Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: tatagma_    31/12/2018    2 recensioni
[MPREG] Dopo sei settimane dall’ultima folle festa tenutasi a casa di Namjoon, una serie di nausee mattutine e strani cambi d’umore prendono pieno possesso del corpo di Park Jimin. Non ci vorrà molto prima che, attraverso una pigra ricerca dei sintomi sul web ed il ricordo di quella notte trascorsa fra i sedili posteriori di un Pickup, il giovane studente scoprirà di aspettare un bambino. [Jikook]
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Park Jimin
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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6. Kick

Nonostante pochi giorni prima Jeon Jungkook avesse promesso, con le lacrime agli occhi, di rimanere accanto a Jimin nei suoi restanti mesi di gestazione, tra le mura spoglie del loro liceo invece, il giovane capitano degli Yellow Stripes aveva mantenuto impassibile, ma con un accenno di malincuore, la sua brillante reputazione e il suo temibile atteggiamento da falso duro. 

Taehyung lo aveva fulminato con lo sguardo non appena lo vide entrare in mensa con un vassoio stretto tra le mani, le portate del giorno poggiate su di esso ed un piccolo cartone del suo stupido latte alla banana poggiato sul lato. Pensava ingenuamente che Jungkook sarebbe andato a sedersi accanto a lui e Jimin ma, invece, il giovane, deludendo fortemente le loro aspettative, aveva fatto finta di nulla, inclinato la testa verso il basso non appena incrociato lo sguardo speranzoso del biondo e ignorandoli si era avviato verso il tavolo in fondo occupato dai membri della sua squadra. 

Jungkook non aveva di certo intenzione di rimangiare le sue promesse, soltanto non voleva ancora che tutta la scuola sapesse che la gravidanza di Jimin lo coinvolgeva in prima persona. L’avvicinarsi ai due, sedersi con loro durante l’ora di pranzo, sarebbe stato sospetto. A scuola tutti sapevano che lui e Jimin erano stati insieme, la coppia più bella di tutto dell’istituto si diceva una volta, e di certo un improvviso riavvicinamento da parte di Jungkook — nelle condizioni in cui era Jimin — dopo una rottura tanto drastica, avrebbe senz’alto catturato l’attenzione dei più pettegoli. 

Tutto sembrava in realtà soltanto un paravento dietro cui coprirsi. L’amara verità che tanto faticava ad accettare era che Jungkook fosse completamente terrorizzato da ciò che la gente e i suoi amici avrebbero pensato di lui una volta scoperto. Non voleva essere giudicato, non voleva essere soggetto di domande imbarazzanti ne tanto meno essere l’alunno di turno a cui veniva spiegato il perché si utilizzavano precauzioni durante i rapporti sessuali.

Lo sguardo deluso di Jimin, tuttavia, era ciò che faceva sentire Jungkook ogni volta sempre più male. Dalla loro ultima visita dal dottore, i due avevano ricominciato a frequentarsi anche al di fuori della scuola. Jungkook lo accompagnava a fare shopping, nella sua pasticceria preferita quando le voglie di torte al cioccolato diventavano insaziabili, al parco vicino casa quando invece Jimin era troppo stanco per camminare. Seduti sopra ad una panchina, a godersi nel silenzio la semplice aria mite della primavera quasi sbocciata. Jungkook aveva ritrovato in lui quell’allegria e goffaggine che durante la sua assenza tanto gli erano mancate, quella timidezza bambina che rosata si nascondeva incerta sulle sue guance paffute. 

I muscoli delle braccia bruciavano, le gambe supplicavano tregua ma con la pista di atletica completamente vuota e il cielo ormai plumbeo, Jungkook non poteva fermarsi. Aveva corso per un tempo incalcolabile, sfogando tutta la tensione e la frustrazione che in quei giorni avevano fatto carico sulle sue spalle come peso dell’intero mondo. I suoi vestiti erano disgustosamente attaccati alla sua pelle, goccioline di sudore cadevano come pioggia al suolo dalle punte dei suoi capelli umidi. Dopo aver esalato un grosso espiro, Jungkook riuscì a sentirsi finalmente rilassato, libero da ogni stralcio di preoccupazione. 

Tornato a casa, quella sera, sua madre era in cucina ad aspettarlo. L’odore delle verdure fritte che invase all’istante le sue narici facendo così risvegliare e gemere il suo stomaco profondo. Jungkook si fermò sotto l’arco della porta, sorpreso di trovare suo padre seduto con una postura rilassata su di una sedia a leggere il quotidiano del giorno. Strano che fosse a casa così presto, ma troppo stanco lui per porsi delle domande. 

“Hey” disse come per un saluto. 

Sua madre, vestita con un paio di vecchi pantaloni ed una maglietta non troppo usata, voltò la testa dietro la sua spalle. “Sei tornato tardi” replicò afferrando uno straccio per pulirsi le mani e girandosi completamente per affrontare suo figlio. 

“Sono rimasto sul campo ad allenarmi con Namjoon e gli altri”, rispose con una mezza bugia. “Vado a fare una doccia”. 

“Okay” acconsentì lei, “Ma una volta che hai finito scendi subito, dobbiamo parlare

Jungkook salì al piano di sopra, le sopracciglia aggrottate in viso per la confusione dello scambio di parole appena avuto con sua madre. Il quarterback decise di non pensarci ma piuttosto di denudarsi strada facendo, lungo il corridoio, prima di gettarsi in bagno sotto il getto dell’acqua fumante. Proprio come pensava, la doccia rilassò a poco a poco i suoi muscoli doloranti, Jungkook canticchiò appena una canzone sentita di stento alla radio, risciacquando l’intero corpo e i capelli colmi di schiuma data dallo shampoo al profumo di orchidee. 

Quando scese al piano di sotto la cena era pronta, splendidamente servita sul grande tavolo appena allestito. Suo padre aveva sempre avuto uno squisito gusto per le forniture e le decorazioni della casa, curando ogni singolo dettaglio per rendere tutto in maniera impeccabile. Jungkook sedette di fronte ai suoi genitori e senza alcun accenno di consenso da parte loro, cominciò ad infilzare cibo con la forchetta e placare finalmente l’acquolina dettata dalla sua pancia. 

“Come va a scuola ?” chiese sua madre con tono gentile. 

“Bene” canticchiò portandosi altro cibo alla bocca “Sono molto indaffarato con lo studio e i ragazzi della squadra. La fine del semestre sarà molto impegnativa e voglio avere tutto il tempo necessario per prepararmi ai test di ammissione al college”. 

“Non ti stai preparando per il ballo ?” domandò suo padre “Non è questo il periodo dell’anno in cui tutti escono fuori di testa con i preparativi e i vestiti … ?” 

“Non so se ci vado” rispose il ragazzo con onestà nella sua voce.

Nessuno speciale da invitare ?”

Jungkook alzò la testa dal piatto, fissando sua madre sbattergli gli occhi in maniera curiosa mentre suo padre di fianco sbuffava e scuoteva la testa, divertito forse da come la conversazione stava avendo piega.  “Uhm, no…” rispose incerto, sentendosi improvvisamente scomodo per il modo in cui lei lo stava esaminando.

Le sopracciglia della donna si sollevarono per un secondo e Jungkook lasciò cadere la forchetta sul piatto. Quello era il gesto che Soomin Jeon era solita fare quando le cose non andavano come da lei programmate o, nel peggiore dei casi, quando sapeva che Jungkook stava mentendo. Quel semplice sollievo del suo sopracciglio, da anni, faceva sì che Jungkook restasse con le spalle contro il muro e confessasse i suoi più oscuri segreti.

“No ?" Chiese di nuovo la donna, tentennando, probabilmente per dare a suo figlio una seconda possibilità di rispondere di tutta sincerità con quello che lei si aspettava lui dicesse.

Jungkook deglutì nervosamente, offrendo un’alzata di spalle ed un sorriso carino nella speranza che sua madre interrompesse una volta per tutte quell’imbarazzante interrogatorio. Ma la signora Jeon si rifiutò di mollare la presa, sorridendo irritata, e recuperando una familiare busta bianca da lettere da sotto la tovaglia. “Stamattina tuo padre è entrato nella tua stanza per cercare il caricabatterie del cellulare e ha trovato questa sbirciando sotto il tuo materasso …” disse, lanciando un’occhiata a suo marito accanto a lei. 

“Pensavo fosse qualcosa che sai … ogni adolescente della tua età possiede … e nasconde sotto il letto” continuò suo padre con tono serio, ma allo stesso tempo divertito. “Ed ero pronto a prenderti in giro, probabilmente l’avrei usato come espediente per costringerti a fare le faccende domestiche per un mese, ma quando l’ho aperta … dio ho quasi avuto un infarto Jungkook”

“Per cui te lo chiederemo di nuovo”, disse Soomin in maniera definitiva, quasi dandogli un ultimatum, sollevando la busta bianca e tenendola tra le sue dita delicate. “C’è qualcuno di speciale di cui vuoi parlarci ?"

Jungkook sapeva perfettamente cosa contenesse la busta da lettere che sua madre stringeva tra le mani, certo che lo sapeva: l’aveva nascosta lui lì. Il ragazzo aprì la bocca come per dire qualcosa ma si rivelò essere così nervoso e così in un vicolo cieco che dalle sue labbra uscirono pronunciate soltanto parole balbettate. “Io e Jimin … è successo dopo che … dopo che sono tornato da Boston … è stato un incidente ma …” i suoi genitori non dissero nulla, entrambi erano silenziosi e completamente disposti ad ascoltare qualunque cosa Jungkook avesse da dire. "È ... è una bambina ... voglio dire, la piccola ... è una bambina”.

I lineamenti della signora Jeon cambiarono drasticamente, passando da una fronte corrugata colma di preoccupazione ad una rilassata piena di gioia, sorridendo a suo figlio con occhi scintillanti. “Avrò una nipotina ?” sussurrò.

Jungkook annuì timido, sudando copiosamente, con il cuore che gli batteva come un martello su di un incudine contro la cassa toracica. 

“Una bellissima principessa …” continuò sua madre, prendendo l'immagine ad ultrasuoni dalla busta per esaminare la forma perfetta della bimba ormai formata. 

Al suo fianco suo marito, Junseo Jeon, si chinò verso di lei per osservare la fotografia al meglio con un piccolo sorriso stampato sulle labbra sottili. “Questo renderà le cose un po’ difficili da ora in poi, figliolo”. 

Jungkook assentì nuovamente, il cervello completamente confuso ed incapace di formulare pensieri e parole coerenti. Il cuore ancora battente all’interno del suo petto. 

“Voglio conoscerlo” dichiarò Soomin, “Jimin, il tuo ragazzo” 

Il quarterback la fissò senza espressione, “Jimin … Jimin non è il mio ragazzo” borbottò velocemente, parole a malapena comprensibili ma che sua madre comprese perfettamente.

“Come ?!” disse, corrugando ancora una volta le sopracciglia. Jungkook scivolò un po’ dalla sedia, cercando di rendersi il più piccolo possibile così da evitare l'ira incalzante di sua madre. “E’ una sorta di ragazzo conosciuto per caso durante una delle tue tante feste, non è così ? Sono molto delusa da te Jungkook!” la sua voce aumentò, acuta e minacciosa a tal punto da far sussultare Jungkook e renderlo sempre più desideroso di nascondersi sotto il tavolo e piangere fino a che le grida non sarebbero finite.

“Jimin non è uno qualunque!” invece ebbe il coraggio di replicare, gettando un'occhiata a suo padre, che nel frattempo lo stava guardando accigliato per il tono appena utilizzato. “Ci conosciamo da … molto tempo, andiamo a scuola insieme e … quando sono tornato dallo stage ci siamo rincontrati da Namjoon hyung e ... beh, non lo so, è successo, okay?”

“Non ci posso credere” dichiarò la donna incredula, “Ti abbiamo insegnato ad essere più responsabile di così, Jungkook, ad avere sempre dei rapporti protetti” lo rimproverò con voce aspra ma allo stesso tempo con una dolcezza che limpida accarezzava il tono. Sua madre lo sgridava sempre con toni neutri, assicurandosi che Jungkook capisse cosa lei stesse cercando di insegnargli, piuttosto che dare di matto e sfogare la rabbia contro un ragazzino che avrebbe finito sicuramente per odiarla per le troppe urla e rimproveri. 

“Lo so … mi dispiace” sussurrò Jungkook con il labbro inferiore che trepidante cominciò a tremare. Sua madre si sporse in avanti e allungò una mano sul tavolo per afferrare la sua in un gesto rassicurante. Jungkook permise così che un paio di lacrime cadessero libere sulle sue guance, sentendosi improvvisamente sopraffatto da tutte le emozioni che per tutto quel tempo aveva imbottigliato dentro di sé.

“Ehi, figliolo non piangere. Non è di certo la fine del mondo” disse suo padre. Jungkook tirò su con il naso, asciugandosi gli occhi e stringendo forte la mano di sua madre. “Hai soltanto bisogno di cominciare a pensare come un adulto adesso, prenderti le tue responsabilità”.

“Vogliamo conoscere Jimin … okay ? Niente pressioni, soltanto un incontro amichevole” rassicurò Soomin, con gli occhi rossi ed altrettanto lucidi. 

Jungkook annuì in silenzio, versando ancora qualche lacrima nascosta. Era stato così stressato in quelle ultime settimane, così in costante tensione, che spiegare ai suoi genitori cosa stesse succedendo nella sua vita fu come sollevare un macigno di dieci tonnellate dalle sue spalle. 

Ora aveva solo bisogno di un pizzico di coraggio e di lanciare la medesima bomba su Jimin.

Jimin — di fatto — reagì proprio come Jungkook aveva immaginato: infastidito, impaurito, con le delicate mani che tremanti pettinarono i capelli disfatti e la rabbia scaraventata contro Jungkook per il suo non essere stato abbastanza attento nel cercare un posto originale, fuori dalla portata dei suoi genitori, dove avrebbe potuto tenere in salvo la prima fotografia della piccola Jiwoo.

“Attento ? Per quanto ancora credevi potessi nascondere loro il fatto di avere una figlia ?” aveva risposto indignato e Jimin in quell’istante tacque poiché sapeva che Jungkook aveva ragione.

Fu così che all’inizio Jimin rifiutò categoricamente il suo invito a cena, totalmente terrorizzato dall’idea di incontrare i signori Jeon, esser messo d’esame e giudicato per la sua pancia troppo gonfia, ma dopo alcune parole persuasive da parte di Jungkook e la promessa di saziarlo con dolci per un’intera settimana, il biondo acconsentì. 

Quando il sabato successivo Jungkook passò a prenderlo, palesandosi con un semplice mazzo di fiori alla porta di casa sua, Taehyung gli aveva lanciato un’occhiata tutt’altro che cordiale. Come un papà protettivo, dalle braccia incrociate al petto gonfio ed il mento inclinato per cercar di apparire di fronte a lui più intimidatorio possibile. I due avrebbero cominciato uno dei loro classici battibecchi se Jimin non fosse apparso sull’arco della porta, in tutto il suo splendore, facendo tacere Jungkook prima che potesse anche solo proferire mezza parola.

Il breve viaggio in macchina verso la tenuta dei Jeon fu quieto e silenzioso, il solo mormorio della radio in sottofondo a fargli da compagnia. Il quarterback accennò un sorriso divertito quando percepì al suo fianco il frastornante nervosismo di Jimin, le dita tremanti che giocavano con l'orlo della sua camicia e che impazienti sistemavano la sua frangia dorata già perfetta. “Sei … davvero carino, oggi” borbottò dopo un po’, spezzando il silenzio. Jimin tossì un grazie con gran timidezza e Jungkook poté giurare di vedere un accenno di porpora sulle sue guance. “Non essere nervoso, okay ? I miei genitori sono persone alla mano” cercò di apparire sicuro, nonostante in fondo fosse nervoso quanto lui.

Jimin si limitò ad annuire stringendo tra i denti il labbro inferiore ormai rosso e gonfio. La signora Jeon amava fare le cose con una certa cordialità ed aveva insistito per invitare Jimin a cena nonostante le numerose proteste portate avanti nei giorni successivi da parte Jungkook. Il quarterback era certo che quella sarebbe stata una serata inusuale, elaborata che era certo avrebbe messo tutti in una situazione imbarazzante. Ma a Jimin questo non lo disse. 

Giunti dinanzi alla modesta abitazione, Jungkook infilò le chiavi nella serratura della porta d’ingresso ritrovandosi dinanzi ad una casa che non sembrava nemmeno come propria. Il pavimento in legno d’acero era lucido e pulito, le candele del salone accese esalavano nell’aria uno squisito profumo di agrumi. Jungkook guidò Jimin nel soggiorno e uno sbuffo quasi lasciò la sua bocca quando vide i suoi genitori seduti casualmente sul divano fingendo di non averlo sentito arrivare. 

“Jungkook, tesoro, finalmente sei qui!” disse sua madre emozionata, alzandosi e stirando con le mani la gonna azzurro pastello. Al suo fianco anche suo marito si alzò, sfoggiando un sorriso ed andando a posare delicatamente la mano sulla curva della sua vita.

“Dai, che sorpresa” sdrammatizzò lui.

Il silenzio che calò fra loro si fece subito gelido ed imbarazzante. Junseo Jeon si sporse a lato di sua moglie per sbirciare la piccola figura dalla testa bionda che timida si nascondeva dietro la presenza invece piazzata del loro stesso figlio. “Non ci presenti il tuo … amico ?” chiese suo padre ammiccando.

“Mh… già”, rispose Jungkook grattandosi la nuca con disagio, “Mamma, papà, lui è Jimin” disse, poggiando la mano sulla schiena di Jimin per spingerlo un po’ più in avanti.

Jimin si strinse la pancia di conseguenza, un gesto che ormai diveniva istintivo fare in presenza di altre persone. Protezione. Gli occhi dei signori Jeon, dinanzi a lui, erano grandi ed osservanti. Scrutavano il suo viso, le sue mani ed il suo enorme ed ingombrante grembo che di certo rubava la scena più di tutto. Jimin si sentì pervadere così dall’imbarazzo, come un cervo catturato e alla disperata ricerca di un modo per fuggire via di lì. 

“Buonasera signori Jeon, piacere di conoscervi, sono Park Jimin” disse inchinando leggermente il capo. Era divertente per Jungkook vedere quanto fosse nervoso, così rigido e formale. Lo avrebbe preso senz’altro in giro non appena sarebbero stati soli. 

“Oh mio caro, ti prego, metti via gli onorifici” disse la madre di Jungkook con un sorriso smagliante, “Rilassati, d’accordo ? Io sono Soomin e lui è mio marito Junseo”

Jimin annuì mimando un secondo inchino e incurvando dolcemente le labbra verso l’alto, “Grazie per l’invito, casa vostra è splendida” .

“Accidenti, Jungkook non mi aveva detto fossi così carino!” ridacchiò Soomin.

Mamma, per favore” la rimproverò Jungkook. 

“Va bene, scusa!” ridacchiò di nuovo. 

“Tesoro che ne dici se ci accomodiamo in sala da pranzo ? Scommetto che Jimin ha fame … e un po’ anch’io” disse Junseo, facendo strada lì dove una lussuosa e splendida tavola era già apparecchiata di mille portate. 

Per il resto della serata la piccola famiglia si dilettò in conversazioni casuali; Soomin chiese a Jimin della gravidanza, dei suoi interessi e progetti futuri e Jimin fu lieto di rispondere che avrebbe voluto intraprendere un lavoro che fosse a stretto contatto con gli animali poiché per lui, quelle bestioline, erano fonte di gioia pura.

“Come hanno preso i tuoi genitori la notizia della gravidanza ?” Chiese Junseo prima di prendere un sorso del suo bicchiere di vino. Jimin si intenerì nel ricordare la conversazione avuta con sua madre nel bagno di casa loro e lo scetticismo di suo padre prima di scoppiare in grosse lacrime di commozione.

“Bene” rispose semplicemente, poggiando la testa sul palmo della mano. “Mia madre … mi ha dato un grande appoggio, avevo molta paura di dirle la verità ma non appena mi ha visto dare di stomaco più volte, ha capito subito. Lei è rimasta incinta alla mia stessa età … quindi, più di tutti, credo sapeva cosa stavo affrontando. I dubbi … la paura di crescere un bambino … da solo

A quelle parole Jungkook abbassò lo sguardo sul suo piatto mortificato ed affranto. Sapeva di aver fatto un grande errore, di aver messo Jimin nella condizione di pensare di dare via, eliminare dalla faccia della terra, quella piccola creatura prima ancora che il suo cuore potesse cominciare battere. 

“E’ meraviglioso Jimin” disse Soomin con gli occhi lucidi, “Sono contenta di sapere che i tuoi genitori sostengono in pieno le tue scelte e … che tu sia qui questa sera”.

“Hai una casa qui, se vuoi. Sarai sempre il benvenuto qui” dichiarò invece Junseo, sorridendo rassicurante alla sua signora, la quale annuì per essere in totale accordo con lui.   

“Grazie …” mormorò incerto. Jimin avrebbe voluto mostrare ai Jeon quanto fosse grato per l’affetto appena dimostratogli ma sapeva che se avesse aperto bocca per dire altro, sarebbe finito di certo per scoppiare a piangere e dare la colpa ai suoi scompensi ormonali. In suo soccorso arrivò così Jungkook, il quale cambiando di repentino l’argomento, permise così al biondo di mettere a posto le sue emozioni e riprendere in seguito la piacevole conversazione.   

Un’ora dopo Soomin, con un sorriso compiaciuto ed occhiolino ammiccante rivolto verso suo figlio, decise di dare ai due ragazzi dei momenti di privacy intimando Jungkook a mostrare a Jimin il resto della casa. Il ragazzo condusse così il biondo nella sua stanza; Jimin venne accolto da uno splendido odore di lavanda, gli occhi chiusi e il respiro pieno di quella calmante ma dolce essenza. Le pareti della stanza di Jungkook erano dipinte di grigio perla, con poster di giocatori di football e gruppi musicale appesi qua e là. Una modesta scrivania con i tanto temuti libri di matematica poggiati su di essa, era posta vicino ad un lucernario che per i suoi gusti Jimin trovò incantevole. Il biondo curiosò per un po’ in quella stanza, semplice ma elegante, che tanto rispecchiava i gusti di Jungkook. 

Jimin andò poi a sedersi sul suo letto, stanco ed affaticato, sentendo le gambe trovare a poco a poco sollievo. “E’ enorme” disse, accarezzando la morbida stoffa del piumone.

“Mia madre l’ha cambiato quando ha visto che i miei piedi cominciavano ad uscire fuori dal bordo” rispose lui con una risata. Jimin sorrise di conseguenza, sentendosi a suo agio e in maniera del tutto naturale accanto a lui. 

“Se fosse stato un maschio” ipotizzò accarezzandosi la pancia, “Avrei voluto prendesse la tua altezza”. Jungkook si avvicinò lentamente al suo letto, sedendogli vicino, forse un po’ troppo vicino ma a Jimin sembrò non importare. “E i tuoi occhi” continuò “Hai dei begli occhi”. 

Jungkook abbozzò una curvatura di labbra, arrossendo un po’ per il complimento appena ricevuto. “Spero solo che non prenda questo naso —“ si indicò la punta, “ — troppo grande”.

Jimin rise forte, così forte che i suoi occhi si chiusero completamente, facendo sorridere Jungkook per la reazione appena ottenuta. I due rimasero in silenzio quando le loro risate morirono, goffamente seduti l'uno accanto all'altro per un paio di minuti fino a quando,  improvvisamente, Jimin sobbalzò piantando la mano sulla pancia. “O cielo” esclamò divertito, “Qualcuno qui sta facendo le capriole”

“Posso ?” chiese Jungkook eccitato, nella speranza di non risultare troppo invadente. Jimin annuì, afferrando la grossa mano del moro con la sua più piccola e sistemandola sulla sua rotondità laddove la bambina stava calciando.

Jungkook rilasciò una risata senza fiato, sbalordito mentre percepiva sotto il suo stesso palmo sua figlia muoversi delicatamente dentro Jimin. "Wow ..." sospirò interdetto, con il cuore che prese a battergli all’impazzata.

“Credo che riesca a sentirti” disse Jimin con tono sommesso. 

"O-oh ... okay” Jungkook balbettò goffamente, non sapendo esattamente cosa dire. “C-ciao piccolina” Jimin rise utilizzando la sua stessa mano per guidare Jungkook così da poter continuare a sentire i suoi movimenti. “Sono … sono il tuo papà …”, il moro guardò in alto verso Jimin per un secondo prima di chinarsi in modo che la sua bocca fosse più vicina al suo ventre. “Ti chiedo scusa … semmai dovessi avere un naso grosso come il mio, a volte la genetica fa davvero schifo"

Jimin sorrise, e Jungkook sentì altre vibrazioni sulla sua mano. "Non vedo l'ora di conoscerti sai ? Guardare il tuo viso, stringere le tue mani. Sarai una bambina bellissima Jiwoo … proprio come il tuo appa” continuò, muovendo il pollice in cerchio per accarezzare il tessuto della camicia di Jimin. "Spero che tu ci perdonerai … se non riusciremo ad essere una vera famiglia in futuro, che tu possa capire che ci saranno degli ostacoli, che la vita non è sempre facile”

Jimin si strinse nelle spalle, restando seduto ad ascoltare la calma voce di Jungkook borbottare parole che gli scorrevano ormai in testa da quando aveva scoperto di avere quella bambina dentro di sé. Lui e Jungkook non avevano ancora parlato di cosa avrebbero fatto una volta nata, e di certo quelle affermazioni appena pronunciate non fecero che alimentare in lui le paure e rendere la situazione ancora più reale, terrificante e tesa di quello che già si presentava. Jimin spinse via così la mano del quarterback, alzandosi dal letto e raggiungendo la finestra in modo da interporre fra loro una netta distanza. 

“Jimin …” mormorò Jungkook scettico, non capendo esattamente la sua reazione e cosa stesse appena succedendo “C-c’è qualcosa che non va? Ho detto qualcosa di sb —”

“Dici che vuoi provarci ma a scuola neanche mi guardi in faccia” rispose lui accigliato. Jimin era stanco, emotivo e con la sua buona dose di ormoni impazziti circolanti nel sangue, ma aveva bisogno di parlare con Jungkook, stavolta per davvero. “Sarebbe così anche nel caso in cui decidessimo di tenere Jiwoo con noi ?”

Jungkook aggrottò le sopracciglia, non aspettando affatto quell’improvviso cambio di atmosfera. “No, io … se dovessimo prenderci cura di lei, vorrei essere presente nella sua vita” spiegò. Sapeva che una volta entrato al college, i suoi ritmi sarebbero stati frenetici, nonostante tutto però Jungkook era deciso a voler essere un bravo papà per Jiwoo, amorevole, se solo Jimin gliel’avesse permesso. 

“Quindi saremo come due genitori divorziati ? Jiwoo resterà una settimana con me ed una con te ?”. Era strano immaginare il futuro in quel modo: litigare al telefono su chi dei due sarebbe rimasto con la piccola quei giorni, goffamente in piedi l’uno accanto all’altro durante le sue feste di compleanno o le recite scolastiche. Non era così che Jimin immaginava la sua famiglia. Lui voleva l’esatto contrario: essere dalla parte di sua figlia in ogni fase della sua vita e avere qualcuno al suoi fianco che rendesse le sofferenze più sopportabili, qualcuno su cui contare e che amasse con tutto il suo cuore, creando ricordi felici a cui aggrapparsi quando invece sarebbe stato più vecchio. 

“Immagino …” mormorò Jungkook, guardandosi le mani con un accenno di tristezza “Che potremmo provare ad avere un buon rapporto … per lei” 

"Già ..." annuì Jimin, la voce a malapena un sussurro.

"Non vuoi ?" chiese Jungkook notando l'espressione sconcertata del biondo.

“Ho solo … ho sempre desiderato una famiglia unita” rispose scrollando le spalle, lanciando un'occhiata a Jungkook e perdendosi in quegli occhi castani in quel momento concentrati su di lui. Jimin si sentiva sempre apprezzato e desiderato quando Jungkook lo guardava in quel modo, come se fosse la cosa più importante e preziosa del pianeta. “Voglio esserci per i miei figli e voglio una persona al mio fianco che faccia lo stesso. Non so se questo abbia il minimo senso ma …”

“No hai ragione, lo capisco” disse Jungkook a sua volta. “Puoi ancora formare una famiglia Jimin, trovare qualcuno di speciale con cui avere una casa da decorare per natale, un cane da portare a spasso la domenica, qualcuno che … potrai amare davvero per il resto della tua vita. E’ solo che in mezzo a tutti questi bei desideri… Jiwoo dovresti condividerla con me. Tutto qui” 

“Forse potremmo riprovare…” borbottò Jimin dopo una breve pausa, leccandosi nervosamente le labbra quando Jungkook lo guardò confuso, pronto a elaborare la sua argomentazione. "Voglio dire, a stare insieme … per lei.”

“Vuoi dire di essere una coppia nel caso in cui decidessimo di tenerla ?” chiarì. 

Il biondo annuì, guardando il quarterback seduto in attesa di una sua risposta. Jungkook sbatté le palpebre, con il cuore nel petto che accelerò di un battito. La proposta di Jimin era così improvvisa e casuale che lo colse di sorpresa, come un fulmine a ciel sereno. Cosa avrebbero fatto insieme ? In che modo ci avrebbero riprovato ? Jungkook era così confuso, troppo per la sua emotività provare a ripensare ed immaginare nuovamente una vita accanto a Jimin. Il moro reagì così di istinto, sbottando le prime cose che gli passarono per la testa "Non credo che funzionerà, Jimin. Ci abbiamo già provato e … non è andata per il meglio”

"Già, immagino che tu abbia ragione …” 

Dietro quell’apparente e accomodante frase, un rifiuto mascherato per qualcosa di giusto, il cuore di Jimin si spezzò in milioni di pezzi. Quelle parole dettate dalle labbra di Jungkook furono la conferma definitiva che niente più ci sarebbe stato tra loro, che gli sbagli non sarebbero stati coperti, le ferite non cucite, ma soprattutto che la porta del cuore di Jungkook lasciata semi aperta, adesso per lui era completamente chiusa. Prendendone così atto e sentendolo con le proprie orecchie, Jimin era certo sarebbe stato in grado di proibire ai propri pensieri di rivolgersi nella sua direzione e smettere di sperare in una possibilità utopica che adesso vacillava ad esistere. D’ora in poi non ci sarebbe più niente fra loro, se non il piccolo filo sottile che debole ed indissolubile legava le loro vite a quelle della piccola Jiwoo. 

 

 

 

Quella conversazione lasciò Jungkook confuso per settimane. Le idee di Jimin, la sua visione di famiglia perfetta ed il suo sguardo affranto, deluso per un qualcosa che lui stesso non era in grado di darsi, erano ormai fisse nella sua testa e Jungkook non riuscì ad impedire alla sua mente di vagare e cominciare così ad immaginare un ipotetico futuro felice insieme a lui e Jiwoo. Rimuginando più e più volte, scenario dopo scenario, i pensieri non facevano che rendere tutto molto più dolce ed attraente, facendo sì che Jungkook si ritrovasse a sognare ad occhi aperti in classe e provare a fantasticare come sarebbe stato svegliarsi accanto a Jimin ogni mattina: la guance morbide gonfie dal sonno e i suoi piccoli occhi sorridenti chiudersi in due mezzelune, un buongiorno borbottato sulle sue labbra con voce aspra ma gentile; o Jimin impegnato a preparare la colazione nella loro grande cucina e Jungkook che correva nella stanza di Jiwoo a svegliarla con baci sul naso, solleticandole i fianchi, facendogli sentire quella risata gioiosa che tanto suonava come quella di Jimin. 

Jungkook era confuso. Stava per andare all’università, in una confraternita, aveva l’età giusta per andare alle feste, ubriacarsi e godersi degli anni migliori della sua adolescenza, ma invece era lì con la testa poggiata sulla scrivania che pensava di condividere un appartamento con Jimin e di riempire le loro stanze di risate e giocattoli per bambini. 

"Voglio portare Jimin a fare shopping” disse sua madre allegramente, lasciando una tazza di caffè dinanzi ai suoi occhi. I

l quarterback sollevò la testa e guardò sua madre con le sopracciglia irritate dalla confusione. “Perché ?” chiese, le mani arricciate attorno alla tazza ancora calda.

"Voglio comprargli dei vestiti e dei giocattoli per la mia piccola principessa ... “

Jungkook corrugò le sopracciglia, ascoltando sua madre blaterare sulle innumerevoli cose che avrebbe voluto comprare, mentre beveva un lungo sorso del suo caffè. Era nero, ma estremamente dolce, proprio come piaceva a lui. "Non sappiamo ancora se la terremo" disse improvvisamente interrompendo il discorso di sua madre.

La donna smise di parlare, con grandi occhi da cerbiatta che guardavano suo figlio come se non credesse affatto alle sue parole. "Cosa intendi dire ?" 

Jungkook roteò gli occhi e lasciò cadere la tazza con un leggero tonfo sul tavolo. “Dico che abbiamo preso in considerazione l'idea di darla in adozione. In questo modo Ji… la bambina avrà una vera famiglia che possa prendersi cura di lei”

"Una vera famiglia ? Tu e Jimin potreste esserlo” ribatté lei dolcemente. 

E Jungkook sospirò, perché ecco che le immagini balzarono di nuovo nella sua mente. "Non possiamo" rispose semplicemente con un'alzata di spalle. “Non funzionerebbe, forse finiremmo per divorziare dopo neanche un anno”

Soomin guardò suo figlio senza espressione per più di un minuto. Ad altri sembrerebbe di certo che la donna fosse sconvolta, ma Jungkook la conosceva abbastanza da sapere che in realtà stava analizzando la situazione e pensando a un modo per non rendere le sue parole troppo dure. “E’ difficile crederlo dal modo in cui lo guardi. Credi che non l’abbia visto ? È un legame sottile, ma è lì, ed io ti conosco abbastanza da capire che Jimin ti piace… e molto”

Jungkook scivolò giù per la sedia, le guance ardenti dall'imbarazzo.

"E anche a tu piaci a lui" continuò lei, come se sapesse leggere in pieno i pensieri di suo figlio. Il cuore di Jungkook saltò fuori dal suo petto per le parole dettate da sua madre. Soomin era acuta, intelligente e Jungkook sapeva che ai suoi occhi non sfuggiva nemmeno il più piccolo dei dettagli. "Jungkook non sto dicendo che devi sposarti la prossima settimana, ma sii cosciente del fatto che insieme avete una bambina in arrivo e penso che darvi una possibilità sia una buona idea. Consideralo, almeno … pensaci, altrimenti te ne pentirai”

Jungkook non aveva mai desiderato come in quell’istante di correre indietro nel tempo, fino alla sera in cui aveva parlato con Jimin, e dirgli che nel suo piccolo lui desiderava avere lo stesso, che avrebbe voluto ricominciare tutto da capo insieme a lui e Jiwoo. Il dubbio che ronzava adesso nella sua testa era: come avvicinarsi a qualcuno e chiedergli un appuntamento dopo averlo spudoratamente rifiutato senza sembrare uno scemo ?

Il quarterback aveva pensato più volte ad un modo per convincere Jimin ad uscire con lui; Taehyung aveva ufficialmente iniziato ad uscire con un altro ragazzo, quindi Jimin non aveva altra scelta che permettere a Jungkook di accompagnarlo a casa dopo la scuola o dal dottore per le sue visite di routine. Ma tutti quegli incontri non erano appuntamenti; Jungkook voleva portare Jimin in una caffetteria e bere frullati, o andare al cinema a guardare un film, comprare dei dolci, fare qualsiasi cosa potesse far sorridere Jimin come prima.

Jungkook sospirò fissando, adesso, da lontano, Jimin seduto sul muretto del giardino della scuola, ridere a una battuta di Taehyung, desiderando di non essere un tale codardo ed avere coraggio abbastanza per andare lì a sedersi con loro e far ridere anche lui Jimin di proprio gusto. 

“Yo Jeon!” urlò Namjoon al suo fianco per attirare la sua attenzione. “Sto parlando con te!”

“Scusa hyung ero distratto …” rispose a tratti irritato “Dicevi ?”

“Ti hanno invitato al ballo ?” domandò il suo migliore amico, aspettando con ansia una risposta “Sai chi portare con te ?”

“Ah no …” disse Jungkook con un velo di malinconia “Non credo di andarci comunque”

“Amico ti diplomerai quest’anno! Ci devi andare” lo intimò Namjoon, “Io non vedo l’ora di andarci con Dahyun” sognò ad occhi aperti, con un sorriso idiota stampato sul viso. 

Jungkook lasciò Namjoon parlare a raffica della ragazza dei suoi sogni, fingendo di ascoltare con un assenso del capo ogni tanto, girando la testa alla sua destra e tornare nuovamente a fissare la piccola figura di Jimin: se avesse trovato finalmente il coraggio per chiedergli di uscire, il biondo avrebbe accettato il suo invito ?

   
 
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