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Autore: DhakiraHijikatasouji    11/01/2019    1 recensioni
*DALLA STORIA*
~ Bill si sedette sulle sue ginocchia. - Io posso essere anche quella rosa dalla quale un giorno tornerai- Gli sussurrò guardandolo dritto negli occhi. - E tu sei quel piccolo principe che ha viaggiato in lungo e in largo per salvarmi dai Baobab che crescevano sempre di più sul nostro asteroide e che avrebbero finito per uccidermi...ma alla fine, anche se non ce la farai, è l'amore che proviamo che conta davvero- Tom gli accarezzò la guancia.
- Ciao, mia bella rosa- Bill sorrise poggiando a sua volta la mano sul suo di viso.
- Ciao, mio piccolo principe- ~
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Questa storia affronta la tematica di una malattia, pertanto è abbastanza tosto come racconto. È bello, ci ho messo davvero tutta me stessa. Spero che vi piaccia e che arriviate fino alla fine.
Hijikatasouji🖤👽
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Tom Kaulitz
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate
Capitoli:
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He wanted him to stay


Era entrato in casa sbattendo la porta così forte che Simone aveva sussultato dall'altra stanza ed era corsa subito all'ingresso, ma Tom stava già dirigendosi nella sua stanza.

- Tom!- Solo il rumore dell'altra porta che sbatteva le rispose.

- Cosa è successo?- Accorse Gordon dal seminterrato, dove solitamente provava con la chitarra. Appena aveva sentito quei rumori si era preoccupato.

- Non lo so...è tornato a casa, non ha salutato, e si è chiuso subito in camera sua- Gordon si posizionò subito davanti alla porta di Tom bussando piano. - Tom, sono la mamma, tesoro- Aveva provato Simone, ma nessuna risposta. - Per l'amor del cielo, Gordon, entra- Fece improvvisamente impanicata che al figlio fosse preso qualcosa di veramente brutto e che non potevano rimanersene sulla soglia in quella maniera, senza fare niente. Gordon sospirò. Capiva Tom, si sarebbe arrabbiato, avrebbe provato a mandarli via, ma non lasciava loro altra scelta. Abbassò la maniglia ed entrarono piano. Lo trovarono sul letto, girato dall'altra parte, le spalle scosse da quello che sembrava un pianto. Si guardarono un attimo, come per decidere chi avrebbe dovuto avvicinarglisi. Gordon capì che forse era meglio se ci andava lui. Si accostò piano sedendosi sul materasso.

- Ehi, Tom..-

- Lasciatemi stare- Rispose subito, proprio come si aspettava.

- No...non me ne vado finché non mi spiegherai, e lo sai bene che a noi puoi dire tutto, Tom- Il ragazzo non accennava un movimento, così fu Gordon a fare il giro del letto per incontrare il suo sguardo, e sussultò: non aveva mai visto Tom piangere in quel modo. In 12 anni che lo conosceva Tom non aveva quasi mai pianto, e se lo aveva fatto, mai in quella maniera. Adesso aveva il viso rosso e rigato, gli occhi gonfi, e le labbra che gli tremavano come se avesse voluto urlare, ma si tratteneva. - Tom, non posso vederti così, davvero, potresti dirci cosa è successo? Io e tua madre siamo qui per ascoltarti, non per giudicarti. Se hai combinato qualcosa...-

- L'unica cosa di male che ho fatto è stata non mollare tutto ancora prima di innamorarmi, E' STATO RIVOLGERGLI LA PAROLA!- Aveva urlato improvvisamente. Gordon guardò Simone che si teneva due mani sul cuore, avendo capito, forse, il tipo di problema che aveva Tom.

- Ok, tranquillo, Tom, adesso ne parliamo con calma. Mettiti su, per favore- Tom si mise a sedere strofinandosi gli occhi per asciugarseli inutilmente. Le lacrime sembravano non finire mai. Simone chiuse la porta e raggiunse Gordon davanti al figlio.

- Parla, ti ascoltiamo-

- No, io..-

- Tom, ti prego. Ti pare che noi si possa stare ignoranti mentre tu entri in casa sbattendo la porta e ti rinchiudi in camera tua in lacrime?- Disse Gordon cercando di farlo ragionare. Tom rimase a fissarli. Doveva parlare, ma non sapeva come iniziare, così andò subito al sodo.

- Bill...lui...ha il cancro- Le facce sconvolte di Simone e Gordon gli tolsero un po' di pressione. Adesso che sapevano anche loro, nessuno stava più a fargli domande.

- Oddio...Tom, tu..-

- Mamma, lascia stare, lascia stare...non lo dire, non dirlo- Sapeva quello che sua madre voleva dire, sapeva che voleva.. - Ho sbagliato, tutto qui. Quando tutto questo finirà, mi riprenderò e..e andrò avanti-

- Tesoro, ma ti senti quando parli?- Gli chiese Gordon, e Tom alzò lo sguardo. - Uno sbaglio...tu sei innamorato e lo reputi uno sbaglio...perché?-

- Perché Bill..Bill..-

- Bill cosa, Tom?-

- BILL STA PER MORIRE!!- Gridò loro contro, come se fossero degli stupidi che fino a quel momento non avevano capito niente, ed invece avevano capito più di lui stesso. - Io mi sono innamorato di una persona...che sta per morire- Ripeté con un sorriso amaro, di quelli che ti vengono quando quasi stenti a crederci anche tu. Tom si domandava perché fosse successo proprio a lui, e nel mentre si alzò cominciando a girellare per la stanza, forse cercando di trovare una risposta. - Sono sfortunato, è l'unica spiegazione-

- Tom...puoi fermarti un attimo per favore?- Chiese Gordon e Tom arrestò il suo passo frenetico. - Ancora una volta hai detto qualcosa di assurdo. Cioè, fammi capire...saresti tu lo sfortunato in tutto questo...o Bill?- Lo domandò cercando di farlo riflettere sulla sciocchezza appena sparata, ma Tom non reagì. Abbassò lo sguardo colpevole e lasciando cadere due lacrime.

- Vieni qui- Disse Simone battendo le mani sul materasso. Tom ci si rimise sopra e Simone lo abbracciò. - Bill non ha mai desiderato niente di tutto questo, non ha la colpa di quello che sta accadendo, e non l'hai nemmeno tu. Siete entrambi in balia di un destino dal quale non potete fuggire purtroppo, ma quello che voglio dirti...è che non puoi lasciare che tutto scivoli via così e poi provare rimpianti, capisci?- Simone gli stava dicendo che ogni momento poteva essere l'ultimo, ma ugualmente in Tom c'era una contraddizione. Era arrabbiato con Bill, e non poco. Non voleva soffrire così, voleva che lui rimanesse...

***

Il rumore dell'elettrocardiogramma lo risvegliò, come ripresosi da un incubo. Beh, più o meno era stato così, e non era sicuro che fosse finito. Si guardò addosso vedendo che aveva dei fili attaccati alle braccia, e sentiva un leggero fastidio al naso. Si toccò percependo dei tubicini di plastica che servivano sicuramente a dargli ossigeno. Sospirò. Non aveva più lacrime per piangere, ma nemmeno la voglia per versarne. D'altronde era così...questa volta però non aveva potuto evitare di stare male davanti a Tom. Sussultò. TOM! DOVE ERA ADESSO!? Si mise di scatto a sedere, ma qualcosa glielo impedì.

- Nono, Bill...giù, tesoro, giù- Sua madre si era appena svegliata sentendo qualcosa muoversi e lo prese per le spalle aiutandolo a ridistendersi.

- Mamma..-

- Ssshh, va tutto bene, papà sta arrivando, dovrebbe essere qui ai momenti-

- Mamma, dov'è Tom?- Chiese un po' debole, ma apprensivo. La donna sospirò.

- Tom..-

- Eccomi!- Dalla porta entrò il padre di tutta fretta. - Come stai?-

- Papà...- L'uomo lo prese e lo abbracciò. Appena aveva ricevuto la telefonata da Christine, aveva lasciato il lavoro per presentarsi immediatamente all'ospedale. Si sarebbe arrabbiato scoprendo che era fuori? Ma...lo sapeva?

- Meno male la mamma ti ha portato qui in tempo- Ok, non lo sapeva. Meglio così. Sua madre era stata al gioco. D'altronde era meglio non farlo arrabbiare. La porta si aprì nuovamente ed entrò il dottore.

- Dovrei parlarvi, potreste venire un secondo fuori?- Disse solo. I due si alzarono dalle sedie e uscirono promettendo di tornare presto. Bill rimase solo con quel suono fastidioso e martellante. Guardava l'elettrocardiogramma sperando solo che diventasse piatto da un momento all'altro. Desiderava da quando era nato che tutto quello che lo riguardasse avesse una fine, o meglio, lo aveva sempre desiderato ma lo aveva capito soltanto a dieci anni, quando era certo che un giorno sarebbe finita. Pensava a Tom. Perché sua madre aveva fatto quella faccia quando gli aveva chiesto della sua presenza? Tom...Tom non c'era? Tom non era lì fuori a fare il pazzo, a cercare di fare di tutto per vederlo?
Immerso in questi pensieri poco piacevoli, non si era accorto che la porta si era aperta nuovamente. Sorrise al vedere Georg. Una persona con la quale poteva parlare.

- Sono entrato qui a sgamo, Gustav sta facendo da palo- Rise...li adorava quei ragazzi. Poteva dire che erano davvero veri amici. - Come ti senti?-

- Il solito...penso che ormai tu sappia, che voi sappiate- Disse con rammarico. Georg sospirò occupando la sedia dove poco fa stava Christine.

- Bill...perché non ce lo hai mai detto?-

- Perché non è semplice...e perché per la prima volta dopo tanto tempo ho ricominciato a vedere il mondo a colori stando con voi e con Tom- Georg non rispose. Gli veniva da piangere, aveva un nodo che stava provando a trattenere e parlando Bill lo avrebbe percepito. - Dov'è Tom?- Il castano deglutì. Adesso come poteva dire a quegli occhi di cerbiatto che il suo amore era fuggito chissà dove? Doveva farlo. Non poteva trattarlo da stupido. Da malato sì, ma da stupido no.

- Bill, ascolta, immaginerai che pure Tom adesso è a conoscenza di tutto, e immaginerai anche che non è facile affrontare una cosa del genere...- Bill lo stava guardando come confuso, ma in realtà il moro stava capendo benissimo, solo che voleva sapere dove voleva andare a parare. - Lui...non è qui adesso, lui...è scappato, non appena ha saputo tutto, è fuggito sotto i nostri occhi, quelli di tua madre e del medico. Tom ovviamente non l'ha presa molto bene, ma..-

- Ma voi siete qui...lui no- Disse sull'orlo delle lacrime e con risentimento nella voce. - Georg, io non mi aspettavo che ne fosse contento o che se ne fregasse, ma nemmeno che mi lasciasse solo-

- Ma Tom non ti ha lasciato solo...-

- QUESTO COME LO CHIAMI!?- Urlò lasciando scorrere le lacrime. Dio, che male faceva il petto...

Georg se ne accorse e gli accarezzò la schiena.

- Bill, non devi agitarti. Non preoccuparti...Tom tornerà da te, perché ti ama-

- Lo spero- Georg a sentire quelle parole ci rimase male. Bill era stato così abituato a perdere la fiducia, che l'aveva perfino persa nell'amore di Tom. - Georg...vorrei restare solo, per favore. Vedere voi e non lui mi fa incazzare...mi...rende triste- Disse con il labbro tremulo, le braccia incrociate al petto e gli occhi rossi di lacrime. - Non me lo aspettavo...davvero- Continuò guardando dall'altra parte, senza incrociare il suo sguardo. - Io non lo avrei mai fatto...e hai ragione, forse avrei dovuto dirglielo fin dall'inizio, almeno mi evitavo di soffrire...non voglio trattenerti oltre, buonanotte- Georg non seppe come controbattere. Bill aveva ragione, ma sapeva che anche Tom ne aveva, almeno una buona parte. Si alzò quindi da quella sedia dirigendosi all'uscita. Gettò un ultimo sguardo a Bill, che ancora non si era mosso da quella posizione. Stava lentamente morendo e si vedeva che non ce la faceva più. - Georg, posso dirti un'ultima cosa?- Disse un po' più tranquillo ma lasciando che le lacrime scorressero sulle sue guance.

- Tutto quello che vuoi-

- Se questa fosse una malattia per la quale dovrei rimanere attaccato a delle macchine per sopravvivere...tu me le staccheresti?- Lo chiese tremando. Georg perse un battito. Non poteva rispondere ad una domanda simile. Non se la sentiva, non...non poteva e basta. Capiva perché Bill lo stava chiedendo. Questo ragazzo sentiva di aver perso tutto e di voler morire. Bill voleva morire, Bill voleva soltanto essere un angelo o un fantasma in una vita astratta, perché in quella concreta lo era di già...ma non per tutti. C'era sua madre, suo padre, lui e Gustav...e Tom.

- Buonanotte Bill- E così dicendo chiuse la porta.
Bill rimase solo ancora, e forse questa volta per sempre. Una rabbia gli stava crescendo dentro ripensando a tutti i momenti di quella sera. Il fatto che gli avesse tenuto la mano, quando aveva preso a pugni quei deficienti, quando per accontentarlo aveva accettato perfino di fare una giostra per bambini...e quando gli aveva rivolto la parola per la prima volta, solo e solo lui. Una rabbia cieca...voleva che tutto questo non fosse mai successo!
Prese il vaso con i fiori che aveva accanto e lo lanciò con forza facendolo schiantare contro il muro frantumandolo in mille pezzi.
A nulla servirono le parole della madre, del padre e dei medici. Bill era arrabbiato, e non sentiva più nessuno. Non voleva soffrire così, voleva che lui rimanesse...

***

Quella sera fu triste. Tom si addormentò tra le braccia di sua madre, con il viso tirato dalle lacrime ormai secche. I giorni che seguirono però furono molto peggio. Bill non si era presentato a scuola, ma il punto era che adesso sapeva anche il perché e lo sapevano anche Georg e Gustav. Il loro gruppo non era più riuscito ad essere felice. Tom non voleva parlare, ed i due non sapevano che fare. A scuola stavano cominciando a calare tutti e tre e non andava bene. Tanto che si chiesero che specie di maledizione avesse fatto a tutti quel Bill che improvvisamente aveva invaso le loro vite. Vedevano grigio, il reale colore del mondo. Sicuramente Bill era ancora in ospedale, oppure lo avevano dimesso e non ne sapevano niente. Di Bill sembrava sparita la traccia, perfino in classe non chiedevano niente di lui. Bill non era mai esistito per nessuno, tranne che per Tom e i loro due amici. Bill per tutti era stato un fantasma, e a volte Tom rimpiangeva di aver fatto un'eccezione, di averlo conosciuto, ma il minuto dopo se ne pentiva imprecando contro il suo egoismo.
Era una mattina come quelle, quando Tom sussultò a sentire il rumore di un grosso libro sbattuto sul suo banco, che lo destò dalla sua depressione. Alzò lo sguardo: Georg.

- Adesso basta, non possiamo continuare così- Aveva detto. - Tu adesso alzi il culo da quella sedia, vai sotto quella fottuta casa e se non te lo riprendi io...- Cercò di trattenere la rabbia, ma fece ben intendere cosa volesse dire. - Io ti riempio di botte così forte che qui dentro Bill non sarà più il solo ad essere dimenticato...è chiaro!?- Era arrabbiato, molto. Georg era raro vederlo arrabbiato. Georg era sempre stato gentile, comprensivo...se si arrabbiava era per qualcosa di davvero serio. - Lui sta marcendo ogni giorno...e la persona migliore che gli viene in mente sei tu...io mi farei schifo- Disse con un tono di disprezzo, ma non era a quello che stava puntando. Georg voleva solo una cosa, e l'avrebbe ottenuta. - Sai, nei miei ultimi minuti, ore e giorni di vita...vorrei soltanto che qualcuno di davvero valido mi stesse accanto, qualcuno che ha le palle di affrontare la situazione, qualcuno che mi ama davvero- Si chinò sempre di più verso il rasta, come a volergli impiantare i suoi discorsi nel cervello. - Qualcuno che, come mi è stato detto, mi ha fatto vedere finalmente il mondo a colori...- Tom in quel momento voleva scomparire, voleva che la terra lo inghiottisse facendogli male. - Ma tranquillo che quella persona non sei tu. Adesso devo andare- Era stato veloce e rapido come un mare di proiettili sparati tutti in una volta sola e che avevano mirato tutti al cuore. Bill non era degno di lui...Bill meritava quella persona migliore. Il punto era che Bill non aveva più molto tempo e quella persona non l'avrebbe più ritrovata. Se lo amava davvero, doveva cambiare lui.

- Aspetta Listing- Mai lo aveva chiamato con il suo cognome. Georg si era fermato e si era voltato. - Sono disposto a fare qualsiasi cosa...ma non posso farla da solo- Georg sorrise e gli prese la mano.

- Io e Gustav siamo qui apposta. Dicci quello che dobbiamo fare e lo faremo- Tom ci pensò un attimo, poi gli venne un'idea.

- Io devo riavere Bill assolutamente...ma per farlo ho bisogno assolutamente di voi e di queste mani fatate- Georg le ritirò schifato.

- Smettila, per l'amor di dio- Finì tutto in una risata. Adesso sapeva cosa fare. Bill gli aveva insegnato a non avere paura, e per quello avrebbe dovuto solo pendere dalle sue labbra. Gli aveva detto che lo avrebbe salvato, il suo cuore glielo aveva promesso...doveva seguirlo, anche se gli tremavano le mani.

***

Bill era stato dimesso circa dopo due giorni dall'accaduto. Aveva effettuato degli esami, poi altri controlli con la Bachman, e adesso era in camera sua, disteso sul letto con quegli accidenti di tubi nel naso che gli avrebbero tolto soltanto nella bara, poco prima di chiuderla. Non aveva più pianto. Ormai non si sentiva più niente...non viveva più. Non era uscito dalla sua stanza, non aveva mangiato e si stava lasciando andare lentamente. Sarebbe morto su quel letto con il sorriso di chi non vedeva l'ora. Il cielo fuori era grigio, forse avrebbe piovuto. Meglio. Una delle poche cose che adorava era la pioggia...e la musica Rock. Spalancò gli occhi. Da dove veniva quel rumore?

Sembrava il suono di una chitarra elettrica       

Sembrava il suono di una chitarra elettrica. Si alzò dal letto, un po' intorpidito dato che aveva i muscoli leggermente atrofizzati. Scostò la porta della sua stanza correndo fuori, ignorando i richiami dei suoi. Si affacciò al terrazzo. Nel giardino...nel suo giardino distinse quattro persone. Sussultò. Quei rasta...
Un tuono sembrò squarciare il cielo, ma Bill stava sentendo solo la chitarra sfiorata da quelle mani esperte. Georg aveva il basso, Gustav la batteria e poi vide anche Gordon, anch'esso con la chitarra. Ma quello con il microfono era Tom.

- Bill, torna dentro, sta per piovere- Disse sua madre uscendo, ma appena notò quello che stava succedendo, si bloccò sulla soglia della porta finestra tappandosi la bocca dalla sorpresa.

#Time, it needs time

To win back your love again

I will be there, I will be there

Love, only love

Can bring back your love someday

I will be there, I will be there#

La sua voce...dio la sua voce...
Tom stava cantando per lui...Tom stava gridando al mondo la loro storia, quello che erano stati, e che potevano ancora essere.
Scosse la testa. No, non poteva perdonarlo così...no. 
Ma...lui lo amava.

#And fight, babe, I'll fight

To win back your love again

I will be there, I will be there

Love, only love

Can break down the wall someday

I will be there, I will be there#

- Bill, non hai sentito tua madre?- Suo padre uscì, ma Bill non lo sentì, solo quando percepì il suo furore scattò per fermarlo.
- No, papà...- L'uomo cercò di divincolarsi, ma Christine si intromise bloccandolo.
- Devono andarsene!- Ma Bill era ormai perso nella dimensione che aveva accolto i suoi sentimenti.

#If we'd go again

All the way from the start

I would try to change

Things that killed our love

Your pride has built a wall, so strong

That I can't get through

Is there really no chance

To start once again

I'm loving you#

Bill aprì le labbra tremanti sussurrando.
-

Ti amo anche io- Un lampo illuminò quella band dannata..sì, perché se c'entrava con lui, lo era sicuramente. Ma dannata o no, a Bill non importava. Bill sentiva il suo cuore sul punto di esplodere. Non percepiva le urla di suo padre, ma solo quella musica stupenda. Il Rock che squarciava il cielo come potenti fendenti di spada.

#And try, baby try

To trust in my love again

I will be there, I will be there

Love, our love

Shouldn't be thrown away

I will be there, I will be there#

Bill si portò una mano alla gola. Faceva male, ma era orgoglioso di questo. Era contento di sentire dolore per la gioia che stava provando. Sua madre lo guardava e sorrideva, suo padre lo guardava e sembrava voler incenerire con lo sguardo l'unica cosa che davvero lo aveva fatto felice in tutta la sua vita. E sì, avrebbe provato a fidarsi dell'amore di Tom ancora.

If we'd go again

All the way from the start

I would try to change

Things that killed our love

Yes, I've hurt your pride, and I know

What you've been through

You should give me a chance

This can't be the end

I'm still loving you

Il loro orgoglio aveva davvero costruito muri insormontabili, e come due amanti perduti adesso si trovavano sotto la pioggia, sotto lo sguardo delle persone, ad esprimere il loro pazzo amore come meglio potevano. Ad esprimere il perdono, le scuse e le promesse.
Bill sentiva gli occhi bruciare e il pianto liberarsi lentamente...piano piano. Stava per esplodere il suo cuore, ne era sicuro.
Si stava reggendo alla balaustra del balcone, stava stringendo forte, ma sarebbe stato inutile. Anche solo il fatto di sapere che Tom lo amava ancora, fece in modo che cadesse in ginocchio, urlando tutta la sua felicità in un grido di disperazione che raggiunse i decibel della musica. Bill stava piangendo di tristezza, gioia e commozione insieme. Era Tom a provocargli tutto questo.

I'm still loving you

Tese una mano verso di lui. Voleva raggiungerlo, voleva correre da lui.
-

Tom...- Sussurrò nel pianto.

I'm still loving you

- BILL!- Inutile richiamarlo. Ormai era già corso giù per le scale a tutta velocità, intenzionato a precipitarsi fuori. Mentre scendeva sentiva i tuoni, la musica, e vedeva i fulmini e la pioggia che aveva cominciato a cadere piano dalle nuvole argento, e le finestre ormai perlate. Spalancò la porta.

I need your love

I'm still loving you

E lui era lì: bello e dannato quanto lui mentre le gocce di pioggia si erano posate sul loro corpo. Gli strumenti bagnati, e loro quattro fermi come statue, ad aspettare solo lui. Tutti lo avevano fatto solo ed unicamente per lui...tutti erano lì per salvarlo dalla prigione. Tutti gli amici di Romeo erano venuti in suo aiuto per salvare la sua Giulietta, avrebbe detto se quello fosse stato un romanzo, ma non era così. Era la vita vera. Lui era lì davvero.
Corse sotto la pioggia e si gettò tra le sue braccia piangendo.

- Ti...ti...- Aveva detto tra i singhiozzi. Tom lo aveva avvolto con le sue braccia. Insieme stavano ignorando la pioggia, insieme avrebbero ignorato anche il vento, il fuoco, e tutta la furia della natura. - Ti amo, e non mi interessa di niente, non mi interessa della morte, né della vita, io voglio solo stare con te- Gli era balzato in braccio e avevano unito le loro labbra in un bacio disperato. Quello era forse il bacio più bello di tutti, perché per la prima volta erano solo loro. Tom non era necessario parlasse; cantando aveva detto abbastanza. Tom lo cinse per la vita e l'altra mano tra i suoi capelli. Gli era mancato da morire sentirlo tra le braccia, sentirlo suo. Liberò anche lui una lacrima, mentre ancora le loro labbra non avevano smesso di cercarsi. Giovani come erano, nessuno avrebbe potuto guardarli o giudicarli male. Si amavano agli occhi del mondo, e quindi? Era sbagliato? No, certo che no. Si separarono e poterono nuovamente guardarsi negli occhi. Bill rise abbracciandolo. - Dio, mi dispiace, Tom...non sai quanto-

- Mi ami ancora?- Bill rimase sorpreso. Alzò lo sguardo verso di lui. Credeva che avrebbe dovuto fargliela lui quella domanda...e invece...

- Per tutta la vita...per tutti i giorni e le notti, io ti amerò- Aveva detto. - Ormai il mio cuore è tuo, e forse sarà un po' malato ma...se sei disposto a prenderlo, puoi farne quello che vuoi- Tom si stava nuovamente avvicinando a lui, le loro labbra si sfiorarono appena quando qualcosa costrinse loro ad allontanarsi, o meglio...qualcuno.

- Lascia stare mio figlio!-

- Jörg!- La moglie cercò di chiamarlo, ma ormai il padre era partito spedito in direzione dei due ragazzi. Tom si strinse Bill a sé. Non aveva paura, non più.

- Tu piuttosto! Che diritto hai di intrometterti!?- Invenne Gordon mettendosi in mezzo.

- Come che diritto ho!? Sono suo padre!-

- Papà, MA IO LO AMO!- Aveva urlato Bill interrompendo la discussione che stava venendo a formarsi. Tutti si voltarono verso di lui, stava ansimando dal grido. - Ma non vi rendete conto!? Mettersi a discutere è inutile! Papà, io amo Tom e lui ama me, è con lui che voglio stare- Disse serio e sostenendo il suo sguardo. Il trucco ormai colato per le troppe lacrime, i capelli appiccicati al viso per la pioggia, le labbra arrossate per essersele morse troppo: questa era l'immagine che si stava presentando agli occhi del padre; ma soprattutto lo sguardo del figlio lo aveva completamente reso incapace di parlare: i suoi occhi, che erano sempre stati di un ambrato spento, adesso stavano prendendo colore. Doveva quindi credergli? Dove a quindi accettare che suo figlio stesse con quel...con quel...no, si rifiutava! - PAPA'!- Jörg si voltò rientrando in casa, non guardando neanche Christine in faccia, e chiuse la porta facendo sussultare la donna.

- Jörg, è tuo figlio!-

- Ha scelto con chi vuole stare- Rispose semplicemente prima di andarsene via, ma Christine era una madre. Non poteva lasciare tutto così.

- Jörg, ascolta, se è così che la metti..- Riaprì la porta. - Io me ne andrò con lui-

- No- Essa si fermò sulla soglia. Jörg sospirò e riuscì a intravedere ancora Bill che lo guardava da fuori, fermo come una statua.

- Te ne pentirai, Jörg- Aggiunse Christine. Erano gli ultimi momenti di Bill, quei tubi sul viso lo confermavano. Già si era perso così tanto...

- Va bene- Uscì nuovamente dalla casa avvicinandosi ai due, in particolar modo a suo figlio. - Questa sarà ancora casa tua, ma lui non ci dovrà MAI mettere piede, e adesso rientra in casa!- Lo prese per un braccio strattonandolo così forte che gli fece male. Tom se lo sentì togliere e gli salì la rabbia.

- NON E' QUELLO CHE VUOLE!- Gridò.  Jörg si fermò. - Non è quello che vuole- Ripeté con tono più calmo.

- E che cosa vorrebbe?! NON HA ALTRA SCELTA!!-

- E' LEI CHE NON GLI DA' SCELTA!- Invenne Tom con una furia che nessuno aveva mai visto. Perfino Georg e Gustav si spaventarono, ma non ebbe nessuno effetto su Jörg che continuava a stringere il braccio di Bill. Il moro lo stava implorando di lasciare che per il momento le cose andassero così. Avrebbero trovato un modo per vedersi.

- Tom...- Il padre si voltò verso il figlio. - Ricorda...ogni giorno e ogni notte chi siamo io e te- Questo bastò a far calmare il rasta che annuì piano. Non si stava rassegnando, si stava fidando di Bill. - Non c'è bisogno che mi stringi così!- Fu proprio lui a liberarsi e a voltare le spalle a tutti. - Andiamo a casa- Si fermò sulla porta dove c'era sua madre. Alzò lo sguardo per ammirare tutta la costruzione, poi si girò per vedere gli altri e sorrise. - Grazie- Una parola, mille emozioni.
E quello era stato il giorno dove esse si erano combattute, dove avevano fatto delle scelte.
Avevano scelto di amare, di vivere...seppur con gli ostacoli che la vita implicava.
Ma se stavano insieme, per Bill la morte non era più così interessante e gli ostacoli era pronto a superarli.
Ma solo se lo teneva per mano, solo se lo stringeva e lo baciava come aveva fatto quel giorno.
Solo se continuava a dirgli "ti amo".

   
 
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