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Autore: Mel_deluxe    09/01/2019    1 recensioni
Martin le fa un veloce sorriso, poi si prende qualche secondo per andare verso la macchinetta di fianco a lei e schiacciare il numero 08 per il suo caffé.
Decaffeinato, riconosce Wendy. Che schifo, poi ovvio che non sono amici.
«Senti, ho bisogno che tu mi faccia un favore questo weekend» dice lui all’improvviso, portandosi il bicchierino di plastica alla bocca non appena la macchinetta gli annuncia che è pronto.
Wendy alza lo sguardo, leggermente sorpresa. Si conoscono da quasi dieci anni ed è la prima volta che Martin viene da lei per un favore.
«Oh, okay, dimmi pure».
«Ho bisogno che tu venga a Brighton con me per tre giorni e faccia finta di essere la mia fidanzata davanti alla mia famiglia».
Wendy fissa il suo collega in silenzio.
Il suo caffé è pronto, glielo conferma il biiiip prolungato della macchinetta, ma non riesce a fare a meno di guardare Martin senza nemmeno sbattere le palpebre. Mantiene un’espressione apatica per quasi dieci secondi, prima di riprendersi dallo shock e riuscire a formulare una risposta sensata. Ma tutto quello che riesce a dire è un confuso:
«Ehm… no…?»
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il giorno dopo Wendy apre gli occhi e si sente come se un miliardo di elefanti le siano appena passati sulla faccia. La testa le fa male, le sue labbra sono secche come un deserto e sente le sue palpebre come appesantite da un’incudine. Vorrebbe urlare e lamentarsi, ma la sua gola le brucia e non ha il coraggio di pronunciare alcun suono.
Certo non aiuta il fatto che la ragazza venga svegliata di soprassalto dalla suoneria del suo cellulare, un’atroce e acutissimo RIIIIIING che suona nelle sue orecchie come l’autentico suono delle porte dell’inferno che si aprono.
Wendy si rigira nelle coperte, lasciandosi sfuggire un forte lamento, che non fa altro che farle ritornare il dolore alla gola. Il cellulare sta ancora squillando e, Wendy giura, è a tanto così dall’afferrarlo e lanciarlo fuori dalla finestra. Cerca a tastoni il telefono sul suo comodino e, quando finalmente lo trova, non si prende neanche un attimo per guardare il nome di chi la sta chiamando alle cazzo di otto del mattino che subito risponde con un assonnato:
«Mmh, -ronto…?»
Non sente alcuna risposta dall’altro lato della linea.
Wendy è sul punto di mettere giù, quando all’improvviso sente una voce famigliare risponderle:
«…Wendy?»
«Vicky?» Wendy riconosce immediatamente la voce di sua sorella maggiore, così chiara e squillante, e sarebbe anche felice di risentirla, se non fosse che al momento si sente come un cumulo di spazzatura. «Cosa… (sbadiglio) Cosa c’è? Hai bisogno di qualcosa?»
«No, io…» la voce di Vicky è strana e indecisa, quasi non si fosse aspettata che Wendy rispondesse quando è stata lei stessa a chiamarla. «Ehm, scusami Wendy, credo di aver sbagliato a chiamare numero».
Wendy si lascia uscire un grugnito, consapevole che, se Vicky non avesse fatto questo stupido errore lei sarebbe ancora nel suo favoloso mondo dei sogni a godersi i suoi pochi attimi di sonno.
«Sì, va bene, ci sentiamo, ciao».
Senza nemmeno lasciare a Vicky il tempo di replicare, Wendy mette giù la chiamata e poi lancia il suo telefono sul comodino, senza la minima delicatezza.
Poi rigetta la faccia sul suo morbido cuscino, prendendosi qualche secondo per guardare Martin, che dorme silenziosamente al suo fianco con la schiena rivolta verso di lei.
Non ricorda esattamente il momento di ieri notte in cui lei e Martin si sono tolti le scarpe e si sono infilati comodamente nel suo letto, per la verità ricorda solo pochi momenti della sera precedente: la festa, gli ignobili fratelli di Martin, il Fish&Chips, una frase che c’entrava con il norvegese, o qualcosa del genere… tutto quanto dal momento in cui lei e Martin hanno aperto quella maledetta bottiglia di whisky in poi è molto sfuocato e confuso, ma al momento a Wendy non potrebbe fregare di meno di sapere cosa hanno fatto ieri sera lei e Martin, perché l’unica cosa che riesce a pensare è vogliodormirevogliodormirevogliodormire.
Wendy si volta dall’altra parte della finestra, cercando di evitare le accecanti luci del primo mattino e, pian piano, inizia a ricadere nel mondo dei sogni.
RIIIIIING
Wendy si rigira verso il suo comodino esasperata, quando neanche tre secondi dopo, il suo cellulare squilla di nuovo.
Assurdo, generalmente non la chiama mai nessuno, e per una volta che ha bisogno di una dannatissima dormita, tutto il mondo inizia a farle squillare il telefono. Una cosa è certa: deve assolutamente cambiare quella maledetta suoneria.
Si allunga per afferrare di nuovo il suo cellulare e se lo porta all’orecchio in tutta fretta.
«Pronto?» sbotta nel ricevitore, questa volta non più tanto cordiale come prima.
«Ehm… Wendy?»
Wendy non vuole crederci. È ancora Vicky.
«Sì, sono sempre io» sospira, cercando di rimanere calma, ma la frustrazione della mancanza di sonno prende il sopravvento e inizia a farsi notare nel suo tono di voce. «Che cosa vuoi adesso?»
«Niente, io…» ancora una volta dal suo tono di voce Vicky sembra completamente presa alla sprovvista. «Credo… credo che il mio cellulare abbia incasinato i miei contatti. Sto cercando a chiamare… una persona, ma continuo a chiamare te per sbaglio…»
«Sì, beh, tu smettila di chiamarmi!»
«Ma-»
Wendy riattacca senza dire altro e butta di nuovo via il telefono come se fosse pattume.
Si rigetta sul letto, provando a riaddormentarsi, ma dopo due chiamate di prima mattina ormai è sveglia e non riesce più a prendere sonno.
Due secondi dopo, tuttavia, il telefono risuona nuovamente e quell’infernale RIIING ritorna a farle scoppiare le orecchie.
Wendy ormai è esasperata. Si alza ed afferra il cellulare, tenendolo così stretto da quasi spaccarlo in mille pezzi. 
«Pronto?!» risponde, quasi urlando.
«Ehm… ciao Wendy, credo di aver sbagliato ancora-»
Wendy mette giù il telefono in faccia a Vicky di colpo e si rigetta sul cuscino con una gran voglia di urlare e di prendere a calci l’intero mondo.
Evidentemente Martin la sente rigirarsi ripetutamente nel letto, perché dopo qualche minuto si volta verso di lei e, con ancora una nota di sonno nella voce le chiede:
«Chi era?»
«Nessuno» risponde seccata Wendy, cercando ancora una posizione comoda che la faccia addormentare. «Vicky continua a chiamarmi per sbaglio. Ora torna a dormire».
Wendy tuttavia si calma leggermente e cerca di reprimere un sorriso, quando vede Martin sotto le coperte di fianco a lei, che ancora indossa i vestiti di ieri sera, con gli occhi mezzi socchiusi e i capelli arruffati sulla testa e pensa che in quel momento è talmente carino.
nO NO, Wendy, Martin Forres non è c a r i n o, ne abbiamo già parlato, su!
«Mmmh, sì, Vicky…» mormora Martin, come canticchiando, mentre si volta nuovamente per darle le spalle. «Mi sono appena ricordato che le avevo detto di chiamarmi stamattina, per… parlare…»
Wendy ridacchia, ignorando il fatto che Martin si è probabilmente già riaddormentato di fianco a lei.
«Sì, beh, invece di chiamare te, Vicky ha continuato a chiamare il mio numero, ah ah, ti sembra normale come cosa da-»
Wendy si blocca improvvisamente.
Un terribile presentimento le spunta in mente.
Guarda con orrore Martin, che dorme come un angelo, poi sposta i suoi occhi spalancati verso il comodino di fianco a lei, dove due cellulari neri, quasi identici, sono posti uno di fianco all’altro.
no nO NO
Afferra con uno scatto entrambi i cellulari e, guardando i due sfondi, si rende conto che uno dei due è di certo il suo cellulare, riconoscendo la foto che ha come sfondo del suo vecchio cane (riposa in pace) Sparkly, da mentre l’altro, che non ha mai visto prima, deve appartenere automaticamente a Martin.
E Wendy si rende improvvisamente conto di non aver mai avuto quell’atroce RIIING come suoneria.
Si rende conto di non aver mai salvato sua sorella come “Victoria Kaligan”, ovvero il nome che ha letto sullo schermo l’ultima volta che le ha messo giù in faccia.
Si rende conto di aver appena commesso il più grande errore della sua vita.
Si rende conto… di aver risposto per ben tre volte a sua sorella dal cellulare di Martin.
Si rende conto che Vicky ha provato a contattare Martin ma invece si è ritrovata dall’altra parte del telefono… Wendy.
«Martin…» Wendy inizia a chiamarlo, gli occhi vuoti puntati sul muro bianco davanti a lei. «Martin, svegliati».
«Mh?» le risponde un mezzo addormentato Martin, con la faccia ancora premuta contro il cuscino. «Cosa c’è?»
«Credo… credo di aver appena fatto saltare la mia copertura per sbaglio».
 
 
 
Martin si alza di scatto, guardando Wendy con occhi all’improvviso completamente svegli.
«Cosa… come?!» le domanda, ma Wendy è ancora impegnata a processare tutto quello che è appena successo. «Come hai fatto?»
Proprio in quel momento il telefono di Martin squilla nuovamente. E quando Wendy legge sullo schermo il nome Victoria Kaligan, inizia a sudare freddo. Lancia il cellulare contro Martin quasi fosse in fiamme, lasciandosi sfuggire un “eeek!” dalla bocca, e quando Martin si sente arrivare un cellulare addosso la guarda con sguardo confuso.
Wendy si rende conto della stronzata che ha appena fatto, ma non fa in tempo a risolverla, perché due secondi dopo Martin ha già risposto a sua sorella.
«Ehm… pronto?»
Wendy rimane immobile ad ascoltare, pronta a notare ogni singolo cambiamento di espressione nella faccia di Martin.
«Sì, sì sono io» risponde lui, continuando a guardare Wendy con le sopracciglia aggrottate. «No… io… Perché? Wendy? No, ma che dici! Perché- perché dovrebbe…?»
Wendy osserva Martin ridacchiare nervosamente, salvo due secondi dopo cambiare completamente espressione, quando Vicky gli dice qualcosa che Wendy non riesce a cogliere.
«Sì… sì… okay…» la voce di Martin è diventata improvvisamente seria. Wendy rimane lì immobile, finché Martin non la fissa in silenzio. Poi si toglie il telefono dall’orecchio e lo allunga verso di lei.
«Ti vuole parlare» le dice semplicemente.
Wendy deglutisce a fatica, poi afferra il cellulare di Martin e, senza pensarci troppo, si alza dal letto ed fugge fuori dalla stanza, richiudendosi con delicatezza la porta alle spalle. Non si è nemmeno resa conto fino ad adesso che indossa ancora il vestito nero della sera prima.
Dopo aver preso due lunghi respiri, Wendy si porta finalmente il telefono all’orecchio e risponde con un innaturale allegro:
«Pronto!»
Dopo qualche secondo di silenzio sente l’inconfondibile sospiro di disapprovazione di sua sorella dall’altra parte del ricevitore.
«Wendy…» la sente dire e Wendy vorrebbe solo seppellirsi sotto dieci chilometri di terra in questo momento. «Credevo fossi a Brighton per una convention».
«L-lo sono, infatti!» Meglio cercare di non dire tutto per il momento, dato che è alquanto complicato da spiegare, meglio invece mantenere il danno il più tenue possibile, pensa Wendy. «Ma ieri sera io e Martin ci siamo incontrati per caso e… lo sai che Martin è di Brighton, no?»
«Certo che lo so. Siamo stati insieme al liceo, se non ti ricordi». E, a quelle parole, chissà perché, Wendy si sente terribilmente in colpa per il fatto che sta mentendo spudoratamente alla sua amatissima sorellona.
«Comunque tutto qui!» riprende la ragazza, cercando di mascherare il suo nervosismo con una leggera risata. «Ci siamo incontrati e abbiamo passato una serata insieme. Fine».
«Wendy» sente chiamarla sua sorella, il tono della sua voce quasi preoccupato. «tu e Martin avete…»
Wendy coglie immediatamente l’allusione di Vicky.
«Cosa? No, ew! Che schifo! Come di viene in mente? No, ti prego! Aah!» ribatte, cercando di scacciare quella disgustosa immagine dalla sua mente. «Ci siamo solo ubriacati e poi siamo andati a letto insieme!»
Alla risposta silenziosa di Vicky, Wendy si rende conto di aver appena fatto una terribile scelta di termini.
«Cioè- volevo dire… che abbiamo dormito nello stesso letto… cioè, letteralmente dormito e basta. Siccome ero leggermente fuori di me ieri sera mi ha proposto di dormire a casa sua e… non c’erano letti disponibili così abbiamo dormito nello stesso letto matrimoniale a- a debita distanza e con i nostri vestiti addosso… intendo».
Vogliomorirevogliomorirevogliomorire
«Okay…»
Per qualche motivo Vicky non sembra affatto soddisfatta di questa risposta. E Wendy se ne rende conto, quando pochi secondi dopo sua sorella le domanda:
«Wendy, sei proprio sicura che non devi dirmi nulla? Che tra te e Martin non ci sia assolutamente nulla?»
«No, lo sai che lo detesto, andiamo!» Wendy si lascia uscire una risata forzata. «Non potrei mai con… lui! Oddio, ma come ti è venuto in mente? Siamo solo… colleghi
E anche acerrimi nemici e finti fidanzati per il momento e forse forse amici nel prossimo futuro e chi lo sa che altro è una situazione piuttosto complicata in effetti
«D’accordo» le risponde Vicky, di nuovo sospirando. «Ma voglio solo dirti che tra me e lui è finita da tempo. Sono passati dieci anni, quindi non sono assolutamente gelosa se tu hai…»
«Perché la stai facendo suonare come se mi importasse del rapporto che c’è tra te e Martin?!» Wendy detesta essere scortese con sua sorella, che è forse l’essere più dolce e amabile di questo mondo, ma per qualche motivo si sente parecchio attaccata da queste assurde presunzioni. «Te l’ho già detto, non c’è niente tra di noi. Siamo solo… usciti insieme una sera. E basta!».
«Va bene. Ti credo».
«D’accordo» improvvisamente Wendy sospira, rilassandosi di colpo. «Ora devo andare. Ci sentiamo più tardi, okay? Ti voglio bene».
«Anche io. Va bene, ci sentiamo più tardi. Ciao».
Quando Wendy chiude la chiamata si sente trionfante per aver finalmente convinto sua sorella, ma all’improvviso le viene in mente un particolare piuttosto strano che non aveva notato fino ad ora:
Perché diamine sua sorella stava chiamando Martin Forres alle otto del mattino?!
 
 
«Quindi… da quando tu e Vicky vi scambiate chiamate?»
«Non è che ci chiamiamo regolarmente. È solo che ultimamente stiamo facendo una… cosa insieme, e ne discutiamo spesso per telefono».
Wendy fissa Martin con occhi sospettosi, mentre seduta a gambe incrociate sul letto lo osserva sistemarsi i capelli davanti allo specchio.
Non è che è solamente stupida dal fatto che Martin e Vicky si parlino ancora, si sente anche terribilmente tradita da ciò.
Dopo tutte le volte che Wendy è corsa da Vicky per lamentarsi del suo insopportabile collega, dopo tutte le volte che hanno parlato del liceo e da come sua sorella evitava sempre di nominare il nome di Martin Forres quasi come quei cinque mesi della loro storia non fossero mai esistiti, si era più che convinta che sia lei che sua sorella riservassero la stessa quantità di odio per il ragazzo che aveva spezzato il cuore a Vicky e che aveva rubato il sogno a Wendy.
Ora però, di colpo, scopre che i due sono in realtà segretamente amici e chissà da quanto tempo.
«Okay, scusami» Wendy alza le mani, in un provocatorio segno di resa. «Non sapevo che tu e mia sorella foste migliori amici».
«Non è che siamo migliori amici, pero… insomma, abbiamo un bel rapporto, sì».
Che. Schifo.
Wendy non ricorda che Vicky le abbia mai detto che lei e Martin in realtà si sentivano ancora, anzi, era certa che i due non si parlassero dai tempi della loro rottura.
«Martin Forres…» gli dice minacciosa Wendy, guardandolo con occhi socchiusi. «Giuro su dio che se osi fare di nuovo del male a mia sorella-»
«Rilassati tesoro, ti ho detto che siamo solo amici» si volta un attimo per lanciarle uno sguardo. «Sono passati dieci anni da quando eravamo al liceo, non pensi che io sia almeno un po’ cambiato da allora? Ora capisco perché scrivi di ragazzi che possiedono negozi di artefatti antichi, perché sei sempre così ossessionata dal passato»
Wendy si ritrova profondamente infastidita da tutta quella presunzione da parte sua che decide di cambiare subito argomento.
«E che cos’è questa cosa così importante di cui dovevate parlare così presto al mattino?» domanda Wendy, cercando di risultare disinteressata, quando in realtà dentro di sé sta morendo di curiosità.
Sente Martin ridacchiare, e in quel momento Wendy non sa se ha più voglia di gettarsi lei stessa dalla finestra o di prendergli quel bel visino a schiaffi.
«È un segreto» risponde Martin e Wendy gli lancia uno sguardo incredulo.
Esattamente quante volte si sono parlati alle mie spalle e cosa si sono detti senza che io lo sapessi?
Pochi secondi dopo, quando Wendy è pronta a formulare una domanda del genere, Martin la zittisce in fretta, annunciando di volersi fare una doccia e richiudendosi dentro il bagno.
Wendy sbuffa, quando sente il rumore dello scorrere dell’acqua. Si getta sul letto ed inizia a guardare il suo telefono annoiata, domandandosi cosa dovrebbe fare, adesso che è a Brighton per altri due giorni rinchiusa in una casa in compagnia di nessun’altro se non il suo più grande nemico e i suoi genitori.
Dopo circa venti minuti in cui Wendy ammazza il tempo giocando a candy crush, sdraiata sul letto con le gambe sul cuscino, Martin non è ancora uscito dalla doccia e, dal modo in cui canta così stonatamene, è ovvio che ha intenzione di rimanere in bagno per ancora un altro po’.
A questo punto Wendy decide di scendere giù in cucina, ora che è sveglia da quasi un’ora e le sta già iniziando a venire un certo languorino.
Scendendo le scale che, si rende conto, sono molte di meno di quante sembrassero ieri sera quando lei e Martin hanno provato a salirle da ubriachi, raggiunge la cucina. Si stupisce quando trova la madre di Martin, ancora in pigiama, seduta sul tavolo da sola, che sorseggia da una tazza.
«Oh…». La signora Forres alza gli occhi dalla tazza, accorgendosi della sua presenza. «Uhm… buongiorno…».
Wendy non sa ancora come comportarsi con i genitori di Martin dopo tutto quello che è successo ieri sera. Dopo che ha si è umiliata pubblicamente e ha praticamente insultato davanti a tutta Brighton i suoi due figliastri, dopo che ha rubato suo figlio per chissà quante ore, facendolo mangiare cibo fritto e facendolo ubriacare per tutta la notte.
Wendy si guarda intorno con fare indeciso, ma una volta che la signora Forres ha messo giù la tazza, le concede un inaspettato sorriso smagliante.
«Buongiorno, Wendy» le dice la signora Forres, con estrema gentilezza nella voce. «Vuoi qualcosa per colazione?».
Sebbene estremamente confusa da quella reazione così innaturalmente cortese, Wendy riesce a bofonchiare qualcosa che suona come un “sì, solo del tè, grazie”.
Le due donne siedono in silenzio ai due lati opposti del tavolo, sorseggiando il loro tè ed evitando in tutti i modi di guardarsi.
«Allora…» inizia a parlarle la signora Forres, una volta che ha finito di bere dalla sua tazza. «Cosa… cosa avete fatto ieri sera tu e Martin?»
«Oh» risponde stupita, non del tutto sicura di aspettarsi una domanda del genere da parte sua. «Siamo solo usciti a… mangiare qualcosa e berci un paio di birre…» Wendy prega tutti gli dei in cielo che non li abbiano sentiti entrare in casa ubriachi la sera prima. «Perché Martin era un po’ giù di morale dopo l’evento e… sì, insomma, voleva distrarsi un attimo».
Wendy è terribilmente imbarazzata e a disagio al momento, ma il dolce sorriso della signora Forres, per qualche motivo, è rassicurante.
Wendy si prende un attimo per osservarla bene in faccia. Ora che la guarda più attentamente, nota una certa somiglianza con Martin, specialmente per via di quegli occhi grandi e azzurri che condivide con lui, e che la fanno ricollegare subito alle ascendenze nordiche della donna. Anche i suoi capelli neri, leggermente mossi, sono identici a quelli di Martin.
È senza dubbio una donna affascinante e che possiede un bel viso, sebbene ormai contornato da qualche ruga.
Wendy continua a guardarla con un leggero sorriso, pensando allegramente a tutte queste cose.
La sua mente rimane spensierata fino al momento in cui, pochi secondi dopo, il sorriso così solare della signora Forres sparisce all’improvviso, il suo viso si contrae.
La donna scoppia improvvisamente in lacrime.
Wendy rimane di sasso, osservandola senza avere la più pallida idea di cosa fare.
Ha- ha detto qualcosa di sbagliato, per caso?
«Uhm…»
Si guarda intorno disperata, sperando in chissà quale aiuto. Si sente a disagio quando le persone piangono davanti a lei, soprattutto se sono persone con cui non è affatto in confidenza.
La signora Forres continua a emettere singhiozzi, mentre le lacrime le rigano il viso e guarda imperterrita le piastrelle a terra. Wendy non ha la più pallida idea di cosa fare, se scusarsi ed andarsene, provare a consolarla o fare semplicemente finta di niente, continuando a sorseggiare il suo tè tranquillamente.
Decide di optare per la prima opzione, che è di certo la meno spiacevole da affrontare.
«Ehm… vuole che-?»
Proprio mentre Wendy è sul punto di alzarsi dalla sedia, la signora Forres alza lo sguardo verso di lei e inizia a parlarle:
«Scusami Wendy, è solo che…» dice la donna, tra le lacrime. «Ieri sera è stato così terribile per lui e sono terribilmente dispiaciuta, ti chiedo scusa! E- e dal modo in cui tu hai reagito… Martin ha sempre avuto un sacco di persone contro e io… io nemmeno una volta sono stata così coraggiosa da riuscire a difenderlo».
Wendy si risiede lentamente sulla sedia, pensando che evidentemente la signora Forres abbia voglia di parlare con lei al momento, sebbene sembri una cosa totalmente assurda da voler fare. Ogni secondo che passa Wendy sente sempre più agiata, ma cerca di nasconderlo il meglio che può.
«Io e mio marito… gli vogliamo così tanto bene, sai?» continua la madre di Martin, calmandosi leggermente. «Anche se non è una persona di successo come i suoi fratellastri, gli ho sempre voluto bene, e gliene voglio ancora, non hai idea di quanto io gli voglia bene. Ma ieri sera…»
La signora Forres prende un lungo respiro, cercando di ricacciarsi in dentro le lacrime, prima di riprendere a parlare. Wendy ascolta in silenzio, stranamente sentendosi molto più rilassata di prima.
«Ma ieri sera, mi sono all’improvviso resa conto di tutti gli errori che ho fatto. Mi sono guardata allo specchio e non riuscivo più a guardare il mio riflesso, mi capisci, Wendy? Ho capito di essere stata una madre terribile, di come l’ho ignorato per tutto questo tempo, nonostante tutto quello di cui aveva bisogno fosse un po’ di affetto e magari una mia piccola approvazione»
La signora Forres scuote il viso, guardando sempre in basso.
«Quando ho visto il modo in cui tu lo hai difeso così… diretta e così piena di spirito… Ho pensato che io non avrei mai avuto il coraggio di farlo. Perché mi preoccupavo troppo dell’opinione degli altri, ma che, in fondo, anche io volevo farlo… Perché Martin è mio figlio e io gli voglio bene. Ma come posso definirmi una buona madre se non ho nemmeno il coraggio di difenderlo? Difenderlo in modo così scaltro come hai fatto tu, Wendy, che di certo lo ami a tal punto da fare una cosa così avventata e valorosa…»
Wendy spalanca gli occhi, sorpresa, cercando di non soffocare al sentire pronunciare quelle parole.
Lo ami a tal punto.
Oddio, non è che Wendy ama Martin, ha appena appurato che non lo odia, quello sì, ma diciamo che per il momento è arrivata a tolleralo a malapena. Wendy ha semplicemente difeso Martin perché era la cosa giusta da fare in quel momento, perché qualunque persona che viene attaccata in quel modo così spregevole merita di essere salvaguardata…
Ma forse è semplicemente così che l’hanno abituata i suoi genitori.
«Non lo so, io…» per la prima volta Wendy finalmente parla, con la signora Forres che la guarda a tutte orecchie. «Non penso di conoscere Martin così bene, ma…»
Ed è vero, lei non conosce affatto bene Martin. Non si era mai resa conto, fino alla sera prima, di tutto quello che passava, del fatto che deve aver trascorso tutta la sua vita sentendosi umiliato e sempre messo dietro l’ombra dei suoi fratelli maggiori, quando, alla fine, tutto quello che chiedeva da sua madre era che leggesse il suo libro e magari gli dicesse che aveva fatto un buon lavoro.
Wendy non può dire di aver avuto una brutta infanzia, i suoi genitori, per quanto ultraprotettivi, sono fantastici e l’accetterebbero in qualunque caso, ha due sorelle meravigliose e una casa accogliente da cui tornare ogni volta che ne ha bisogno.
È tutto l’opposto di Martin, in effetti.
E Wendy non osa immaginare una vita in cui i suoi genitori sono totalmente indifferenti verso di lei, in cui le sue sorelle non perdono un secondo per degradarlo e in cui è costretta a vivere in un’altra città perché la sua casa d’infanzia non fa che ricordarle quanto è fredda e assente la sua famiglia.
Si rende conto solo ora (fa molta fatica ad ammetterlo ma deve farlo per forza) che le dispiace da morire per la sorte di Martin.
«…ma penso che a lui non servano grandi gesti d’amore per essere soddisfatto di qualcuno» continua Wendy, guardando d’istinto la tazza vuota davanti a lei. «Penso… che l’unica cosa che voglia veramente sia che qualcuno gli dimostri che ci tiene veramente a lui. Insomma, che… che qualcuno gli faccia capire che ha valore e che non è semplicemente un peso da portarsi dietro…».
La signora Forres la guarda raggiante e di colpo le guance di Wendy diventano color pomodoro, una volta che si rende conto di cosa ha appena detto.
Diamine, ma da dove le sono uscite tutte quelle parole così smielate?
Non è che a Wendy importa veramente di Martin Forres, cosa diavolo le è venuto in mente di dire, a sua madre per giunta?!
«Ehm… almeno, questo è quello che penso io…»
«Sei una cara ragazza, Wendy»
La ragazza in questione alza lo sguardo sbalordita, verso la madre del suo collega, che la guarda con occhi benevoli. Dopo tutti i complimenti che le ha fatto la signora Forres il giorno prima, questo risulta essere l’unico veramente sincero alle orecchie di Wendy.
«Sono così contenta che Martin abbia trovato qualcuno come te, che lo rende così felice: perché è così evidente che è felice quando è con te» continua la signora Forres, mentre Wendy si sente morire dentro ogni volta che ritorna a pensare che è tutto un grande inganno in realtà. «E… grazie per avermi detto queste cose. Ora capisco, ora so che posso fare molto di più per lui di quello che sto facendo. E adesso so cosa preparare per la festa di compleanno di stasera…».
Wendy aggrotta le sopracciglia, confusa.
«Ehm… stasera c’è una festa di compleanno?»
«Sì» risponde stupita la signora Forres, quasi fosse una cosa talmente ovvia. «Non lo sai? Oggi è il compleanno di Martin».
Wendy rimane a bocca spalancata.
«Cosa?!» urla, presa completamente alla sprovvista, guardandosi indietro e rendendosi conto dell’errore madornale che ha commesso ieri sera e stamattina. «Perché… perché diamine non me lo ha detto? Non lo sapevo… io…!»
«Non abbiamo mai festeggiato il suo compleanno, neanche quando era bambino» dice la signora Forres, sospirando e Wendy si calma, riprendendo ad ascoltarla. «Non è mai stata una tradizione così importante per noi. Niente feste e niente regali. Ma quando lo vedevo, da piccolo, sospirare e guardare fuori dalla finestra con fare assente finivo sempre per pensare che… che in fondo non gli sarebbe dispiaciuto essere solo un bambino normale, come tutti gli altri, al pari di tutti i suoi coetanei…»
Wendy la guarda in silenzio, sorridendo leggermente.
«Ho in mente di preparare una sorpresa per stasera» continua la signora Forres, scambiandosi uno sguardo con la ragazza di fronte a lei entusiasta. «Ti andrebbe di darmi una mano, Wendy?»
Wendy sorride calorosamente, felice che le cose stiano leggermente migliorando in questa famiglia ed che la cosa sia anche per merito suo (riespone: specialmente per merito suo). 
«Certo che sì»
Le labbra della signora Forres si aprono in un largo e bellissimo sorriso.
«D’accordo» inizia la donna, piegandosi leggermente verso di lei per poterle parlare a bassa voce. «Ecco il piano…»
 
 
 
«Perché non mi hai detto che oggi è il tuo compleanno?!» strilla Wendy, non appena, dopo essersi lavata e cambiata in vestiti un po’ più comodi del vestito di tulle di ieri sera, apre la porta della sua stanza e ci trova dentro un tranquillissimo Martin, appoggiato alla ringhiera del suo letto, intento a leggere un libro.
Martin alza gli occhi dalle pagine e la osserva in silenzio per qualche secondo, per poi rispondere con un sereno e monotono:
«È solo un compleanno. È un giorno normale, come tutti gli altri».
«Ooh, ma perché devi essere sempre così noioso
Wendy sbuffa rumorosamente, trascinandosi sul letto e gettandosi sul materasso al fianco di Martin. L’uomo le sorride leggermente, quando la vede distendersi e osservare il soffitto intensamente.
«In casa mia non si è mai festeggiato un compleanno. In realtà non credo di averne mai festeggiato uno invita mia» Martin ripete la stessa cosa che le ha detto sua madre poco prima in tutta naturalezza, come se quella non fosse la cosa più triste che qualcuno possa dire. Ritorna a guardare il suo libro, illuminato dalla luce del sole. «E poi perché dovrei voler festeggiare qualcosa che mi ricorda che sono ventisette lunghi anni che sono in vita e che sono sempre più vicino alla mia crisi di mezza età?».
«Ventisette, eh?» Wendy alza lo sguardo verso di lui, sorridendo. «Sei vecchio».
Si rende conto solo ora che Martin sta indossando un paio d’occhiali, grandi e neri come i suoi capelli. Strano, non ricorda di averlo mai visto indossare degli occhiali al lavoro, e, suo malgrado, Wendy si rende conto che gli donano proprio.
La ragazza si accorge anche che Martin si è cambiato e che indossa una normale felpa grigia con cappuccio e dei banalissimi jeans chiari.
È tutto così diverso dal solito stile elegante e acconciato che Wendy è abituata a vedergli addosso tutti i giorni. Tutto così sobrio, tutto così semplice.
È tutta un’altra cosa.
Ed è così assurdo e strano da pensare, ma la semplicità gli dona veramente.
Gli dona così tanto che Wendy riesce ad ammettere, per la prima volta in dieci anni, che Martin Forres vestito così è veramente adorabile.
Ultimamente le è molto più facile ammettere le cose che pensa, che strano.
Sei adorabile, adorabile. Non dovrei pensarlo, perché siamo nemici in realtà, ma lo sei davvero…
Wendy gli lancia un largo sorriso e poi gli mette una mano in faccia, tanto per distrarlo dal suo libro e tanto per dargli fastidio.
«Allora, festeggiato?» gli chiede, mentre Martin è intento a lamentarsi e ad allontanare quella mano dalla sua faccia. «Cosa vuoi che ti regali per il tuo compleanno?»
«Niente, davvero, solo…» sospira Martin. «Vorrei solo passare una giornata tranquilla… Tutto qui».
Wendy continua a sorridergli, anche mentre si rimette a sedere sulle coperte bianche, e con una mano gli afferra il libro, lanciandolo dall’altra parte del letto. Martin le lancia uno sguardo di protesta, ma non riesce a ribattere, perché poco dopo Wendy lo guarda negli occhi e con un sorriso malefico gli dice:
«Beh, indovina un po’, Martin Forres, perché nel preciso istante in cui hai deciso di portare qui la tua più grande nemica, hai anche fatto l’errore più grande della tua vita. Acconsento al fatto che avrei potuto farti fare tutto quello che volevo. E… indovina? Non ho affatto intenzione di esaudire il tuo desiderio di compleanno!».
Senza dire altro Wendy afferra il polso di Martin e inizia a trascinarlo via dal letto, lottando contro la protesta dell’uomo che inizia a strillare e ad aggrapparsi alle coperte come se ne dipendesse della sua vita.
«Questo. È periodo. Di saldi» dice Wendy, ad ogni strattone in cui cerca di far staccare Martin dalle coperte. «E ho detto a tua madre che mi avresti portato a comprare. Nuovi. Vestiti».
«Vacci da sola! Perché devo venirci anche io?!»
«Perché non conosco Brighton così bene, dato che l’ho vista esclusivamente di notte e con una bottiglia di whisky nelle vene!»
Con un nuovo deciso strattone, finalmente Martin lascia la presa e cade in piedi davanti a lei. Tuttavia continua a resistere, cercando di tirarsi indietro mentre Wendy, con entrambe le mani, fa di tutto per trascinarlo fuori dalla porta.
«Non puoi farmi questo! Come fai ad essere così crudele?!» protesta Martin, mentre quegli adorabili occhiali continuano pian piano a scendergli sul naso. «Oggi è il mio compleanno! Ho tutto il diritto di-»
«Credevo avessi detto che il tuo compleanno è “un giorno un giorno normale, come tutti gli altri”»
«Ma-»
«SIGNORA FORRES MARTIN SI STA RIFIUTANDO DI FARE QUELLO-»
«D’accordo, va bene!» urla Martin esasperato, lasciando finalmente andare la presa. «Andiamo, per l’amor del cielo!»
Wendy sorride fieramente, mentre osserva un Martin infastidito scendere le scale e afferrare le chiavi della sua macchina. In sala la signora Forres è seduta sul divano e quando Wendy la incrocia uscendo, le due si scambiano un occhiolino.
Il piano della signora Forres sta andando come previsto.
E con questo Martin Forres passerà il miglior compleanno della sua vita.
 





 
 
Sei così adorabile con addosso quegli occhiali, quando ridi, quando guardi spazientito fuori dal parabrezza, quando ti lamenti e aggrotti quelle bellissime sopracciglia quando ti infastidisco.
Ecco, sto di nuovo pensando a te in modo positivo, che palle. Non dovrei farlo, ma non ne posso fare a meno ultimamente, mi domando il perché.
È tutta colpa tua, lo sai?
È colpa tua, perché sei così adorabile.
 
 
 
 
  
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