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Autore: Sinden    28/12/2018    1 recensioni
FF basata su film Il Signore degli Anelli - Le due Torri, genere fantasy/avventuroso
Storia di un esercito mercenario di Uomini dell'Est, comandati da una donna senza passato e senza scrupoli. Il suo arrivo nel regno di Rohan, oppresso da Saruman, porterà molte cose alla luce...non solo sul suo passato.
Estratto:
"Taci." le disse Éomer. "O i tuoi soldati non ti vedranno mai più."
"Spiacente, figlio di Éomund. Non mi impressioni. Non hai credibilità se lasci quel plebeo untuoso guidare il vostro reame. Ora sei tu il principe, non è cosí? Bene, guarda i tuoi sudditi." gli disse Goneril, indicando con un dito inanellato le abitazioni tutt'intorno. "È tua precisa responsabilità proteggerli. Per prima cosa, dovresti andare là dentro e mandare all'altro mondo quel Grima, o farlo imprigionare. Poi, dovresti galoppare con i tuoi Rohirrim verso Isengard, e spedire anche quel vecchio incartapecorito di Saruman dritto da Eru, e che se la veda lui. Allora tuo zio sarà libero, e anche tutti voi. Ma non farai né una, né l'altra cosa." Goneril fece una smorfia di disprezzo. "Invece, prendertela con una donna é più facile. Meno pericoloso."
⚜️⚜️⚜️
Capitolo conclusivo della saga Roswehn/Thranduil
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Eomer, Eowyn, Gandalf, Legolas
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Sta succedendo qualcosa a Legolas, padre." disse Haldir, avvicinandosi lentamente a Thranduil. Il Re stava osservando la foreste di sempreverdi dalla grande terrazza ad Est. Un forte vento scuoteva le cime di quegli alberi imponenti.

"Lo so. Me lo dice il vento." rispose sommessamente il Re Elfo. "La voce di sua madre risuona nell'aria e nella mia mente."

"É in pericolo?" chiese il giovane Principe.

"Temo di sì." disse Thranduil.

"Non andrai da lui?" chiese di nuovo Haldir. I suoi lunghi capelli biondi vennero scompigliati da un'improvvisa folata. Non erano lisci come quelli del Re e di Legolas. Erano ondulati, un'altra caratteristica ereditata da Roswehn.

"No. Legolas deve superare da solo tutte le prove che il destino gli riserva." ribatté freddamente Thranduil.

"Allora andró io." rispose Haldir.

Il Re si giró di scatto a guardarlo. "Cosa?!"'

"Andró io. Non lasceró mio fratello da solo." fu la risposta del principe.

"Non ci pensare neanche. Il tuo posto é qui, al sicuro. Lo sai." ribatté Thranduil. Poi tornò a guardare il panorama. "Ieri sono entrato nelle tue stanze. Ho visto che i volumi che dovresti leggere sono ancora chiusi. Stai trascurando i tuoi doveri. In quelle pagine c'é tutto quello che devi sapere per prepararti al tuo futuro."

Haldir incrociò le braccia sul petto. "No. Mi sto impegnando come mi hai chiesto. Ma la mia mente non é libera. Sono preoccupato per mio fratello." rispose Haldir. "Avresti dovuto lasciare andare me al concilio di Elrond. Perché non l'hai fatto?"

"Perché tu sei troppo importante. Non puoi lasciare questi confini protetti. É una cosa che ti ho ripetuto infinite volte." spiegò Thranduil, con tutta la pazienza di cui fu capace. Suo figlio aveva ereditato dalla madre umana anche l'insopportabile testardaggine, e la totale incuranza verso i suoi ordini.

Haldir somigliava cosí tanto a Roswehn. Tanto da fargli male, ogni volta che lo guardava. Il viso di Haldir era quello della donna: gli stessi occhi, le stesse labbra piene, la stessa deliziosa smorfia perennemente imbronciata. Era più bello di Legolas, e probabilmente anche di Thranduil stesso.

"Sei andato a Dale due notti fa." continuò Thranduil. "Non capisco perché insisti nel disobbedirmi."

Haldir guardò il padre. "Come lo sai?" 
Era sorpreso.

"Me l'ha detto Morath. Lei e sua figlia dicono che ogni mese vai dai mortali, e parecchie volte. Perché? Ti ho detto di non farlo." disse Thranduil.

"Perché lí vive mia madre. Non puoi chiedermi di dimenticarmi di lei..." il principe girò lo sguardo altrove. "...come hai fatto tu." aggiunse in un sussurro.

Thranduil gli lanciò una delle sue occhiate taglienti come lame. "Non dire mai più una cosa simile."

Haldir sostenne lo sguardo. Era arrabbiato. "Perché non vai mai a trovarla, padre? É anziana, é vero, ma é ancora viva. Non le restano molti anni. Io...non capisco perché non vai mai a sincerarti sulle sue condizioni."

"Perché abbiamo giurato entrambi che le cose sarebbero andate cosí. Ho promesso di non andare mai a cercarla, dopo la sua scelta di tornare fra la sua gente. Lo ha voluto lei, Haldir. E io, mi attengo a quel giuramento." spiegò Thranduil.

"Ma non ti manca? Vi siete amati tanto..." chiese il figlio.

"La Roswehn che ho amato non c'é più. Lo hai detto tu stesso, é cambiata." rispose Thranduil.

"Sí. É provata dalla vecchiaia, a volte non mi riconosce nemmeno. Ma é viva, il suo cuore batte ancora e tu sei qui. Lontano. Lo trovo...sbagliato." si girò a osservare la scultura in legno che troneggiava al centro della terrazza. "Vieni sempre qui a osservare questo pezzo di legno. L'ho notato. Ma perché non vai a Dale..."

"Ho detto no. Adesso basta." tagliò corto il Re. "Torna nei tuoi alloggi e riprendi i tuoi studi. Il nostro precettore verrà più tardi, a verificare la tua preparazione."

Haldir chinò il capo e fece per andarsene.

"Ti concedo di andare da lei una volta ogni mese. Non di più. Spero di essere stato chiaro, Haldir." gli disse il Re.

Senza girarsi, il figlio annuí di nuovo. "Agli ordini...padre." poi, si ritirò di nelle sue stanze.

Non era piaciuto a Thranduil quel tono. Un tono forzato, come a dirgli: col cavolo che mi impedirai di andare
Sí, suo figlio era davvero la copia di Roswehn, nell'aspetto, nei comportamenti, nel carattere. Perfino nelle espressioni che usava.

Aveva da poco compiuto cinquantasei anni, Roswehn, quando aveva deciso di dare il bacio d'addio al Re e a Boscoverde, per tornarsene a Esgaroth. Era ancora una bella donna, piena di vita. Ma non si sentiva più a suo agio fra gli Elfi. Quel mondo improvvisamente le era parso ostile. Stava invecchiando, e quelle creature immortali avevano iniziato a osservarla in un modo che la mortificava.

Dopo il loro addio, il Re aveva dato ordine ai suoi artigiani di fabbricare un'opera in legno che la raffigurasse, da collocare al centro di quel luogo che era stato il preferito dell'umana. La grande terrazza orientale. Aveva imposto che venisse rappresentata come l'aveva vista la prima volta, con indosso un semplice abito, i capelli raccolti dietro la nuca. Com'era quando timidamente aveva fatto il suo ingresso nella sua tenda da campo, a Dale, durante quell'inverno gelido.

La statua della Regina, di Calenduin, era stata posta all'ingresso di Bosco Atro, perché anche lei aveva regnato su tutto quello sterminato territorio, era giusto che la sua immagine accogliesse chi varcava la soglia. Ma quella della sua amante, doveva stare vicino al Re. Dove lui poteva osservarla ogni volta che ne aveva bisogno.

Riguardo a ció che stava capitando in quelle ore, anche Thranduil non poteva negare di essere preoccupato per Legolas. Non sapeva esattamente dove fosse, sentiva solo che era nel mezzo di un grande pericolo.

Speró che il figlio di Arathorn fosse con lui.

⚜️⚜️⚜️

"Ancora poche casse d'oro...e mi sarei ritirata...stavo per costruirmi il mio regno...solo poche casse...invece adesso creperó in questa gola..." ringhió Goneril fra sé, mentre si posizionava davanti alla schiera di arcieri e soldati di Théoden. Legolas e Gimli erano poco distanti.

Haldir osservava l'armata di Uruk-Hai, concentrato. Dietro di lui, gli Elfi di Elrond. Non si sentiva un rumore, a parte le imprecazioni sommesse di Goneril e la marcia degli Orchi in avvicinamento. Si udiva anche uno stridere metallico, il suono delle lance e degli scudi che si urtavano nell'avanzata.

Aragorn era dietro le prime linee. Goneril avrebbe preferito che il Re desse a lui il comando di tutto l'esercito, lei non ne aveva nessuna voglia. Si guardó attorno: la vista di alcuni anziani e di qualche ragazzo la gettó nello sconforto. Ma cosa credevano di fare con quella gente? Molti vecchi non riuscivano nemmeno a tenere un arco teso.

"Ascoltate." disse infine, rivolta ai soldati. "Non appena daró il segnale, scagliate le frecce verso l'alto. Non tiratele direttamente sul bersaglio. Voglio che quelle bestie vengano travolte da una pioggia di colpi. Dritta su di loro. Non devono neanche vederle arrivare."

"Si copriranno con gli scudi." obiettó uno degli uomini.

"Non sono agili a sufficienza. Con difficoltà sollevano quelle loro zampe. Una volta fatta partire la prima tornata di frecce, vi armerete di nuovo. E procederete in questo modo." ordinó lei. "Levate di mezzo quei ragazzini."

"E che ne facciamo di loro?" chiese un altro soldato.

"Mandateli sulla sommità della Torre di guardia. Possono sempre tirare pietre e massi sugli Orchi, se dovessero arrivare al ponte." spiegó lei. "C'é qualcuno qui che ha mai visto una battaglia? O siete tutti inesperti?"

Quella generale impreparazione la faceva innvervosire. I suoi cinquecento soldati avrebbero fatto vergognare quei dilettanti.

La sterminata legione di Uruk-Hai era quasi giunta al muro. Si fermarono all'improvviso. Goneril si giró a guardare Théoden, impassibile di fronte a un'armata spaventosa.

Inizió a piovere. Dapprima qualche timida goccia, presto seguita da uno scroscio più deciso. In breve tempo, vennero tutti sommersi da un vero acquazzone.

"Affogheremo stanotte. Se quei mostri non ci faranno a pezzi prima." mormoró Goneril.

All'improvviso, sentì un sussurro alla sua destra. Una frase in elfico.

"Ni meleth le."

Si giró. Haldir aveva appena detto qualcosa. Stava ancora osservando il grande esercito messo insieme da Saruman, ma evidentemente pensava ad altro.

Goneril conosceva il significato di quella frase.

Ti amo.

L'Elfo di Lórien aveva appena dichiarato il suo amore a qualcuno. Non ci volle un genio per capire chi fosse.

Goneril scosse la testa. Aveva progettato per anni di vivere la sua vita comodamente seduta su un trono, in qualche piccolo regno lontano, finalmente libera dagli incubi del suo passato, dall'ansia delle battaglie, dal freddo di quei posti dimenticati da Eru. E invece le sarebbe toccato morire vicino a una mammola di Elfo che dopo sessanta e rotti anni ancora si struggeva dietro al ricordo di un amore mai realizzato.

Ci sarebbe da ridere, se non fosse tutto così tremendamente patetico. Pensó con un sospiro.

Guardó Legolas, in piedi vicino a un impaziente Gimli. Era a distanza di sicurezza da lei.

Il silenzio prevalse ancora per dieci minuti e i soldati erano rimasti diligentemente in formazione. Un odore di umido salì dalle pozzanghere appena formatesi sul suolo.

Poi il bisbiglio di Goneril aveva attraversato di nuovo l'aria, sottile, quasi impercettibile, raggelante nella sua placida sicurezza.

"Hey Elfo..."

Haldir mosse appena il capo.

"Elfo di Lórien..."

Lui si giró a guardarla con la coda dell'occhio.

"Stiamo per morire." continuó Goneril. "Prima di raggiungere le aule di Mandos...la vuoi sentire una bella storia?"

   
 
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