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Autore: DhakiraHijikatasouji    27/12/2018    0 recensioni
Sequel di "Der Perfekte Sturm".
I due gemelli hanno avuto la piccola Areen cieca. Adesso però dovranno affrontare i numerosi problemi che implica la sua nascita, ma prima di questa grande sfida ce ne sarà una ancora più grossa: cercare di rimanere per sempre insieme imparando il significato della parola "famiglia".
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Incest, Mpreg, Tematiche delicate
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Quella notte fu un continuo telefonare da parte di David che voleva sapere dove fossero. Tom non aveva risposto a nessuna di queste impegnato ad osservare Bill che dormiva finalmente dopo il parto. Respirava tranquillo e l'espressione del suo viso era leggermente dolorante dato il cesario che ancora faceva un po' male. Lui invece non riusciva proprio a dormire. Pensava alla loro bambina e si faceva un sacco di domande che allontanavano il sonno chilometri. Areén era nata cieca, non era in grado di vederli. Probabilmente si era accorta di essere al sicuro nel momento che Bill la teneva in braccio e nel momento che Tom aveva fatto lo stesso, ma il punto era che non era davvero così: lei non era al sicuro, era in costante pericolo e questo né Tom né Bill potevano sopportarlo. Bill si rigirò nel sonno e aprì gli occhi percependo i pensieri di Tom. Gli afferrò la mano e Tom alzò lo sguardo. Per quanto fosse buia quella stanza, riuscì a scorgere i suoi occhi; per quanto fosse gelida, riuscì a percepire il tocco caldo della sua mano. Non servivano parole, ognuno sapeva come erano scritte nella mente dell'altro. Erano solo sospiri e mancati sorrisi. Areén era alla nursery. Bill aveva chiesto di non averla con sé solo perché non si sentiva bene, gli era costato moltissimo vederla che veniva portata via.

- Come stai?- Gli chiese.

- Male-

- Devo chiamare le infermiere?- Bill sorrise leggermente scuotendo la testa. Tom capì e si sporse per abbracciarlo.

- Vorrei scappare lontano- Sussurrò nel pianto che lo stava cogliendo. - Vorrei prendere e lasciare tutto, vorrei avere una vita normale con la nostra famiglia- Tom si irrigidì improvvisamente e Bill lo avvertì con un colpo al cuore, come mai aveva reagito in quella maniera così brusca? - Tom..-

- Bill...-

- Tu...vorresti scappare?- Il suo silenzio diceva più di mille parole. - Tom, rispondimi-

- No, Bill- Affermò come se si fosse lanciato, senza pensare davvero alle cose da dire e a come dirle. - Come credi che si possa fare? Come credi che tutto questo possa andare a finire? Areén...mi dispiace dirlo ma...dio!!- Non voleva pronunciare quelle parole ma lo sguardo di Bill gli intimava di continuare. - Areén non sarebbe dovuta nascere- Il dolore che avvertì alla guancia fu immediato e intenso, ma se lo aspettava. Si sbilanciò e cadde sul pavimento freddo. Bill accese la luce della piccola lampadina e Tom tremò a vedere quegli occhi. Quelle parole li avevano trasformati, da dolci a comprensivi, a rossi e pieni di rabbia. Solo quella frase aveva fatto questo.

- Ma come puoi anche solo pensare di dire una cosa del genere!?- Aveva cercato di non gridare. Tom non rispose subito, si fermò a pensare. Bill era diventato madre da poco e amava Areén con un istinto di protezione così repentino che non ci aveva nemmeno pensato due volte a colpire lui, Tom, suo fratello gemello, in pieno viso. Bill era incazzato perché non credeva che Areén fosse un errore.

- Bill...ma ti stai vedendo?-

- E perché!? Tu non ti stai vedendo!?- Si sporse e lo prese per il colletto della maglia. Era davvero fuori di sé, non sembrava nemmeno più lui. Possibile che una sola frase lo avesse fatto improvvisamente degenerare in quella maniera? - Avevi detto che la amavi! Hai pianto quando l'hai presa in braccio! E adesso cosa mi vieni a dire!? Che non sarebbe dovuta nascere!? Vorresti che tua figlia non fosse mai nata!?- Tom cercò di staccargli la mano leggermente.

- Bill, ti prego calmati, per favore, non intendevo farti arrabbiare così- Il moro calmò il suo respiro e lo lasciò piano, ma ancora gli occhi li teneva puntati nei suoi. - Areén la sento parte di me...come te. Lei mi appartiene come appartiene a te, ma quello che volevo dire...è che ho paura- Anche gli occhi di Bill si ammorbidirono e Tom lo riconobbe. Se Bill si arrabbiava era poi facile calmarlo, bastava farsi trovare indifesi e lui avrebbe fatto la cosa che gli riusciva meglio: si sarebbe preso cura di te, perché era fatto così. - Areén è nata in un mondo che non la vuole, è nata in un tempo critico e con dei genitori...beh, come noi. Che potremmo mai darle? Con noi lei sarà sempre in pericolo, chiunque cercherà di portarcela via, e per quanto noi possiamo combattere...chi ci garantisce che vinceremo?- Bill lo guardò in quegli occhi lucidi e tristi che non stavano versando neanche una lacrima. Li amava, quegli specchi senza macchie. Si chinò e lo baciò. Un bacio piccolo che gli avrebbe dovuto far capire tutto e niente.

- Io e te possiamo vincere...perché Areén è solo nostra, è uscita da questa pancia e concepita quella notte di nove mesi fa tra me e te nel mio letto...questo basta...se mi ami- Tom lo abbracciò nuovamente stringendolo forte e mordendosi le labbra tanto da farsi male.

- Certo che ti amo- Bill sorrise e gli baciò la parte del suo collo scoperta accarezzandogli la schiena. - Adesso dormi, scusa per averti svegliato-

- Anche tu dovresti dormire...promettimelo, ti prego- Tom sorrise leggermente annuendo e Bill si ridistese. Guardandolo, piano piano scivolò in un sonno profondo.

Tom non dormì ugualmente...quel "ti amo" stava cominciando a fargli male.

***

La mattina seguente fu un po' trauma. Svegliarsi e accorgersi che tutto era successo per davvero, che loro avevano una figlia cieca di neanche un giorno che si chiamava Areén, Areén Kaulitz.

- Eccola, buongiorno- Fu l'infermiera a svegliarli con quella bella sorpresa. La piccola stava nella culla e ciucciava il suo ciuccio, stava vestita con la sua tutina rosa e indossava un cappellino grigio chiaro. La donna se ne andò lasciandoli soli.

- Avrà fame- Constatò Tom. - Qui c'è il biberon con il latte- Tom però non si stava muovendo, paralizzato a guardare quella piccola creaturina che sembrava dormirsela, e invece aveva gli occhi aperti, ma ugualmente vedeva tutto buio. Gli si strinse il cuore al sol pensiero che non poteva vederlo e magari sorridere alla sua sola vista, fu la voce di Bill a risvegliarlo.

- Passamela, Tom- Il rasta si riebbe e annuì prendendo successivamente la piccola con delicatezza. - Attento alla testa, amore-

- Sì,sì...ecco- Fu molto cauto, ma appena la ebbe tra le braccia nuovamente, non poteva ignorare quanto fosse piccola e profumasse di buono. Era calda e stringeva i pugnetti al petto.

- Tom..

- Scusa, tieni-

- No, dico...vuoi darglielo tu da mangiare?- A Tom quella domanda lo colse un bel po' di sprovvista, ma annuì perché sì, in effetti tutto quello che desiderava era tenerla tra le braccia ancora un po'. Il suo cuore batteva e voleva proteggerla, perché lui era il suo papà.

- Io sono il tuo papà- Le sussurrò. - E adesso ti darò da mangiare- Bill rise leggermente trovando sia tenera che comica quella scena. Gli fece spazio sul letto e Tom gli si sedette accanto con Areén al petto. Gli tolse piano il ciuccio sostituendolo con la tettarella del biberon, e mentre Areén mangiava, Bill stava appoggiato alla spalla di Tom accarezzando quel piccolo corpicino. Così avrebbe tanto voluto che fosse. La loro famiglia insieme...oppure che semplicemente la gente lo accettasse, ma non era possibile. Non avrebbe mai accettato due gemelli incestuosi, figuriamoci due gemelli incestuosi con una bambina! - Brava piccola- Sentì Tom sussurrare con un sorriso sulle labbra. Quando Areén ebbe finito, Tom mise il biberon su un ripiano accanto al letto e la diede a Bill. Esso le accarezzò il piccolo visino chinandosi e baciandogli il nasino.

- Sei mia, hai capito?-

- Nostra- Bill esitò un attimo per scherzo.

- Va bene, ma soprattutto mia- Il rumore della porta che si aprì li distrasse dalle loro risate. Era l'infermiera di prima.

- Scusate davvero, ma c'è una persona che insiste nel vedervi, posso farla entrare?-

- Chi è?- Domandò Tom alzandosi di poco come per proteggere Areén. Lo chiese infatti con un tono leggermente scocciato, come se quello non fosse il momento giusto, come se quella persona, qualsiasi essa fosse, sarebbe dovuta scomparire nel giro di poco.

- Un certo...ehm...David Jost- Quel nome fece sussultare entrambi. Si aspettavano che sarebbe successo, se non erano loro ad andare da David, David andava da loro, esattamente come Maometto con la montagna. Avrebbero tanto voluto rispondere di no a quella infermiera, ma a cosa sarebbe servito? O prima o dopo, ormai Areén c'era.

- Va bene, lo faccia entrare- Rispose Tom.

- Tom...-

- Sshh, non preoccuparti- Gli sussurrò. Quando sentirono ancora la porta aprirsi capirono entrambi che da quel momento in poi la situazione sarebbe precipitata.

- Eccovi finalmente! Ma vi sembra il modo di fare!? Scomparire e non avvertire nessuno! Ma siete usciti di testa per caso!?-

- Calmati, David- Tom si alzò dal letto parandosi proprio tra il manager e Bill con Areén. - Abbiamo avuto la nostra buona ragione per farlo-

- Oh, certo! Una ragione sicuramente plausibile per non rispondere a tutte le mie mille chiamate, immagino!- Ormai non potevano più nasconderlo, l'aveva già tirata anche troppo per le lunghe.

- Sì, e questa ragione...- Si scostò sentendo un tuffo al cuore. -...è lei- David si avvicinò a Bill che stringeva a sé un fagottino. David non voleva credere al proprio presentimento, ma non gli vennero più dubbi nel momento che Bill gliela mostrò: era una neonata; una piccola e tenera piccoletta. Lo stava guardando ma sembrava come assente in qualche modo, non era uno sguardo ben definito; ma quello non era l'importante: definito o no, nel cervello di David quella creatura non sarebbe mai dovuta esistere.

- Bill...Tom...no, adesso voi mi spiegate!- Cominciò nuovamente ad alterarsi. Tom sospirò, non sarebbe stato semplice. Avevano due cose da confessare: la loro relazione e il fatto che quella bambina apparteneva a loro in tutto e per tutto. - Chi è?! Perché!? Mi auguro che sia uno scherzo di pessimo gusto!- Ma dall'espressione sul volto dei due gemelli David dedusse che non era così, e questo lo fece sbiancare.

- Quella...bambina...è...-

- Nostra figlia- Concluse Bill buttandosi.

- COSA!?-

- Sì, Bill ha avuto una gravidanza regolare, e..-

- REGOLARE!? ME LO CHIAMI REGOLARE TUO FRATELLO INCINTO DI TE!?-

- Se mi facessi spiegare...-

- NON C'E' NULLA DA SPIEGARE! MI FATE SCHIFO! AVETE CAPITO!? SCHI-FO! E QUELLA BAMBINA...QUELLA BAMBINA...!!- La fissò come se volesse incenerirla: lei avrebbe creato solo problemi. E fu con questo pensiero che ringhiando pronunciò queste parole: - Deve sparire - Detto questo se ne andò senza aggiungere altro. C'era ben poco da spiegare e da chiarire, era tutto chiaro e cristallino: nella mente di David Bill era un ermafrodita incestuoso e Tom un ninfomane incestuoso! Ed entrambi avevano commesso il più grande errore che potevano fare: avevano messo al mondo una figlia che non avrebbe avuto futuro.

***

Furono dimessi giusto qualche giorno dopo e tornarono a casa in silenzio rispetto al caos con cui invece erano giunti all'ospedale. In silenzio perché erano troppo occupati a pensare. La reazione di David li aveva letteralmente intimoriti, perché David era una parte fondamentale della loro carriera, ma Areén era diventata una parte fondamentale delle loro vite. Bill la teneva in braccio. Non avevano comprato un ovetto o un passeggino, niente di niente se non dei pannolini e il biberon con il pagliaccetto rosa e il cappellino che indossava. Se si fossero messi a comprare qualcosa di più il sospetto o, ancora peggio, la certezza, sarebbe dilagata prima del momento e non ci sarebbe più stato scampo per loro. Tom aprì la porta e per fortuna le prime facce che videro furono amiche: Georg e Gustav. I due erano sul divano e appena udirono il rumore della serratura aprirsi, si voltarono di scatto e andarono loro in contro. Vollero vedere per prima cosa la piccola Areen e Bill non esitò con un sorriso a mostrargliela.

- E tu, Bill? Come stai?- Gli chiese Gustav abbracciandolo.

- Bene, ho una cicatrice sulla pancia ma per il resto tutto bene, grazie- Tutti e quattro crearono un cerchio intorno alla piccola bambina.

- Ma quello è il mio naso o il tuo?- Domandò Georg a Tom beccandosi una botta in testa da parte di quest'ultimo e scoppiarono a ridere, fino a che quella serenità non fu interrotta una seconda volta da David, il quale sapevano che lo avrebbero visto prima o poi.

- Oh, allora siete qui- Fece con aria del tutto scocciata. - Avrei delle cose in programma per voi. Oggi avete un'intervista e fra poco meno di due mesi partiamo per il tour in Europa...ah già! Che sbadato! Avete una bambina! Come possiamo fare allora?- Era tutt'altro che simpatico. Georg e Gustav non vollero mettere bocca, anche perché cosa avrebbero dovuto dire? Areén non sarebbe stata una cosa facile da gestire, ma tutte e quattro se ne sarebbero presi cura.

- Stammi a sentire, adesso mi hai proprio stancato!- I due si voltarono aspettandosi che ad aver osato in quel modo fosse stato Tom, ma la voce era troppo sottile e si stupirono a notare Bill infatti con un'espressione incazzata sul volto. Il moro diede Areén a Tom, il quale non ebbe il coraggio di opporsi alla sua imminente sfuriata. Infatti lo vide dirigersi verso David fermandosi proprio a due passi da lui. - Areén è mia figlia, che ti piaccia o no!-

- Ed io sono il tuo manager, che ti piaccia o no! Quindi adesso smettila con questa sceneggiata, sbarazzatevi della bambina!!-

- Mai!- Gli occhi di Bill erano taglienti, come non lo erano mai stati o come semplicemente David non li aveva mai visti. - Non posso sbarazzarmi di qualcosa che amo. Areén è entrata dalla mia vita e sta' pur certo che non ne uscirà!- Tom diede Areén a Georg che la stava reclamando e si diresse verso Bill per evitare che la situazione degenerasse. Gli mise una mano sulla spalla.

- Bill, cerca di calmarti-

- Sono calmo; finché David non mi farà perdere del tutto le staffe sono calmo- Rispose con tono tutt'altro che calmo. Sembrava un vulcano pronto ad esplodere, come il Vesuvio nel 79 d.C, e proprio come quello, avrebbe fatto una strage.

- Dio, Tom, non posso neanche vederti mentre lo tocchi- Disse schifato il manager osservando la mano di Tom, la quale comunque non accennò a spostarsi. - Voi due...ma come vi è saltato anche solo in mente di fare sesso!?- I due gemelli non arrossirono, non abbassarono lo sguardo, no, perché la credevano una cosa giusta. Era stato il loro istinto, e fanculo se non avevano saputo badarvici. - Ma poi...tu sapevi a cosa avrebbe portato?-

- No, né io né Bill ne eravamo a conoscenza-

- E quando Bill hai scoperto di essere incinto...oh cristo...di tuo fratello, non ti è venuto in mente di abortire?! L'hai tenuto senza dire niente a tutti!? Ma bravo! Che bella forma di responsabilità!- Bill reagì come nessuno o forse tutti si aspettavano: diede un forte spintone a David facendolo indietreggiare e sbattere contro la porta chiusa dalla quale era entrato.

- L'ho tenuta perché lei...E' MIA!!- Appoggiò con una certa forza una mano sul legno al lato del suo viso e lo bloccò lì fissandolo dritto negli occhi come a volerlo pugnalare. - Areén è mia e per me al momento non c'era ragione che lo riferissi, né a te né a nessun altro, E' CHIARO!?-

- Non vedevi ragione?- Chiese il manager un po' intimorito e incredulo, come se non volesse azzardare ma vedeva inevitabile fare quella domanda. - Bill...sei il leader di una band..-

- So cosa sono, e anche tu faresti bene a sapere chi sei, quindi stai al tuo posto! Organizza tutte le interviste, i meeting, i concerti, i tour! Ma ripeto, e stammi a sentire bene, David- Si avvicinò con il viso a pochi centimetri da quello di David. - Stai lontano da nostra figlia- Detto questo si discostò e lasciò David libero di andarsene in silenzio. Sapeva che in quel momento un odio reciproco aleggiava nell'aria, ma non ci poteva fare niente, così stavano le cose. Areén doveva proteggerla, da tutto; era ancora troppo piccola, nata da qualche giorno e già giudicata uno sbaglio. Bill sapeva che per tutta la sua vita Areén sarebbe stata giudicata uno sbaglio dalle persone, da chiunque l'avrebbe conosciuta in futuro, ed era questo pensiero che gli faceva stringere il cuore...perché Areén, la sua bambina, se proprio doveva essere uno sbaglio, era lo sbaglio più bello che avesse potuto fare.

***

Areén si era addormentata ormai da un po' per il suo solito riposino pomeridiano. Quella intervista di giorni fa l'avevano fatta senza problemi. Natalie era stata con loro e aveva tenuto la piccola. Era l'unica donna a sapere tutto, a sapere davvero come stavano le cose. Bill si fidava di lei, non vedeva persona migliore in queste occasioni. Bill le era eternamente grato. E mentre guardava la piccola dormire sorrideva. Era sul suo letto circondata da cuscini e cuscinetti per fare in modo che non cadesse e coperta da una copertina di pile. Faceva piuttosto freddino in quella casa e Bill non voleva che Areén prendesse freddo. Ad un certo punto entrò Tom.

- Shh, fai piano che dorme- Sussurrò Bill. Tom si avvicinò e sorrise, ma quel sorriso si spense subito. Era entrato per un preciso motivo e sapeva che non avrebbe scatenato il silenzio più assoluto.

- Bill, devo parlarti- Il moro intuì dalla sua espressione e dal suo tono che era qualcosa di serio. - Mi seguiresti nella mia stanza, per favore?-

- E se si sveglia?-

- E' mia figlia, quando dorme, lo fa seriamente e profondamente, vedrai che non si sveglierà- Lo prese per mano e lo guidò come se Bill fosse cieco come Areén. Arrivarono nella stanza del rasta e quest'ultimo chiuse la porta alle loro spalle. Bill incrociò le braccia al petto scosso da un brivido di freddo. Si sentiva a disagio sinceramente, aveva un brutto presentimento. - Bill- Si voltò verso Tom. Deglutì.

- Dimmi-

- Ehi, ma tu tremi- Tom fece per avvicinarsi ma Bill si ritrasse.

- No..non è nulla, dimmi quello che devi- Il rasta sospirò. Non sarebbe stato facile ma sentiva che era giusto che glielo dicesse.

- Bill...io credo che...adesso che Areén è nata, beh...credo che dovremmo riconsiderare il nostro rapporto- Bill si accigliò e un nuovo brivido gli percorse lentamente la spina dorsale. Agonia.

- Cosa...cosa vuoi dire?- Domandò con un fil di voce.

- Bill, ho pensato a quello che ci ha detto David, e..non dico che abbia ragione, perché io quella notte ti volevo davvero, e quando ti ho detto che ti amo era così, tutte le volte...-

- Era?- Tom si inumidì le labbra. Gli stava facendo male, gli bruciava, perché poteva sentire tutto quello che il gemello stava provando in quel momento: dolore, un lento e atroce dolore.

- Sì...Bill, per favore, non..non giudicarmi da subito- Disse vedevo che il suo respiro stava cambiando, stava come accelerando. - Io ci sono e ci sarò sempre per Areen..-

- E per me?!- Lo interruppe Bill bruscamente. I residui del mascara ormai quasi evidenti sulle sue guance. - Tom, non puoi lasciarmi così, non puoi lasciarmi in questo momento, nel momento in cui ho bisogno di te più che mai- Si sentiva come se fosse stato ingannato, e faceva male, perché quello da cui si sentiva ingannato era Tom, suo fratello, il suo gemello, l'unica persona che aveva amato davvero nella sua vita.

- Bill, ma io ci sarò sempre, per qualsiasi cosa tu e Areén abbiate bisogno, solo che per lei rimarrò un padre...per te vorrei rimanere solo un fratello- Disse a mezza voce l'ultima frase, come se non ne fosse del tutto sicuro o come se avesse in un certo senso timore della reazione di Bill, che non tardò ad arrivare. Lo vide scuotere lentamente la testa e boccheggiare, come se dovesse dire qualcosa ma gli mancasse la voce.

- Perché vuoi uccidermi così?- Sussurrò e basta. Tom scosse la testa prendendo le sue mani.

- No, no, Bill. Non dire così. Io non voglio farti del male, voglio solo che tu capisca che in questo momento io e te non possiamo amarci-

- E perché?- Chiese con gli occhi umidi e le labbra tremanti. - Cosa ce lo impedisce?-

- Sono io che me lo impedisco, sento di non poter più amarti come prima, e volevo dirtelo prima che lo scoprissi da solo-

- E da cosa lo avrei dovuto scoprire?! Cosa è che avresti cambiato nel tuo comportamento per farmi accorgere del tuo mancato amore!?-

- Non so cosa! Forse il modo di parlarti, il modo di guardarti, il modo di baciarti e di toccarti...e ti avrebbe fatto ancora più male di adesso- Nella sua mente si ripeteva che non era vero, ma poi si vedeva costretto a dare ragione a Tom man mano che continuava a parlare. - Invece che parlarti all'orecchio sorridendo, ti avrei parlato come adesso, faccia a faccia e senza segreti nostri; invece di guardarti come la più bella cosa che mi sia mai capitata, ti avrei guardato come mio fratello, la persona più simile a me; invece che baciarti chiudendo gli occhi e assaporando ogni secondo delle tue labbra, ti avrei baciato di fretta, non vedendo l'ora finisse; invece che toccarti con amore, con...calore, ti avrei toccato per darti una pacca e congratularmi della tua prestazione ai concerti...e questo avresti voluto, Bill?- Bill ci rifletté attentamente, ma gli stava scoppiando la testa. In quel momento si sentì come attraversato da mille lame di spada da tutte le parti, in tutti i modi più spietati.

- Tu quindi mi stai dicendo che non mi ami più?- Chiese singhiozzando. Tom provò ad abbracciarlo, per fargli prendere meglio la cosa, ma Bill capì e lo spinse via prima che il contatto finisse. - NO! No, Tom Kaulitz, non mi toccare! Tanto dopo tutto ti farebbe schifo, no?-

- Bill, io non ho mai detto questo...-

- Mi hai fatto capire tutto quello che volevi intendere con le tue parole...sei un egoista!-

- Un egoista!? Bill..!-

- Zitto! Non voglio sentirti più! Ho già capito, tra noi finisce qui! Speriamo che tu voglia almeno continuare a fare il padre a tua figlia!-

- Bill, ma certo che lo farò! Lei è mia figlia!-

- Sì, ed io ero il tuo amore...- Tom sussultò a vedere quel viso mentre pronunciava quella frase, così vera che il suo cuore dette un cenno di battito ancora alla vista di quelle lacrime. - Fanculo, sono solo parole- E lo oltrepassò sbattendo la porta e andandosene definitivamente. 
Solo parole...

***

La mattina dopo fu gelida come poche. Si notò subito che il clima era cambiato, come se tutto lì dentro si fosse improvvisamente congelato. Tom lo percepì già dalle lenzuola. Erano bianche, il sole a malapena le illuminava, coperto dalle nuvole grigie di primo mattino. Era petto nudo, il che non era a suo vantaggio, ma quel brivido che provò lungo la schiena, era sicuro che se lo sarebbe ricordato per sempre. Il secondo memore avvenne subito dopo il primo, quando si voltò incontrando la schiena magra e pallida di Bill. Con lo sguardo si mise a percorrere la sua spina dorsale, che era molto visibile. Ebbe la tentazione di toccarlo, di svegliarlo con baci caldi lungo il suo collo, ma si trattenne. Lui non poteva amarlo. Sospirò. I suoi pensieri però vennero interrotti da un lamento di Areén, che si stava probabilmente svegliando. Areén la stava tenendo Bill accanto a sé. Era così arrabbiato che quando era venuto a letto si era ben curato che Tom non dormisse accanto a lei, come se lui servisse solo nel momento del bisogno. Tom stette per provvedere, ma sentì Bill sussurrarle qualcosa.

- Shh, amore, shh- Poi dei piccoli schiocchi, segno che Bill le stava dando dei bacetti. - Dormi, tesoro, sono ancora le sette- Questa frase la disse con un lamento. Beh, era presto, ma forse la piccola aveva fame. Tuttavia non la sentì più e Tom preferì non porsi più di tanto il problema. Si girò mettendo le braccia alzate dietro la testa rimanendo ad osservare il soffitto. Sentiva di voler vomitare. Quella situazione durava da poche ore e già era insostenibile.

- Bill...sei sveglio?- Azzardò con un groppo in gola.

- Mmmhh- Rispose con un verso piuttosto gutturale, e Tom capì che non voleva essere disturbato, specialmente da lui. Allora fece l'unica cosa che gli venne in mente. Si alzò dal letto e si mise la vestaglia pesante almeno per andare a fare colazione. Al tavolo trovò già Georg e Gustav. David era al telefono con Dave in un'altra stanza, poteva sentire infatti un parlottio indistinto.

- Buongiorno-

- Buongiorno- Gli risposero all'unisono. Tom aprì il frigorifero prendendo del succo di frutta, riempì un bicchiere e lo bevve, forse per togliersi quell'amaro in bocca che aveva dal giorno prima.

- Tom- Lo chiamò Georg, il ragazzo si voltò. - Come sta Areén?-

- Dorme- Bevve l'ultimo sorso. - Con Bill, di là- Poi si sedette.

- Tom non ti vedo bene...c'è qualcosa che non va?- Fu Gustav a porgli la domanda e il rasta stava per rispondergli quando sentirono aprirsi la porta della stanza dei gemelli. Bill entrò in salotto con Areén in braccio, la quale si lamentava perché voleva mangiare. Un Bill apparentemente scocciato prese il pentolino per scaldarle il latte, ma Tom se ne appropriò gentilmente. Bill tuttavia non se ne curò molto e lo lasciò fare. Tom fece il biberon ad Areén e controllò la temperatura versando un po' del liquido bianco sul polso. Poi lo passò a Bill che lo prese senza dire niente e andò a sedersi. Areén mangiava e Bill aveva un'aria molto stanca. Le occhiaie cominciavano a vedersi.

- Bill, vuoi che la tenga...?- Bill lo fulminò e Tom decise di lasciar prendere. Georg continuava a girare i biscotti nel latte che ormai erano diventati poltiglia, Gustav faceva finta di farsi i fatti suoi ma entrambi avevano capito che qualcosa non andava tra i due.

- Bill, tutto bene?- Azzardò Georg.

- Sì, perché?- Rispose con tono infastidito.

- Nulla, è che Tom voleva solo essere gentile...-

- So io quello che voleva fare Tom, io e basta!- Poi abbassò lo sguardo su Areén facendo avanti e indietro per cullarla. Tom guardò i due amici i quali lo guardarono a loro volta straniti da quella reazione, solo che Tom sapeva il motivo, loro no. - Tom?- E sapeva anche che aveva ragione. - Tom!? Ma sei sordo!?- Gli diede una pacca forte alla spalla porgendogli il biberon vuoto. - Mettilo nel lavello per piacere- Gli ordinò senza tante cerimonie. Poi si alzò e portò Areén in bagno per il bagnetto e per successivamente vestirla. La appoggiò sul fasciatoio a pancia in giù per sganciarle il pigiamino, ma Areén non voleva proprio saperne di stare ferma al posto suo, cercava di girarsi. - Ferma, amore- Bill la prese rimettendola giù, ma lei continuava. - Areen, dai, non ti ci mettere anche tu- Riuscì a spogliarla e le tolse il pannolino. - Ora stai buona mentre la mamma ti prepara la vaschetta, ok, amore?- Si allontanò un istante sotto lo sguardo della bambina e riempì una grossa bacinella di plastica. Ogni tanto lanciava qualche occhiata ad Areén per controllare che non cadesse, era un'ansia continua. Una minima distrazione poteva essere fatale. Se qualcuno gliel'avesse controllata magari... - Ecco fatto, vieni qui- La prese in braccio e con la mano libera mescolò il sapone con l'acqua tiepida prima di inginocchiarsi e metterla dentro. La teneva da dietro la testa e lei si muoveva, si ciucciava le labbra per mangiare il sapone che le finiva sul visino e che Bill prontamente le toglieva. Scuoteva i piedini per schizzare, si vedeva che stava bene. - Amore...non puoi vedermi, ma la senti la mia voce? Riesci a sentirla?- Areén per tutta risposta diede un altro calcetto all'acqua. - Di' la verità, nella mia pancia stavi proprio così, se non meglio- Le baciò la guancia e Areén diede uno schiaffetto ad una montagnetta di bolle di sapone facendo ridere Bill. - Piano, tesoro- Tom udì quella risata da fuori la porta. Avrebbe dovuto essere lì in quel momento, avrebbe dovuto fare la foto, ridere insieme a Bill, ma la situazione che si era creata non lo permetteva. Erano due mondi paralleli ormai. Se ne andò quindi senza dire niente. Si chiuse nella stanza con gli strumenti e accese lo stereo per tenersi maggiormente compagnia. Caso volle che passò proprio quella canzone che avrebbe preferito non sentire: Everytime we touch di Cascada. Si sedette al pianoforte. Aveva bisogno di suonarla pensando a lui.

I still hear your voice when you sleep next to me
I still feel your touch in my dreams
Forgive me my weakness, but I don't know why
Without you it's hard to survive
'Cause every time we touch, I get this feeling
And every time we kiss I swear I could fly
Can't you feel my heart beat fast, I want this to last
Need you by my side
'Cause every time we touch, I feel the static
And every time we kiss I reach for the sky
Can't you hear my heart beat so I can't let you go
Want you in my life

Pensava alle sue risate, pensava al fatto che aveva lasciato andare tutto questo, pensava a quando avevano fatto l'amore, quando Areén era nata e si erano baciati dalla felicità. Un bacio che non si sarebbe mai dimenticato. E nel mentre Bill era chiuso in quel bagno con Areén e accese anche lui la piccola radio che teneva lì. Stessa stazione, stessa canzone...e si ritrovò a cantarla pensando a lui.

Your arms are my castle, your heart is my sky
They wipe away tears that I cry
The good and the bad times we've been through them all
You make me rise when I fall
'Cause every time we touch, I get this feeling
And every time we kiss I swear I could fly
Can't you feel my heart beat fast, I want this to last
Need you by my side
'Cause every time we touch, I feel the static
And every time we kiss I reach for the sky
Can't you feel my heart beat so I can't let you go
Want you in my life...- Areen era avvolta in un asciugamano giallo tra le braccia di Bill che era seduto con le spalle contro la porta. Cantava quella canzone perché la sentiva così sua in quel momento. Ripensava a tante cose, a quante volte si era sentito protetto quando Tom lo stringeva a sé, a quanti momenti belli e brutti avessero passato insieme. Meditava su ogni bacio, ogni carezza con gli occhi chiusi, e gli sembrava ancora di sentire la sua mano che scorreva sulla sua guancia, e con la voce tremante, terminò quei sogni: -...every time we touch, I get this feeling
And every time we kiss I swear I could fly
Can't you feel my heart beat fast, I want this to last
Need you by my side
'Cause every time we touch, I feel the static
And every time we kiss I reach for the sky
Can't you hear my heart beat so I can't let you go
Want you in my life...- Si strinse Areen al petto cominciando a piangere. Tom premette l'ultima nota e il silenzio invase nuovamente quella stanza diventata ancora più fredda.

***

E poi cominciò quello che sembrò essere il problema più grave. Il tour che David aveva annunciato loro venne spostato, perché Bill accusava malori strani. Il manager sembrava non poterne più della situazione. Tutto era cominciato a tavola. Erano tutti seduti, Bill era l'unico che non toccava cibo, teneva Areén a sedere sulle sue ginocchia osservando un punto fisso completamente assente dalle varie conversazioni.

- Bill, non mangi?- A quella domanda di Gustav, Tom alzò lo sguardo. Vi porse attenzione nonostante ormai la sentisse ogni giorno da qualche settimana a questa parte. In quel periodo aveva preso in considerazione l'idea di farsi i cornrows e così aveva fatto.

- No...ehm...Tom- Si voltò dalla sua parte, alzò Areén e gliela passò andando in bagno. Prima aveva mangiato un biscotto venendo in salotto. Era troppo anche quello. Si chiuse in bagno e si infilò un dito in gola innescandosi il vomito. E ci riuscì. Una volta fatto si sentì più libero. Tornò quindi in salotto come se nulla fosse stato, ma il suo spirito era spezzato. Gli girava la testa.

- Tutto bene?- Gli chiese Tom incapace di trattenersi, Bill annuì distrattamente non dandogli tanta attenzione e si rimise a sedere. Per tutto il giorno non toccò una briciola e così sembrò essere per un altro breve periodo, fino a che Tom non si decise a parlarci. Lo prese da parte mentre stavano allestendo il palco per un concerto. Lo tirò per un braccio ignorando le sue proteste e lo condusse dietro le casse, dove nessuno poteva vederli. - Non fare finta di niente, qui qualcosa non va e lo sai anche tu!-

- Ah, te ne sei accorto allora..- Fece per andarsene, ma Tom lo afferrò di nuovo.

- Non parlo di noi, parlo di te! Come mai non ti reggi neanche in piedi? Perché ti tremano le gambe!?-

- Mi tremano le gambe?- Chiese con un falso sorriso, facendo il finto tonto mentre intanto voleva solo una sedia sulla quale sedersi. - Tom, per favore, non cominciarmi ad avere le traveggole- Indietreggiò di qualche passo, ma Tom lo prese tirandolo a sé e Bill sussultò quando i loro occhi si incrociarono e i loro respiri si scontrarono. Dalla tasca Tom tirò fuori un fazzoletto di stoffa conducendolo sotto l'occhio di Bill e passandolo piano, senza nessuna protesta da parte del moro. C'erano delle occhiaie evidenti sotto tutto quel trucco.

- Se Areén potesse vederti, piangerebbe- E detto questo lo lasciò lì, con il batticuore a mille, le gambe tremanti e un nodo alla gola per il fatto di farsi schifo da solo. Bill Kaulitz si stava odiando. Si stava distruggendo per una persona che ormai non lo amava più.

***

Quel concerto era stato stancante. Erano nella limousine. Georg teneva Areén sulle ginocchia facendola divertire e lei sembrava sorridere. Gustav guardava fuori dal finestrino, ma si accorse di Bill che poco a poco crollò addormentandosi. Sospirò. Quella situazione non gli piaceva proprio, gli faceva schifo. Non era così che doveva essere. Una curva sbalzò il moro che cadde sulla spalla di Tom, il quale sussultò voltandosi. Bill non si era accorto di nulla e continuava a dormire tranquillo. Tom non sapeva che fare, lo avrebbe odiato. Tom non poteva più toccarlo, Bill non voleva che lo toccasse. Tuttavia lasciarlo in quella posizione scomoda gli dispiaceva molto. Bill doveva riposare e si sarebbe risvegliato con il torcicollo così. Si spostò leggermente lasciando che si appoggiasse sulle sue ginocchia. Bill nel sonno mugugnò qualcosa e gli strinse il tessuto dei pantaloni larghi in un pugno. Stava soffrendo, si vedeva.

- Mi dispiace- Gli sussurrò accarezzandogli i capelli per spostargli quelli che potevano dargli noia sul viso. Bill aveva un viso così bello e perfetto, anche se il trucco era leggermente sbavato. Tom rimase a fissare quella bellezza autentica finché non arrivarono. Georg scese con Areén, e Gustav con lo sguardo mandò un messaggio a Tom, un messaggio che il ragazzo con i cornrows capì. Uscì dalla macchina e prese Bill tra le braccia, il quale tremò non appena il vento gelido lo colpì.

- Tom..- Disse. Tom abbassò lo sguardo.

- Sono qui- Sussurrò e Bill smise di tremare. Entrarono in casa e lo portò a dormire al piano di sopra. Non gli tolse il trucco o si sarebbe svegliato, ma provvedette a spogliarlo dei vestiti e a mettergli il pigiama. Quando gli abbassò i pantaloni si ritrovò a guardare quelle gambe lunghe che quella notte aveva baciato per tutta la loro lunghezza. Quando gli aveva sfilato la maglia invece provò tristezza. Gli posò una mano sulla pancia piatta, esageratamente piatta. - Smettila di dire che stai bene- Bill mugugnò voltandosi dall'altra parte.

- Ehi, pss- Georg era entrato con Areén addormentata tra le braccia. - Era molto stanca- La adagiò accanto a Bill e si fermò a guardarli insieme a Tom. - Ti ricordi quella sera? Un mese prima che Areén nascesse, quando io e Gustav scoprimmo della gravidanza. Beh, prima Areén era dentro e adesso è fuori. A pensarci mette un senso di...sì, di dolcezza- Tom annuì sospirando. Andò al lato del letto coprendo Areén e poi Bill. Georg lo osservava e sorrise: Tom nonostante le discussioni, non riusciva a non provare amore per le cose più importanti della sua vita. - Beh, io vado a letto, ci si vede domani-

- Buonanotte- Tom rimase nuovamente solo in quella stanza con la luce fievole dell'abat jour accesa. Stette per andare in direzione del salotto per dormire, ma sentì un rumore e si voltò. Il rumore proveniva dalle coperte. Era Areén che si stava svegliando. Georg non l'aveva proprio assopita bene. Tom la prese in braccio e la portò fuori dalla stanza per non disturbare Bill. Si appoggiò con la schiena alla porta chiusa. Areén aveva aperto gli occhietti e non stava più piangendo. Si era improvvisamente calmata. Con i pugnetti chiusi stringeva il tessuto della felpa di Tom. E quelle labbra si piegarono in un piccolo sorriso, o almeno Tom credette fermamente che si trattasse di quello. Areén aveva appena sorriso. Areén non poteva vederlo ma percepiva che braccia lo stavano tenendo, era le braccia che voleva per addormentarsi. Tom sorrise. - Ci sono qui io- Le sussurrò. - Non avere paura, nessuno ti farà del male- Quel sorriso si formò un'altra volta e il cuore di Tom si arrestò nuovamente per un secondo. La sua bambina gli stava sorridendo perché in quel letto freddo voleva anche il calore del suo papà. Si diresse quindi in salotto, il fuoco si era spento nel camino ma qualche carbone era ancora ardente e il calore lo emanava. Tom si sedette sulla sedia a dondolo. Georg l'aveva presa apposta perché voleva sempre addormentarla, ma questa volta non aveva ottenuto il successo sperato. Temendo che Areén avesse freddo, gli venne un'idea. Si sganciò la cerniera della felpa e si appoggiò la piccola sul proprio petto richiudendo la zip. Rise. Soltanto la testolina era visibile, il suo corpicino era al caldo. Gli baciò quei pochi capelli che aveva. - Dormi amore- Con le braccia la tenne stretta a sé e, senza accorgersene, scivolò anche lui in un sonno profondo.

***

Bill allungò una mano una volta che il suo stato di sonno entrò in dormiveglia. Era troppo freddo il materasso dalla parte vuota. Sussultò e si alzò di scatto dal letto, si precipitò verso la culla di Areén, la quale era vuota. Il respiro gli stava mancando. Dove era sua figlia!? Senza curarsi di mettere qualcosa che lo coprisse dal freddo dalla casa, uscì dalla stanza. Era ancora presto e tutti dormivano. L'alba aveva sfiorato quella casa solo da neanche un'ora. Cercò in salotto e...il suo respiro tornò regolare. Aggirò lentamente il sofà trovando Tom che stava mezzo stravaccato sulla sedia a dondolo. Dormiva profondamente, sul suo petto stava Areén, un piccolo bozzolino all'interno della sua enorme felpa, la testolina che sbucava e sembrava facesse 'cucù!'. Senza accorgersene, le sue labbra si incresparono in un sorriso intenerito. Si sedette sul divano e rimase ad osservarli. Stese le gambe nude e si godette quella vista stupenda: quella di un padre con una figlia, quella di Tom con Areén, quella delle due cose più importanti della sua vita. La sua mente si perse in una serie di pensieri. Forse non avrebbe dovuto, ma il silenzio di quella mattina ce lo aveva portato inconsapevolmente. Chiuse leggermente gli occhi, si sentiva stanco nonostante le ore di sonno e ripensò a quando Tom il giorno prima lo aveva rimproverato. Gli aveva detto "Se Areén potesse vederti, piangerebbe". Si morse il labbro inferiore trattenendo le lacrime. Si stava facendo del male per una relazione che non avrebbe avuto futuro, si stava illudendo nella speranza di un amore che non sarebbe più capitato, che non sarebbe sbocciato una seconda volta. Speranze vane. Si guardò la pancia esageratamente magra e si appoggiò una mano sopra. Quasi due mesi prima a riempirla c'era il corpicino di Areén. Rabbrividì.

- Hai freddo?- Sussultò non aspettandosi di sentire quella voce, quel sussurro che se non ci fosse stato tutto quel silenzio molto probabilmente non lo avrebbe udito. Voltò quindi lo sguardo. Tom aveva aperto gli occhi e lo fissava in attesa di una risposta. Tom voleva tante risposte da lui, ma certe volte era così cieco che non si accorgeva che poteva trovarsele da solo, anche fermandosi un attimo a riflettere.

- No, sto bene- Rispose distaccato ritirando le gambe al petto da semi sdraiato com'era. - Non parlare, o svegli Areén-

- Scusa se mi sto preoccupando per te- Fece stizzito.

- Non dovresti, ti ho detto che sto bene-

- Certo- Disse, tutt'altro che credulone a quello che il gemello aveva detto.

- Non mi interessa se non mi credi-

- Bill, io non ti credo perché ti vedo, so quello che il tuo corpo sta provando...non mangi più, non riposi le ore necessarie..-

- C'è da lavorare, non abbiamo tempo per certe cose- Disse titubante.

- Bill, "certe cose", servono per tenerti in vita!- In quella conversazione fatta si sussurri rischiavano di svegliare la neonata, la quale aveva mosso la testa emettendo un piccolo mugugno. - Possibile che non possiamo parlare senza discutere!?-

- La colpa non è mia!-

- Ah, no? E di chi? Dello spirito santo?!- Nonostante stessero sussurrando, Areén si svegliò scossa dalle vibrazioni del corpo di Tom quando parlava. Pianse.

- Ecco, hai visto cosa hai fatto?- Disse Bill alzandosi e avvicinandosi per prenderla in braccio da Tom, ma questo si ritrasse tenendola per sé. - Dammela, Tom!-

- Qui non sono io il problema- Asserì con fermezza e con sguardo tagliente. Areén ancora piangeva, non voleva che i suoi genitori litigassero, era questa la verità. Bill se ne andò con un ringhio sbattendo la porta della loro stanza. Tom riuscì a calmare la piccola dandole il ciuccio che era appeso alla sua tutina con una catenina di plastica bianca. - Scusami, piccola- Gli dispiaceva che dovesse in qualche modo assistere a certe cose. Non vedeva, ma sentiva, e come tutti i bambini, soffrono che i genitori litighino. - Tu vorresti un papà ed una mamma che si amino, non è vero?- La strinse a sé con fare protettivo. La sentiva singhiozzare per i residui del pianto. Ad ogni sussulto gli dispiaceva sempre di più.

- Buongiorno- Georg si palesò davanti a lui. - Areén si è svegliata presto e ha svegliato anche te?-

- No, non è stata lei a svegliarmi- Rispose con aria stanca. Georg si stravaccò sul divano. Annusò l'aria.

- Mh, qui c'è un odore di Chanel-

- Bill- Tom si alzò per mettersi accanto a lui. Georg con sguardo supplichevole allungò le braccia. Tom sbuffò divertito passandogli Areén tra le braccia. - Da quando in qua sei così paterno?-

- Da quando mi avete fatto una nipotina bella come lei-

- Sembri mia madre-

- Se vostra madre lo sapesse, come credi che la prenderebbe?- Quello che fino a quel momento era stato uno scherzo, divenne una spiacevole realtà che investì Tom come un treno in corsa.

- Non lo so...non bene, visto che è mia e di Bill-

- E se non lo sapesse?-

- Lo verrà per forza a sapere-

- No, intendo...se non sapesse che la figlia è di Bill? Cioè se la figlia fosse solo tua o...o solo sua?-

- Non so per quanto potrebbe reggere una storia simile, comunque al momento non voglio pensarci, goditi tua nipote, che io vado da Bill un secondo- Lasciò Areén a sorridere con Georg. Lei capiva quando era Georg a tenerla in braccio. Le sue braccia erano più grandi di quelle del suo papà e della sua mamma, poi sentiva la voce e non aveva più dubbi. Tom procedette a passo lento e si fermò davanti alla porta accostata. Spiò dallo spiraglio e lo vide. Bill si era spogliato, totalmente. Era davanti allo specchio e si guardava. Non poteva vedere il suo viso, neanche riflesso visto che i capelli gli coprivano la visuale. Tuttavia lo vide percorrere la cicatrice che aveva sulla pancia con un dito. Il suo corpo era così gracile che nessuno avrebbe mai detto che aveva sopportato una gravidanza. Tom assottigliò leggermente lo sguardo. Quel corpo però lo aveva sempre amato, gli era sempre piaciuto nonostante i suoi difetti, perché per lui Bill non ne aveva. Questo si mise di lato e poté vedere il profilo del suo viso. Le sue labbra carnose e leggermente screpolare, i suoi occhi così simili ai suoi e il suo sguardo...distaccato dal mondo circostante. E per un attimo lo vide ancora con il pancione nonostante non avesse nemmeno quel filo di pancia normale, e sorrise. Rivide flash di quando lo prendeva in braccio per non farlo camminare troppo, di quando rideva, di quando suonava la chitarra per farlo addormentare...di quando gli stringeva la mano e gli diceva: "Ho paura di partorire", e lui lo coccolava tra le lenzuola. Si era negato tutto questo...per cosa? Solo per poter sopravvivere in quel mondo che non li voleva insieme, che non voleva la loro famiglia unita. Non era poco, ma più guardava quel corpo, e più desiderava che tutto questo si fermasse, che Bill smettesse di farsi del male, che lo amasse ancora e che la piantasse di ignorarlo e di rispondergli di traverso. Lo vide sospirare e dirigersi verso il bagno, probabilmente per farsi una doccia. Si staccò quindi dalla porta.

- Tom!- Sobbalzò. David. - Che stavi facendo?-

- Nulla, David-

- Stavi spiando tuo fratello!? Io devo ancora capire che cosa ci trovi di terribilmente eccitante in questo, ma chi la capirà mai la tua, anzi, la VOSTRA, perversione!-

- Senti, non sono in vena di discorsi, ne ho già fatti abbastanza-

- Beh, forse perché entrambi vi siete resi conto che state sbagliando, ma tu no dato che lo spii- Tom lo guardava e più voleva andarsene e non parlarne più. Si avvicinò al manager puntando gli occhi nei suoi.

- Io lo amo- Asserì prima di andarsene non curante delle risposte di David, che ovviamente non erano di certo a suo favore. Credeva in quello che aveva detto, ma ancora a dirlo faceva male, terribilmente e non sapeva perché. Tornò da Georg, dove nel frattempo si era aggiunta anche la compagnia di Gustav su quel sofà.

- Tom, vieni!- Fece un Georg tutto eccitato. Tom si sporse dallo schienale per vedere Areén. Georg tese una mano alla piccola, che lei non vedeva ovviamente. La stava prendendo in giro? Se fosse stato così, Tom sarebbe uscito dalle grazie di Dio, ma sapeva che Georg non era il tipo e allora aspettò semplicemente. La manina di Areén si mosse e andò ad afferrare un dito dello zio. Tom sgranò gli occhi. - Lei mi percepisce, sa che le sto tendendo la mano e allora la prende...Areén non ha gli occhi, ma può vedere cose che forse le persone normali non vedono- Non era solo una metafora, era vero. Areén poteva vedere tutto anche senza l'uso della vista. Tom sorrise incredulo ed euforico, avrebbe tanto voluto che Bill fosse stato lì a gioire con lui, ad urlare, ad abbracciarsi contenti. Areén era la loro gioia, ma come mai in quella casa nessuno dei due era felice? Il sorriso di Tom si spense piano e non del tutto. La loro felicità era davvero solo Areén? Potevano essere felici solo con la sua esistenza? Potevano vivere amando solo lei senza amarsi a vicenda? Domande che al momento ignoravano, ma solo perché sapevano la risposta.

***

Bill era appena uscito dal bagno quella sera di qualche giorno dopo. Il tour era ormai alle porte e Areén sembrava così cresciuta. Erano passati quasi tre mesi dalla sua nascita ormai, ed era già così diversamente piccola. Bill si sedette sul letto tamponandosi i capelli e guardando l'ora sul display del suo cellulare, decise che non era poi così tardi per poter forse uscire. Non sapeva come e perché quella idea gli fosse balenata per la testa, sapeva solo che la sua testa vorticava ogni tanto, più la sua permanenza durava in quella casa, e non la reggeva più. Si diresse verso il suo armadio, il resto venne da sé.

Areén era in salotto, seduta sul divano con zio Georg e papà Tom. Erano tutti e tre a guardare i cartoni animati, era il momento di Areén quella sera. Era stato deciso da lei stessa, nonostante non potesse vedere la TV, però percepiva la luce dell'oggetto e quello che dicevano le voci buffe e rideva, come se potesse vederli. Bill uscì mettendosi una borsetta nera e piena di paillettes a tracolla. Tom si voltò sentendo i suoi passi per il salotto.

- Dove vai?-

- Esco- Rispose monocorde. A passo svelto si diresse verso il telecomando prendendolo e spegnendo il televisore. - Areén dovrebbe andare a letto adesso- E lanciò l'oggetto. Georg non aveva avuto quasi il coraggio di opporsi, Bill sembrava diverso ormai da un periodo troppo lungo, cosa fosse successo precisamente non lo sapeva, ma non gli piaceva per niente. - Basta con questi cartoni animati, io tornerò tra qualche ora- Detto questo, prese e uscì. Tom aveva fatto caso al suo abbigliamento. Pantaloni di pelle neri, stivali dello stesso colore e borchiati, maglietta attillata e un gilet di pelo.

- Adesso basta, non ne posso più!- Si alzò anche lui mentre Georg prese in braccio Areén per addormentarla. Tom afferrò il giubbotto dall'attaccapanni. - Se intendeva farmi incazzare, c'è riuscito-

- Tom, stai attento, non esagerare-

- Tu addormenta Areén, e se vedi che ti fa capricci, suonale il basso, adora ogni tipo di musica. Ci vediamo dopo- E sbatté la porta non dando il tempo al castano di replicare, il quale si lasciò andare di nuovo sul sofà con un sospiro.

- Tu sei la felicità dei tuoi genitori, ma non riescono a condividerti- Disse guardando Areén, la quale ciucciava il suo ciuccio e fece uno sbadiglio. Georg posò un bacio sulla sua guanciotta paffutella. Amava quella bambina, ma odiava il fatto di saperla vivere meglio dei suoi veri genitori, era una cosa che non riusciva a sopportare e sperava che Bill e Tom riuscissero a chiarirsi in qualche modo.

***

Tom sapeva dove si era diretto, entrò in quel pub dove spesso andavano a bere, ovviamente travestiti. Bill invece era entrato senza problemi e senza coperture; beh, adesso nemmeno lui. Si avviò direttamente al bancone del bar, e appena lo scorse, non ci pensò due volte a prenderlo per una spalla e voltarlo dalla sua parte.

- Tom! Che ci fai qui!?-

- Adesso vieni a casa con me- Lo afferrò per il polso tirandolo giù dallo sgabello mentre Bill opponeva resistenza, ma fu inutile, Tom era più forte. Lo portò fuori e un vento gelido investì entrambi, ma fece rabbrividire solo Bill. - Ma si può sapere cosa ti è saltato per la testa!?- Gli domandò una volta fuori. - Uscire a quest'ora, senza dire niente, così all'improvviso!-

- Tom, ho la mia vita, non hai il diritto di starmi così addosso-

- Sì, ma tu hai anche una figlia!-

- Che ho lasciato a SUO padre, non ad un estraneo qualsiasi!- Tom lo guardò con sguardo perplesso, scosse leggermente la testa.

- Tu devi essere uscito di testa...ti fai le canne, vero?-

- Le canne!? Ma cosa stai dicendo!?-

- Non lo so! Dimmi solo se c'è verso fare ancora un discorso sensato con te, Bill! Sei impossibile! Sei sempre spento, sciupato, triste, depresso, e questa cosa l'hai attaccata a tutti là dentro! Nostra figlia piange sempre solo per colpa tua! Lei vorrebbe che...!!- Rendendosi conto di quello che stava per dire, si fermò improvvisamente; Bill, che invece capì subito, decise di prendere la palla al balzo. Si avvicinò a lui ad un centimetro dal suo viso.

- Cosa vorrebbe Areén, Tom?- Chiese semplicemente.

- Areén...Areén non merita quello che le stiamo facendo passare-

- Ah, quindi adesso la stai dando anche a te stesso la colpa!-

- Argh, Bill!- Se ne andò a passo svelto, sapendo che quella conversazione non avrebbe mai avuto fine. Bill era troppo testardo, ma anche intelligente. Calcava su punti apparentemente insignificanti ma che potevano essere anche analoghi al nucleo centrale della questione. Bill ovviamente lo seguì e lo affiancò. Entrambi non accennarono a fermarsi. - Cosa fai? Scappi? Sei venuto per parlarmi e adesso te ne vai!?-

- Sì, ti ho parlato, e adesso me ne vado!-

- Ma non abbiamo finito!-

- IO HO FINITO, BILL! PORCA PUTTANA, IO HO FINITO, VA BENE!?- Glielo gridò in faccia con così tanta rabbia, che Bill sussultò dallo spavento. Tom cercò di calmare il suo respiro realizzando quello che aveva appena fatto: lo aveva intimorito, forse anche terrorizzato. - Io ho finito...con te, Bill- Sussurrò prima di riprendere il passo. Bill non aveva sentito bene e perciò non chiese andandogli semplicemente dietro.

- Anche io ho finito...con te, Tom- Tom non sentì quelle parole sussurrate al vento, perciò non chiese continuando sui suoi passi.

***

- Gustav, vorresti un thè?- David entrò nella stanza di registrazione. Erano le nove di sera, avrebbe dovuto sbrigarsi. Aveva una tazza fumante in mano che appoggiò su un ripiano.

- Molto gentile da parte tua, grazie- Fu la risposta del biondo che la riprese per berne un sorso. - Perché questo gesto così inaspettato?-

- Nulla di che, solo che hai lavorato tutto il pomeriggio...stavo giusto per portarne una anche a Georg, tu a che punto sei?-

- Non ho ancora chiaro qualche punto di qualche canzone, ma sto riprovando, se qualcosa sento che non va, lo cambio...poi vi farò sentire-

- Bene, non affaticarti troppo-

- Non lo farò- David chiuse la porta con un sorriso, un sorriso che Gustav avrebbe dovuto interpretare come sincero, ma che invece era falso e aveva un solo obiettivo: quello che aveva sempre avuto da quando Areén era nata.

Georg uscì dalla stanza di Bill e Tom, aveva appena addormentato la piccola. Sussultò non appena David gli spuntò davanti.

- Oh, ciao David, mi hai spaventato-

- Scusa, non volevo, solo...tieni- Gli passò anche a lui la tazza di thè che Georg osservò con un po' di perplessità.

- Ehm...perché?- Chiese con un sorriso sghembo.

- Non c'è un motivo, solo che ti vedo stanco, forse questa ti aiuterà a riposare meglio, è un thè che tranquillizza...lo spirito- Georg fece uno sbuffo divertito bevendone un sorso.

- Non ti capirò mai, David, comunque grazie-

- Prego- Rispose il manager a denti stretti e andando nella sua stanza. Georg lo vedeva strano, tuttavia non ci pose tanta attenzione, fece spallucce e se ne andò sul sofà a finire di guardare la partita. Bevve tutto il contenuto della tazza.

***

Tom aprì la porta di casa e Bill lo seguì dentro appendendo la borsa. Georg dormiva profondamente sul divano, e fin lì nulla di strano, però sia Tom che Bill non poterono fare a meno di guardarsi negli occhi avvertendo un brutto presentimento. Bill, come se un sesto senso lo avesse improvvisamente colto, corse in camera. Passarono pochi secondi e cacciò un urlo di quelli colossali. Tom si spaventò e accorse subito.

- TOM! AREEN!!!-

- Cosa, Bill?!-

- NON C'E'!!- La culla era vuota e Bill stava girando tutta la stanza con le mani nei capelli. Il pianto lo stava cogliendo, il senso di colpa anche. - DOV'E'!?- Tom andò nella sala prove e vide che anche Gustav dormiva per terra, ai piedi della batteria. Qui qualcosa non quadrava. Si chinò provando a svegliarlo con qualche schiaffetto, ma inutilmente: se la dormiva alla grande. Tornò quindi in salotto dove vide Bill schiaffeggiare Georg per svegliarlo. Anche leggermente troppo forte. Tom gli mise una mano sulla spalla.

- Sono stati addormentati, ed ho paura di aver scoperto chi è stato- Bill lo guardò supplichevole, pregando che continuasse a parlare. - David- In un attimo gli fu tutto più chiaro. David aveva preso la bambina.

- E dove credi possa essere adesso!? In casa non c'è nessuno!- Tom prese il telefono e digitò il numero del manager, ma nulla, gli dava spento. Ringhiò di rabbia scaraventandolo verso il muro rompendolo. - Non possiamo nemmeno chiamare la polizia- Bill nel seguire la traiettoria del cellulare del gemello, scorse un foglio nell'angolo della casa. Giaceva lì a terra e lo afferrò. Era la fotocopia di un passaporto. Sussultò. Tom si avvicinò. Appena capì, afferrò per mano Bill.

- Andiamo, Bill!- Lo condusse fuori. In quel poco tempo aveva preso a diluviare. Salirono in macchina partendo a tutta velocità. - Vuole portare Areén all'aeroporto! Per questo per tutto questo tempo ci ha lasciato fare, sapeva già come sbarazzarsi di lei!- Fece incazzato nero e inserendo la marcia per andare più veloce. Non rispettò alcuni segnali, correva come un pazzo. Bill lo guardava in silenzio, con il cuore che batteva dalla paura di aver perso la sua Areén. Però non poté fare a meno di pensare che Tom in quel momento era uguale a quella sera quando Areén era nata, guidava esattamente in quel modo...solo che era felice, preoccupato ma felice. Si toccò la pancia e si disse che avrebbe rivissuto quel momento altre dieci volte, avrebbe stretto la mano a Tom prima che partisse e con il dolore nella voce ma con il sorriso sul volto gli avrebbe detto: "La nostra vita sta per cambiare totalmente, ma sarà più bella perché io e te ci ameremo per sempre". Tom avrebbe sorriso, lo avrebbe baciato e poi sarebbe partito. Non si ricordò se anche quella sera piovesse, era troppo occupato a tenere a bada Areén per accorgersene, ma lei era esattamente come quei lampi. Era stata una nuova luce nelle loro vite, così improvvisa, ma così bella. Tom frenò di colpo e lo risvegliò dai suoi pensieri. - Ci siamo!- Uscirono dalla macchina correndo sotto la pioggia fitta ed entrarono nell'aeroporto. A quell'ora c'era un sacco di gente, era quasi impossibile camminare all'interno dello spazio. Come avrebbero trovato David tra tutta quella gente? O peggio, se David non era lì? - Eccolo Bill!- Tom indicò verso destra e lo vide che con la bambina stava andando sicuramente verso il gate. Stettero per precipitarsi, ma a fermarli fu una guardia.

- Documento prego-

- Mi scusi, ma dobbiamo passare, un uomo ha rapito una neonata!- Tentò di spiegargli Tom, ma Bill agì senza perdere altro tempo. Passò sotto il filo oltrepassando tutte le corsie tracciate da esso. Tom spinse via la guardia e lo seguì. In quel momento c'era solo Areén, nessuno poteva fermarli. Ovviamente alcuni poliziotti li seguirono, ma la calca di persone che c'era ai gate fece perdere loro le tracce. Bill si guardava attorno con il respiro agonizzante e le lacrime agli occhi. Non riusciva più a distinguere nulla, c'era troppa confusione. Il senso di colpa stava sopraffacendo il suo corpo. Se lui non fosse uscito quella sera, David non avrebbe rapito Areén. Era tutta colpa sua, Tom aveva ragione. Cadde in ginocchio cominciando a piangere. La gente passava e sembrava non vederlo. Aveva perso Areén, lei se ne era andata, forse adesso era sull'aereo e stava per volare via e lui era lì a piangere perché sapeva che ormai era troppo tardi.

- Mi dispiace, amore mio, mi dispiace- Diceva singhiozzando. Baciò le proprie mani portandosele al cuore immaginando che ci fossero quelle piccole e delicate di Areén. Ad un tratto un calore lo avvolse, un calore al quale si lasciò andare. Conosceva quel profumo.

- Non piangere, Bill...sono qui, nulla è perduto ancora- Gli sussurrò la voce calda di Tom e il cuore di Bill prese a battere forte nonostante i singhiozzi che gli mozzavano il fiato. In quel momento si stava sentendo amato, come non si sentiva da tanto tempo. Tom lo stava abbracciando stretto, lo stava consolando, lo stava convincendo che la speranza era ancora viva perché c'era ancora motivo che lo fosse. - Areén è ancora qui, dobbiamo solo trovarla, la riporteremo a casa, e tutto tornerà come prima- Come prima...tutto sarebbe tornato finalmente a posto? Bill alzò lo sguardo. Gli occhi di Tom erano così dorati e belli. Non li aveva mai odiati, no. Li aveva sempre amati, amati profondamente.

- Tom, io ti...- Un rumore li scosse ad entrambi. Era il rumore di un pianto, il pianto di un neonato. Senza perdere tempo, ripresero a cercare e finalmente trovarono David. Era in un angolino con la piccola, la teneva in braccio e lei piangeva disperata. David stava cercando di calmarla. Bill corse verso di loro e prese Areén dalle braccia del manager che non capì fino a che non si trovò con le spalle al muro con Tom che lo teneva per il colletto della camicia.

- T-Tom..?-

- Sì, brutto figlio di puttana, cosa stavi cercando di fare!?- Tom era incazzato nero e David prese a tremare. Bill intanto che aveva Areén in braccio cercava di calmarla sussurrandole "Shh, ci sono io, non mi riconosci? Sono la mamma, amore". Piano piano ci riuscì. Areén aspettava soltanto che il suo papà e la sua mamma la salvassero...insieme, non li voleva separati. Tom lasciò David che scivolò fino a terra preso dallo spavento, e si avvicinò a Bill guardando Areén. - E' tutto finito, tesoro- Le sussurrò posando un bacio sulla sua testa. Mollarono lì David e se ne tornarono a casa evitando le guardie. Quando uscirono pioveva ancora. Tom si tolse il proprio cappotto e lo tenne sulla testa di Bill e su Areén, era grande abbastanza per coprire entrambi. Bill aveva apprezzato molto quel gesto. Sotto la pioggia guardava il suo profilo e arrossiva solo pensando al fatto che lo stesse proteggendo, che stesse in qualche modo tenendo al sicuro lui e la loro bambina dalla pioggia gelida.

***

Tom entrò nella loro camera dopo che ebbe chiarito la questione sia con le due G che con David. Non lo avrebbe licenziato, ma non lo avrebbe nemmeno perdonato facilmente. Georg e Gustav invece si erano scusati in venti lingue diverse, anche se sia Tom che Bill avevano detto loro che non avevano nessuna colpa. Ed ora era tutto finito nella luce fievole di quella stanza. Areén dormiva nella sua culla russando leggermente, come fanno tutti i bambini. Tom la coprì meglio. Il silenzio era sovrano. Poi voltò lo sguardo verso Bill che gli era di spalle e si stava spogliando. La sua schiena così gracile, non poteva fare a meno di guardarla, i suoi capelli che morbidi e profumati gli ricadevano sulle spalle una volta sfilata la maglietta. Bill però si accorse di quello sguardo sul proprio corpo e si voltò. I loro occhi si incrociarono, ma Bill non disse niente, rigirandosi nuovamente come se niente fosse successo. Rabbrividì quando sentì delle mani posarsi sulle proprie spalle e delle labbra sul suo collo.

- Tom..-

- Sshh, non dire niente- Chiuse gli occhi godendosi quei baci. Cosa stava facendo? Perché Tom lo stava torturando così? Voleva ingannarlo ancora, e forse lui ci stava cascando di nuovo. E come poteva non farlo? Ci sarebbe cascato sempre, anche dopo un milione di anni passati ad ingannarsi...avrebbe sempre perdonato Tom, perché a quanto pare...Tom aveva perdonato lui. - Ti amo- Tom glielo sussurrò all'orecchio e Bill si voltò lentamente. Aveva bisogno di guardarlo negli occhi, in quegli occhi che nonostante tutto avevano ancora quell'immagine di bambino che a Bill non sfuggiva mai.

- Prima avevi detto che la colpa era mia...hai ragione. Non so come tu possa ancora amarmi, mi auguro solo tu non stia commettendo un errore- Rispose semplicemente, con gli occhi lucidi che guardavano quelli nocciola del gemello. - Lo so che...comportarmi in quel modo così ostile con te è stato a dir poco vigliacco e ingiusto, ma tu mi hai spezzato il cuore, perché la verità è che io ti ho sempre amato, anche quando ero incazzato io ti amavo, anche quando ti insultavo e ti maledicevo io ti amavo, anche quando tutte le difficoltà si sono presentate dopo la nascita di Areén io ho continuato ad amarti- Tom lo ascoltava, non era intenzionato ad interromperlo. - E non ho mai smesso, neanche per un solo istante-

- La colpa è di entrambi, Areén me lo ha fatto capire. Areén ha sempre voluto fin dall'inizio che non discutessimo, che non stessimo distanti. Lei ha bisogno di me e te...insieme- Gli prese le mani nelle sue. Era vero. Areén aveva bisogno che loro stessero insieme, che si amassero incondizionatamente, e così era..così sarebbe sempre stato da quel momento in poi. - Areén avrà me e te uniti, è giusto così- Bill scosse la testa.

- No, Tom...no perché è giusto così, perché non lo è, lo sappiamo entrambi. E nemmeno perché deve essere così, perché non deve esserlo per forza. Ma perché io e te ci amiamo e amiamo lei, solo e soltanto per questo- Tom sorrise annuendo. Bill contraccambiò, ma il sorriso di entrambi si spense nel momento che i loro sguardi presero nello stesso momento una sfumatura diversa. I loro visi si avvicinarono e le loro labbra tornarono a contatto dopo tanto tempo, un tempo che non ricordavano neanche più quanto fosse lontano. Si mancavano, si cercavano, si baciavano con amore, e adesso non faceva più male provare tale sentimento. Si stesero su quel letto stregati dagli occhi l'uno dell'altro e si spogliarono di tutto: vestiti, segreti e paure. Tom lo guardava sotto di lui, si chinò piano e lo baciò delicatamente. Bill era delicato come una rosa con le spine nascoste. Bill era dannatamente bello e lui lo amava tanto. Bill invece guardava Tom mentre gli cingeva il collo e le spalle con le braccia. Lo stavano facendo di nuovo, avrebbero ricommesso lo stesso errore, ma non lo avrebbero fatto per nessun principio...solo ed unicamente per amore. In quel letto, tra quelle lenzuola, si cercarono ancora, si toccarono, si respirarono vicini. Bill si morse il labbro sentendo scorrere la mano di Tom lungo il proprio fianco, e Tom liberò un leggero gemito quando Bill lo baciò con possessività sul collo. E quella cicatrice che Tom incontrò nel suo percorso baciando la sua pelle, si fermò a guardarla e poi baciò anche quella. Era un segno che a Bill non sarebbe più andato via, una cicatrice che ricordava loro il piccolo miracolo che avevano creato insieme. - Ti amo, Tom- Sospirò di piacere Bill quando Tom gli fu dentro. Il ragazzo con i cornrows sollevò il suo viso dal suo petto per guardarlo, gli accarezzò la fronte per allontanare un ciuffo ribelle dal suo viso.

- Dillo ancora- Gli sussurrò.

- Ti amo...Tom- Si tappò la bocca per reprimere un gemito quando Tom cominciò a spingere lentamente in lui. Si unirono come quella notte di ormai un anno fa, e si ritrovarono ad abbracciarsi stretti senza più tremare. Adesso il letto non era più freddo. Non c'era nulla da dirsi. Erano felici, soddisfatti dell'amore che provavano e che si erano dimostrati quella sera.

- Dormiamo adesso, amore- Sentirsi ancora chiamare amore era una sensazione unica e stupenda che finalmente stava riprovando di nuovo.

- Io dormo solo se mi prometti una cosa- Disse Bill aderendo con le spalle al suo petto.

- Che cosa?-

- Che mi terrai stretto così tutta la notte- Tom sorrise a quel viso.

- Non ti lascerò andare, mai più- E con quelle parole, chiusero gli occhi. Bill li riaprì per guardarlo dormire dietro di lui. Sorrise tenero, Tom era proprio un angioletto quando dormiva. Chiuse gli occhi anche lui e si addormentò subito. Fu Tom ad aprirli sporgendosi per controllare dormisse e gli diede un bacio sulla guancia. - Ho voluto farti ricordare quella notte di un anno fa perché è il più bel ricordo che abbia con te, ti amo-

EPILOGO

- Mamma, perché a scuola mi deve sempre accompagnare Natalie?- Chiese Areén in camera, seduta davanti allo specchio, mentre Bill le stava pettinando i lunghi capelli color del grano. Areén non aveva mai saputo che Bill fosse un maschio, e non si era neanche mai chiesta come mai avesse un nome maschile, questo perché non le importava: Bill era la sua mamma, così come lui stesso le diceva sempre da quando era nata.

- Perché io non posso, tesoro-

- E perché non puoi?-

- Perché...- Areén era ancora molto piccola, aveva 8 anni, e a causa della sua età avrebbe potuto rivelare cose che neanche per lei sarebbero state semplici da spiegare, a persone che innanzitutto non c'entravano niente: come le sue maestre e i suoi compagni. Bill girò la sedia girevole verso di lui mettendosi in ginocchio. Areén gli accarezzò i capelli lunghi. - Perché fuori da questa casa è Natalie la tua mamma- Disse con una certa amarezza. Areén era solo sua, ma non potevano permettersi di rischiare. - Però ricordarti sempre che tu sei cresciuta dentro di me, sei la mia Areén- Natalie aveva accettato di buon grado ripetendo più volte di non voler prendere il posto di nessuno, lei voleva bene a Bill e tutto quello che faceva era per il suo bene.

- Vorrei tanto vederti- Disse Areén, ma non con rammarico: le bende che stava portando agli occhi le davano una speranza. - Secondo me sei bellissima- Bill sorrise baciandole la mano che fino a quel momento aveva tenuto sulla sua guancia. - E anche papà lo è-

- Qualcuno mi ha chiamato?- Tom entrò nella stanza e Bill si voltò alzandosi sprimacciandosi i pantaloni con le mani. - Allora tesoro? Sei pronta?- Areén per tutta risposta lo abbracciò stretto. Amava abbracciare il suo papà. Aveva un buon profumo, inoltre le sue braccia la facevano sentire sempre al sicuro, e gli piaceva tanto quando Tom, quando erano soli, le sussurrava: "Tu sei la mia principessina, vero?" E lei annuiva energicamente. - Allora vai, lo zio Georg ti sta aspettando ai piedi delle scale- Areén gli diede un bacio sulla guancia e se ne scappò giù. Quando capì di essere quasi all'ultimo gradino fece un salto e Georg la afferrò al volo. Quando il suo papà glielo diceva sapeva che era vero, che Georg la attendeva a braccia aperte.

- Oggi è il grande giorno- Le disse. Tutti confidavano in questo. Bill appoggiò la testa sulla spalla di Tom dopo aver messo apposto la spazzola.

- Ti confesso che ho un po' di emozione...ok, no...potrei morire qui e ora- Disse ridendo. Tom cinse i suoi fianchi con un braccio, ma non rispose. Il suo cuore stava battendo così forte che non glielo permetteva.

***

- Perfetto, dottoressa può procedere- Bill strinse la mano di Tom, Gustav e Georg stavano un po' più indietro. Areén era seduta su un lettino che ciondolava le gambe in trepidante attesa. Aveva avuto paura quando aveva dovuto fare l'intervento. Ricordava la mamma che si era stesa con lei raccontandole tante belle cose, e poi era arrivato anche il suo papà e avevano scherzato e riso insieme. La mattina seguente, quando il momento era giunto, entrambe le avevano dato tanti baci e ripetuto di non avere paura, che sarebbe andato tutto bene. Aveva pianto tanto lo stesso, ma le infermiere erano state molto gentili comprendendo la sua paura, e piano piano si era calmata. Quando si era risvegliata gli occhi le bruciavano un po', ma nulla che non si potesse sopportare. Aveva delle bende sul viso. Adesso stava per togliersele. Forse finalmente avrebbe visto i suoi genitori. La dottoressa fu molto delicata e le srotolò piano. Il suo sorriso andava a crescere e quando aprì gli occhi il suo cuore perse un battito, per poi battere più velocemente. Vere lacrime stavano ricoprendo i suoi occhi. Non poteva crederci. Quando Bill le prese le mani le riconobbe subito: erano le stesse mani che l'avevano accarezzata quando aveva paura, le stesse mani delicate e belle che amava sentire sul suo viso e con le dita tra i crini dei suoi capelli. Quindi...quella era la sua mamma.

- Amore, riesci a vedermi?- Le sussurrò Bill con voce tremante. Areén annuì incapace di parlare. Le appoggiò una mano sul viso e percepì una sua lacrima. - Oddio!- Bill la abbracciò stretta. Areén fece scorrere una mano tra i suoi capelli e cominciò a piangere anche lei. Sua madre era bellissima e non le importava se era uomo o donna. Tom si avvicinò, e sembrava come quando l'aveva vista per la prima volta. Tremava.

- Areén- Bastò dire il suo nome, e Areén riconobbe quella voce. Alzò lo sguardo dalla spalla di Bill e incrociò quello di Tom. Si stava mordendo le labbra cercando di trattenere le lacrime.

- Papà-

- Areén- Cadde in ginocchio per abbracciarla stretta e Areén non esitò a precipitarsi tra le sue braccia. Si unì anche Bill. Ridevano e piangevano di gioia. Anche i medici si commossero e perfino Georg e Gustav non poterono non far sfuggire una qualche lacrima. Nella mente di Areén, da quel giorno in più, molte cose furono più chiare. Voltò lo sguardo verso Georg e Gustav. Il primo le sorrise un po' sghembo.

- Ehi, tu- Le disse con tenerezza e Areén corse ad abbracciare anche i suoi zii. Erano tutti bellissimi, tutte persone delle quali non avrebbe mai potuto fare a meno. Bill, la sua mamma, era semplicemente stupendo: aveva dei capelli corvini morbidissimi, gli occhi lunghi e profondi, un sorriso bellissimo e adesso capiva perché il suo papà si era innamorato di lei. Ricordava quando a Natale lei e Tom l'avevano svegliato con tante coccole. Lei si era gettata addosso a Bill che dormiva e lo aveva svegliato, e poi era arrivato anche Tom e si erano fatti tutti insieme gli auguri di Natale con una battaglia di cuscini. Tom, appunto, di lui aveva un ricordo che si sarebbe portata fino alla tomba, quando una volta erano sul divano in salotto e tutti dormivano di già. Tom le aveva detto: "Areén, io cerco di conquistarti dalla prima volta che ti ho visto". Lei aveva riso e gli aveva dato un bacio senza dire niente. E adesso che lo guardava, poteva dire che l'aveva conquistata. Il suo papà sarebbe stato l'uomo più importante della sua vita. Lo zio Georg  aveva un sorriso buffo, che la faceva ridere. Era solito scherzare e si ricordava che una volta gli aveva bruciato le punte dei capelli perché voleva aiutarlo a piastrarli. Non si era arrabbiato, diceva che era impossibile farlo davanti al suo faccino, e l'aveva abbracciata perché lei invece piangeva per chiedergli scusa. Poco male, se li era solo spuntati un po'. Gustav era uno zio piuttosto calmo, ma a volte prendevano anche a lui i suoi attimi di pazzia. Spesso la sera, prima di dormire, Gustav era solito lavorare con la batteria e lei andava ad ascoltarlo. Lei sarebbe tanto voluta diventare batterista, ma questo era un loro segreto, se lo promettevano ogni sera intrecciando i mignoli, prima della buonanotte. La sua famiglia era bellissima ed era la cosa più importante che possedesse.

- Vi amo, potrei morire per voi tutti- Una frase del genere non se l'aspettava nessuno, ma ebbero la risposta pronta.

- Non ci pensare nemmeno- Risposero tutti in coro e scoppiarono a ridere. Riguardo a David alla fine aveva accettato Areén nelle loro vite. Areén non era a conoscenza di quello che aveva fatto quando lei era piccola, David aveva promesso a Bill e Tom che glielo avrebbe confessato quando sarebbe stata abbastanza grande per comprendere. Non sapeva nemmeno che i suoi genitori fossero gemelli, tutti avevano mantenuto quel segreto, ma sapevano anche, che se la piccola lo avesse saputo, non li avrebbe odiato perché le avevano insegnato che l'amore va bene anche se immorale, anche se pieno di discussioni inutili...perché era pur sempre amore.

The End
 

Nota dell'Autrice: Ciao. Avevo promesso che avrei fatto questo sequel, ed eccolo qui. Volevo che ci fosse una speranza per Areén, l'idea che rimanesse cieca per sempre senza poter vedere che fregni erano i suoi genitori...era impossibile da concepire XD. Mi è piaciuta molto scriverla perché mi sono venute un sacco di idee e poi è la mia prima mpreg. Comunque il nome della bambina dall'altra fanfiction ho preferito scriverlo come si pronuncia perché non mi va che la gente sbagli, per me è importante. Spero che vi sia piaciuta e ci vediamo con il seguito di Wie Schnee che ancora non so quando finirà XD.

Hijikatasouji <3

   
 
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