Fandom: Grey’s anatomy
Personaggi: Levi Schmitt / Nico Kim
Incubi
d’inverno
Non
ricordo come ho fatto ad arrivare fin qui. Credo di essere in un forte stato di
shock, avverto il sangue scivolarmi lentamente lungo la fronte; i miei capelli
sono appiccicosi e puzzo di bruciato. Sono vivo e in piedi, mentre Levi giace
tra le mie braccia completamente inerme.
Un attimo
prima ci stavamo baciando, potevo sentire la sua pelle nuda vibrare sotto al
mio tocco, e quello dopo… non ricordo. C’è stato un rumore metallico, forte
come un’esplosione, e tutto intorno puzzava di plastica e fumo.
Quando mi
sono reso conto di essere ancora vivo ho notato che Levi era fermo, immobile; i
suoi parametri vitali sembravano essere completamente azzerati e non so come ho
fatto, non ne ho memoria, ma ora sono in piedi davanti all’ingresso del Pronto
Soccorso. Lo tengo tra le braccia e urlo cercando di attirare l’attenzione di
qualcuno.
Il capo,
la dottoressa Bailey, mi intercetta subito; ha l’aria preoccupata e sgrana gli
occhi nel rendersi conto delle mie condizioni. O forse di quelle di Levi e,
maledizione, deve essere sottoposto alle cure migliori. Tremo e non riesco ad
ascoltare la voce del capo, lei mi parla ma il suono delle sue parole mi arriva
ovattato: sarà colpa del pesante acufene che mi penetra nel cervello.
- Dottor Kim! – Lei urla.
- Levi, -
dico soltanto, quasi come se queste parole le avessi vomitate, come se mi
fossero uscite da sole, - Levi, lui è… cazzo… sta male, l’ambulanza, la botta
e… -
- Di cosa
stai blaterando, dottor Kim? –
Lei
chiama qualcuno, devono portare una barella con estrema urgenza. Mentre
attendiamo un infermiere lei prova a visitarmi, a calmarmi, ma io mi ribello
con costanza. – Io sto bene, cazzo. È Levi che non apre gli occhi, non parla,
non risponde agli stimoli e avrà sicuramente una saturazione bassa. Dovete
pensare a lui, è stato preso in pieno da qualcosa e… - la dottoressa Bailey mi
interrompe urlandomi contro qualcosa che non mi importa sul serio. Forse anche
io sono ferito e sono in evidente stato di shock ma ci sono delle priorità e io
non sono tra queste. Non ora.
Probabilmente
devo aver alzato i toni e sento che l’adrenalina sta per abbandonarmi; qualcosa
mi pulsa nel cervello e il sangue mi cola sulle sopracciglia. Non riesco a
capire cosa sto dicendo e di cosa mi stanno parlando, tutto si confonde
all’interno del mio cervello, almeno fino a quando la dottoressa Bailey non mi
afferra il polso. Mi guarda con aria risoluta e mi rivolge un tono addolcito.
- Ci
prenderemo cura del dottor Schmitt, non preoccuparti. Andrà tutto bene, gli
riserveremo le cure migliori dell’ospedale. Ora, dottor Kim,
aiutami a poggiarlo sul lettino. –
Annuisco
piano e assecondo quella richiesta tanto logica; curare Levi è il motivo per
cui mi trovo qui in questo momento. Non mi arriva ossigeno al cervello ma
lascio che Schmitt si stenda sul lettino d’emergenza e guardo il mio capo.
-
Dottoressa Bailey, per favore, mi dica che non è morto. –
- Starà
bene, dottor Kim, oggi non morirà nessuno dei membri
di quest’ospedale. Sono stata chiara? –
Lei mi
guarda e io annuisco di nuovo. Accarezzo la testa di Levi e lo guardo mentre
gli infermieri portano via quella barella, seguiti dalla dottoressa.
Starà
meglio e andrà tutto bene.
Tiro un
respiro di sollievo.
D’improvviso
i colori si fondono davanti ai miei occhi; tutto diventa una massa sfocata di
colore blu che pian piano sfuma nel nero. Non vedo più nulla ma avverto il
freddo del pavimento colpire la mia testa.
Chiudo
gli occhi e rimango da solo con il mio acufene.
***
Non so
quanto tempo sia passato da quando mi sono addormentato. L’adrenalina deve aver
abbandonato le mie membra perché ora inizio anche ad accusare dei dolori alle
ossa. Non ho la più pallida idea di cosa mi sia successo, né di cosa è capitato
a Levi, e le mie endorfine sono praticamente assenti.
Sono da solo
in questa camera e vorrei essere in grado di togliere l’ago della flebo,
alzarmi, uscire e chiedere alla prima persona che mi capiti a tiro dove cazzo
sta Levi ma, se solo provo a girarmi, ho mal di testa. Forse non mi sarei
dovuto addormentare.
I miei
occhi si chiudono; sono così pesanti che tenerli aperti è una fatica immane. Ho
solo una domanda che mi ronza nel cervello: Levi, dove sei?
***
Quando
riapro gli occhi ci impiego decisamente troppo tempo per fare mente locale e
realizzare dove sono. Mi trovo al Grey Sloan Memorial Hospital e devo essere stato messo in osservazione
in seguito… a cosa? La testa mi fa malissimo e... Levi? Dov’è Levi?
Questa è
l’unica domanda seria che riesco a pormi e non so dove trovare risposta. Vorrei
alzarmi e per farlo devo staccarmi questo stupido ago che mi hanno infilato nel
braccio. Lo stacco, o almeno ci provo, ma mi interrompo quando una voce
familiare mi chiama.
- Nico,
che diavolo stai facendo? –
- Linc, - rispondo e mi volto verso di lui. Provo a mettere
su un’espressione seriosa ma mi scoppia troppo la testa anche solo per sembrare
credibile.
- Nico,
hai avuto un pesante trauma cranico. Che credi di fare? –
- Levi
come sta? –
Lincoln,
il mio superiore, mi guarda più sorpreso del previsto; tuttavia si avvicina e
mi rivolge uno sguardo premuroso, - lui è ancora in sala operatoria. –
Quanto
tempo è passato? Che ore sono e che ore erano quando sono riuscito a portarlo
qui? Devo aver messo su una faccia da ebete perché Linc
mi poggia una mano sulla spalla nel vano tentativo di rassicurarmi. – Aveva
delle lesioni interne e ha riportato una lussazione all’anca. Nulla di grave,
ma al momento la Bailey e Meredith stanno facendo del loro meglio. Dovrebbe
uscirne illeso. –
Dovrebbe, è quel maledetto condizionale che mi
preoccupa.
- È il
condizionale che mi preoccupa, - e lo
ripeto anche a voce alta. Sbuffo, perché avrei dovuto proteggerlo e fare
qualcosa di utile; insomma, io non l’ho ascoltato e sono uscito da quello
stramaledetto ambulatorio. Il vento mi ha fatto sbattere contro l’ambulanza e
lui ha camminato rasoterra per soccorrermi, ha perso gli occhiali e… cazzo,
come sta ora?
Le parole
di Linc non sono state incoraggianti e forse non
volevano esserlo. Mi scoppia la testa, l’ho già detto?
- Senti,
Nico, riposa un po’. –
- Linc, mi farai sapere se ci sono degli aggiornamenti? –
- Non ti
preoccupare, - mi dice, poi aggiunge, - invece tu hai avuto un trauma cranico,
sei sicuro di star meglio? –
- Non ho
neanche più gli acufeni, - mento. Si sono solo fatti meno insistenti. Levi ha
avuto lesioni e lussazioni. Merda. Quel ragazzo è troppo sfortunato.
Cazzo
Levi, ma non avevi detto che ti sentivi più forte con la tua spada del sole?
Ah, sì.
Sarei
dovuto essere io la tua spada del sole
o come cavolo si chiama.
Invece
sono stato solo un idiota.
Se non mi
fossi allontanato da quell’ambulatorio ora probabilmente saremmo ancora nudi e
interi; invece sono qui e tu sei lì, a farti tagliuzzare su un tavolo
operatorio. Aspetterò che Linc vada via e andrò a
cercare altrove aggiornamenti su Levi.
Cazzo.
Avrei
dovuto salvarlo.
***
Sono
passate quasi due ore da quando Linc è andato via e
io sono ancora qui. Mi sento molto meglio dopo aver riposato ma ho sempre
bisogno di sapere come sta Levi.
Mi guardo
intorno furtivamente e il trambusto della tempesta non si è ancora placato; il
corridoio è pieno di personale medico che corre e sono sicuro di poter passare
inosservato. Tolgo la flebo dal braccio con un gesto secco e mi sedio con le gambe
fuori dal letto.
A
giudicare da come mi gira la testa credo di essermi alzato troppo velocemente.
Non mi
frega nulla e mi infilo le ciabatte; ora che sono sceso mi dirigo verso il
corridoio, dove nessuno sembra accorgersi di me. Non mi resta che raggiungere
un tablet e controllare dove sia ricoverato Levi Schmitt.
Una cosa
facile, no? Peccato che non so dove sia il mio badge e questa specie di vestito
mi sta facendo innervosire.
- Dottor Kim, cosa crede di fare? - la voce della Bailey mi fa
trasalire; tuttavia, cerco di mostrarmi impassibile e mi volto verso di lei.
- Io…
vorrei sapere come sta Smith, - ok, ho fatto la figura dell’idiota. Non mi
interessa cosa penserà il capo, può intendere la mia ostinazione come effetto
del trauma, come espiazione del senso di colpa, come la disperazione di chi ha
paura e come un’ossessione bella e buona: ormai gliel'ho detto. Mi rendo conto
solo in una frazione successiva che era lei che lo stava operando e allora
aggiungo, - quindi come sta? –
Lei non
sembra proprio convinta della mia salute psicologica e mi prende la saturazione
col suo saturimetro nero. – Dottoressa… -
- Sta
bene, - dice lei, - il dottor Schmitt si rimetterà senza troppi intoppi: gli
basterà un mesetto di convalescenza! –
- E dov'è
ora? –
Mi rendo
conto di essere stato brusco, irriverente: lei si è sempre dimostrata gentile
nei miei confronti e si è presa cura di Levi. Provo ad addolcire la richiesta e
il tono nel dirle - vorrei solo vederlo, accertarmi che è ancora vivo e poi
tornerò qui. –
La Bailey
non sembra molto convinta del mio fare e il suo sopracciglio destro ancora
alzato in segno di disappunto ne è la prova.
- La
prego… sono solo preoccupato. –
- È al
piano di sopra, nella stanza 217. –
- Grazie
mille, - le rispondo e, senza indugiare ulteriormente, corro verso la camera
217.
Non so
cosa pensare e, se da un lato sono felice di star per rivedere quell’esserino
adorabile, dall'altro sono spaventato neanche stessi per affrontare un mostro.
Cosa farò?
Dovrei dirgli qualcosa mentre dorme?
E se
fosse sveglio? Se non volesse parlarmi? Se non si ricordasse di me?
Poggio la
mia mano destra sulla maniglia della porta e deglutisco con difficoltà; l'aria
inizia a mancarmi e non riesco ad aprire questa porta. Quand’è che sono
diventato così patetico? Ho quasi rischiato che la Bailey mi mozzasse la testa
per avermi beccato fuori dalla mia camera, per venire qui, e ora sono davanti a
questa porta e mi manca il coraggio di aprirla.
Devo
farlo, so che potrei accettare tutte le conseguenze con maturità. Ma devo, anzi,
voglio vedere come sta. Mi faccio coraggio, abbasso la maniglia e un attimo
dopo sono nella sua camera: non è molto diversa dalla mia ma Levi è messo
decisamente peggio. Ha delle bende sulla testa, la flebo al braccio e sembra
respirare poco e male. Almeno respira, quindi mi sento già meglio.
Faccio
qualche passo e mi avvicino a lui per poi accarezzare la sua mano destra; al
solo sfiorare la sua pelle rabbrividisco. Poche ore fa eravamo praticamente
nudi, potevo carezzare la sua schiena e pizzicare il sedere, e ora devo
accontentarmi della delle sue dita esili.
Mi
dispiace Levi. Volevo essere la tua spada del sole.
***
- Nico…
Nico, mi senti? –
Non è possibile,
devo star sognando: questa non è la sua voce. Levi è ancora sotto l'effetto
dell'anestesia, ne sono sicuro, questa voce però… è così reale che posso
perfino sentire il tepore del suo respiro riscaldarmi le orecchie. Mi sento tranquillo
e rilassato, come se ci fosse la sua mano tra i miei capelli. Devo star
sognando, i miei occhi sono ancora chiusi e non voglio aprirli, non voglio
allontanarmi dalle sue mani e non voglio che smetta di parlare.
- Nico… -
la sua voce è come una carezza leggera sulla guancia, premurosa e rassicurante.
Se fino a poco fa ero in ospedale a pregare che non gli succedesse nulla ora
sono davanti a un caminetto acceso, fuori piove ma io e Levi siamo abbracciati,
nudi sotto il plaid di Toy Story. Dovrei guardarlo Toy Story; dovrei guardare
tutti i tuoi film preferiti, imparare a giocare a Dungeons
& Dragons, fare tutte quelle cose che ti
piacciono… devo conoscerti Levi, devo carpire le sfaccettature della tua
personalità, devo amarti, prenderti in giro e lamentarmi perché lasci le tue
cose sempre in mezzo. Devo prepararti la cena, dobbiamo discutere e fare pace, Levi
non te ne andare. Levi…
- Nico mi
senti? –
No, Nico,
no, non aprire gli occhi, continua a dormire, Nico, fatti cullare dalla sua
voce…
- Hey… -
I miei
occhi si scontrano con la luce tiepida e debole della mia camera da letto. Sono
confuso e mi siedo al centro del materasso; mi guardo intorno, sono nudo, il
piumone nero copre le mie gambe e…
- Levi…
- e capisco.
- Di
nuovo quel sogno? –
Il suo
sorriso è dolce e rassicurante; gli annuisco e sbuffo. – Quello della tempesta.
–
- Vieni
qui, - mi dice. Si poggia le mani sulle cosce per indicarmi dove poggiare la testa.
Adoro le sue gambe, non solo perché gliele farei tenere aperte per ore, ma
anche perché sono sempre calde e accoglienti qualsiasi ne sia l'utilizzo. Lui
mi accarezza la testa, mi infila le dita tra i capelli corvini e io mi stringo alla
sua gamba destra.
La sua
pelle è liscia e profumata, sento il suo odore sotto le mie narici e mi rilasso.
- Era
solo un incubo, - ribadisce e io annuisco di nuovo. Socchiudo gli occhi nel
tentativo di rilassarmi.
- Era
così reale, è sempre più reale. Ho avuto così paura quella sera… pensavo
saresti morto, e poi che sarei morto anche io. –
- È il
tuo molliccio, - ridacchia. Come fa trovare sempre qualcosa di nerd adatta ad
ogni situazione?
- Il mio…
cosa? –
- Molliccio.
Non hai neanche mai letto Harry Potter? –
- Guardiamo
Toy Story, adesso, subito, - glielo ordino quasi, senza rendermi conto che
sembra che io non l'abbia ascoltato. – No, non l'ho visto. Aspettavo te per
guardarli, - metto su un sorriso sornione.
Lui mi pizzica
la guancia e ride piano, - ti perdono perché sembrava tanto romantico. –
Levi
sorride e io, finalmente, mi rilasso allontanandomi da quei pensieri, il tutto
senza smettere di abbracciare la sua gamba. Questo momento sembra così fragile e
delicato che temo di distruggerlo con una parola fuori posto. Dovrei farmi una
cultura su Harry Potter, sulla Disney, sui giochi di ruolo…
- Nico, -
mi chiama. Lui si china a baciarmi la fronte e io riprendo a respirare normalmente.
Mi giro un po’, quanto basta per far sì che le sue labbra incontrino le mie. È un
bacio dolce, delicato come un petalo di rosa; e quando Levi si scosta un po’
sorrido.
Il mio
mondo è completo; sto così bene con lui e voglio restare qui per sempre.
Allungo le braccia verso di lui, lo stringo a me; il suo corpo è caldo, lo
voglio. Ogni fibra del mio essere vuole congiungersi con lui, voglio sentirlo
mio, voglio fare accarezzare e baciare ogni centimetro del suo corpo.
Lo bacio
ancora, stavolta famelico, e poi mi stacco.
- Ripetimelo
un'altra volta, - gli chiedo.
- Era
solo un incubo d'inverno, - lui sorride.
È estate
dentro me, e lui è la mia spada del sole.
Le nostre
labbra si toccano ancora, voluttuose, e io non voglio addormentarmi; voglio
solo restare così, per sempre, tra le cosce di Levi.
***
Note d’autore:
Una OS che
ho iniziato a scrivere di getto. L’ho intesa come un esperimento per migliorare
l’utilizzo della prima persona. Non so se interesserà a qualcuno, ma io questi
due li amo e niente, ve li beccate.
Se non
sapete chi sono, se vi siete persi qualche stagione di Grey’s
Anatomy, vi consiglio di dare un’occhiata a questo video!
Nel
frattempo grazie a tutti per aver letto; spero di ricevere un vostro parere!
PS: per
aggiornamenti, scleri e altro, date un’occhiata alla mia pagina facebook!