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Autore: _astronaut_    06/01/2019    1 recensioni
Zoom su episodi di vita di alcuni dei nostri eroi, dopo il ritorno sulla Terra in seguito alla sconfitta di Thanos.
Stucky, Stark Family, Brutasha and so on: se l'ispirazione chiama, rispondo presente, e spero davvero di regalarvi qualcosa di piacevole da leggere (se siete interessati a capire meglio le coppie, vi consiglierei di leggere l'epilogo di "And it hurts like hell": in caso contrario, potete tranquillamente fare finta che questa parentesi non esista e passare direttamente a leggere questa raccolta xD).
Aggiornamenti ogni due settimane, puntualmente di domenica. Enjoy!
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PERSONAGGI: Bruce + Natasha
QUANDO: Quattro anni dopo la sconfitta di Thanos

 
Perfect
 
Natasha era fredda come la neve dell’inverno russo, ma lì, tra le sue braccia, il suo corpo bruciava di un calore segreto, celato a tutti coloro che non erano riusciti a rapirle il cuore così come invece, incredibilmente, aveva fatto lui.
Sì, lui, il goffo, timido, per niente palestrato, dottor Banner. Lui, Bruce, che cercava di non uccidere nemmeno una mosca, se solo poteva liberarsi della sua fastidiosa presenza con metodi pacifici. Lui, che fuggiva da tutte le guerre e da tutti i conflitti per non uccidere. Lui, che invece, aveva ucciso più di quanto fosse disposto ad ammettere.
Forse, rifletté Bruce, era proprio per questo che Natasha si era innamorata perdutamente di lui.
Natasha era stata plasmata come un metallo, affilata come una spada, creata come una macchina, al fine di uccidere con efficacia e senza farsi alcuno scrupolo. E, si disse Bruce, lui rappresentava tutto ciò che, in fondo, Natasha aveva sempre sognato: un paio di braccia da cui farsi avvolgere che le potessero dire che ormai, di guerre, non ce n’erano più da combattere. Che erano state tutte vinte, che non c’era più alcun bisogno di fuggire, nascondersi, fingere di essere qualcuno per salvarsi la pelle. Bruce era la pace che Natasha cercava da tuta la vita.
Quasi svegliata dal rumore dei suoi pensieri, la donna aprì i due grandi occhi verdi smeraldo, incastonandoli in quelli scuri di lui, che si persero nel contare le pagliuzze dorate al loro interno.
Natasha sorrise al suo uomo, carezzandogli il petto e lasciandogli un bacio a fior di labbra, inspirando a fondo il profumo del suo dopobarba.
“Che ore sono?” domandò la russa, alzandosi dal letto senza alcun pudore per il proprio corpo nudo alla vista di Bruce, cercando pigramente qualcosa da mettersi tra i vestiti che erano stati abbandonati alla rinfusa sul parquet della loro baita in montagna.
“Non ne ho idea” riuscì a rispondere Banner, sentendo agitarsi qualcosa ai piani bassi, tentando con tutte le sue forze di non diventare paonazzo.
La spia infilò una sua camicia, che andò a coprirle il corpo fino a metà coscia, poi indossò un paio di pesanti calzettoni di lana e sbadigliando uscì dalla stanza, diretta probabilmente verso la cucina.
Natasha sogghignò, sentendolo sospirare di sollievo non appena sparì dalla sua visuale. I suoi attenti occhi da spia avevano registrato ogni minimo movimento di Bruce, ogni minimo cambiamento nel suo respiro, e si era dunque perfettamente resa conto del fatto che il dottor Banner stesse operando su sé stesso uno sforzo di autocontrollo non indifferente per non saltarle addosso e trascinarla di nuovo a letto con sé.
La donna alzò lo sguardo verso l’orologio sopra le credenze: erano le sei di sera, l’ora ideale per un the caldo nel silenzio e nella pace della loro piccola baita di montagna.
I due erano ancora distrutti dalla serata passata con tutti gli altri Avengers e i loro pargoletti: incredibile come passasse il tempo, erano già trascorsi più di quattro anni da quando tutto era tornato alla normalità, e ancora nessuno di loro riusciva davvero a credere che il peggio fosse passato.
Proprio Bruce in quel momento le cinse la vita e le lasciò un piccolo bacio sul collo, distogliendola dai suoi pensieri.
“Senti anche tu?” domandò Natasha irrigidendosi e tendendo l’orecchio, stringendo forte le mani delicate dell’uomo, che ricambiarono immediatamente la sua stretta.
Bruce si immobilizzò, e il lieve rumore che aveva percepito Natasha si fece più chiaro, più vicino e minaccioso.
“Se è un altro mostro inter-dimensionale, giuro che sgozzo Strange” brontolò Natasha prendendo un coltello da cucina, pronto a usarlo in caso di necessità.
“Non diventare verde, Bruce” sussurrò “Non voglio spendere soldi per riparare la casa che abbiamo appena comprato”
Bruce si lasciò scappare un sorriso tirato, e si diresse quatto verso la porta, sentendo grattare sul porticato mentre il rumore di un respiro animalesco gli giungeva fastidiosamente alle orecchie.
Natasha si avvicinò a lui, ed era già pronta a spalancare l’uscio e uccidere chiunque stesse osando disturbare la loro quiete, quando Bruce le poggiò delicatamente una mano sulla spalla.
“Guarda, Nat”
La donna obbedì, e dallo spioncino vide un cucciolo di cane lupo, tremante di freddo, raschiare sulla loro porta. Il cuore di Natasha si sciolse nel giro di pochi secondi e, abbandonando il coltello su un mobile dell’ingresso, aprì la porta, pronta a prendere in braccio l’animale.
Ma il cucciolo ringhiò, diffidente, mostrando i denti e allontanandosi da lei, per poi guaire, leccandosi una zampa (probabilmente ferita).
“Ha fame, freddo, e paura” sussurrò Bruce “Vado a prendere del latte caldo e una coperta”
“Se non si sbriga mi prendo una polmonite” borbottò Natasha, lasciandosi annusare dal tartufino del cucciolo e azzardandosi a carezzargli piano la testa morbida, ghiacciata e umida di sangue.
Il cucciolo accettò le sue coccole e le leccò la mano, mordendola appena, per gioco. Natasha sorrise dolcemente, e nel momento in cui con la coda dell’occhio vide Bruce arrivare con coperta e latte, prese con delicatezza in braccio il piccolo cane, che abbaiò felice quando, una volta in casa, Bruce gli offrì il latte.
“Chissà cosa gli è successo” pensò a mezza voce l’uomo, notando il pelo grigio chiazzato di sangue scuro, probabilmente non suo.
“Cosa ne facciamo?” domandò Natasha sedendosi a fianco del cucciolo e accogliendone la testolina sulla sua gamba, una volta che aveva finito di sfamarsi, e cominciando a coccolarlo ancora.
“Lo teniamo?” propose Bruce non riuscendo a non sorridere vedendo la sua donna così amorevole nei confronti dell’animale spaesato.
Forse era proprio una dote di Natasha, quella di provare affetto per soggetti senza apparenti speranze.
Come quel cucciolo, Bruce era stato trovato da Natasha nel momento di maggior bisogno, e come quel cucciolo, Bruce non aveva potuto fare altro se non fidarsi di quella mano candida che, sicura, si era tesa verso di lui, senza alcuna paura o esitazione, né ribrezzo, nei suoi confronti.
“Non… Non lo so” disse Natasha lasciandosi annusare, senza distogliere lo sguardo dagli occhi eterocromi del cucciolo “Tu vuoi tenerlo?”
“Perché no?” sorrise l’uomo, abbassandosi alla stessa altezza della donna, alzandole il mento nella propria direzione “Tu vorresti tenerlo?”
“Non voglio importi niente” mormorò Natasha “E’ comunque un impegno, e volevamo stare tranquilli io e te, e…”
Bruce la baciò piano, accompagnato dai versetti felici del cane. “Teniamolo”
Gli occhi della spia si illuminarono di gioia, e fecero scorrere lo sguardo verso Bruce che, gattoni, faceva amicizia con il cucciolo, che cercava di prendere le grandi mani dell’uomo con le sue zampette pelose.
Natasha non aveva mai visto Bruce così in pace con se stesso: i riccioli scuri, un po’ disordinati, gli ricadevano sulla fronte e la barba incolta di due giorni faceva capolino sul suo viso privo di ogni preoccupazione, e gli occhi, privi dello schermo degli occhiali, erano ancora più neri di quanto si immaginasse, caldi e dolci come il cioccolato fuso. Bello di una timida bellezza, rideva di una felicità pura, senza filtri, contento del suo essere, finalmente, uomo. Non il dottor Banner, non Hulk il supereroe, ma semplicemente Bruce.
“Argo” disse Natasha, catturando l’attenzione anche del cucciolo.
“Sì. Argo è un bel nome” approvò Bruce, seguito a ruota dal cane, che prese a leccargli il viso.
Presa da uno strano moto, si diresse verso il salotto, dove prese la vecchia Polaroid di Banner, che nel frattempo l’aveva seguita, tampinato da Argo.
Non ci vollero parole: seduti sul divano, tra loro il cucciolo, scattarono una foto.
La loro prima foto nella loro nuova casa, oltretutto.
E quando essa si asciugò, mostrando finalmente i soggetti, Natasha sentì il cuore librarsi leggero verso il cielo bianco di neve: quei sorrisi se li sarebbe portati per sempre nel cuore.
 
(1281 parole)

 
 
 
 
 
Angolino disagiato
Ho visto il video di Perfect di Ed Sheeran, qualche giorno fa. E niente, sommato al desiderio che ho sempre avuto di ricevere in regalo un cane, ha fatto sì che io scrivessi questa OS. E non avete idea di quanto invidi la Natasha di questa breve storia, proprio no.
Spero che abbiate passato delle bellissime vacanze, io domani torno in Università e sarò di nuovo estremamente impegnata, dato che ho altri esami da dare. Ci aggiorniamo a febbraio (lo so, è un mese, ma penso possiate capirmi T.T)
Sentire i vostri pareri è sempre un piacere, quindi se volete, lasciate una recensione!
Un abbraccio forte
 
_astronaut_
   
 
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