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Autore: The Blue Devil    06/01/2019    5 recensioni
Eccomi qua, ci son cascato pure io, in una noiosissima Candy/Terence con Albert nell'ombra... davvero?
Chi è il misterioso individuo che si aggira nei luoghi tanto cari alla nostra eroina? Qual è la sua missione? La sua VERA missione? Cosa o chi, alla fine di essa, sarà in grado di trattenerlo a Chicago? Quante domande, le risposte stanno all'interno...
Il titolo è un omaggio a tutti i ''se'' con cui si apre la storia.
dal 3° capitolo:
... Non ne ho parlato con lei, ma io sono sempre rimasto in contatto, in maniera discreta, con Terence. E non le ho neanche mai raccontato di averlo cacciato, quando lo trovai ubriaco da queste parti, anni fa. Vi chiedo di vegliare sempre su di lei, con discrezione, poiché la vedo felice, forse troppo, e non vorrei subisse un’altra delusione".
"Perché parlate così?", chiese, dubbiosa, Miss Pony.
"Non so, ho una strana sensazione, come se stesse per accadere qualcosa di molto spiacevole. E lo consiglio anche a voi: state attente e tenete gli occhi aperti".
"Così ci spaventate, Albert", osservò Suor Maria.
"Non era mia intenzione spaventarvi", asserì Albert, "Forse sono io che mi preoccupo per niente; sì, forse è così...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Un imprevisto imprevedibile che, data la sua natura di imprevedibilità, non poteva essere previsto, mi ha impedito di pubblicare Sabato. Poco male, pubblico ora.
Buona lettura



Capitolo 29
Incendio alla "Casa di Pony"

Suor Maria fu svegliata dalle urla terrorizzate di un bambino che, alzatosi per bere un bicchier d’acqua, aveva visto delle fiamme levarsi dalla nuova cappelletta.
Subito allertata, anche Miss Pony si alzò, in preda all’agitazione: Suor Maria le affidò i bambini più piccoli e la pregò di allontanarsi con loro, mentre lei, con quelli più grandi, andò a verificare cosa stesse accadendo. La nuova cappelletta, quella fatta erigere da Albert, fortunatamente non collegata all’edificio principale, stava bruciando: la religiosa organizzò subito una catena con i ragazzi, incaricati di passarsi dei secchi colmi d’acqua, per cercare di spegnere l’incendio nel minor tempo possibile; il leggero venticello che soffiava rischiava di far propagare le fiamme fino all’edificio centrale o, peggio, al vicino boschetto.
Solo l’intervento dei fratelli Cornwell e di Tom, giunti precipitosamente, evitò il peggio. In particolare quello di Stear: nessuno si era accorto, tranne lui, che una bambina, sfuggita al controllo di Miss Pony, si era pericolosamente avvicinata all’incendio, forse affascinata dalle fiamme; solo l’intervento del ragazzo aveva evitato che le accadesse qualcosa di grave.
Le prime luci dell’alba salutarono un cumulo di macerie fumanti, là dove prima si ergeva la nuova cappelletta della "Casa di Pony": erano ancora in piedi solo le pareti in muratura e qualche trave del soffitto. Il bambino che per primo aveva dato l’allarme, superato lo shock iniziale, raccontò d’aver intravisto un’ombra, china, vicino alla cappelletta, poco prima dello sprigionarsi delle fiamme, ma non seppe dire altro: era un uomo? Una donna? Alto? Basso? Troppo buio per notare questi particolari: l’unica cosa che aveva notato era che il misterioso individuo si avvolgeva in un mantello scuro, forse nero; o, almeno, così gli era parso; data l’oscurità, il mantello avrebbe anche potuto essere di diverso colore.
Nel prosieguo della mattinata, giunsero anche Terence, Harrison e Candy, la quale corse subito dai bambini e dalle direttrici per accertarsi che fossero tutti incolumi.
"Fortunatamente stiamo tutti bene; solo un po’ di fumo nei polmoni e tanta paura; bisogna ringraziare il Signore e l’intervento dei tuoi amici se si è evitato il peggio; l’aiuto del ragazzo con gli occhiali è stato determinante per mettere al sicuro una bambina. Come vedi la Casa di Pony è salva", la rassicurò Suor Maria.
"Ma cosa è successo? Come può essere accaduto questo incidente?", chiese la ragazza alle direttrici.
La risposta arrivò da Harrison che, insieme agli altri amici, aveva effettuato un rapido sopralluogo tra le macerie:
"Non è stato un incidente: l’incendio è doloso. A parte il racconto del bambino, ho una certa esperienza in merito e vi dico che ho individuato diversi punti d’innesco: qualcuno ha voluto incendiare di proposito questa cappelletta".
"Ma chi può aver fatto una cosa tanto orribile?", si chiesero le direttrici, alquanto stupefatte e preoccupate.
"È davvero orribile! Voler far del male a dei bambini indifesi è abominevole", sentenziò Candy, "Chi può volere una cosa simile?".
"Beh, qualcuno ci sarebbe... diavolo! Se non sapessi che è partito con suo padre, in tutto questo, ci vedrei la mano di Neal Legan", esplose Archie, che poi aggiunse:
"Anche se, parlando di Legan, non c’è solo Neal...".
Harrison reagì prontamente:
"Cosa vorresti insinuare tu?".
"Ah, io non insinuo proprio niente... ho solo fatto una considerazione. Ogni ipotesi è possibile, quando si ha a che fare con quegli individui", si difese il minore dei fratelli Cornwell.
Harrison lo prese per il colletto della camicia, intimandogli di ritirare ciò che aveva detto; solo l’intervento di Terence riuscì a dividerli.
"Smettetela voi due! Ma vi sembra il momento di mettersi a litigare, questo? Anche se non do tutti i torti ad Archie, non si può accusare nessuno, senza prove, senza accertarsi prima di ciò che è realmente accaduto".
Anche Candy fu d’accordo nel non trarre conclusioni affrettate: era necessario analizzare meglio la scena e trovare eventuali indizi, qualora ve ne fossero, a sostegno di questa o di quella teoria.
Durante la sua nuova ispezione, Harrison notò un oggetto a terra, seminascosto da un pezzo di trave, e lo raccolse: dopo averlo esaminato, sconvolto, se lo infilò in una tasca velocemente. Nessuno si accorse di questa manovra del ragazzo che, subito dopo, raggiunse gli altri.
"Sentite, continuate voi qui, mi sono ricordato che devo fare una cosa... ci vediamo più tardi".
"Ma... dove devi andare? E ci lasci così?", protestò suo cugino.
"Non ti preoccupare, mi pare che qui sia tutto sotto controllo e che nessuno si sia fatto male... ho una cosa importante da fare, ci vediamo dopo".
Ciò detto, Harrison si allontanò velocemente.
 
"Cosa mi dici, George? Un incendio alla Casa di Pony? Ma è terribile", esclamò la zia Elroy, appena ebbe appreso la notizia dal fedele segretario di Albert.
"Non agitatevi signora Andrew; mi hanno riferito che i ragazzi sono già là, anche il signor McFly. Pare che nessuno si sia fatto male, ma la nuova cappelletta è andata distrutta".
"Stanno tutti bene? Anche Miss Pony, Suor Maria e Candy?".
"Esattamente. Candy non si trovava alla Casa di Pony al momento dell’incendio".
"Che terribile incidente...", sussurrò l’anziana prozia.
"Sembra di no... qualcuno sostiene ci sia la mano dell’uomo dietro all’incendio".
"Vuoi dire che l’incendio è... doloso?".
"Esatto signora, almeno questa è l’opinione del signor McFly".
"A proposito, George, dov’è mio nipote William? È stato informato?".
"Come vedete ha lasciato me ad occuparmi degli affari urgenti; lui è partito per New York, per incontrare il banchiere Bowman e un’altra persona per discutere di affari personali. Non credo sappia già dell’accaduto", rispose George.
La zia Elroy abbozzò un sorriso e disse:
"Ammiro la tua discrezione e la devozione che hai per mio nipote; immagino che l’altra persona che doveva incontrare a New York e gli affari personali abbiano lo stesso nome: Marshall".
"Devo mandare un dispaccio per avvertirlo?".
"No, George, lasciamolo tranquillo a discutere del suo matrimonio, per una volta. Noi attenderemo gli sviluppi di questa vicenda dell’incendio: se ne occuperanno i ragazzi, per ora".
"Come volete, signora Andrew. Se non avete bisogno di altro, io andrei ad occuparmi di alcune pratiche in sospeso".
"Non ho bisogno di altro; va’ pure, il lavoro ha la precedenza", disse Elroy, prima di tornare alle proprie faccende.
 
"Candy, ho fatto il prima possibile, appena ho saputo", disse Annie abbracciando l’amica.
Poi, data un’occhiata al punto in cui sorgeva la cappelletta, aggiunse:
"Ma è terribile! Come... come è potuto succedere? State tutti bene?".
"È tutto a posto amica mia, tranquilla. Tom, Archie e Stear hanno dato una mano, erano qui questa notte; sappi che Stear ha anche salvato una bambina".
"Già", intervenne Tom, avvicinatosi alle amiche, "Penso che questa esperienza possa solo fargli bene, ho visto una luce diversa nei suoi occhi; comunque è una fortuna che mi sia svegliato prima questa mattina: mi alzo sempre presto, per prepararmi a fare il giro, ma questa notte ero agitato, ho dormito male...".
Annie si guardò intorno e poi chiese:
"Scusate, dov’è Archie?".
Fu Candy a risponderle:
"Non so... era qui prima che tu arrivassi, poi si è allontanato con Terence e Stear".
"L’importante è che stiate tutti bene", concluse Annie.
A Candy parve giusto che l’amica sapesse tutto, per cui la condusse dentro e le raccontò dei sospetti di Harrison.
 
Iriza se ne stava distesa sul suo letto a fissare un punto indefinito sul soffitto. La sua mente era un turbine di pensieri e sentimenti contrastanti: quello che aveva udito nello studio di suo padre aveva un senso oppure no? Doveva credere che Harrison fosse realmente interessato a lei oppure no? E anche se lo fosse stato, era giusto? Lei si meritava che quel ragazzo, con quella triste storia alle spalle, si interessasse a lei, una ragazzina viziata, egoista e cattiva? Perché soffriva all’idea che Harrison l’avesse presa in giro, invece di provare rabbia e di pensare a una vendetta, come aveva sempre fatto? In fondo era stata d’accordo con Neal nell’inguaiare Candy con la storia della collana e aveva trovato divertente l’idea di far abbattere il suo orfanotrofio... ma quando il fratello le aveva confidato di voler far del male a Dorothy, perché lo aveva tradito? E perché lo aveva pregato di desistere dall’intento di utilizzare i terreni su cui sorgeva la "Casa di Pony" per costruirci un resort di lusso? Daisy: era l’unico nome che le rimbalzava nella testa insieme a quello di Harrison McFly...
E in mezzo a tutto questo marasma che colpe aveva la piccola Daisy? Non era forse stata una vera cattiveria dire a Dorothy che poteva disfarsi del maglioncino o usarlo come straccio? Di una sola cosa era certa: lei era Iriza Legan, figlia di Sarah Legan e sorella di Neal Legan; solo lei poteva capire cosa significasse questa realtà.
Il turbine di confusione nella sua testa si arrestò quando, improvvisamente, udì un rumore che pareva provenisse dal balcone; si avvicinò alla porta finestra e l’aprì, dopo aver dato un’occhiata all’esterno senza aver notato nulla di strano. Un venticello fresco la investì, per cui decise di lasciare aperto: le piaceva l’aria fresca, quell’aria che, nei giorni precedenti, le sembrava fosse venuta a mancare. Si voltò per rientrare; fu allora che, alle sue spalle, una voce conosciuta – che le era stata anche cara – pronunciò il suo nome; rigiratasi, si ritrovò a faccia a faccia con lui.
"C-che ci fai qui? C-che vuoi ancora da me? Ti prego Harrison, vattene... vattene e non tornare più".
Harrison notò che la ragazza aveva una mano fasciata.
"Iriza", ripeté lui, afferrandola per le spalle, "Cos’hai fatto alla mano?".
Quel contatto le era mancato... Dio solo sapeva quanto.
"M-mi sono scottata...", rispose Iriza con un filo di voce.
"Iriza! Dimmi che tu non c’entri, dimmi che non l’hai fatto davvero".
"S-sì, lo so, ho fatto una cosa orribile... sono un mostro, ma...", balbettò lei.
"Lo ammetti allora? Ho sperato fino all’ultimo che tu non c’entrassi e invece... eppure bastava questo ad incastrarti; questo è tuo, lo riconosco", disse Harrison, mostrandole l’oggetto che aveva trovato tra le macerie della cappelletta.
"Il... il mio guanto? N-non capisco... dove l’hai trovato?".
Si trattava di uno dei guanti nuovi, quelli di Madame Bourges: il ricamo su di essi era inconfondibile e unico.
"Dimmelo tu", sibilò il ragazzo.
"N-non capisco... l’avevo perso, non so dove; in che senso m’incastra? Pensavo a...".
Harrison, dardeggiando su di lei uno sguardo infuocato, rispose:
"Fingi di non capire? C’è stato un incendio alla Casa di Pony... questo l’ho trovato tra le macerie... e la tua mano... Iriza, perché?".
D’istinto, la ragazza, esplose:
"Un incendio? I bambini... come stanno i bambini?".
"Una bambina ha rischiato di farsi male... ma per fortuna è intervenuto Stear".
"Una bambina? È terribile! Sia ringraziato il Cielo...".
"Iriza, poco fa mi hai detto di aver fatto una cosa orribile... te lo chiedo ancora: perché?".
In un attimo, nella mente della ragazza, tornarono a turbinare una moltitudine di pensieri:
"La cosa orribile che ho fatto... il maglioncino... tu invece pensi che io... allora è vero, mi credi un mostro... anche tu..."
L’espressione di Iriza, che era stata sul punto di piangere, cambiò e si fece dura:
"Sì, sono stata io! Perché? Perché io sono Iriza Legan! Lo sapete tutti di cosa sono capace... vi odio, odio gli orfani, odio Candy, vi odio tutti. Sei soddisfatto? E ora vattene, vattene via".
Harrison rimase esterrefatto: quella non era l’Iriza che lui aveva imparato ad apprezzare negli ultimi tempi; quella che aveva avuto l’idea di fare un regalo alla piccola Daisy; quella che aveva aiutato Dorothy e aveva cercato di aiutare Stear. No, non era possibile.
"Tu non dici sul serio...".
"Vattene Harrison, vattene", fu quello che rispose lei, spintonandolo via.
"Ti prego Harrison, vattene. Se resti ancora io...", fu, invece, quello che pensò, cercando in tutti i modi di trattenere le lacrime.
Lui la lasciò andare e disse:
"E va bene, me ne vado, ma non finisce qui".
Prima di uscire, il suo sguardo cadde sul letto, sul quale notò il suo fazzoletto.

Scosso e turbato, Harrison uscì dalla villa così come vi era entrato: alla Candy. Fatti alcuni passi oltre il cancello, si ritrovò dinnanzi Terence, Archie e Stear. Fu Terence il primo a parlare:
"Cosa sei venuto a fare qui? Era questa la cosa importante di cui parlavi prima?".
"Cos’è, mi avete pedinato forse?", sbottò lui.
"Ci è parso strano che all’improvviso tu ti sia ricordato di un impegno importante e sì, ti abbiamo seguito".
"Perché sei venuto dai Legan? Cosa ci stai nascondendo?", chiese Archie, che era sul punto di saltargli addosso.
"Non sono affari tuoi! Te l’ho sempre detto che è meglio che pensi alle cose tue".
Archie gli si avvicinò e notò un lembo di tessuto che gli fuoriusciva da una tasca: lo afferrò ed estrasse l’oggetto.
"E questo cos’è? To’, ma guarda, un guanto bruciacchiato", fece sarcastico.
Esaminatolo meglio, il minore dei fratelli Cornwell aggiunse:
"Ma io lo conosco, so a chi appartiene e so anche cosa sei venuto a fare qui".











Il vostro diavoletto preferito (?) porge a tutti voi, milioni di lettori e recensori, i suoi migliori auguri per l’anno nuovo:

Buon 2019!


 
The Blue Devil
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ringrazio tutti i lettori che vorranno imbarcarsi in quest’avventura, che neanch’io so dove ci porterà (se ci porterà da qualche parte)...
   
 
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