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Autore: pattydcm    31/12/2018    2 recensioni
Sherlock si risveglia ferito in un luogo sconosciuto. Si rende conto ben presto che colei che lo ha tratto in salvo non è del tutto sana di mente. Dovrà far fronte ai modi bruschi e violenti di lei e tentare di sopravvivere ai suoi sbalzi d'umore e alle sue differenti personalità. Nessuno sa dove si trovi. Può solo sperare che qualcuno si attivi per cercarlo. Chiunque, ma non John Watson. Del dottore, infatti, non vuole saperne più nulla...
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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17 novembre
 
I progetti del nuovo impianto sciistico prevedono la costruzione di un hotel 5 stelle, un ristorante e un’area attrezzata vicino alla stazione dalla quale partiranno le seggiovie. Hugh Paddington è un uomo ambizioso che ha fatto bene i suoi conti e non vuole che in alcun modo quei corpi rinvenuti durante gli scavi possano ostacolare i suoi piani. Ha contattato Sherlock proprio per affidargli il caso, dal momento che le autorità del posto hanno dato ordine che nulla fosse toccato finchè non si sarebbe risolta l’inchiesta. Il consulente ha accettato il caso, trovandolo affascinante fin dalle prime parole pronunciate da quell’uomo arrogante e arrivista.
<< Hanno ipotizzato possa essere un cimitero o una fossa comune o che siano vittime di un qualche pazzo assassino. Io so solo che qui tutti ipotizzano, ma nessuno si muove e a me serve qualcuno che si muova, signor Holmes >> e lui si è mosso.
Un gran numero di file si è aperto nella sua testa ed è andato su di giri all’idea di mettere le mani in quel vaso di Pandora di corpi putrescenti che tante cose hanno da raccontare a chi sa osservare. Ha messo in valigia qualche indumento pesante ed è partito senza troppi giri di parole.
L’ispettore Hataway si è rivelato un incompetente capace di fargli addirittura rimpiangere gli Yardes con cui è solito avere a che fare. Il poliziotto lo ha squadrato dalla testa ai piedi, dicendo subito che non aveva bisogno di un damerino di Londra che gioca al moderno Maigret. Sherlock lo ha zittito con una deduzione precisa sulla sua poco professionale relazione con l’unica agente scelto donna del distretto << Che, tra parentesi, le si concede solo per la promozione che le ha detto le farà ottenere >>. Non si è guadagnato le sue simpatie, ovviamente.
<< Sono sicuro che starà facendo festa all’idea di saperti volato giù per il dirupo insieme alle tue scomode deduzioni >>.
John gli sorride con quell’espressione che sa tanto di ‘sei totalmente pazzo, ma ti adoro’ che gli trova spesso sul viso. Si ritrova a distogliere lo sguardo per nascondere l’imbarazzo dietro una della planimetrie che finge stia ancora esaminando. Benchè ce l’abbia con lui non riesce a nascondere quanto piacere gli facciano le sue attenzioni.
<< Cosa pensi che sia successo qui, Sherlock? >>.
<< Un gran casino portato avanti per anni, John >> risponde tutto felice, cosa alquanto sconveniente, dato il caso. << Quella fossa ha tutta l’aria di essere la discarica di un seriale >> aggiunge, le dita congiunte sotto il sorrido soddisfatto che gli illumina il viso. << Ho fatto bene ad accettare >> annuisce compiaciuto di se stesso.
<< Io avrei qualcosa da ridire a riguardo, ma non credo ne terrai conto >>.
<< Infatti >> dice passando a sfogliare i documenti che si è procurato sulla popolazione locale.    << I seriali sono abitudinari, ossessivi, maniacali. Seguono uno schema ben preciso e non lo mollano e li si può incastrare solo se commettono un errore >>.
<< Come fece Hope con la signora in rosa >>.
<< Precisamente! >>.
<< E noi abbiamo una valigia rosa da qualche parte? >>.
<< No. Né quella, né nient’altro. L’unica cosa che possiamo fare è studiare il territorio e ipotizzare da dove provengano i corpi >>.
<< E come farai? Potrebbe anche arrivare da Lancaster o da Morecambe o magari da entrambi i posti >>.
<< No, no, no, John. Guarda >> gli dice piazzandogli sotto il naso una foto della fossa.                      << Entrambe le città che hai citato sono a sud, mentre dalla conformazione del terreno e dalla rete di strade e sentieri l’unico modo per arrivare qui e passando da nord >>.
<< Quindi o da Castlerigg o da St. Johns in the Vale. Forse addirittura da Keswick o da    Threlkeld >>.
<< No, queste sono troppo lontane >>.
<< Ma come fai a dirlo? >> .
<< Perché il corpo più recente risale a 14 mesi fa’ >>.
<< Quindi settembre dell’anno scorso >>.
<< Esatto, e da giugno a dicembre dello scorso anno le strade che collegano questa zona con quelle due città sono state chiuse per lavori. I giornali hanno parlato per mesi delle manifestazioni di protesta degli albergatori del posto per la pessima stagione che questo disguido ha causato loro. Non ci sono altre strade battute che colleghino la fossa con quelle città e questo ci porta ad escluderle con una probabilità de 98%. Potremmo sempre aver a che fare con un seriale talmente sicuro di sé da fare il giro passando da Bassenthwaite per raggiungere Penrith e da lì ridiscendere, non voglio mettere limiti alla follia umana >>.
<< Fantastico >> sussurra John estasiato.
Sherlock alza lo sguardo, come sempre stupito dai suoi riconoscimenti. I loro sguardi restano agganciati a lungo nel silenzio che si fa sempre più elettrico e carico di tensione
<< Non pensi che dovremmo parlare di quanto è accaduto sabato, Sherlock? >> gli chiede John incrociando le braccia al petto.
<< Sì, penso che dovremmo, John, ma non adesso >>.
<< Certo. Prima il dovere e poi… scusa, pessima scelta di parole >> ridacchia e gli fa eco desideroso di sciogliere quella tensione sempre così palpabile tra loro.  
 
Un rumore sordo e improvviso lo strappa al suo Mind Palace. Di solito ci vuole molto di più per tirarlo via da lì, ma in questi ultimi giorni, a quanto pare, le sue difese sono molto più alte del solito. Mary è nuovamente chinata su di lui, intenta a raddrizzare il letto.
<< Sei davvero tanto devoto >> gli dice. Ha posato un secchio d’acqua per terra e una bacinella sulla sedia. Non è, però, l’ora del bagno. Sherlock muove rapido gli occhi in ogni direzione per dedurre il più in fretta possibile cosa lo aspetti e come organizzare una possibile difesa.
<< Sembri un barbone. Non va mica bene >> dice la donna, tirando fuori dalla tasca dei pantaloni di flanella un rasoio a mano libera. Sherlock rabbrividisce. Non ha alcuna intenzione di perdere il naso o di venire sfregiato o sgozzato dalle maniere grossolane di Mary.
<< In effetti è un po’ lunga >> balbetta, portando la mano al volto coperto dalla barba incolta di quasi una settimana.
<< In modo indecente >> dice mentre fa il filo alla lama passandola su una cinghia di cuoio. Sherlock la guarda ipnotizzato e si rende appena conto di come la mano dal mento sia scivolata sulla gola, a proteggerla.
<< Mary, posso chiederti la cortesia di lasciare che me ne occupi io? >> sussurra studiando attentamente le parole e la reazione della donna.
<< Non ne sei in grado. Faresti un gran casino e non voglio pulire altro sangue >>.
<< Fammi almeno provare, per favore. Sono bloccato qui e non sono abituato a tutta questa immobilità. Penso mi farebbe bene all’umore potermi prendere cura di me almeno con una   rasatura >>.
La donna si blocca di colpo. Ecco lo stato catatonico, indice di un ragionamento in corso.
“Ti prego, ti prego, ti prego!” pensa intensamente Sherlock, le mani strette a pugno e il cuore a mille. La donna si ridesta e gli lancia il rasoio in grembo. I riflessi per fortuna, seppure rallentati, funzionano ancora e gli permettono di allontanare il braccio sinistro un attimo prima che la lama lo colpisca. Non osa immaginare cosa sarebbe successo se lo avesse ferito. Con un rasoio in mano l’esplosione d’ira di Mary potrebbe concludersi solo in modo molto tragico per lui.
<< Io insapono e tu radi >> dice tutta contenta la Mary bambina, tirando fuori dalla tasca un barattolo di crema da barba e un pennello spelacchiato. Inizia a preparare con cura la crema, mescolandola con il pennello. Il bel sorriso allegro le illumina il viso.
Sherlock prende il rasoio in mano e si rallegra nel rendersi conto di quanto ora sia più salda la sua presa. Alla base della lama c’è uno strato di quello che ha tutta l’aria di essere sangue incrostato. Lo stomaco gli si chiude disgustato e non solo dall’idea di dover usare un rasoio sporco e non poter neanche tentare di pulirlo per il timore di scatenare la sua ira. Si chiude all’idea di come ci sia finito lì quel sangue. Già da qualche giorno sta accogliendo la deduzione, fin’ora messa da parte per sedare il panico, di non essere il primo ad avere avuto la fortuna di essere soccorso e curato da Mary. Quell’oggetto e il suo triste strato di sporcizia stanno apportando una prova in più a favore della sua terribile tesi.
Rischia di perdere la presa sul manico del rasoio quando la donna si siede pesantemente al suo fianco sul letto. La coscia enorme di lei a contatto col suo fianco nudo gli rimanda alla gola un conato che deve prontamente ricacciare giù.
Mary gli sorride mulinando il pennello intriso di crema dinanzi alla sua faccia. Sherlock stringe forte il manico del rasoio nella mano destra.
“Fallo!”
La voce di Moriarty lo sorprende.
“Morire è quello che le persone fanno!” grida con la sua voce folle per poi ridacchiare soddisfatto. “Un colpo secco e ti libererai della sua presenza per sempre” lo alletta e la mano aumenta la sua presa attorno al manico.
“Questa donna è un osso duro, Sherlock” irrompe John mettendolo in guardia. “Potresti colpirla e anche ferirla seriamente, ma prima ancora di morire o perdere i sensi avrà il tempo di strapparti il rasoio dalle mani e farti a fette o di ucciderti a mani nude”.
John ha ragione. Mary da l’idea di essere capace di restare in piedi stoicamente per molto tempo anche a scaricarle addosso un intero caricatore, figurarsi cosa può farle un semplice rasoio.
Come aveva previsto, gli spalma la crema in viso con la stessa cura con la quale un muratore stenderebbe l’intonaco su una parete grezza. Gli pizzica il naso con quel dannato pennello e deve resistere dallo starnutire, cosa per nulla facile.
<< Ecco fatto >> gli dice sorridente. << Ora puoi iniziare >>.
Sherlock la guarda stupito.
<< Hai uno specchio, di modo che possa vedere cosa faccio? >>.
La donna si congela nuovamente e Sherlock teme il peggio questa volta. Si risveglia molto prima del solito e scatta in piedi facendo sobbalzare il letto. Si avvicina alla scrivania e da un cassetto tira fuori uno specchio tondo incastonato in un manico d’argento finemente lavorato. Torna a sedere sorridente.
<< Ecco >> dice porgendoglielo.
<< Ti va di tenerlo su per me? >> le domanda e vede le sue guance arrossire d’imbarazzo. Teme di aver usato un tono troppo seducente e se ne pente amaramente. Per fortuna, però, la donna si limita a tenere lo specchio a mezzo metro da lui. Sherlock le sposta le mani un po’ più alla sua sinistra e fatica a riconoscere il volto riflesso nello specchio.
Non si è mai considerato bello, anzi. Il suo volto è stato giudicato inespressivo da alcuni e dalla mimica inquietante da altri e, benchè si ostini a dirsi disinteressato del giudizio altrui, queste considerazioni pesano ancora oggi come macigni. È sempre stato orgoglioso, però, dei suoi occhi e dei suoi capelli. Il taglio, la forma e il colore così particolare dei suoi occhi gli hanno regalato tanti riconoscimenti positivi. Anche quando sono stati giudicati inquietanti il giudizio veniva espresso in tono affascinato. Gli occhi dell’uomo che vede nello specchio sono cerchiati di nero, stanchi e spaventati. La sclera dell’occhio destro, quello coinvolto nella botta presa alla testa, è livida di capillari rotti che lo rendono disgustoso e terribile a vedersi. Il colore delle iridi, poi, è un grigio opaco, smorto, privo di alcuna speranza.
I capelli, che ha sempre trattato con cura, sono sfibrati, secchi e opachi. Hanno assunto la forma di una massa indefinita e rigida, come fossero una brutta parrucca. Sua madre, nelle sue rare espressioni di tenerezza, li accarezzava a lungo sussurrando estasiata ‘Ma che bei riccioli morbidi ha il mio bambino’. In qualche modo mantenendoli morbidi ha tentato di ricreare quel piacere insolito e viscerale che quelle parole dolci gli muovevano dentro. Ora persino sua madre stenterebbe dall’affondarvi la mano.
“Anche questo si sistemerà, vedrai” sussurra John nella sua testa. “Torneranno belli come prima che tutto questo avesse inizio”.
Sherlock sospira, intimamente poco convinto delle parole del dottore. Sente crescere giorno dopo giorno la terribile certezza che non uscirà mai vivo da quella stanza.
“Smettila!” esclama la voce del capitano. Tanto gli basta per scuotersi e iniziare a radersi.
<< E’ davvero molto bello questo specchio, Mary >> dice, stupito di trovare un oggetto indubbiamente di pregio e valore in quella stanza e tra le mani di questa donna.
<< Era della mia mamma >> dice la Mary bambina con orgoglio. << Lo tenevo per lei quando si faceva le trecce. Aveva i capelli luuunghisssssssssimi >> dice ridacchiando allegra. << Al mio papà, invece, mi piaceva tanto mettergli la crema da barba, come ho fatto a te, e poi restare a guardarlo mentre la toglieva. È una magia vedere come cambia il viso senza tutti quei peli >>.
Sherlock sorride. Sì, un sorriso sincero. La versione bambina di Mary non è poi così male. Riuscisse solo ad averla lì sempre. Man mano che toglie la barba si rende conto di come il livido sulla parte destra della testa si estenda anche alla guancia e allo zigomo.
“Lo schiaffo dell’airbag” pensa, felice di non essersi rotto anche le ossa del volto oltre che quelle della gamba e, teme, anche qualche costala. Deve ammettere di avere le guance meno scavate, però. La regolare alimentazione a base di brodo di pollo e verdure sta facendo effetto.
“Te l’ho detto io che almeno un lato positivo c’è in questa storia”. Sorride divertito dalla battuta di John e Mary risponde a sua volta sorridendogli. Deve stare attento a tutta quella confidenza.
“Sono pur sempre un pervertito, per la versione Hide di Mary, è bene che me ne ricordi”.
<< Sei stato bravo, non ti sei tagliato neanche una volta >> gli dice giuliva. Si sporge verso la bacinella nella quale immerge un asciugamano, lo strizza e glielo getta in faccia. Lo preme forte sul suo viso con le mani, togliendogli il fiato per un lungo istante prima di rimuoverlo, immergerlo nuovamente, strizzarlo e iniziare a strofinargli con vigore guance, mento, fronte e naso.
<< Ora sì che sei decente! >> ride piazzandogli lo specchio a un palmo dal viso. Sherlock rivede quell’uomo dagli occhi stanchi e terrorizzati con l’unica differenza che ora è privo dello strato di barba di una settimana.
<< Grazie, Mary >> si ricorda di ringraziarla e questa arrossisce.
<< Sei bello, sai? >> gli dice impacciata. La vede avvicinare titubante una mano alla guancia sana e la carezza lieve che vi posa lo inquieta molto più delle botte prese finora.
“No! Piuttosto mi taglio le vene e la faccio finita” pensa rendendosi conto di essere talmente teso da sentire i denti stridere. Lei si ritrae imbarazzata e delicatamente gli prende il rasoio di mano.
Sherlock si trova a pensare che se il rischio di tutta quella giovialità è quello di ritrovarsela addosso in atteggiamenti troppo intimi, tanto vale scatenare le ire della sua versione pericolosa. Pensa già di dire qualcosa che la faccia arrabbiare, in modo da toglierle quel sorriso beota dalla faccia e quelle attenzioni carezzevole dalle mani.
“Ha ancora il rasoio con sè, non ti conviene giocare col fuoco, Sherlock” gli dice suo fratello Mycroft.
“E se le venisse in mente di… giocare con me? Che faccio? Cosa cazzo faccio, eh?”.
“Sopravvivi, Sherlock”.
Più che le parole lo colpisce il tono usato da Mycroft. Privo di alcun colore emotivo. Vivere nonostante tutto. Accettare qualunque tipo di violenza per il bene della sopravvivenza.
“Non fa per me” dice, mentre il donnone si alza dal letto facendolo ondeggiare come una barca in preda al mare grosso. “Piuttosto lotto e muoio nel tentativo di difendermi. Io non sono come te, Mycroft!”.
“Concordo, Sherlock, ma ce ne occuperemo quando e se si presenterà l’occasione, ok?” interviene John. “È una timorata di dio, non credo proprio che si arrischierebbe a qualcosa di più della carezza che ti ha dato”.
“Le cose peggiori accadono nei conventi, John, non lo sai?”.
“Lo so, Sherlock. Ad ogni modo oggi è andata. Ora scenderà e fino a domani non avrai a che fare con lei. Oggi la battaglia è finita”.
“E’ finita, sì” sospira guardano Mary ciabattare verso la porta.
<< Buonanotte, Edward >> cinguetta.
Spegne la luce e chiude la porta lasciandolo al buio.  
 
***
 
<< Non se ne parla nemmeno! >>.
Hataway pianta le mani ai fianchi a sottolineare quanto ciò che i due londinesi gli hanno appena chiesto sia lontano anni luce dal poter essere realizzato.
<< Se non ve ne siete accorti là fuori è in corso una bufera. Una bufera, signori miei, non una delicata e romantica nevicata natalizia >> sottolinea storcendo il naso. << Siete già stati dei pazzi ad arrivare fin qui per chiedermi ciò che già vi avevo comunicato telefonicamente… >>.
<< Cosa avremmo dovuto fare? >> lo interrompe John. << Restarcene tranquilli crogiolandoci nell’idea che sicuramente Sherlock Holmes sarà al sicuro intrappolato in uno Ski Club sperso tra i monti? >>.
<< Sì >> risponde l’uomo risoluto. << L’allerta meteo è tale che sono stati richiamati persino gli spazza neve. La gente è invitata da quattro giorni a starsene chiusa in casa. Da queste parti ci siamo abituati, dottor Watson. Pensavo il vostro amico fosse stato un incosciente, ma vedendo voi mi rendo conto fosse quello della compagnia messo meglio! >>.
John freme dalla voglia di saltare al collo di quell’inutile omuncolo che li ha degnati solo di smorfie di disgusto e sguardi di sufficienza da che sono arrivati. Greg gli posa preventivamente la mano sulla spalla.
<< Non è proprio possibile mettersi in contato con lo Sky Club? >> chiede al collega che alza gli occhi al cielo esasperato.
<< Quante volte devo ancora ripetervelo! >> sbuffa, benchè, in verità, lo abbia detto loro solo una volta e per telefono. << La bufera ha messo le linee telefoniche e i ripetitori fuori uso >>.
<< Ma com’è possibile che, se siete avvezzi a queste cose, non abbiate preso provvedimenti per impedire situazioni simili! >> sbotta a sua volta John. << Stiamo parlando di un club, non di un’abitazione privata. Un luogo in cui si raggruppano molte persone, com’è possibile che anche solo per una minima sicurezza non si siano adottate misure precauzionali? Siamo nel 2011, per dio! >>.
Hataway incrocia le braccia al petto e aggrotta le folte sopracciglia ingrigite dagli anni sugli occhi scuri e irritati.
<< Lei, un medico di Londra che per hobby aiuta un investigatore privato, vuole venire qui nel nord west a insegnarci come affrontare le rigidità dei nostri inverni? >>.
Greg artiglia nuovamente la spalla di John, che vorrebbe scrollarselo di dosso e darle di santa ragione a quel vecchio poliziotto ottuso e pieno di pregiudizi.
<< L’allerta meteo ha fatto una previsione sulla durata della bufera? >> gli chiede, cambiando del tutto argomento per evitare che un cataclisma di botte e calci si scateni in quell’ufficio.
<< Dovrebbe scemare domani notte. Fino ad allora nessuno esce! >> sottolinea puntando loro addosso l’indice ammonitore. << La camerata è libera, potete pernottare lì >> conclude dando loro a intendere di prendere armi e bagagli e levarsi dai piedi.
Greg prende John per il braccio e lo trascina fuori dall’ufficio. Raggiungono la camerata che consta di sei letti e il dottore getta in malo modo la sacca nella quale ha portato poche cose sopra uno di questi.
<< Maledetto stronzo! >> esclama. << E maledetta tempesta >> aggiunge rivolto alla finestra dai vetri incrostati di neve. Si lascia cadere sul materasso che cigola sonoramente. Pianta i gomiti sulle ginocchia e prende la testa tra le mani.
<< Siamo bloccati qui, Greg. Anche noi >> borbotta affranto. << Sono stato un idiota a coinvolgerti, ma speravo davvero di poter ottenere qualche informazione in più venendo qui >>.
Greg si siede al suo fianco e gli batte la mano sulle scapole tese.
<< Non ci resta che attendere, John. Rischieremo di fare la fine di Jack Nicholson in ‘Shining’ se uscissimo là fuori >>. John ridacchia nervoso.
<< Cristo, citazione azzeccatissima, amico mio >>.
<< Te lo immagini Sherlock all’Overlook Hotel? >> gli chiede e entrambi ridono.
<< Oddio, io non me lo immagino neppure in uno Ski Club >>.
<< Bloccato lì da una settimana! Il suo cliente si sarà pentito amaramente di averlo contattato >>.
<< Lui e tutti gli altri che come loro sono rimasti bloccati lì >>.
<< Li starà facendo ammattire >>. Ridono di gusto spezzando la tensione, sovrastando il boato della tempesta che sbatte contro i vetri delle finestre.
<< Eppure mi auguro che davvero sia così, Greg >> sussurra John tornato serio. << Che sia lì a rischiare di essere strangolato da una folla di turisti e dal personale del club, piuttosto che morto assiderato >>.
<< E’ questo che temi? >>.
<< Le ultime cose che sappiamo su di lui è che sarebbe sceso fin qui per portare avanti le indagini. Per quanto sia abile alla guida la neve è subdola e le strade erano messe male già da prima che arrivasse la tempesta >>.
Greg sospira al suo fianco e tenta più volte di dire qualcosa interrompendosi ancora prima di proferire verbo.
<< Non voglio pensare a questa eventualità, John >> dice finalmente. << Preferisco immaginarmelo a osservare inorridito il gruppo di idioti con i quali si trova costretto a condividere uno spazio troppo piccolo. Come sabato scorso. Ricordi che espressione aveva? >>.
<< Già >> sussurra John, che a tutto vuole pensare tranne che a quella sera, soprattutto in questo momento.
<< Si è addirittura scolato un’intera pinta pur di mandare giù la situazione. Non mi capacito di come abbiano fatto i tuoi ex commilitoni a convincerlo ad unirsi a noi al pub >>.
<< Non lo hanno convinto, Greg: ce lo hanno portato di peso e io sono stato un idiota nel non insistere affichè la smettessero >>.
<< Per questo avete discusso, dopo? Era decisamente sbronzo. Non dev’essere stato un bel rientro a casa >>.
“Tutt’altro, Greg, tutt’altro!” pensa John, ma è solo un sospiro quello che si lascia sfuggire. Greg lo osserva curioso ma non aggiunge altro. Sono lì, entrambi con i gomiti appoggiati alle ginocchia a fissare il letto di fronte, mentre il vento spadroneggia là fuori. Si insinua negli infissi. Produce suoni simili a grida.
<< Ho combinato un casino, Greg >> butta fuori John, sentendo il bisogno di scaricare il senso di colpa.
<< Non essere troppo severo con te stesso, John. Siamo qui e qualcosa faremo. Fosse anche rompere i coglioni ad Hataway al punto da darci un gatto delle nevi e mandarci là fuori fregandosene delle tragiche conseguenze del nostro folle gesto >> ridacchia e John si unisce a lui. Pensava si sarebbe sentito sollevato dal fatto che il detective non avesse colto a cosa davvero si stesse riferendo con quella frase. Invece, ecco che gli sfugge un altro sospiro.
<< Non mi sono comportato bene con Sherlock >>.
<< Dal ritorno dal pub, intendi? >> gli chiede Greg e John annuisce, osservando attento il pavimento in legno sotto gli scarponi umidi di neve. << Oddio, è già difficile avere a che fare con lui da sobrio, non oso immaginare come sia da ubriaco >>.
<< No, Greg >> sospira ancora. << Non c’entra nulla l’alcol. Non nel modo in cui pensi tu,  almeno >> scocca appena un’occhiata al detective per poi riportarla ai suoi piedi. Greg lo osserva a lungo e benchè John tenga gli occhi bassi può immaginare il sopracciglio sinistro di lui inarcarsi mentre cerca di dare un senso alle sue parole.
<< Cosa diavolo è successo sabato sera, John? >>.
<< Quello che può succedere tra due persone che hanno ecceduto un po’ troppo nel bere >>.
Greg ci pensa un attimo.
<< Due uomini che eccedono nel bere, di solito possono arrivare alle mani… ma non mi sembra questo il vostro caso >>.
<< No, non è questo >> ammette John portando nuovamente le mani alle testa.
<< … ok >> dice incerto Greg raddrizzando la schiena. << Nulla di violento, mi auguro >>.
<< Certo che no, Greg! >> sbotta John volgendosi verso di lui.
<< Scusa è che… dal momento che avete litigato… >>.
<< E nella tua logica un litigio, in questo caso, fa seguito a una tentata violenza? >> ringhia e non sa neppure lui perché si stia arrabbiando a quel modo.
<< Ehi, calmo, John. Ho usato le parole sbagliate, scusami. È che… cristo, non me l’aspettavo una cosa simile, abbi pazienza! >>.
<< No, Greg, scusami tu >> dice sgonfiandosi. << E’ che… forse un po’ mi sento come se avessi abusato di lui. Avrei dovuto fermarmi, ero il più sobrio tra i due. Invece… >>.
Torna il rombo della tempesta a riempire il silenzio. Le grida del vento che sbuca dai cardini ad accapponare la pelle.
<< Invece avete litigato >> riprende Greg rompendo il silenzio.
<< Oh, cristo, sì >> sospira John lasciando ciondolare la testa tra le braccia. << Lui… era così sereno. Tranquillo. Diverso dal solito, insomma e io… mi sono spaventato, Greg. Ho avuto paura di lui  >>.
<< Paura di lui >> ripete Greg stupito. << Che volesse qualcosa di più? Una relazione riconosciuta? >>.
<< No. O meglio… all’inizio me la sono raccontata con queste cazzate >> ammette passando la mano sul volto stanco. << La reputazione, i pettegolezzi, cose così. Non è quello, però, che mi ha spaventato >>.
<< Non vedo cos’altro potrebbe. Voglio dire, hai la reputazione di essere stato con le donne di ben tre continenti! >>.
<< Non erano solo donne, Greg. Sherlock non è mica stato il primo! >>.
Lestrade resta di sale dinanzi a quest’altra rivelazione.
<< Dai, pensavo lo avessi capito. Non sono stati mica così tanto tra le righe i miei amici sabato >> dice John assumendo lo stesso tono e sguardo da assurdità dell’ovvio di Sherlock.
<< Sinceramente pensavo stessero giocando con i doppi sensi, John. Da che ti conosco ti ho visto frequentare solo donne. Dio, che serata >> sospira piantando di nuovo i gomiti sulle ginocchia. Prende anche lui la testa tra le mani, questa volta. << Allora, se non era il primo, cosa ti ha spaventato? >>.
<< E’ innamorato di me, Greg >> sussurra al punto che il detective deve avvicinarsi un po’ di più a lui per sentire. << Pensavo non fosse in grado di amare. Cristo, non fa altro che ribadire quanto i sentimenti siano una scemenza! Invece l’ho visto questo amore. L’ho sentito e… me lo ha anche detto >>.
<< Oh, cazzo >> scuote il capo Greg. << E per te, invece, è stata solo un’avventura. Il giorno dopo glielo hai detto e lui si è incazzato. Non fatico a immaginare la scenata che ti ha fatto >>.
<< Nessuna scenata, Greg >> lo corregge John. << E penso sia la cosa peggiore. Il suo sguardo. Il suo silenzio. Cristo, che idiota che sono! >>.
<< Perché idiota, John? Poco attento a causa dell’alcol e dentro una situazione che non ti invidio per nulla, ma perché idiota? >>.
<< Perché non è stata solo un’avventura per me, Greg! >> sbotta alzandosi in piedi lasciando il detective a bocca aperta per la terza volta. << Sono anche io… innamorato di lui >> sussurra portando una mano alla bocca, come a voler tenere nascosto un segreto troppo grande anche solo da pronunciare. << Solo che… caspita, già era stato pazzesco quanto era accaduto. Sentirgli poi dire quelle parole… vederlo così sereno e in pace… è stato troppo. Troppo per me. Io… ho sentito di non meritarlo e… >>.
<< E… >> lo incalza Greg.
<< Gli ho detto che quanto era successo non sarebbe mai dovuto accadere. Che era stata colpa dell’alcol e che era meglio per entrambi dimenticarci di tutto >>.
Il vento fischia forte e lo scricchiolio del vetro congelato dalla neve diviene quasi percettibile.
<< Sì, sei un idiota! >> dice Greg, incrociando le braccia al petto, il volto severo. << Benchè non si possa pretendere di essere amati, io al suo posto ti avrei ammazzato di botte, John. A causa della tua inesistente autostima hai ferito Sherlock proprio quando, anche grazie all’alcol, ti ha mostrato i suoi sentimenti, quelli che tiene nascosti maledettamente bene. Beh, almeno adesso so perché siamo  qua! >>.
<< Non mi perdonerà mai. Anche dovesse essere davvero in pericolo e lo salvassi da morte certa. Non spero che un atto eroico cambi il disastro che ho fatto, Greg >>.
<< Sì, hai ragione, conoscendo Sherlock le cose non cambieranno. Tu, però, ci speri e, scusami se te lo dico, ma anche questo è un colpo basso da parte tua >> dice alzandosi in piedi. << Ho visto quel ragazzo mezzo ammazzato dalla droga, John. Tu questa parte di lui te la sei risparmiata, io, invece, l’ho conosciuto con le braccia piene di buchi e le pupille come ventose. Non ci avrei scommesso un centesimo, eppure mi è bastato buttare lì una proposta, ‘se smetti con questa roba ti permetterò di collaborare con me’ e lui lo ha fatto. Si è impegnato seriamente e lo ha fatto. Mycroft stesso mi ha ringraziato per aver salvato suo fratello. Io sono convinto sia stato Sherlock a salvare se stesso, ma se davvero una piccola parte di successo è dipesa da me, allora ne sono orgoglioso e mi fa profondamente incazzare pensare che possa, a causa tua, buttare tutto nel cesso, John! >>.
Greg lo fronteggia. A un palmo dal suo viso, lo guarda con occhi severi che non gli ha mai visto. Non rivolti a lui, almeno.
<< Resterò qui e farò quanto mi è possibile per aiutarti a trovarlo. Se dopo, però, l’equilibrio che ha mantenuto anche grazie al tuo arrivo dovesse rompersi del tutto, allora non ti aiuterò più, John. Mi spiace essere così severo, ma tu non hai idea dell’entità del danno che puoi aver causato. Ora sono seriamente preoccupato anche io per la sua incolumità, non necessariamente messa a rischio da questa bufera >>.
Lo stomaco di John si chiude. Per le parole di Greg. Per l’accusa che gli ha mosso. Per il senso di colpa che ha ulteriormente toccato con quelle parole. Parole che lasciano il posto a quelle di Sherlock. Sussurrate al suo orecchio, soffiate sulla sua pelle, urlate nel momento più alto del piacere.
<< E’ bellissimo tutto questo, John >>.
Sì, lo era. Lo è stato davvero. E come tutte le cose belle che gli sono capitate, John ha fatto l’unica cosa che gli riesce bene: l’ha rotta e buttata via.
 
   
 
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