei, anche se somigliano più a dei tatuaggi sbiaditi. Ogni fiore, così come ogni colore, dice qualcosa riguardo la personalità del suo proprietario. L'ubicazione identifica il tipo di persona. Petto, scapole e spalle per gli Apha (forza, protezione e ferocia); mani, gambe e viso per i Beta (duro lavoro, sicurezza e fiducia); infine addome, stomaco e fondoschiena per gli Omega (maternità, dolcezza e sensualità). Di anno in anno, i tatuaggi crescono, fioriscono e si diffondo sul corpo del portatore.
A sedici anni, Izuku non ha alcun fiore, ma nei suoi ricordi brilla il rosso del gladiolo sulla pelle di Katsuki. È quel ricordo a far rivivere il suo desiderio di tornare a casa; ma le cose non sono mai semplici.
(AU. Tre regni e una guerra sul punto di esplodere.)
[Katsudeku - Kirikami]
Traduzione di "Flower Bouquet" di Maia Mizuhara, che è a sua volta una traduzione inglese dell'originale "Bouquet de Flores" originale spagnola di Roquel.
Link nella pagina dell'autore e nelle note al fondo del primo capitolo.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Izuku Midoriya, Kaminari Denki, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou, Un po' tutti
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Capitolo 14 - Myosotis




 

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Il miosotide è un fiore comunemente noto con il nome “nontiscordardimé”, il fiore di amore eterno e disperato. Ha la forma di un pentamero con cinque petali blu che crescono attorno a una corolla gialla.

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Vi erano usanze, tradizioni perse nel tempo; alcune dimenticate, altre trasformate in qualcosa di completamente diverso. Poche sopravvivevano allo scorrere del tempo.

Nelle isole c'erano molte tradizioni. Una di queste era che attorno ai dodici anni, i giovani Alpha venivano mandati ad allenarsi in materie nautiche per quattro anni. L'intento era di insegnar loro a navigare, riconoscere le correnti, affrontare un serpente di mare e sopravvivere durante una tempesta. Dato che la pesca era una delle principali attività commerciali di Kohei, ogni Alpha — anche quelli che non sarebbero voluti diventare marinai — doveva intraprendere un allenamento di base marittima.

Una delle tradizioni cadute in disuso era la consegna del fiore miosotide. Molti anni prima, quando i giovani Alpha si preparavano per partire per l'allenamento nautico, alcuni usavano donare un fiore miosotide con l'intento di stabilire un impegno al corteggiamento. Il fiore in sé era una richiesta.

“Mi aspetterai?”

La tradizione imponeva che gli Alpha scalassero le montagne in cerca del fiore che cresceva sulle alture, nelle dimore di serpenti piumati. La missione in sé comprendeva un viaggio di diversi giorni, che era a sua volta una dimostrazione del tipo di impegno che i pretendenti erano disposti a offrire e dei pericoli che erano pronti ad affrontare. Il rischio era elevato e molti tornavano con ferite profonde, così gli adulti del villaggio cercarono di cambiare la tradizione. Ci volle tempo e fatica, ma alla fine diventò consueto donare una conchiglia, molto più facile da trovare e con una maggiore longevità.










 

Nella primavera in cui Katsuki compì dodici anni, la tradizione del fiore miosotide era un ricordo lontano, sconosciuto ai più, rammentato da pochi.

Katsuki si alzava presto ogni giorno e camminava per la spiaggia cercando la conchiglia perfetta. Nessuna di quelle trovate soddisfava i suoi requisiti, quindi il ragazzo tornò per colazione di pessimo umore.

Izuku stava aspettando dentro, seduto al tavolo da pranzo, chiacchierando vivacemente con sua madre.

“Sei tornato?” Chiese Mitsuki con un sorriso beffardo che lo fece arrabbiare.

“Se mi stai parlando è perché sono qui,” borbottò tra i denti sedendosi vicino a Izuku.

“L'hai trovata?” Chiese Mitsuki con quel tono di voce che indicava che lei sapeva cosa lui avesse fatto fino a quel momento.

Katsuki la guardò e ringhiò.

“Sta’ zitta.”

“Hai iniziato l’allenamento molto presto, Kacchan.”

“Non sono affari tuoi, Deku,” replicò mentre suo padre lo serviva.

Mangiò con la faccia incollata al piatto mentre sua madre faceva ridere Izuku; lo ascoltò parlare dei nuovi rimedi che aveva ottenuto e di quanto fosse emozionato di accompagnare il padre alla capitale in cerca di ingredienti. Katsuki tenne la bocca chiusa e si intrattenne col suo pasto finché non ebbero finito tutti e Izuku li salutò.

“Tornerò quando avrai finito il tuo allenamento, Kacchan.”

“Mh.”

Izuku sorrise nervosamente e se ne andò. Non appena il suono dei suoi passi scomparve, sua madre si voltò e lo guardò con le sopracciglia alzate.

“Se lo tratti in quel modo, non accetterà la tua conchiglia.”

“Haaah?!” Fece cadere brutalmente il cucchiaio e si raddrizzò per affrontare sua madre. “Chiudi il becco!”

“È solo un consiglio, non fare lo stronzo con la persona a cui offrirai la conchiglia!”

“Un consiglio?!” Saltò giù dalla sedia e la indicò. “Perché dovrei volere un consiglio da una che non ha nemmeno dato una conchiglia a mio padre?!”

“Chi ha detto che—”

“Non ce l’ha! Lo so!”

“Perché gli ho dato—”

In quel momento intervení suo padre. Il suo profumo invase la casa, denso, calmo e pieno di tranquillità. Katsuki vide sua madre inspirare profondamente, vide come l'aroma la calmava, la vide perdere la rigidità nel collo e le pupille rilassarsi.

Contro la sua volontà, Katsuki smise di sentirsi furioso.

“È tardi,” disse Masaru, guardandoli severamente. “E un insegnante non dovrebbe mai tardare.”

Katsuki uscì di casa senza salutare, non aspettò nemmeno sua madre perché la conosceva, e non appena arrivò alla zona di allenamento iniziò i suoi esercizi di stretching. Gli altri compagni lo imitarono e quando arrivò la madre, venti minuti dopo, erano pronti ad allenarsi con le spade corte.

L’allenamento riuscì a calmare la sua tensione, ma alla fine la sentí di nuovo, persino più intensa e soffocante di prima; mentre aiutava sua madre a raccogliere e sistemare tutti i materiali non riuscì ad evitare di chiederglielo.

“Che cosa gli hai dato?”

Sua madre non fece nemmeno finta di non sapere di cosa stesse parlando. Si morse il labbro, restò in silenzio e sembrò combattere una lotta interna.

“Un fiore di miosotide,” confessò a bassa voce mentre camminavano verso casa per lo spuntino pomeridiano.

“Un cosa?”

“Lo chiamano nontiscordardimé,” replicò sua madre prima di raccontargli delle antiche tradizioni perdute e del loro significato.

Quel pomeriggio Katsuki mangiò in silenzio, poi accompagnò Izuku a nuotare e si sedette con gli Alpha della sua età che passavano ore a parlare di conchiglie e speranze. Quella sera, dopo cena, quando l'intera casa era sotto una coperta di oscurità e silenzio, Katsuki si alzò per rovistare in cucina.

Si immobilizzò quando attraverso la porta arrivò l'odore di sua madre.

“Ti servirà molto più cibo di quello.”

Katsuki non si mosse, aveva in mano uno zaino mezzo pieno di pane e frutta secca.

“Posso farti una mappa,” aggiunse mentre spostava una sedia per accomodarsi, posizionando la sua lampada sul tavolo.

“No,” la sua voce, anche se un lieve sussurro, riuscì ad esprimere la sua riluttanza.

“È quello che ho detto anch’io.” Appoggiò il mento su una mano come se la situazione fosse divertente. “La nostra famiglia ha rispettato la tradizione per anni. Mia madre andò a cercarlo e prima di lei, suo padre. Pare che ci piacciano le sfide. Tuo padre mi ha fatto promettere che non ti avrei lasciato andare, ma non posso proibirtelo se non ti vedo, giusto? Distrarrò Izuku mentre sei via.”

Si alzò in silenzio e se ne andò, lasciando la lampada per lui.










 

“Kacchan!”

L'urlo era pieno di emozione e felicità, e quando alzò lo sguardo vide Izuku correre verso di lui ma si fermò di colpo quando fu a un braccio di distanza e si torturò le mani con ansia.

Katsuki ricordava quanto fosse appiccicoso Izuku quando erano piccoli, ma non quando avesse abbandonato quell'abitudine. Forse da quella volta nella foresta, quando erano rimasti bloccati dalla pioggia.

A volte Katsuki sognava di tornare a quel giorno.

“Kacchan, sei tornato! Dove sei stato?!”

“Smettila di urlare, Deku.”

“Scusa, ma te ne sei andato senza dire niente… e tua mamma non ha voluto—”

“Hai parlato con mia madre?”

“Sono andato a casa tua per fare colazione come sempre e tua madre mi ha raccontato molte storie: la prima volta che ha vinto un torneo, come fosse emozionata quando partí per allenarsi, la prima volta che affrontò un serpente di mare, sapevi della volta in cui regalò a tuo padre un fiore blu per corteggiarlo?”

“Te l'ha detto lei?!”

“Sì! Non sapevo nemmeno che fosse una tradizione!”

Izuku continuò a parlare del fiore blu e dei suoi genitori, finché Katsuki non si stufò.

“Vieni,” ordinò e Izuku si zittí subito. Si allontanarono dal villaggio fino a raggiungere la zona fitta vicino alla spiaggia. “Cosa ti ha detto mia madre riguardo quel fiore blu?”

Izuku sorrise e ripeté la stessa storia che conosceva Katsuki; mentre lo ascoltava, Katsuki cercò di contenere la sua ansia. Aveva una stretta allo stomaco e le mani non smettevano di sudare, voleva correre e urlare.

Si fermò di colpo e Izuku lo imitò. Per un po’ nessuno dei due disse nulla, Katsuki era sicuro che Izuku potesse percepire la sua impazienza e ansia, ma si tratteneva dal dire qualcosa.

Alla fine riuscì a raccogliere abbastanza coraggio.

“Non ti darò una conchiglia, Deku,” disse, mandando giù il groviglio di nervi che aveva bloccato in gola. Quando vide la faccia dispiaciuta di Izuku sentí degli acidi gorgoglianti sciogliergli lo stomaco. “Non ho nemmeno intenzione di recidere un fiore per te. Quella roba muore.”

Izuku impallidí, annuí e fece per aprire bocca e rovinare tutto quando Katsuki lo prese dal gomito e lo fece attraversare la fila di cespugli che nascondeva la radura. Lo trascinò fino a un albero nell'area, e lo obbligò ad abbassarsi accanto a lui. Spalla contro spalla, gamba contro gamba.

“Qui pianteremo un campo.”

Il ‘se vorrai’ era implicito e Katsuki non sprecò tempo a dirlo. Invece contemplò l'espressione di Izuku, che osservava i tre germogli appena piantati di fiori blu, ognuno con tre fiori uguali e piccoli boccioli che promettevano di schiudersi presto.

Quegli occhi verdi studiarono i petali con un'attenzione ossessiva, attraversarono la forma delle foglie, gli steli sottili, poi si voltò verso di lui e Katsuki sperimentò, non per la prima volta, le onde elettriche che lo scossero da capo a piedi.

Izuku aveva degli immensi occhi verde scuro, come il muschio bagnato. Erano luminosi e profondi, con un'infinità di pensieri all'interno.

“Andrò via, quindi non ti regalerò un fiore che morirà in una settimana,” ripeté Katsuki, desiderando di annegare nel pozzo verde che era Izuku; si spostò vicino a lui, premendo sulla sua spalla. Indicò i fiori, continuando a guardarlo. “Quindi pianteremo un campo. Tu potrai venire ogni giorno. Cresceranno in quest’area e ogni volta che li vedrai ti ricorderai… quando li vedrai penserai…”

Non riusciva a pronunciare la fine del suo discorso.

Ma non ce ne fu bisogno perché Izuku sorrise, un sorriso bellissimo, esuberante e delicato, tutto guance e felicità.

“Mi ricorderei di te anche se non avessi nemmeno un fiore blu, Katsuki.”

E quando sentí il suo nome qualcosa sbocciò dentro di lui, era caldo e smisurato. Straordinario.

Finché Izuku non perse il sorriso e Katsuki scoprí perché. Lí, davanti a loro, si materializzò un uomo dalla pelle violacea, i capelli bianchi e un sorriso malizioso. Un uomo che si lanciò verso di loro, distruggendo tutto nel suo cammino.










 

Katsuki si svegliò di soprassalto, il suo corpo fradicio di sudore freddo e non riusciva a controllare il respiro. Gli ci volle un momento per scrollarsi di dosso la sensazione di vuoto e amarezza.

Se solo…

Se non avesse…

Scosse la testa e si sforzò di non affondare in quel mare di colpa che lo aveva divorato i primi anni. Invece si alzò dal letto e andò fuori in cortile. La prigione restava silenziosa, la maggior parte dormiva, raccogliendo le forze per iniziare il viaggio all’alba; un piccolo gruppo restava di guardia, ma cercò di ignorarli.

La pioggia si era trasformata in una leggera pioviggine così Katsuki scalò il bastione per osservare la luna. Si appoggiò al parapetto, avvolse la bottiglietta di profumo tra le mani e la poggiò sulle labbra.

Dentro di lui si agitava l’impazienza, il suo desiderio di uscire, cercare il principe di Yuuei, interrogarlo riguardo il profumo, ma sapeva di non dover commettere errori, non poteva sbagliarsi. Izuku era dall’altra parte dell’oceano e lui doveva trovarlo.

Erano passati più di quattro anni, ma aveva ancora una promessa da mantenere.

Tornerò. Devo tornare.

E da qualche parte, tra le montagne, un piccolo fiore blu di cinque petali ondeggiò nel vento. Mi aspetterai?


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Nota di Roquel:

E ora ragazzi, dichiaro ufficialmente che siamo a metà della storia!

Questo capitolo, anche se breve, ha due principali obiettivi: uno, stabilire l’inizio della seconda parte della storia e due, rimediare al mostro che si è rivelato essere lo scorso capitolo. A tutti coloro che hanno avuto la forza di commentare, grazie!

Questo è il ricordo che Izuku non riesce a ricordare; è apparso nel primo capitolo e si è ripetuto un paio di volte, ma sfortunatamente l’orrore del rapimento ha provocato a Izuku uno shock tale da bloccargli la memoria. Eventualmente lo ricorderà, ma per adesso lo ricorda Katsuki.

Nonostante la spavalderia di Katsuki, nemmeno lui sarebbe immune al nervosismo, l’ansia e il disagio di quando ci si dichiara per la prima volta. Vi ricordate com’è stato?

 

Nota di Tanuka:

Anche se non sono riuscita a far uscire questo capitolo entro il 25, consideratelo un regalino di Natale <3 (anche per farmi perdonare dell’enorme hiatus)

Personalmente questo capitolo mi ha commosso moltissimo, il gesto di Katsuki è stato meraviglioso e ora sappiamo perché Izuku scoppi a piangere quando si trova davanti a un campo di fiori; pur avendo rimosso quel ricordo, inconsciamente il suo cuore sa.

Amo sempre di più questa storia.



 

Prossimo capitolo:

Nelle Terre di Hosu


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