Salve! È da un po’ che
non scrivo o pubblico, ma riordinando i file del computer ho trovato questa
vecchissima fan fiction!
Non so perché non ha visto
prima la luce ma ancora oggi non mi dispiace. Si deve però conoscere la
storia di Fruit Basket. Per chi non la conosce ma si vuole comunque addentrare
della lettura, Hatori non può abbracciare una donna sennò si
trasforma in un cavalluccio marino. E in qualche modo si libera di questa
maledizione durante la storia del fumetto. Ci sono altri riferimenti e sottointesi
ma questo è proprio essenziale…buona lettura!
Something
New
Non
le erano mai piaciuti i locali troppo tradizionali.
Tutto
quel legno con un odore stantio, pareti a scomparsa macchiate e quadri cupi di
geishe con paesaggi ricamati. Preferiva i lucidi banconi e i tavoli puliti,
comodi e alti dei bar moderni. Perciò non sapeva proprio come catalogare
il locale di questa sera, tutto sembra nuovo ma allo stesso tempo antico. Un
gradevole profumo di spezie pervadeva l’aria e la luce tenue delle candele
non sembra posta per nascondere la polvere, ma solo a rendere rilassante il
tutto. Era stato Hatori a sceglierlo, dicendole che per una volta non le
sarebbero mancati un po’ meno alluminio e plastica nei dintorni. L’aveva
seguito senza ribattere troppo.
Il
locale non era molto affollato nonostante la sua gradevolezza, era tardi e il
giorno seguente sarebbe stato lavorativo.
Questo
fatto risultava a favore della serata, ma sarebbe riuscita a essere di
compagnia lo stesso. Non era la prima volta che lo rivedeva dal giorno del
matrimonio di Kana. Tuttavia semplicemente non riusciva a non pensarci. Ricordi
passati e recenti si erano mischiati e le vorticavano nella mente. Tante
domande senza risposta. E in tutto questo sempre una costante si faceva
sentire: il suo ingombrante sentimento per lui.
Erano
arrivati da circa mezz’ora e avevano entrambi ordinato una birra gelata.
Per
adesso non avevano parlato che del più e del meno e del fatto che
Shigure volesse invitare una buona parte dei Soma in villeggiatura in una delle
mille tenute che quella gigantesca famiglia sembrava possedere. Tutto per
trovare l’ispirazione per il suo nuovo libro diceva il grande scrittore.
Per fare un tiro mancino al suo editor pensava Mayu; sicuramente avrebbe
lasciato casa senza avvertirlo e quel povero disgraziato sarebbe piombato nella
disperazione più nera.
Mentre
seguiva i fili di questo ragionamento sentì Hatori dirle “Scusa,
magari sono invadente, in questi giorni sei molto pensierosa, è successo
qualcosa?”
Lo
guardò stupita, non era usuale che si addentrassero in domande
personali, in ogni caso provò a lasciar cadere l’argomento
“Io?
No niente…il solito…la scuola”
Però
Hatori non glielo permise
“é
che sembri…triste, ogni tanto”
Nel
sentirsi dire questo, proprio da lui, percepì un ondata di rabbia
invaderla e quasi senza pensarci gli rispose
“Io?
E che mi dici di te? E’ da quando ti conosco che sembra esserci sempre qualcosa
che ti tormenta! Per è una giornata storta...per te cosa è? Una
serie continua di giornate storte?”
Hatori
sbarrò gli occhi stupito dal tono e dal cambiamento di soggetto, poi con
la solita compostezza le disse “mi hai già posto una domanda simile
e già allora ti dissi, che non è niente, voglio solo poter
staccare un po’ ogni tanto”
Sempre
senza rendersi troppo conto di stare parlando ad alta voce sussurrò come
a se stessa “ma non è come voler scappare da qualcosa
così?”
Si
rese conto di averlo veramente detto quando ricevette un lungo sguardo amaro in
risposta, così malinconico che fu lei stessa a staccare per prima il
contatto e voltarsi.
Poi
Hatori annuì impercettibilmente
“In
un certo senso è così... Sei acuta Mayu”
Ma
da cosa?questa è l’unica domanda che
avrebbe voluto fare!..ma non poteva.
“sì…bhe
i miei alunni non apprezzano molto questa qualità quando cercano di
copiare”
“Immagino”
una pausa come se stesse soppesando le parole “io perspicace non lo sono
affatto invece”
Vero.
Un sorriso divertito a sottilineare questo pensiero.
“sì
davvero…per alcune cose non sei sveglio neanche un po’!” Ma il sorriso le si congelò a
metà strada quando si rende realmente conto di quello che ha appena
detto.
Perché
era successo soltanto due giorni prima, solo due.
Si
sventolava il piccolo libro con fare annoiato per produrre quel movimento
d’aria che dava solo un lieve refrigerio. L’avrebbe strangolato
prima o poi...Oh se l’avrebbe fatto! quel libro aveva almeno cento anni e
valeva molto di più del suo refrigerio, Shigure lo faceva per
innervosirla…e lei lo sapeva, ma questo non cambiava il fatto che ci
riuscisse benissimo. “Cosa sei venuto a fare da queste parti?” non
aveva voglia di fare la solita manfrina e di girarci intorno. Faceva un caldo
insopportabile per essere appena primavera e era arrivato un nuovo carico di
libri di catalogare.
“Non
sei felice di vedermi forse?”
Sperò
che l’occhiataccia servisse come adeguata risposta.
E
lui gli mostrò quel solito ghigno viscido che ormai aveva imparato ad
associare alla sua faccia. Poi passò a un’aria birbante e la sua
voce si fece infantile “ingrataaa…e io che faccio tutto il possibile
per farti coronare il tuo sogno d’amore!!”
Non
lo degnò di risposta.
“Sai,
pensavo che fosse Hato l’osso duro, non tu” l’aveva detto con
tono noncurante, quasi come un intercalare. Ma in lei si accese un campanello
d’allarme.
“Cosa
intendi dire?”
“Esattamente
quello che ho detto” posò il libro e socchiuse le palpebre
“non ci sono ostacoli ma tu...” aprì distrattamente il libro
senza cambiare in altro la sua posizione “sei una vigliacca”
Non
riuscì ben a capire se in quel momento provò più vergogna
o rabbia. Ma l’impulso di dargli un ceffone o fargli del male in
qualsiasi modo fisico le fu ben chiaro.
Si
trattene a stento ma nella sua voce si sentì bene il tono duro
“prima o poi qualcuno te le farà pagare tutte, non rimarrai sempre
impunito per ciò che dici e fai” prese un respiro “e
comunque qui non si tratta di coraggio...” non solo almeno…
“lui non capirebbe, e di questo sono sicura…lui non capisce neanche
ora” e si voltò a fronteggiarlo. Come sfidarlo a controbattere
quello che gli aveva appena detto.
Il
solito sorriso enigmatico si fece strada sul suo volto
“Oh
si…non capiva per niente” e fece un breve segno di assenso del capo
“ma non è del tutto corretto dire che ora non lo fa”
Mayu
sentì il respiro mancarle. Non poteva essere.
“Tu…tu..non
avrai osato?” balbettare le sembrò il minimo.
“Rivelare
il tuo amore segreto?” il silenzio che seguì fu uno dei più
lunghi che avesse mai vissuto.
“No
no…troppo diretto…sarebbe stato controproducente” aveva
agitato il dito indice per sottolineare il no come si fa con una scolaretta
“L’ho
semplicemente aiutato a fare qualche collegamento. La tua gentilezza, la tua
assoluta disponibilità, il fatto che ti ricordi sempre così bene
le sue abitudini, tutte cose che parlano da sole non credi?”
arrossì in automatico, non pensava fosse così evidente. Ma poi si
ricordò che stava parlando con Shigure, per quanto lui fosse
insondabile, lei per lui era sempre stato un libro aperto.
“Ho
solo aggiunto come pura costatazione personale…che con me non sei mai
stata così”
Aggrottò
la fronte, e questo cosa significava? certo che non era così con lui! trovò
nauseante anche solo il pensiero e anche Hatori, di certo, non lo trovava
strano. Quindi in sostanza non gli aveva detto proprio un bel niente.
“ah...ho
anche specificato, che non eri così con me…neanche quando stavamo
insieme”
stava
rivolgendo un sorrisetto molto compiaciuto al libro con cui ormai aveva deciso
di giocare.
Si
sentì defluire tutto il sangue dal viso. Non era niente di
compromettente, ma quella frase faceva tutta la differenza tra dare e non dare
significato al suo comportamento. E lui avrebbe riflettuto, pensato e
valutato…e infine, se lei gliene avesse dato l’occasione avrebbe
capito. Che lo amava da sempre. Che lo amava da troppo.
Dannazione.
Sapeva di dovere stare attenta. E eccola qui a dargli dell’ingenuo nel
più perfetto doppio senso che potesse tirare fuori. Ma di certo ora si
sarebbe svegliata e avrebbe scoperto che non c’era nessuna caffetteria in
stile Edo, e tutta quella conversazione non aveva avuto luogo che nei suoi
sogni…o meglio…nei suoi incubi.
Ma
la voce del Hatori metafisico sembrava proprio essere viva mentre sussurrava
“me lo ripeteva spesso anche Kana” la tristezza che quel nome sulle
sue labbra gli faceva venire non riuscì proprio a nasconderla. Avvertì
anche un altro tipo di tristezza, perché sentirsi paragonare a lei
faceva male.
“Quindi
a pensare che tu sia un po’ tonto siamo in due…non ti preoccupare
credo che mi terrò questa informazione per me” allegria, ogni
parola doveva sembrare proprio così! Ricominciò a camminare
lentamente “basta che mi offri anche la prossima birra”
Ma
dopo qualche passo vide che hatori non l’aveva seguita, non si era mosso.
Non voleva voltarsi. Voleva tornare indietro nel tempo e cancellare quelle
stupide frasi. L’avrebbe perso…non aveva ancora finito di pensarlo
che sentì le lacrime minacciare di uscire ma le trattenne. Un singhiozzo
le sfuggì incontrollato comunque.
E
lui la raggiunse.
Cercò
di non fare notare gli occhi umidi. Fu inutile.
“Sembra
che non faccio altro che farti piangere” e le sfiorò una guancia,
in una carezza dolcissima. Non allungò che la mano, il resto del corpo
rimase distante. Ma le sembrò come se l’avesse avvolta in un
abbraccio.
Stupida.si
disse.
“Mi
devi sempre restituire quelle passate” non voleva certo sembrare
più patetica di quanto già non era negando l’evidenza.
“Stai contraendo un sacco di debiti nei miei confronti” Le labbra
si piegarono leggermente all’insù.
Continuava
a guardarla. Quegli occhi, così sfuggenti di solito, erano fermi su di
lei. Lo vide annuire lentamente.
“Si.
È vero…”
Inclinò
leggermente la testa. E i capelli le scivolarono di lato come una cascata. E
poi aspettò. Perché una spiegazione c’era di certo. Infondo
Hatori era la congruenza fatta persona.
“Non
ci sono molte persone che mi capita di pensare normalmente al mio
fianco…che mi sembra normale che ci siano e basta” la stessa mano
di prima andò a sfiorare quei capelli che ricadevano “tu sei tra
queste…senza dubbio”
Aveva
sorriso annuendo in risposta
“Solo
non mi sono mai chiesto il perché” giocò con i sottili fili
lucenti che aveva ormai catturato “ultimamente però me lo sono
chiesto, tu perché sei qui con me mayu?”
Rimase
per un attimo interdetta. Si aspettava che lui continuasse il discorso e non
una domanda. Non quella domanda.
Che
doveva dirgli? Perché ti amo.
“Perché
stare con te è dove voglio stare” una parafrasi. Perché
tanto ormai lui già lo sapeva il resto, ne era certa.
“sì
anche il mio motivo è più o meno lo stesso” il tono era
scherzoso ma lo sguardo era serio.
“Perdonami
se non me ne sono mai accorto prima”
Non
voleva scuse, non c’era niente per cui scusarsi, rilasciò un sospiro
sofferente “prima non dovevi accorgertene…era sbagliato e
basta”
Lo
vide negare con un lieve movimento del capo “non è
vero…forse avrei potuto risparmiarti molte cose…ma hai ragione,
prima di adesso non ero pronto”
“Non
eri pronto?” lo ripeté perché non riusciva a capire. Non
riusciva a capire cosa stava cercando di dirle. Non aveva mai avuto speranza.
Non voleva crearsi illusioni per poche frasi.
“non
mi sembra difficile da capire, te l’ho appena detto…stare con te
è esattamente dove voglio stare anche io oramai…da un po’
” gli sorrise in un modo così dolce che lei si senti liquefare dal
calore che le si propagò dal petto. E rivide nei suoi ricordi un sorriso
simile, ma non per lei, non era mai stato per lei prima.
Era
arrivato il suo turno?...forse si sarebbe sempre sentita un usurpatrice
infondo. Ma non importava, avrebbe colto quell’occasione.
Sorrise
a sua volta, non nascondendo neanche un po’ del suo sentimento. Anzi
cercando di imprimerlo in quel piegarsi di labbra e nei suoi occhi più
che poteva. Felicità, amore. Ora e in futuro, una promessa.
Poi
piegò il viso per arrivare di nuovo alle sue dita con una guancia.
Chiuse gli occhi concentrandosi su quel tocco così agognato. Che
continuò delicato mentre le chiedeva.
“Starai
con me Mayu?” mosse la testa per annuire in risposta. Le parole
sembravano troppo in quel momento. Era stordita, si sentiva come se avesse
raggiunto una vetta.
Il
suo tocco si fermò e allora tornò a guardarlo. Un soffuso alone
di serenità gli distendeva i lineamenti. Poi sospirò incerto e
incerta tornò la sua espressione.
“Anche
se c’è una parte di me che non posso condividere?. Non ancora
almeno…quindi voler stare insieme…può non bastare”
Entrambi
percepirono il finale non detto di quella frase…è già
successo.
Lo
so. Mayu aveva sempre saputo che c’era
qualcosa che non gli era stato rivelato, che aveva rotto l’equilibrio
della coppia che tanto aveva invidiato in passato. Lasciando una Kana fragile e
spezzata. Si era ripresa solo cancellando ogni parte di quel momento dai suoi
ricordi.
Ma
lei non era Kana. Non poteva assicurargli che tutto sarebbe andato bene
però ci avrebbe provato, a farlo funzionare.
“qualunque
cosa accada, non vorrò mai lasciarmela alle spalle Hatori, nel bene o
nel male”
Non
l’avrebbe dimenticato, neanche se significava soffrire. Non era mai
riuscita a farlo, perché in realtà non voleva farlo e basta.
Tutto
stava nel vedere se a lui bastava. Se gli avrebbe creduto.
Delle
mani le presero lentamente le gote, un respiro caldo si avvicinò al suo
viso. Delle labbra si posarono leggere sulla sua fronte.
“grazie”
Non
si mosse, non fece niente. Si lasciò sprofondare nella sensazione di
pace che sentì.
Poi
il suo calore si allontanò
“Bhe…era
l’ora di andare a casa una mezz’ora fa” le prese la mano
“andiamo”
“E’
successo qualcosa a casa Soma? Ieri sembrava felice” Honda la guardo con
uno sguardo stupito e anche un po’ preoccupato. Quasi allarmato.
“felice?chi?intende
Kyo e Yuky?”
Ma
davvero gli aveva fatto quella domanda? Non si era resa neanche conto che stava
parlando, ma con quella ragazza le barriere cadevano in automatico.
“ah
ah!!si entrambi, si si…va bene Honda, il compito è andato
così così ma dovresti aver preso la sufficienza in ogni materia,
ci vediamo a lezione”
si
mosse per uscire imbarazzata.
Aveva
collegato Honda ai Soma ormai da tempo e i Soma per lei significavano Hatori.
Un
pensiero costante per lei. Quella mattina in particolare perché il
giorno prima lui era semplicemente raggiante.
Da
quando avevano avuto quella…discussione?. Forse era più
appropriato parlare di dichiarazione... il loro rapporto non era variato poi
molto, c’erano stati discreti gesti di affetto però. Aprirgli la
porta di ogni locale aspettando che passasse, sfiorargli i capelli… sono
così lucenti Mayu, catturano il sole…e quel sorriso.
Così
erano passati due mesi.
Non
sapeva come fare, e quindi aveva lasciato che il loro rapporto fosse deciso da
lui, gli era sembrato la cosa giusta da fare. E a volte le era sembrato di
sentire la tacita gratitudine di lui per quella sua scelta.
Però
questo non le aveva impedito di essere impaziente e con discrezione osservarlo
alla ricerca di qualcosa di nuovo per lei.
E
finalmente…finalmente!!sorrise e strinse il registro in un abbraccio
gioioso, proprio come una bambina felice. Tutto era iniziato da una
telefonata...
Un
trillo ripetuto vibrava per la stanza.
Ma
dove l’aveva messo? Il suono continuava da un po’ e non si
ricordava che la sua suoneria fosse così acuta e penetrante. Era
snervante! Alla fine sentì il pezzo di plastica nero scivolargli tra le
mani dopo aver scansato il resto del contenuto della sua borsa. Evidentemente
troppo capiente.
“Trovato!”
vide a chi apparteneva il numero che la stava chiamando con insistenza e si
meravigliò “hatori?”
era
in aula insegnanti ma sarebbe potuta essere in classe, non era sua consuetudine
chiamarla durante le ore di lavoro.
“Pronto?
Hatori-ni?”
“Buongiorno
Mayu!so che sei a scuola...ti disturbo?”
ah
ecco, ci aveva pensato anche lui dopo tutto
“Ormai….”fece
una risatina che fu perfettamente udibile anche attraverso la cornetta
“già.”
è sentì una risata egualmente divertita ma più gutturale dall’altro
capo “ma sono impaziente oggi, non avevamo appuntamenti in giornata, ma
saresti libera?”
aveva
in mente solo di fare una corsa in serata e riordinare un po’ i registri
quindi “sì dopo la scuola non ho impegni particolari…ma
è successo qualcosa?” non riuscì a trattenersi dal
chiederlo
“Si
è successo e te ne parlerò meglio…sono libero anche
io…” il tono era pacato e soddisfatto.
“per
cui hai una proposta per me?”
“esatto!...ti
ricordi che abbiamo parlato di Kaede sensei?..c’è una mostra delle
sue opere al palazzo del municipio, ti andrebbe di visitarla con me?”
“Si
mi ricordo! certo è un ottima idea!”
“Perfetto!
allora passo a prenderti verso le quattro a casa tua...stai nel quartiere di
su-buia giusto?”
anche
questa era una novità...la passava a prendere? Non sapeva se
classificarla come novità piacevole o meno però….Se c'era
sua madre…
“ma
hatori, possiamo fare come sempre non importa che ti disturbi..”
“no
no...non l'ho mai fatto una volta e voglio farlo”
ma
che gli prendeva?
“Ah
bhe...se è così non posso che aspettarti nel mio
maniero...mpf!” era davvero esilarante, si sentiva una 15 enne ma di anni
ne aveva quasi 30.
“Ridi
pure. Però mettiti anche un vestito elegante da principessa se devo far
il principe...” senti il tono dolce e sarcastico e anche...con un pizzico
di malizia?
Impossibile!Ora
era decisamente disorientata.
“ok,farò
del mio meglio” lo disse così velocemente che quasi si morse la
lingua.
“Va
bene,a più tardi allora”
il
suono del telefono che tornava libero non l'aveva percepito subito. Rimase con
il telefonino fermo all'orecchio per un po' prima di abbassarlo lentamente.
Quello che aspettava da lui non era forse un evoluzione del loro rapporto? Ma
si faceva spiazzare da poche parole. Scosse la testa. Ridicola. Era ridicola.
Ora doveva pensare a rientrare in classe. A farsi problemi da adolescente
sarebbe tornata solo dopo se proprio doveva.
No
no no. Ma perché madre natura non l'aveva dotata di un seno un po'
più degno? Qualsiasi cosa indossasse sembrava poco femminile.
Sospirò.
Sembrava proprio il giorno in cui regrediva con i pensieri. Non si faceva
questo problema da...non se lo ricordava neanche più da quanto!
Ed
era altrettanto tempo che non passava così tanto tempo nella scelta del
vestito da mettersi. Solo perchè Hatori le era sembrato un po' diverso,
o meglio, quello che aveva detto le era sembrato un po' diverso. Probabilmente
era lei che ci vedeva più di quello che c'era. Comunque era riuscita a
rendersi femminile al massimo delle sue potenzialità. Guadò allo
specchio i suoi capelli, così lisci di solito, mossi in dolci onde. Deglutì.
Sperava solo di non aver esagerato.
Forse
doveva mettersi jeans e maglietta invece del vestito azzurro pallido che aveva addosso…era
semplice, e oltretutto a maniche lunghe, ma lei non metteva mai vestiti,
sarebbe risultata insolita. Guardò l'orologio. Due minuti alle quattro.
Impossibile cambiarsi, Hatori era sempre puntualissimo.
Difatti
sentì distintamente il suono del campanello un minuto più tardi.
Bhe,
di solito sentirsi più bella e femminile aiutava le donne. Quindi non
poteva essere un danno così enorme. Prese coraggio ed andò ad
aprire, i suoi non c'erano...almeno questa fortuna l'aveva avuta.
La
prima cosa che vide fu un bellissimo mazzo di fiori. Qualche rosa mista a altri
fiori di cui non conosceva il nome ma altrettanto belli. Le guance le si
colorarono immediatamente, mentre apriva la bocca per lo stupore invece che per
salutarlo come pensava di fare.
Poi
sentì la sua voce “buon pomeriggio Mayu...per te..”
Il
mazzo venne allungato verso di lei, che lo prese esitante.
“Grazie…”
lo guardò “è
bellissimo”
“Direi
che anche tu lo sei oggi”
si
sentì squadrare e vide apprezzamento nel suo sguardo. Sapeva che
l'avrebbe notato ma non si aspettava certo un commento così diretto. E
fu di nuovo rossa fuoco.
Con
in mano un mazzo di fiori che non si aspettava, un vestito che non era nel suo
stile e un Hatori più inconsueto che mai davanti si sentì
intensamente a disagio.
E
non aveva nessuna intensione di continuare a sentirsi così per tutto il
resto della giornata.
“Hatori”
si mosse verso la credenza per prendere un vaso “tutto questo è
molto bello...ma mi vuoi dire che succede?”
ne
trovò uno abbastanza lungo e vi mise il tutto, per poi poggiarlo sul tavolo
di fronte all'ingresso. “Ti avverto non andremo proprio da nessuna parte
fino a che non mi avrai spiegato che ti prende...” ribadì il tutto
incrociando le braccia e guardandolo decisa.
Un
sopracciglio di Hatori si alzò, poi la guardò qualche secondo in
silenzio.
Sembrava
divertito.
“Dovevo
proprio aspettarmelo. Ma occorre che te lo spiego proprio adesso?” le
ultime sillabe erano stato come un lamento e una richiesta insieme. Ma non si
sarebbe fatta abbindolare.
“si
occorre”
Per
ribadire il concetto si avviò verso il divano e si sedette in attesa.
“Non
c’è molto da spiegare…”
Stavolta
fu lei a sollevare un sopracciglio scettica “ah no?”
Nel
sedersi Hatori aveva ripreso lo sguardo serio e pacato di sempre.
“No
hai ragione, in realtà è complicato…”
Si
prese le mani l’una nell’altra e appoggiò i gomiti alle
ginocchia divaricate.
“Sai
la famiglia Soma è come un mondo a parte, quando ti accorgi che sei in
quel mondo e che vorresti essere altrove, semplicemente non puoi”
Improvvisamente
le tornò in mente un discorso fatto tempo fa…
“Questa famiglia è
maledetta, una volta che ti avvicini non ne esci più…”
E
a farlo era stata una persona che lo sembrava proprio maledetta, che lei stessa
aveva maledetto più e più volte.
“Un legame così ti ruba la
serenità, ma adesso incredibilmente, è stato spezzato”
aprì le braccia “sono libero”
“e’
stato spezzato?” aggrottò le sopracciglia preoccupata, ma quella
non era la sua famiglia? Si poteva veramente essere felici dal recidere i rapporti
con la propria famiglia?
“Ed
è una cosa positiva?” un po’ della sua incredulità
trapelò dalla sua domanda.
Il
suo sorriso si inclino leggermente ma il tono fu deciso nel rispondere “sì
lo è, se tu non hai mai fatto scelte in un rapporto ma ti è stato
solo imposto…perderlo…è positivo” fece una pausa
“non dico che non sia disorientante, ma è...liberatorio”
annuì e sorrise di nuovo totalmente sereno.
Le
prese una mano “ora ho solo cose che ho scelto nella mia vita”
L’aveva
scelta? Era un frase che la faceva sentire come se fosse così sua.
In
quel momento lei si permise di essere chiara nell’esprimere i suoi
sentimenti, sentiva che era arrivato il momento di essere sincera, lo disse
parlando piano e guardandolo ad ogni parola
“Nell’amarti,
non ho avuto scelta…anche quando sapevo che era sbagliato…il mio
cuore non ha mai voluto sentire ragione”
Gli
occhi di Hatori si allargarono stupiti, quello che si era aspettato non era
cerco una dichiarazione, ma seppe rispondere nella maniera più giusta.
Quando
Mayu sentì che le sue labbra premevano dolcemente sulle sue aveva sempre
gli occhi aperti, poteva distintamente vedere la filigrana dei suoi capelli che
scendevano un po’ disordinatamente dalla fronte, erano cresciuti ancora.
Percepiva il suo lieve profumo di sapone, e quello schianto al petto per una
cosa così bella da ricevere da essere dolorosa.
Poi
chiuse gli occhi anche lei. E dischiuse le labbra per lui, per lasciarsi
completamente avvolgere dalla sensazione di essere circondata dalla sua
presenza.
Poi
il bacio si fece più intenso, e lei si staccò, troppo intenso, e
si ritrovò circondata da due braccia forti che la spinsero contro il suo
petto.
Hatori
era felice. Lo sentiva. Non importava che non avesse capito bene il come
né il perché, cosa contava? ...l’uomo per cui più di
ogni altro aveva desiderato la felicità..era lì che
l’abbracciava e la esprimeva in ogni gesto. Strofinò il naso sul
suo maglione e rise scioccamente.
Lui
giocò con i suoi capelli per un po’, poi si chinò di nuovo
su di lei per un bacio a fior di labbra. “Andiamo? La mostra è
iniziata”
Lei
ricollegò i pezzi. Mostra, giusto. Si staccò lentamente e si mise
in piedi. E dovevano anche sbrigarsi! Sua madre non avrebbe tardato molto a
tornare!
Lo
trascinò per mano verso la porta. “si andiamo”
Prima
di uscire si fermò un attimo “quello che mi hai detto...ho capito,
sono felice anche io” aveva più di un motivo per esserlo. Nessun
primo bacio era stato tanto desiderato nella storia. No che esagerata. Ma nella
sua vita certamente.
Chiudendosi
la porta dietro le spalle sentì che tutto era cambiato.
Non
si tornava indietro per fortuna. E mentre camminavano con le mani sempre
intrecciate concepì anche il suo piano di vendetta, si concesse un
sorriso cattivo “senti Hatori, dovrei chiederti una cosa…”
A
quel viscido di Shigure avrebbe fatto sapere questa novità con molta,
molta calma.
FINE