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Autore: crissi    31/12/2018    9 recensioni
Il mio lavoro mi costringe a volte a diventare invisibile nelle famiglie; obbligato a rimanere, indesiderato testimone, anche in momenti che intimi e segreti dovrebbero restare. E a restare imperturbabile, saldo, professionale, anche quando il loro dolore diventa mio.
Missing moments molto liberi visti da una personaggio marginale, una figura professionale ricorrente nell’anime, che ho voluto immaginare sempre come lo stesso individuo.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Rosalie Lamorlière, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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10 inevitabile follia


Palazzo Jarjayes, Primavera 1774

Alla luce delle tante candele accese, scrivo velocemente i medicamenti occorrenti sulla mia fine carta intestata, firmo il tutto,  tampono accuratamente  l'inchiostro quindi porgo la prescrizione al generale.  
- Alcuni rimedi per i nervi della vostra governante,  signor generale.
Prende il foglio dalla mia mano e distrattamente lo scorre.
- Manderò subito qualcuno dallo speziale...  Grazie,  dottore.  La mia governante ha un gran temperamento, ma a volte si lascia troppo trasportare dalle emozioni.  - si giustifica.
- Generale, - esordisco vedendolo estraniarsi dal problema principale, ben più grave di una crisi emotiva non controllata - vostra figlia non é fuori pericolo: tutt'altro.
- Dottore, non serve che me lo ricordiate. Oscar é sempre stato molto irruento,  impulsivo e negli anni è incorso in diversi piccoli incidenti.  ... Ma non l'avevo mai visto in questo stato di debolezza. - Passa la mano sulla fronte come a voler scacciare qualcosa di fastidioso che comprendo essere un pensiero. - É stato un atto molto coraggioso, sono fiero di Oscar, ma … improvvisamente, temo che l'incarico  di proteggere sua altezza, la principessa Maria Antonietta,  possa essere troppo pericoloso per ... lei.
Non posso evitarmi di spalancare gli occhi stupito.  Davanti a me, per la prima volta, il generale si è rivolto ad Oscar parlandone al femminile e lo ha fatto per...  sottolinearne la presunta inadeguatezza.  
Prendo disgustato il mio ricettario per rimetterlo nella borsa deposta sulla sedia, ma è solo un modo per distrarre lo sguardo da quest’uomo ipocrita,  che dietro la preoccupazione per la salute della figlia nasconde un'ansia tutta personale.  Sì,  mentre riordino i miei ferri che alcun bisogno hanno di essere riordinati,  non posso evitare di notare l'egoismo del generale che, non so quanto consciamente, mette le mani in avanti: se Oscar fosse morta salvando la principessa da uno stupido incidente a cavallo, sarebbe stato solo perché  inadatta al ruolo assegnatole, solo perchè donna; questo è ciò che estraggo dal pensiero che ha appena espresso.
L'idea di lui che già immagina come alleggerirsi la coscienza in società mi fa ribollire il sangue.  In tutti questi anni durante i quali ho visto Oscar crescere, cambiare, evolvere, ho imparato ad apprezzarla per la persona che è,  non per l'uomo che il generale voleva fosse e che, dal mio punto di vista,  per fortuna non è riuscito ad ottenere.
- Col vostro permesso,  torno ad occuparmi della mia assistita - mormoro trattenendomi dall'esprimere pareri .
Lui neppure mi risponde, neppure dà aria di aver compreso le mie parole; ha lo sguardo perso, perso nel suo mondo nel quale non desidero addentrarmi. La mia sola preoccupazione è Oscar: ha perso molto sangue da quella ferita al braccio e non posso fare altro che attendere mattina sperando che il suo organismo ce la faccia da solo a superare questa notte che prevedo lunghissima.
Sulla porta della camera mi fermo.
André é lì, seduto accanto al letto della sua padrona; non si è staccato dal capezzale da quando Marie è stata accompagnata via riluttante, in lacrime, disperata e confusa.  Rimango nell'ombra del corridoio senza riuscire ad evitarmi di osservarlo: i gomiti sulle ginocchia,  le mani congiunte,  le labbra serrate contro le dita.  Non sta pregando, ma il momento ha un non so che di mistico che mi impedisce di profanarlo con la mia presenza.  E per fortuna non mi faccio avanti perché in quell'istante André si protende verso l'inferma mormorandone il nome.
 - Oscar...  - attende un istante quindi si protende ancor di più ed allunga le mani su quella inerme di lei abbandonata lungo il fianco.  - Oscar,  apri gli occhi...  - chiede in un sussurro . Infila la mano destra sotto quella di lei,  palmo contro palmo.  
- Apri gli occhi...  Ti prego. Tu non sei mai cambiata,  sei la stessa di quando giocavamo insieme da piccoli. - mormora con voce spezzata.
Traggo un profondo respiro, quindi chino il capo e, con due dita infilate sotto gli occhiali, fermo le maledette lacrime che nessuno deve vedere.
È vero, André, sei tu ad essere cambiato e riesci a vederti come ti vedo io: un giovane uomo che si sta innamorando

Mi schiarisco la gola per annunciare la mia presenza e mi avvicino per controllare Oscar.
André leva il contatto inopportuno e si raddrizza contro lo schienale. Sul suo volto leggo il dubbio, si domanda cosa posso avere udito.
Mentre esamino la paziente posso percepire il suo sguardo ansioso su di me.
- Il respiro è regolare ed anche la temperatura. - dico.
Lo vedo rilassarsi un poco, ma qualunque possibile scambio di parole viene interrotto dall’entrata del generale che prende posto accanto al letto.
Nessuno parla, ciascuno preso dai propri tormenti,  dai personali incubi. Tra noi solo il rumore della legna che arde nel camino.
In quel mentre mi accorgo di una macchia scura allargarsi sull'avambraccio di André.
- André, ma voi sanguinate! - esclamo.
Distrattamente il giovane guarda il gomito.
- Solo una sbucciatura, qualche graffio… per aver cercato di trattenere il cavallo - mormora.
Nella concitazione di quanto accaduto, nessuno ha pensato che anch'egli potesse avere riportato serie ferite.
- Lasciate che sia io a constatarne la superficialità. Venite con me.
Lo conduco fuori, nel salone del primo piano, dopo aver ordinato al mio assistente cosa procurarmi.
Si leva la giacca, che noto sdrucita in alcuni punti, così come il gilet, i pantaloni, la camicia… Gli stivali alti gli hanno provvidenzialmente protetto le ginocchia.
Una volta denudato il torso, posso rilevare i danni che ha nascosto a tutti.
Tampono i tagli sanguinanti, obbligandolo a strizzare gli occhi per il dolore, lo tasto in diversi punti del costato e delle braccia per verificare che non ci siano fratture, magari anche piccole.
- Alzate lo sguardo - ordino facendogli seguire con gli occhi il percorso a mezz'aria di una candela - Avete picchiato anche la testa, André?
- Un ruzzolone, dottore, nulla di più. - mormora minimizzando il fatto d'esser stato trascinato da un cavallo imbizzarrito.
La luce si riflette nelle sue lacrime, a stento trattenute dalle ciglia. I nostri sguardi si incrociano per un lungo istante, prima che egli lo distolga.
- È colpa mia…
- André...
- Non faccio altro che pensare di non essere all'altezza di Oscar. Lei è adulta, responsabile, ha impegni importanti ed è in quel letto per colpa mia, della mia leggerezza - ripete con voce spezzata.
- André…
- È così, dottore. Se fossi stato più attento al cavallo della principessa …
Qui tutti pensano al fardello sulle spalle di Oscar, ma non alle responsabilità che gravano su di lui.
- È stato un incidente, André. Gli incidenti capitano. Forse è altro che vi turba. - insinuo.
Mi guarda un poco irritato.
- Oscar è un uomo, dottore, un nobiluomo. - afferma a denti stretti. - e la nostra vita procede su due sponde diverse dello stesso fiume.
Già, penso. Gli stringo la spalla in una stretta di conforto.
- Tenete pulite le abrasioni e spalmate l'unguento che vi farò avere su tutti i lividi che fingete di non avere. Su quelli visibili, perlomeno…  - insisto.
Mi alzo dalla sedia davanti a lui, ma mi trattiene afferrandomi il braccio.
- Sopravviverà, dottore?
- Solo la notte può dircelo, André. - rispondo cauto.
Mestamente torniamo da Oscar che ignara dei tormenti per lei, giace immobile, come se dormisse un sonno profondo e privo di sogni.
Accanto a lei il generale, poi la madre, che alternano momenti di orgoglio e parole dolci di sostegno, ad altri di ansia, pessimismo e paura; infine restano solo André e Nanny che è voluta tornare dalla sua bambina dopo aver giurato a Jarjayes che si sarebbe comportata in modo regolato e dignitoso.
Passa il tempo ed anch'io fatico a tenere gli occhi aperti, ormai è quasi l'alba, ma non voglio andarmene. Non finché non ci sarà un cambiamento, in un modo o nell'altro.
Nanny è crollata già da ore e anche André ha posato la testa sulle braccia incrociate sul materasso.
Ed è in concomitanza del nuovo giorno che Oscar si sveglia.
Si muove appena, si guarda attorno, guarda André ed allunga una mano a sfiorarlo, destandolo.
Accorro e le prendo il polso proprio mentre Nanny si sveglia e di conseguenza tutta la casa tra le sue esclamazioni di lode a Dio ed ammissioni di felicità.
Ma, mentre procedo con le prime verifiche, non posso non udire le parole che Oscar, in un fil di voce, mormora ad André, nonostante il marasma creato dal giubilo della nonna.
- Ho sognato di noi bambini e tu mi chiamavi con voce tanto triste...
L'espressione di André, di gioia, lo sguardo di Oscar, di affetto infinito, mi fanno comprendere una cosa: che le rive di quel fiume potrebbero essere più vicine di quanto entrambi pensano.

***

Grazie a tutti ed auguri di un anno sereno!






   
 
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