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Autore: Vegas    12/01/2019    2 recensioni
Regulus Black era uno di loro.
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Sirius lo sapeva. Lo sapeva mentre tornava fradicio dal campo di Quidditch e posava gli occhi sulla cerchia di Serpeverde, raggruppata lontano dall'entrata, che se avesse sollevato la manica sinistra della tunica di suo fratello, non avrebbe avuto la certezza di trovare la pelle bianca, candida com'era una volta.
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Ma forse non era ancora troppo tardi.
Forse Regulus ne valeva ancora la pena
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Malandrini, Regulus Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Hogwarts 1977
 

«Il mondo non è diviso in persone buone e Mangiamorte. Tutti abbiamo sia luce che oscurità dentro di noi, ciò che conta è da che parte scegliamo di agire»

 

Il rumore scrosciante della pioggia faceva da sottofondo alle chiacchiere lamentose degli studenti che, quel sabato mattina di febbraio, speravano in un bella giornata per poter sonnecchiare al sole o passeggiare in riva al Lago Nero. I nuvoloni scuri e carichi d'acqua che torreggiavano sul castello però, promettevano solo un'imminente temporale. Un gruppo di Corvonero rientrò completamente fradicio dal portone principale, Xenophilius Lovegood e Pandora Bribe, infondo alla fila, camminavano tenendosi per mano, con i capelli biondi incollati al viso bagnato. Dietro di loro i Malandrini, spalla contro spalla, con ancora l'ombra di una risata sulle labbra curvate verso l'alto

Nessuno ad Hogwarts rideva più per davvero, di cuore. Le mura erano un posto sicuro, certo — come Silente si ostinava a ripetere — ma fuori c'era la guerra. Fuori le persone morivano. E non importava quanto il Ministero o la Gazzetta del Profeta continuassero a ripetere che era tutto sotto controllo, fingere di crederci non serviva più a niente ormai. I Mangiamorte, così si facevano chiamare i maghi Purosangue alleati di Voldemort, distruggevano case, famiglie, strappavano via genitori dai figli e figli da genitori, uccidevano i babbani, seminavano terrore.

Le uscite ad Hogsmeade erano sempre meno frequentate, in molti sceglievano di non lasciare il castello perché l'inquietudine era troppa, dei semplici ragazzi non avrebbero mai potuto battere dei potenti maghi oscuri, neanche se avessero avuto le migliori delle intenzioni. Alcuni studenti però, non avevano paura: uscivano a testa alta e tornavano perfettamente illesi, divertiti dall'incubo che i loro simili dall'avambraccio marchiato avevano creato. 

Regulus Black era uno di loro. 

Sirius lo sapeva. Lo sapeva mentre tornava fradicio dal campo di Quidditch e posava gli occhi sulla cerchia di Serpeverde, raggruppata lontano dall'entrata, che se avesse sollevato la manica sinistra della tunica di suo fratello, non avrebbe avuto la certezza di trovare la pelle bianca, candida com'era una volta. 

 

«Reg perché ti ostini a provare quello stupido incantesimo» Avery lo fissava, la cravatta verde e argento era slegata e la camicia bianca fuoriusciva dai pantaloni, come se apparire presentabile per lui fosse solo uno spreco di tempo. Al contrario di Regulus che, impeccabile nella sua divisa pulita, lo ignorò bellamente continuando a concentrarsi «A noi non serve» 

Severus Piton, seduto sulle scale lì accanto, sollevò il naso adunco dal libro di pozioni. Per un secondo sperò che la chioma rossa e il familiare profumo fiorito, non appartenessero a Lily, la ragazza che con un sorriso e la tracolla piena di libri gli era sfrecciata vicino, senza rivolgergli uno sguardo o accennare di averlo notato, per raggiungere Potter. 

Potter che gli aveva portato via l'unica ragazza che avesse mai amato. Potter, lo stupido Grifondoro filobabbano, che esibiva le due C appuntate sul petto: quella da Capitano e quella da Caposcuola. Potter che adesso baciava Lily, perché poteva farlo. 

Gli occhi neri, celati appena da ciuffi di flosci capelli unti, si accesero di risentimento, amarezza, disgusto. Perché Lily aveva scelto Potter e non lui, e non c'era modo che le cose potessero tornare com'erano una volta. «È pronto» disse atono, distogliendo lo sguardo dalla schiena della sua ex migliore amica, che ora si dirigeva con calmaverso la biblioteca. 

«Come l'hai chiamato?» Mulciber sorrise, mostrò i denti dritti con la stessa ferocia di uno squalo. 

«Sectumsempra» potente, silenziosa, se non curata in tempo persino mortale. La maledizione creata da Piton era come una spada invisibile che colpisce l'avversario ripetutamente, portandolo al dissanguamento. Si immaginò l'euforia che avrebbe provato scagliandola contro Potter e il suo gruppo di amici: il ripudiato, l'ibrido e la palla di lardo. Fuori Hogwarts quei palloni gonfiati non avevano speranze, sarebbero caduti. 

«Regulus, forza, piantala di esercitarti frignando perché l'incantesimo non ti riesce, e andiamo a provare la nuova maledizione di Severus. Sulla McDonald magari, l'ultima volta con l'imperio è stato divertente» 

«Non sto frignando» Regulus Black sapeva di non averne bisogno, che lui come i suoi genitori, era al sicuro anche fuori. «Voglio solo vedere che forma ha» 

 

«Un cane, Felpato? Originale» la risata sguainata di James attirò l'attenzione di molti studenti che, curiosi di scoprire cosa ci fosse di tanto divertente, rizzarono le orecchie. Remus accennò un sorriso distratto, vagamente sofferente. Aveva fatto giurare ai Malandrini di non rivelare a nessuno che forma assumesse il suo Patronus, perché lo detestava forse più di quanto detestasse se stesso. Si era rifiutato di evocarlo durante una lezione, rifilando una scusa banale al professore di Difesa Contro Le Arti Oscure. Temeva che se i suoi compagni avessero visto un lupo d'argento uscire dalla sua bacchetta, ci avrebbero messo poco ad associare le cicatrici che lo deturpavano a quell'animale. 

 

«Senti chi parla, cornuto»

James smise di ridere gradualmente, non appena si accorse della poca enfasi nella frase del suo migliore amico, che adorava marcare quanto l'enorme palco di corna sulla testa del cervo gli fosse d'ispirazione per pessime battute. 

Gli occhi di Sirius, infatti, erano incappati in due iridi lontane, grigie, fredde, simili in tutto e per tutto alle sue. Un secondo fulmineo che sembrò durare un eternità, prima che entrambi tornassero a fingere che l'altro non esistesse. Uno sconosciuto avrebbe trovato quel rapido scambio di sguardi incomprensibile, forse persino insignificante, ma per i fratelli Black che tra quella patina cristallina ci erano cresciuti, bastò un attimo per capire quanto risentimento provasse Regulus nei confronti di Sirius, e quanto quest'ultimo avrebbe voluto gridare, scuoterlo, farlo rinsavire ed averlo dalla sua parte, quella giusta. 

«Facci vedere la palla di pelo, Sir. Scopriamo se assomiglia a Felpato» la spalla di James premuta contro la sua, lo rassicurava. Sapeva che il suo migliore amico, con quel gesto, gli stava ricordando che non era solo e che non lo sarebbe mai stato.

 

 

 

 

«Expecto Patronum»

 

 

 

 

Due lampi argentati esplosero ai lati opposti del corridoio; l'attenzione di tutti venne catturata dagli animali di uguale grandezza che si corsero in contro, le code folte ritte e scodinzolanti, rotolarono a terra e presero a giocare tra di loro come due fratelli che si dimostrano affetto tramite morsi leggeri e graffi. 

A Sirius si mozzò il respiro, la gola parve diventare improvvisamente secca, e la mascella era serrata con così tanta forza da fare quasi male. La mano di James corse istintivamente a stringerli un braccio, le iridi nocciola accese da una scintilla simile a quella negli occhi grigi. Soffriva se lui soffriva. 

Guardare i due cani spiccare il volo e volteggiare leggeri a diversi metri da terra, era una pugnalata al cuore. La maschera di forzata indifferenza sul volto di Sirius, rappresentava solo una facciata. Dentro sanguinava; moriva dalla voglia di correre verso suo fratello, raccontargli di quanto fosse difficile per lui addormentarsi la notte. Di quanto gli volesse bene nonostante fosse un idiota. Di quando ci sperasse ancora.

Se avesse potuto far tornare indietro il tempo, avrebbe aggiustato le cose: non se ne sarebbe mai andato da Grimmauld Place senza Regulus. Avrebbe passato ogni ora di ogni giorno, tenendolo al sicuro dell'influenza dei loro genitori. Sarebbe riuscito a salvarlo. 

Ma forse non era ancora troppo tardi. Forse, Regulus ne valeva ancora la pena.

   
 
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