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Autore: Kokky    17/07/2009    2 recensioni
Quando Sirius si annoia... o Remus si ubriaca... i due fanno faville!
“Ti credi spiritoso, Sirius Black? Eh? Con la tua ironia farfallona che fa ridere tutti quanti, e quel latrato di risata…”, sbottò, spalancando la bocca in un ringhio.
“La luna fa ancora effetto su di te, se sei così”, riuscì a dire Sirius, fra le parole buttate al vento da Remus.
“Sta zitto”, ringhiò Remus, sbattendo la testa con i palmi e accartocciandosi nuovamente.
Genere: Romantico, Commedia, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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-Autore: Kokky
-Titolo: Time after Time
-Genere: Generale, Sentimentale
-Rating: Giallo
-Personaggi e combinazione: Sirius, Remus, SiriusRemus
-Avvertimenti: Slash, flash fic, raccolta

-Commento: Ringrazio molto Crì, per la sua lettura accurata e le segnalazioni grammaticali. Ringrazio le giudici per i commenti e il bannerino delizioso <3



 

 

 

 

 

Time after Time

 

 

 

Il sesso allenta le tensioni. L’amore le causa.

Woody Allen

 

 

I

Quando Sirius si annoia…

 

Il fuoco scoppiettava nel camino dei Grifondoro, illuminando la Sala Comune con la sua luce tenue e rossastra. Remus stava ricopiando in bella il proprio tema di Storia della Magia, grattando la pergamena con la piuma di falco.

“Che fai a quest’ora, Lunastorta? Non sei stanco di studiare ogni istante della tua vita?”, borbottò qualcuno al suo orecchio.

Remus sobbalzò impercettibilmente, scostò lo sguardo dal tema e fissò Sirius con ironia. “Beh, è sempre meglio di finire in punizione tutti i santi giorni, no?”, celiò, socchiudendo gli occhi castani.

“È divertente stare con James! Non sai lo scherzo che abbiamo combinato al Custode...”, sogghignò Sirius, piegandosi poi verso la pergamena di Remus. “E poi, insomma, Storia della Magia. Come se servisse a qualcosa”.

“In realtà ha una sua utilità: imparare dagli errori passati, per non ripeterli più”, ribatté Remus, cercando di dare dignità al proprio lavoro notturno. La verità è che gli piaceva quell’ora, l’una circa, mentre già gli altri ronfavano sulla sua testa: poteva concentrarsi, con il buio che gli faceva da coperta piacevole e il silenzio tipico della notte.

“Wow, davvero interessante!”, latrò Sirius, ridacchiando di gola e chiudendo gli occhi grigi. Poi afferrò la pergamena del compagno e la mise dietro la sua schiena, nascondendola col proprio corpo. “Prova a prenderla, se ci riesci…”, ghignò.

Remus, ligio come sempre allo studio, si lamentò che gli faceva perdere tempo. “Dai, ridammela! Ruf si lamenterà e farà una delle sue ramanzine soporifere, risparmiami questo strazio… e poi è uno scherzo infantile, hai ormai sedici anni”, pigolò Remus, con un sorriso che aleggiava sul volto, nonostante tutto. “E comunque, cosa fai a quest’ora nella Sala Comune? Devi uscire di nuovo per andare da quella Corvonero? Se sì, sbrigati ad andare”, borbottò infine.

Sirius ghignò ancora più apertamente, tenendo sempre fra le mani la pergamena. “Ma tu, mio caro Prefetto, non dovresti punirmi? È chiedere troppo dal povero e caro vecchio Felpato. Beh, sì, la Corvonero mi aspetta già da qualche minuto”, celiò.

Eppure era certo che Remus non gli avrebbe afflitto nessuna punizione, buono come il pane o forse troppo accondiscendente – soprattutto quando si trattava di Black. In fondo, Lupin sapeva che Sirius godeva in quelle piccole marachelle, che la sua essenza giuliva e scherzosa trovava uno sfogo nel fare scherzi con James; che loro non avrebbero messo la testa a posto per molto, molto tempo.

Remus provò ad afferrare la pergamena nascosta, tendendo le braccia, ma Sirius fu più veloce. Finirono per cozzare petto contro petto.

“Allora va, Felpato. Non farla aspettare”, gli disse sul suo viso, cercando con una mano dietro la sua schiena quel dannato tema.

Sirius strofinò il naso contro il viso di Remus, inaspettatamente.

Poi chiocciò: “Ma no, Lunastorta, ho trovato qualcosa di più interessante”.

 

 

II

O Remus si ubriaca…

 

Remus aprì gli occhi, sentendo un atroce mal di testa e una nebbia avvolgergli i pensieri. Cos’era successo la sera prima, al festino dei Grifondoro?

Cercò di ricordare, senza successo. Sbatté le palpebre, serrandole sugli occhi, e si puntellò con i gomiti per alzarsi.

C’era solo qualcosa a fermarlo, un peso non identificato sul petto. Chiuse un attimo gli occhi, li aprì e mise a fuoco.

Un braccio. Un braccio con dei peli scuri, un braccio fin troppo muscoloso per essere quello di una donna.

Per Merlino, fa che non sia come penso; si disse Remus in un attimo di buia coscienza.

Eppure adesso ricordava il festino della sera prima, le Burrobirre all’inizio – sinceramente molto piacevoli – e il passaggio al Whisky Incendiario, poi quell’alcolico che aveva circa 55 gradi… ricordava che era finito su un tavolo a ballare – era davvero ubriaco fradicio! –, ridacchiando come un beota, e ricordava anche la risata compiaciuta di James Potter – quel dannato amico che lo aveva fatto ingollare di bicchierini –; ma soprattutto ricordava lo sguardo grigio di Sirius su di sé, quell’espressione intenta a guardarlo con serietà, una serietà che non gli apparteneva, quegli occhi caldi che fissavano placidi la propria preda.

Remus fece un gemito di dolore e si costrinse a voltarsi, per guardare chi gli dormiva accanto con un braccio sul proprio torace nudo. Per Morgana e tutti gli elfi domestici di Hogwarts!

Sirius Black riposava bellamente, con la bocca socchiusa e i capelli corvini scompigliati sul viso. Sirius Black abbracciava Remus, con quel braccio su di lui. Sirius Black aveva una strana espressione pacifica, così insolita che la si poteva ritenere finta.

“Oh diamine!”, borbottò Remus, spostando velocemente lo sguardo sulla stanza in cui si trovavano. Già, chissà dov’erano.

Probabilmente la Stanza della Necessità, adibita a camera per incontri notturni.

Quando Remus provò, con tutta la forza di volontà che gli era rimasta in corpo, a togliere gentilmente il braccio di Sirius dal suo torace, quello si lamentò nel sonno e strinse più forte. Con tutta la pudicizia del mondo, che non aveva ma di cui aveva bisogno per continuare a tentare, Remus coprì il compagno con il lenzuolo e cercò di sfilarsi dalle sue grinfie.

Ma che scocciatura…

“Felpato, svegliati, dannato cane pulcioso!”, sibilò al suo orecchio Remus, ritrovato il fervore. Beh, comunque non riusciva a trattenere un sorriso sardonico.

Vi era un certo piacere nascosto fra il suo orgoglio e la sua leziosità fallace.

“Ho detto: svegliati!”, gridò allora.

E Sirius obbedì al suo comando: aprì gli occhi grigi, lo fissò un istante, si mise seduto – nudo com’era, visto che il lenzuolo era appena scivolato via – e sbadigliò sonoramente. “Lunastorta, anche di mattina sei troppo… impostato? No, boh, qualcosa del genere. Lasciati andare… come ieri sera, Lunastorta, come ieri sera”, e a quell’ultima frase sogghignò.

Remus chiuse gli occhi pazientemente, adesso era libero di alzarsi e provò a farlo – beh, sì, provò.

Infatti, avendo capito da subito le intenzioni del compagno, Sirius si era catapultato su di lui. “Così non scappi… arriverai in ritardo a colazione, stamattina, e con un bel succhiotto sul collo!”, celiò sulle sue labbra.

Remus sentì qualcosa torcergli nella pancia, probabilmente le viscere, e soprattutto sentì il calore che aveva preso possesso del suo bassoventre, ma ignorò entrambe le cose. Chiese, tentennando: “Ho un succhiotto sul collo?”.

Voleva scappare via da lì, con la sua solita ironia placida e il suo carattere tranquillo – che solo Sirius riusciva ad accendere; che solo Sirius riusciva a trasformare in tensione –, eppure sapeva che sarebbe stato molto difficile.

“No”, sussurrò Felpato, lambendogli il lobo dell’orecchio con la lingua. “Ma fra poco l’avrai”.

E Remus sapeva che quella era la verità, la più sincera a cui non si poteva sfuggire.

 

 

III

I due fanno faville!

 

La notte era passata nella Stamberga Strillante.

Remus, piegato su se stesso, giaceva su un divanetto maciullato e si teneva la testa castana fra le mani. Sembrava invecchiato di dieci anni, un’immagine tremolante e antica.

“Lunastorta…”, lo chiamò Codaliscia, zampettando verso di lui con i suoi piccoli piedi. Felpato lo fermò con un gesto secco della mano.

Remus voleva rimanere solo per qualche istante, immergersi in quella profonda tristezza. Lui non sarebbe mai stato normale; si ripeteva.

“Lo vuoi lasciar cucinare nel suo brodo?”, sibilò Ramoso, squadrando Felpato.

“Naaa. Ci penso io”, sussurrò ai due, facendo un gesto di allontanarsi. Ramoso e Codaliscia scesero prontamente al piano di sotto, fidandosi di lui.

Remus rimaneva accartocciato, grigio su quel divanetto – un tempo verde acido –; smorto.

Sirius si piegò davanti a lui, mettendosi all’altezza del suo viso, ancora nascosto dalle mani secche. “Lunastoooorta, per caso oggi ti sei svegliato con il piede sbagliato? Non sarai un po’ lunatico? O meteoropatico?”, chiese, allargando la bocca in un sorriso affilato.

Remus tremò un po’ nella sua posizione, sussurrando solamente: “Tu sei un idiota”.

“Ma come, il Prefetto che dice queste scempiaggini! Dovrei segnalarti al professor Silente”, lo rimbrottò Sirius.

Remus scosse la testa fra le mani. “E io dovrei toglierti dei punti, una dannata volta per tutte”.

Sirius sogghignò, si alzò dalla posizione accovacciata e gli si sedette accanto. Poi mise un braccio sulle sue spalle. “Oh, ma non ne saresti capace”, sussurrò al suo orecchio.

Remus uscì – finalmente – dal giaciglio delle mani, furente. In realtà non era arrabbiato con Felpato, ma con se stesso: si odiava per quello che era, per quello che non sarebbe potuto essere; aveva ancora la paura di ferire troppo i suoi compagni, tanto da mandarli via… da far fuggire anche lui, Sirius.

La rabbia gli deformò il volto, e Remus si accanì proprio contro il compagno, l’unico presente in quella stanza. “Ti credi spiritoso, Sirius Black? Eh? Con la tua ironia farfallona che fa ridere tutti quanti, e quel latrato di risata…”, sbottò, spalancando la bocca in un ringhio.

“La luna fa ancora effetto su di te, se sei così”, riuscì a dire Sirius, fra le parole buttate al vento da Remus.

“Sta zitto”, ringhiò Remus, sbattendo la testa con i palmi e accartocciandosi nuovamente.

Sirius lo osservò un attimo con un sorriso, poi gli passò una mano sulla schiena, carezzandola. E rise, rise abbracciandolo.

Remus lo scacciò via con le braccia magre, ma Sirius lo stritolò con più forza.

“Qualche volta potremmo fare sesso mentre la luna ti influenza, perché sei davvero così… feroce! Una delizia per il palato”, sussurrò Felpato.

“Che dici… vuoi sempre comandare tu”, sospirò Lunastorta.

Sirius ridacchiò un altro po’, nel buio della Stamberga.

   
 
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