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Autore: DhakiraHijikatasouji    11/01/2019    1 recensioni
*DALLA STORIA*
~ Bill si sedette sulle sue ginocchia. - Io posso essere anche quella rosa dalla quale un giorno tornerai- Gli sussurrò guardandolo dritto negli occhi. - E tu sei quel piccolo principe che ha viaggiato in lungo e in largo per salvarmi dai Baobab che crescevano sempre di più sul nostro asteroide e che avrebbero finito per uccidermi...ma alla fine, anche se non ce la farai, è l'amore che proviamo che conta davvero- Tom gli accarezzò la guancia.
- Ciao, mia bella rosa- Bill sorrise poggiando a sua volta la mano sul suo di viso.
- Ciao, mio piccolo principe- ~
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Questa storia affronta la tematica di una malattia, pertanto è abbastanza tosto come racconto. È bello, ci ho messo davvero tutta me stessa. Spero che vi piaccia e che arriviate fino alla fine.
Hijikatasouji🖤👽
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Tom Kaulitz
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate
Capitoli:
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Ich liebe dich🖤


Tom non riusciva a dormire. Non sapeva perché esattamente. Avrebbe dovuto dato che tra qualche giorno lo avrebbero già interrogato, se lo sentiva fortemente. Non poteva permettersi di stancarsi e avere le occhiaie già a inizio anno. Le foglie stavano cominciando a seccarsi e il vento stava soffiando forte fuori. L'autunno in sé per sé gli piaceva. Gli piacevano le mezze stagioni. In inverno c'era troppo freddo, in estate troppo caldo. Quindi già il fatto che la scuola iniziasse in una stagione piacevole giovava. Il pensiero ricadde improvvisamente su Bill. Chissà che cosa stava facendo..
Forse stava dormendo, forse invece era sveglio a pensare a lui. Si sfiorò le labbra con le dita. Ricordava ancora quel bacio, e che dopo quello non si erano più visti. Non sapeva perché Bill non lo avesse ricontattato, e nemmeno perché lui avesse fatto altrettanto. Lo amava, ormai non poteva più negarlo a sé stesso. Stava provando qualcosa per Bill, l'aveva provata fin dalla prima volta che lo aveva visto. Lo aveva incuriosito, e il suo carattere aveva avuto l'effetto di una calamita: lo aveva attirato verso di sé. Ma se anche per Bill era stato lo stesso, non andava molto bene: due calamite si respingono. Ma loro erano due opposti, e gli opposti si attraggono. E qui le cose si separavano: stare dietro ai proverbi o alle leggi della fisica?...Oppure fregarsene sia dell'uno che dell'altro e semplicemente seguire il cuore, come inconsciamente Bill gli aveva insegnato. Pur ripetendogli senza una ragione che con lui stava commettendo un errore di cui ignorava ancora l'esistenza, si era lasciato andare e si erano baciati...
Se Bill aveva poi ricontrattato tutto questo non lo poteva sapere. Gli sarebbe dispiaciuto e non poco, ma ci sarebbe passato sopra perché se lo amava doveva rispettare le sue scelte. Non poteva costringerlo, anche perché Bill era un tipo che si faceva trascinare facilmente, non avrebbe voluto approfittarne. Il soffitto illuminato dalla luce della luna che filtrava dalla finestra doveva essere molto interessante per rimanere a fissarlo con le braccia incrociate dietro la testa. Poi apparve un'ombra. Gli ricordava Bill, dato che era fine e in cima aveva la stessa forma disparata del suoi capelli. Allungò una mano verso quella sagoma, ed improvvisamente sussultò. Si voltò verso la finestra e balzò sul letto a constatare che qualcuno lo stava osservando da fuori nel giardino. Si avvicinò e sgranò gli occhi aprendo la finestra.

- Bill, che ci fai qui!?- Chiese sporgendosi dal balconcino. Il moro sorrise senza rispondere. - Oddio, entra dentro...devi essere pazzo- Ma Bill non accennava a muoversi. - Bill...- Si accostò a lui e Bill fece lo stesso. Il vento continuava a soffiare, ma questa volta lentamente. - Perché sei qui?- Chiese sulle sue labbra, che sfiorò nel tentativo di parlare. Bill rispose facendole venire a contatto alzandosi un po' sulle punte. Tom lo prese per i fianchi, e con tutta la forza che aveva lo alzò portandolo dentro e gettandolo sul letto non interrompendo il bacio. Allora non si era scordato di lui...ma perché era lì? Era tardissimo, se li avessero visti sarebbero stati uccisi minimo, soprattutto se fosse stato il padre di Bill ad aprire quella porta, ma non c'era pericolo. Con lui Bill era al sicuro, sempre. Si staccarono con un piacevole schiocco e si guardarono negli occhi. Tom gli accarezzava la guancia e Bill il viso con entrambe le mani.

- Finalmente, non ce la facevo più- Disse che sembrava sul punto di piangere. Appoggiò la fronte alla sua. - Mi mancavi, Tom- Gli mancava così tanto che aveva perfino fatto la pazzia di scappare di casa nel bel mezzo della notte. Tom lo avvolse con un braccio sistemandosi meglio accanto a lui e tirandolo poi a sé.

- Perché hai rischiato così tanto?- Sussurrò.

- Non lo so. La mia vita, tutto intorno a me scorre senza che io possa fare lo stesso. Io sono in mezzo, fermo in un mare di persone che camminano e non mi guardano come se non ci fossi. Mi sento esattamente così quando non sei con me, quando mi lasci solo in quella che io definisco "Casa dei Fantasmi"- Tom osservava il suo viso lisciandogli i crini neri come la pece. 

- Bill, fosse per me...fosse per me vivresti qui! Dormiresti qui con me e mi prenderei cura di te per tutto ciò che hai bisogno, anche se detto sinceramente non mi sembra ti manchi molto a parte...la libertà- Prendersi cura di lui...se avesse saputo cosa comportavano quelle parole...
Bill era come un piccolo uccellino chiuso in gabbia che non conosceva nulla di più, nulla che non comprendesse il suo spazio fatto di ferro e sbarre. Tom in tutto questo era forse un salvatore, era forse un angelo che era venuto a liberarlo. Entrambi non sapevano perché Dio avesse voluto il loro incontro. Bill sentiva di non meritarsi di essere felice, o almeno non adesso che non sarebbe durata molto. Tom non sapeva e gli andava bene così. - Convincerò tuo padre- Disse con un tono fermo e deciso.

- Cosa?-

- Sì, Bill. Tuo padre deve capire che vuoi stare con me- Gli afferrò piano la mano. Bill era arrossito, ma abbassò lo sguardo. Tom non percepì questo come un buon segno. - Cosa c'è, Bill?-

- Niente...forse, come ti ho detto quel giorno qui a casa tua, ho paura. Ho paura che tutto questo possa finire, e non voglio essere felice- Tom certe cose ancora non le capiva, ma infondo avere lì Bill in quel momento era tutto quello che gli interessava.

- Io..pensavo che tu non volessi più andare avanti con me- Disse sinceramente, con un tono molto rattristito nonostante non ce ne fosse motivo siccome non era vero. Bill posò altri piccoli baci sulle sue labbra.

- Non...dirlo...nemmeno- Sussurrò tra un bacio e l'altro. - Io..ti amo, Tom- Il rasta arrossì. Bill lo aveva detto davvero, Bill aveva avuto il coraggio di ammetterlo, lui era ancora lì e la lingua immobile, gli occhi quasi lucidi ed un angelo nero che lo osservava avendo appena detto di amarlo. Con quello sguardo si sentiva un burattino nelle mani del burattinaio, ma non era così. Bill non aveva intenzione di comandarlo, Bill aveva quello sguardo quando...sì, quando aveva appena seguito il proprio cuore e adesso se ne stava pentendo. Perché questo? Per suo padre? Glielo aveva detto che avrebbe sistemato tutto...e allora perché?
Tom stette per controbattere ma poi decise che non c'erano parole da dire. Non era quello il momento, non voleva ammettere i suoi sentimenti solo con un "anch'io". Bill meritava di più.
Allora pensarono bene di ricominciare con le labbra. Era più che sufficiente sentire il sapore l'uno dell'altro senza chiedere di più. Un giorno avrebbero capito tutte le cose irrisolte, lontano o vicino per adesso non faceva alcuna differenza. Per un po' andò avanti solo così. Con le labbra che non la smettevano di cercarsi, le lingue un solo sfiorarsi e le anime un continuo mischiarsi. Erano due semplici ragazzi in un letto a esprimere il loro amore che agli occhi degli altri doveva rimanere nascosto. C'erano ancora troppi segreti, e magari questi venendo alla luce avrebbero potuto causare danni irreparabili, ferire qualcuno...ma la mente era spenta. Solo il cuore a guidarli. - Tom..devo andare ora- Disse ad un certo punto aprendo gli occhi.

- No, ti prego, resta- Bill rise.

- Non posso, lo sai- Si mise a sedere sul materasso, ma prima di alzarsi in piedi, sentì il braccio che gli venne afferrato. - Tom, ti ho detto che...- Le parole gli morirono in gola. Il rasta lo stava fissando con sguardo indescrivibile, avrebbe fatto quasi paura con tutta quella oscurità.

- Un giorno, Bill...un giorno io ti salverò- Pronunciò con tono serio. Non aveva intenzione di dare spettacolo o effetto: era la vita reale, non un film. Ma Bill aveva perfettamente capito. Sorrise lievemente, come suo solito.

- Lo fai già- Sussurrò aspettando che la mano di Tom scivolasse via dal suo esile braccio, per andare verso la finestra che aprì. Saltò nel giardino, e prima di muovere anche solo un passo, si fermò.

- Domani!- Si voltò. Tom era lì, come si aspettava. - Domani...verresti da me? A studiare, intendo..- Bill abbassò lo sguardo mordendosi il labbro cercando di trattenere la troppa felicità.

- Ok...buonanotte, Tom Kaulitz- Si sollevò sulle punte per dargli un ultimo bacio, e quando Tom riaprì gli occhi, l'angelo nero era già scomparso nel vento della notte.

***

Il campanello suonò alle 15:00 puntuali. Bill era sempre stato un tipo preciso quando si parlava di orari, non gli era mai stato insegnato ad arrivare in ritardo.

- Buongiorno, posso fare qualcosa per te?- Inizialmente il moro pensò di aver sbagliato casa quando vide una donna con i capelli rossi sulla porta, ma poi provò ad azzardare un intuizione, ovvero che poteva essere la madre di Tom.

- Lei è...Simone, giusto?- Era capitato in qualche discorso che Tom gli avesse rivelato il nome di sua madre.

- Sì, sono io-

- Io sono Bill Truemper, sono un amico di suo figlio, sono venuto qui per suo invito- Cercò di essere più formale e composto possibile. Non voleva fare brutta impressione. Che sciocco, tanto non avrebbe mai saputo che lui era il fidanzato di Tom.

- Oh, allora entra. Non stare sulla porta- Bill le fece un sorriso oltrepassandola e entrando per la terza volta in quella casa che ormai la vedeva più sua di quella in cui era costretto a vivere. - TOM! C'E' BILL!- Dovette tapparsi le orecchie ma rise. Tom gli aveva detto che Simone era una donna molto spontanea, e la cosa gli piaceva. - Deve avere la musica a tutto volume, non mi sente- La donna si mise le mani sui fianchi, come offesa. - Scusami, tesoro, ma se sei davvero quello che dici di essere, allora credo di poterti dare il permesso di accingerti da solo. Ah, potresti dire a Tom che io esco? Sto andando a fare la spesa, e poi devo andare anche in altri posti, sarò di ritorno tra qualche ora- Bill annuì in procinto di correre nell'altra stanza. - Ah, e, scusami se ti sto affidando così tante cose, ma digli anche che Gordon potrebbe venire qui da un momento all'altro. Gordon è il mio compagno- Bill sorrise e annuì nuovamente. - Bene, allora io vado. Studiate, mi raccomando- La porta si chiuse e quello fu come un segnale per Bill di poter finalmente andare, come un cagnolino sciolto dal suo guinzaglio. Simone non aveva tutti i torti, dalla camera di Tom provenivano certi botti musicali pazzeschi. Bill rise non azzardandosi neanche a bussare sapendo che tanto non sarebbe servito a nulla, essendo che nemmeno le urla di Simone erano riuscite nell'intento di essere ascoltate. Entrò direttamente e lo vide sdraiato sul letto, con la chitarra sulla pancia. La fascia, che solitamente teneva sui dreadlocks, se l'era tirata sugli occhi. Sembrava stesse dormendo. Bill fece in punta di piedi e si avvicinò, si mise in ginocchio osservando il suo profilo per qualche secondo. Ma come faceva a risposare con quel baccano?! Oddio, la musica era bellissima, ma così spaccava proprio i timpani! Si sporse e gli soffiò un po' sulle labbra, prima di poggiarvi le proprie. Lo sentì sussultare e sorrise leccandogli con la lingua le labbra. Lo aveva svegliato. Percepì una sua mano che gli tastava i capelli prima di prenderglieli per stringerlo ancora più a sé.

- Bill, dimmi che sei tu, non vorrei aver fatto una figura di merda- Bill rise alzandogli la fascia nera dagli occhi. - Ma come sei entrato?- Il moro si alzò abbassando il volume della musica, senza che Tom replicasse.

- Fino a prova contraria, hai anche una madre in casa, e questa tua madre mi ha detto di dirti che in questo momento non c'è e sarà così per qualche ora, ma potrebbe arrivare Gordon da un momento all'altro, perciò è bene che ci becchi a studiare- Si stava arricciando i capelli sul dito mentre parlava, e Tom aveva sentito solo mezza parola di quello che aveva detto, impegnato a guardarlo. - Non sapevo che avessi una chitarra- Tom si risvegliò dal suo stato di trans accorgendosi nuovamente di dov'era e cosa doveva fare.

- Sì, ehm...esatto-

- E la sai suonare?-

- Certo che la so suonare!-

- E come hai imparato?-

- Gordon. Lui è un musicista, fa parte di una band ed è il chitarrista. Lo conosco da quando avevo sei anni, e per lui sono stato come un pupillo al quale insegnare tutto quello che sapeva. Con lui ho scoperto il mondo della musica, e mi sono aggrappato ad essa come se potesse salvarmi la vita, e più volte è stato così-

- Wow...- Tom alzò lo sguardo trovando un Bill che lo guardava rapito. - Tom, parli della musica come non avevo mai sentito da nessuno...- Tom sorrise un po' imbarazzato.

- Sì, beh, non ho nemmeno pensato a quello che ho detto..-

- Mi fai sentire come suoni?-

- Bill, vorrei tanto ma dobbiamo studiare...- Tuttavia Bill che si avvicinò a lui appoggiandogli la testa sulla spalla non fu molto d'aiuto, e il suo senso del dovere se ne andò a puttane prima del tempo. Bill era un angelo, ma sapeva tentare come il diavolo. - E' inutile che fai così- La sua voce traballava, non avrebbe convinto neanche Kelly ai momenti. Bill si accostò ancora di più affondando il viso nel suo collo provocandogli un certo brivido.

- Dai..- Lo supplicò lasciando qualche piccolo bacio. Era una tortura, nessuno avrebbe resistito a lungo!

- Ok, va bene, va bene...ma non farlo mai più!- Bill rise.

- Tutte le volte che servirà, amore mio- Tom si stuzzicò il piercing con la lingua per poi sospirare e afferrare la chitarra che giaceva sul materasso.

- Ok...una serenata per il mio amore- Bill gli diede una pacca che lo fece ridere. Stette un po' a pensare a cosa suonargli mentre accordava lo strumento. Cosa poteva essere degno di Bill Truemper? Cosa poteva suonare al ragazzo che amava? Lo guardò e Bill inizialmente non capiva, ma rimase fermo ed in silenzio a farsi analizzare da quegli occhi dorati, poi Tom li chiuse e Bill si sorprese. Non ha nemmeno bisogno di guardare le corde?
Le sue mani esperte iniziarono ad accarezzare le corde piano, andando a tempo. Era una professionalità che mai Bill aveva visto provare dal vivo e riconobbe la canzone.

#I'm lost in your eyes

Reaching out to cross the great divide

You are drifting away

Mind and soul and body

day by day#

Il fatto era che aveva cominciato a cantarla nella sua mente e percepiva quelle parole come vere, come se l'anima di Tom in fondo stesse pensando questo di lui, quello che esattamente il testo comunicava. Tom credeva lui si stesse allontanando giorno dopo giorno, ma lo intendeva prima della notte precedente. In quella canzone c'era l'inizio della loro storia, dal loro primo bacio in poi. Non era molto, ma infatti la canzone parlava di futuro, non di presente e né di passato. Solo di quello che avrebbero dovuto ancora vivere.

#Nothing's stopping you and I

It's do or die tonight#

Morire o vivere...ma sempre insieme.

#So tell me why I'm alone

When we're lying here together

On a night that's so cold

And you're just a touch away

Baby try to hold on

Till we make it to forever

We're alive

And the future never dies#

Era chiaro che si stessero mentendo, ed era chiaro che Tom non ne potesse più di alcune cose ancora non dette, ma Bill non avrebbe ceduto. Era giusto così. In quella canzone c'era quello che Tom voleva dirgli segretamente.

#I've been dying inside

Holding back the tears

I never cried

Now I'm down on my knees

Cause everything you are is what I need#

Perché tu sei tutto quello di cui ho bisogno...ma tu non hai bisogno di piangere. Qui stiamo morendo in due, chi in un modo, chi in un altro.

#You're the meaning of it all

Don't let me fall you've gotta

Tell me why I'm alone

When we're lying here together

On a night that's so cold

And you're just a touch away

Baby try to hold on

Till we make it to forever

We're alive

And the future never dies

We're alive

And the future never dies#

Non posso dirtelo, Tom...non posso proprio.
Una lacrima scese indisturbata per il suo viso.

#We've got to come together

Cause everybody needs

a heart to hold

Can't you see it's now or never

Cause we've got

nowhere else to go

Tell me why I'm alone

When we're lying here together

Baby try to hold on

Till we make it to forever

We're alive

And the future never dies

We're alive

And the future never dies#

Non voleva che si fermasse, ma allo stesso tempo non voleva piangere. Non adesso, non davanti a Tom. Sarebbe stato palese che aveva qualcosa da nascondere, e Tom avrebbe voluto saperla sennò...se ne sarebbe andato, temeva.

#In your eyes, (Bill)

The future never dies#

Aprì gli occhi e lo guardò senza espressione. Tom guardava le sue lacrime senza espressione. Bill ormai singhiozzava senza avere niente da dire, o almeno avrebbe tanto voluto non avere niente. Si asciugò le lacrime.

- E'...stato bellissimo...Tom- Disse tra i singhiozzi. - Mi dispiace- Sussurrò e basta. Tom sospirò posando la chitarra dov'era prima. Lo prese e lo abbracciò stretto cullandolo.

- Ssshh, tranquillo..posso aspettare, ancora posso aspettare- Sì, ma per quanto ancora? Questo si chiedeva il moro. Dopo quel tempo che cosa sarebbe successo? Tom lo avrebbe abbandonato come avevano fatto tutti?  - Ti chiedo io scusa, non dovevo espormi troppo. Non mi immaginavo conoscessi questa canzone, pensavo di star facendo una cosa così, poi ho visto che piangevi e allora ho capito che stavo sbagliando, ma ormai era tardi. Mi dispiace, Bill, mi dispiace- Bill teneva ancora la testa appoggiata sul suo petto nasconendo gli occhi e accarezzandolo come per fargli capire che non ce l'aveva con lui.

- Fa niente, Tom- Disse alzandosi e pulendosi il viso con la manica della maglia. Sorrise battendo le mani sulle cosce. - Allora? Da dove iniziamo?- Tom si stupì di questo improvviso cambio di umore. Come era riuscito a trovare il sorriso in una frazione di secondo? Ma soprattutto: come aveva fatto con un senso di colpa non indifferente addosso? Meglio non chiedere niente.

- Da quello che vuoi tu. Abbiamo storia e tedesco come interrogazioni-

- Vada per tedesco- Si misero a studiare seriamente senza parlarsi. Era difficile, ma si imponevano di non cedere. Ogni tanto si lanciavano occhiatine...ma non potevano nemmeno sfiorarsi o sennò sarebbe andata a finire in tutt'altro modo. Dovevano impegnarsi. Quell'anno avevano la maturità!
Tom lasciò cadere l'occhio verso un oggetto che era appena rotolato ai suoi piedi: una penna. Cercò di fare finta di niente, mentre Bill si alzava mettendosi a gattoni per recuperarla. Cercò di tenere gli occhi lontani dal suo...fondoschiena. Certo, perché lui era un ragazzo per bene, tutto di un pezzo, non si faceva abbindolare da..da quei due problemini che erano proprio lì a portata di mano in quel momento. - Ma dove è finita?- Lo sentì gemere. - Tom, mi dai una mano?- Bill sussultò non appena sentì qualcosa sul suo sedere.

- Eccola- Si voltò trovandoci proprio la mano di Tom.

- Ma che accidenti fai, pervertito!?- Gliela schiaffeggiò e Tom rise roteando gli occhi al cielo. Si mise sotto il tavolo anche lui prendendo la penna e porgendogliela.

- Tieni-

- Grazie- Rispose fintamente stizzito il moro prima di rimettersi a sedere, come se non avesse lasciato il proprio fidanzato sotto il tavolo, il quale stava arrossendo a vedere le gambe accavallate di Bill. Erano così lunghe..fini...
Porca putt...!!
Abbiamo un piccolo problema!
Tom si impose di controllarsi. Bill era concentrato...riusciva a vedere che tra le labbra teneva un lapis mordicchiandolo un po' con i denti. Deglutì. Si avvicinò accarezzandogli una gamba. Il moro non si scompose. Tom sorrise maliziosamente salendo con la mano fino alla coscia. - Tom...- Gli piaceva, lo sentiva. Anche prima gli era piaciuta quella palpatina, ma ovviamente, da vera signorina che era, doveva prima recitare il ruolo di quella offesa e ferita nell'animo. - Tom..la mano-

- La vedo-

- Eh, anche io la vedo- Rispose un po' tremolante. Tom si mise in ginocchio costringendo Bill ad arretrare con la sedia per fare in modo che uscisse allo scoperto. - Ciao, amore- Tom rise per il nervosismo del moro facendo scorrere entrambe le mani più su andando più lento nella zona dell'inguine. Bill sussultò. Che gli stava succedendo? Tom baciò quella parte così vicina al cavallo dei suoi pantaloni. Bill non sapeva che fare, non sapeva come muoversi. Fremeva ad ogni tocco, stava sicuramente arrossendo ed era anche un po' imbarazzato. Però allo stesso tempo gli piacevano questo tipo di attenzioni. - Tom...-

- Amore?- Lo guardava innocente come un bambino. No, non si sarebbe fatto abbindolare. Tom si vide arrivare la copertina del libro in pieno viso.

- Direi che mi hai distratto abbastanza!- Il moro tornò ad aprire le pagine non calcolandolo più. Tom, con il naso dolorante, si rimise al suo posto.

- Guarda che mi hai fatto male...-

- Mh-mh- Non lo stava neanche ascoltando! Ingrato! Era troppo concentrato sulle righe. Il dolore Tom lo dimenticò quasi subito osservando Bill che scriveva sul suo libro, sottolineando cose importanti e riflettendo su cosa tralasciare. Era così sexy!

- Sì, però potevi risparmiartela quella cosa con il libro eh!- Insistette. Ancora niente. Si avvicinò un po'. - Ehi, ci sei?- Nulla. Niente e nessuno sembrava riuscisse a distrarlo in quel momento. - Bill, mi stai ascol..!!!- Sgranò gli occhi nel momento che sentì afferrare il proprio viso e una lingua familiare ficcata letteralmente in gola. Mugugnò per la sorpresa, e non ebbe neanche il tempo di realizzare che quel bacio finì nella stessa maniera rude nella quale era iniziato. Bill era poi nuovamente fermo, lo sguardo ancora fisso sulla carta. Tom non ebbe il coraggio di dire nulla, era stata un'attenzione abbastanza sufficiente e direi anche appagante. Poteva considerarsi soddisfatto. Sorrise girandosi anche lui verso il suo libro di tedesco. Passò un'altra mezz'ora circa, prima che Bill lasciò cadere nuovamente la matita. Tom per un attimo volle scherzarci su, ma voltandosi si accorse che c'era ben poco da ridere. Bill si era alzato in piedi e aveva una mano sul petto. Cercava di respirare, come se qualcosa lo stesse soffocando da dentro. Lo vide correre all'indietro per poi battere la schiena contro il muro opposto e accasciarsi in ginocchio. - BILL!!- Era riuscito a svegliarsi da quello stato di pietrificazione ed era corso nella sua direzione. Lo aiutò a mettersi in piedi, ma in quel momento ricevette una spinta. Bill non voleva il suo aiuto. Ma come poteva rimanere ad assistere impotente!? Bill corse via in direzione del bagno. Non fece in tempo a raggiungerlo che il moro aveva chiuso a chiave. Tom poté solo rimanere davanti alla porta a domandare cosa fosse successo tutti di un tratto. Sentì dei rumori strani. La tosse mista a conati di vomito. Doveva essergli presa davvero brutta.
Bill era dentro e piangeva. Le righe di sangue che attraversavano il bianco dei suoi occhi premevano come per scoppiare. La cosa che lo stava soffocando stava risalendo piano, mentre cercava di vomitare per sopravvivere. Non voleva che Tom lo sentisse, non voleva che Tom lo vedesse così. Quando sentì quel qualcosa essere abbastanza a portata di mano, si infilò un dito in gola tossendo un paio di volte e riuscendo ad afferrare qualcosa di viscido. Tirandolo fuori, sentì nuovamente le vie respiratorie libere. Lo gettò subito nell'acqua del WC senza guardare, il sapore del sangue in bocca. Sì, era un grumo di sangue non indifferentte. Ripresosi dal soffocamento, si lasciò cadere di spalle contro il muro opposto. Sentiva il sangue ancora fresco sulle sue labbra che tremavano. Si mise in posizione fetale a piangere. Aveva avuto paura, paura di morire davanti a Tom...aveva avuto tanta paura quella volta. - Bill...amore, tutto ok?- Tom era ancora lì e si stava preoccupando per lui. La parola "amore" tra loro era cominciata dal primo "ti amo" di Bill, e ormai era diventata come una virgola nelle loro frasi reciproche...una virgola con il suo importante significato. - Fammi entrare, ti prego-

- No...vai via...per favore- Sussurrò così piano, come un desiderio espresso a bassa voce, e infatti Tom non lo sentì.

- Bill, mi sto davvero preoccupando...rispondimi, almeno- Se non gli avesse risposto, Tom avrebbe chiamato un'ambulanza e avrebbe scoperto tutto. Tirò lo sciacquone mettendosi nella posizione più eretta che gli riusciva. Girò la chiave e aprì piano la porta imitando un piccolo sorriso. - Ehi...che è successo?- Domandò, come si chiederebbe ad un piccolo bambino che aveva semplicemente avuto un'indigestione. Il viso ancora più pallido di Bill fece rabbrividire Tom, che fino a quel momento credeva non fosse possibile giungere ad una gradazione così alta di chiaro. - Posso fare qualcosa?- Bill scosse la testa. Essa gli faceva male da morire.

- E' passato, Tom...è passato- Tirò su con il naso sentendo ancora il sapore ferroso del sangue in gola. - Adesso voglio solo tornare a casa e riposare, spero che non ti dispiaccia- Lo disse con rammarico. Dispiaceva più a lui che a Tom lasciare quella casa.
Tom annuì piano, non molto convinto, ma se era quello che poteva fare per farlo stare meglio, allora ok.
Improvvisamente sentirono la porta aprirsi.

- Tom, sei in casa?- La voce di Gordon.

- Sì, ma sto giusto per uscire- Bill lo guardò interrogativo.

- Dove va...oh, ciao- Salutò Bill con un sorriso che il moro si sforzò di ricambiare.

- Salve, mi chiamo Bill, ero venuto qui per studiare con Tom e adesso abbiamo finito, quindi vado a casa- Spiegò più brevemente possibile.

- Sì, ed io lo accompagno- Lo affiancò Tom. - Poi torno-

- Ok, è stato un piacere conoscerti, Bill-

- Altrettanto, signore-

- Chiamami pure Gordon-

- Ok...Gordon. Arrivederci- Si mise il giubbotto ed uscì seguito da Tom. - Sai benissimo anche tu che non è una mossa saggia accompagnarmi a casa!- Sembrò rimproverarlo Bill.

- E rischiare che tu faccia di nuovo una cosa come quella per strada!? Ma sei pazzo!?- Tom aveva ragione, Bill lo sapeva, ma voleva proteggerlo. - Tu non stai bene adesso, e non me ne frega proprio niente di quello che potrà dire o pensare tuo padre, è chiaro!?- Bill non rispose, e Tom si accorse di aver forse esagerato con il tono. Lo avvolse con un braccio stringendolo stretto. - Scusa, Bill...è solo che mi sono spaventato tanto, non puoi avere idea di quanto. Quando ti ho visto andare a sbattere contro la parete con quella violenza, ho temuto per un attimo ti fossi spaccato la schiena..- Bill neanche lo aveva sentito l'impatto. Si appoggiò a Tom. Si sentiva debole. Non riusciva quasi a tenersi in piedi.

- Tom, sto per..- Non riuscì a finire la frase che il cervello parve andare in stand-by. Chiuse gli occhi non percependo più nulla, se non la sua voce allarmata. Poi nemmeno più quella...
Tom se lo era sentito scivolare addosso ed era sussultato. Lo prese subito tra le braccia.

- Bill! Bill, mi senti!?- Nulla. Era svenuto. Doveva portarlo assolutamente a casa. Lo afferrò con un braccio sotto le spalle ed uno sotto le ginocchia tirandosi su e stupendosi di quanto Bill, alto come era, fosse molto leggero. Non lo sentiva quasi. - Ma cosa ti sta succedendo..?- Chiese guardando i suoi occhi chiusi. Notò le sue labbra. Erano secche e leggermente screpolate. Come poteva essergli presa tutta di un tratto così? Arrivò davanti casa sua dopo neanche 5 minuti di camminata con Bill in braccio. Bussò alla porta con qualche calcio, aspettando chiunque gli venisse ad aprire, pronto a litigarci se necessario. La porta si discostò rivelando una donna con i capelli biondi.

- Bill! Che gli è successo!?- Chiese allarmata avvicinandosi. - Che gli hai fatto?- Chiese, dando per scontato che uno come Tom non avrebbe mai potuto amare la persona che aveva tra le braccia.

- Io nulla, gliel'ho solo riportato a casa- Disse con tono più calmo e pacato possibile. - La prego, mi faccia entrare. Solo per adagiarlo da qualche parte, poi tolgo il disturbo, giuro- Christine lo squadrò ancora un po' diffidente, ma non vide malizia negli occhi del ragazzo davanti a lei, perciò lo lasciò passare. Tom si diresse da solo nel salotto mettendo Bill sul divano, sistemandolo a dovere: un braccio gli era caduto penzoloni, lo prese e lo riposizionò su. Sembrava senza vita e per Tom era struggente. Rimase a fissarlo un attimo deglutendo. Toccò la sua mano: era ancora calda. Si guardò indietro, Christine non c'era. Gliela baciò velocemente accarezzandogliela piano. - Ti amo, Bill. Se puoi sentirmi...ti amo- Sussurrò lasciandogli un piccolo bacio anche sulle labbra. Poi si alzò, gli diede un'ultimo sguardo. L'aria in quella casa era così fredda...doveva assolutamente trovare qualcosa per...

- Sei ancora qui?- Chiese Christine spuntando improvvisamente.

- Mi scusi, ha una coperta?- Christine rimase un po' perplessa per la domanda e rispose un po' balbettante.

- Sì..c-certo- Andò subito a prenderla non aspettando neanche che Tom gliela chiedesse specificamente. - Eccola- Vide Tom prenderla e spiegarla per poi adagiarla con cura sopra suo figlio. Rimase ipnotizzata da quel gesto così amorevole e pieno di attenzioni. - Come ti chiami?-

- Tom- Rispose tenendo gli occhi su Bill. Christine si avvicinò attirando quindi la sua attenzione.

- Tom scusami e...grazie infinite- Tom sorrise alla donna, che finalmente non lo guardava più storto. Senza dire niente si diresse alla porta di ingresso sotto lo sguardo di Christine, e con un'ultima occhiata al salotto, uscì. Quel giorno era stato bellissimo fino a quel maledetto intoppo. Non sapeva cosa aveva causato a Bill tale malessere, ma sperava gli passasse presto. Immaginava già che anche domani avrebbe saltato la scuola e non lo avrebbe visto. Quei piccoli momenti che passava con lui, però, li avrebbe custoditi nel suo cuore per sempre. Non credeva di potersi mai innamorare di un ragazzo. Con Bill non ci aveva neanche pensato che lo aveva baciato. Senza prese in giro, senza fraintendimenti. I loro sentimenti erano sinceri. E sapeva che anche la paura di quel pomeriggio lo era stata.

   
 
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