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Autore: Sinden    13/01/2019    1 recensioni
FF basata su film Il Signore degli Anelli - Le due Torri, genere fantasy/avventuroso
Storia di un esercito mercenario di Uomini dell'Est, comandati da una donna senza passato e senza scrupoli. Il suo arrivo nel regno di Rohan, oppresso da Saruman, porterà molte cose alla luce...non solo sul suo passato.
Estratto:
"Taci." le disse Éomer. "O i tuoi soldati non ti vedranno mai più."
"Spiacente, figlio di Éomund. Non mi impressioni. Non hai credibilità se lasci quel plebeo untuoso guidare il vostro reame. Ora sei tu il principe, non è cosí? Bene, guarda i tuoi sudditi." gli disse Goneril, indicando con un dito inanellato le abitazioni tutt'intorno. "È tua precisa responsabilità proteggerli. Per prima cosa, dovresti andare là dentro e mandare all'altro mondo quel Grima, o farlo imprigionare. Poi, dovresti galoppare con i tuoi Rohirrim verso Isengard, e spedire anche quel vecchio incartapecorito di Saruman dritto da Eru, e che se la veda lui. Allora tuo zio sarà libero, e anche tutti voi. Ma non farai né una, né l'altra cosa." Goneril fece una smorfia di disprezzo. "Invece, prendertela con una donna é più facile. Meno pericoloso."
⚜️⚜️⚜️
Capitolo conclusivo della saga Roswehn/Thranduil
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Eomer, Eowyn, Gandalf, Legolas
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Voglio quello."

Goneril aveva trovato un allevamento di cavalli nella grande città di Pelargir, capitale del Pelennin, uno dei distretti di Gondor.

Dieci anni prima della battaglia al Fosso di Helm, il vecchio generale Mainard aveva condotto i suoi Cinquecento verso i territori popolati dagli Uomini, in cerca di nuovi incarichi. Stavano stanziando ormai da settimane in quel luogo, senza aver concluso nulla, dato il periodo di relativa pace. Un piccolo esercito di mercenari non trovava facilmente lavoro, senza guerre incombenti.
Avendo tempo a sufficienza, la giovane guerriera ne aveva approfittato per guardarsi intorno e pensare ai suoi affari. Ricordava il consiglio di Amon (procurati un buon cavallo) ed era venuto il tempo di dargli ascolto.

C'era, in città, un famoso allevatore di nome Ossian, che aveva fondato una scuderia prestigiosa. I suoi animali costavano una fortuna, si diceva. Goneril si era incuriosita e un pomeriggio di Settembre aveva deciso di fargli visita.

"Stai seriamente dicendo di voler acquistare uno dei miei cavalli? Hai idea di quanto costano?" le aveva chiesto l'ometto, che non era molto più alto di lei e poteva avere sessant'anni. Aveva dedicato tutta la sua vita a quelle bestie. Chiedimi di mostrarti poesia in movimento, e ti mostrerò un cavallo, diceva sempre.
"Ho passato una buona fetta di vita a selezionare i migliori stalloni e le migliori giumente. Io credo, anzi, sono sicuro, che una ragazza come te non possa...ecco...permettersi uno dei miei animali. Non so se mi spiego." aveva detto.

"I soldi non sono un problema. Voglio quello." era stata la risposta di Goneril, che aveva indicato un puledrino nero: il piccolo saltellava e scalciava in un piccolo recinto. Era appena stato svezzato.

"Quello é troppo giovane. Ed é davvero al di fuori della tua portata. Discende dal cavallo di un re elfico. Sto aspettando che cresca per iniziare ad addestrarlo, e poi lo offrirò a qualche sovrano, o governatore. Se proprio insisti, laggiù ci sono puledri già addestrati un po', costano meno e posso privarmene senza problemi. Sono anch'essi esemplari eccellenti, comunque." aveva spiegato Ossian.

"Cento monete d'oro." aveva risposto Goneril, seccamente. "Tutte subito."
Ossian aveva strabuzzato gli occhi per un breve istante, ma poi si era ricomposto.
"Credo che tu non mi abbia capito. Quello non é per te. Non farmi ripetere ciò che dico."
"Centocinquanta." aveva continuato lei. "Non mi importa che non sia addestrato. Ci penserò io."
"Come mai una ragazza dispone di cosí tanto denaro?" aveva chiesto Ossian, incredulo.
"Non sono affari che vi riguardino. Allora, cosa rispondete?" aveva insistito lei, di rimando. "Non credo ricevereste un'offerta simile da altri."
"Sí, invece. Ho venduto cavalli per trecento monete d'oro, mia giovane signora. Non sono cifre che mi impressionino. E con quel puledro, potrei superarle." aveva ribattuto l'allevatore, ineffabile.
"Duecento. Saranno tutte in mano vostra oggi stesso." aveva rilanciato lei. Di fronte a una cifra simile, l'uomo avrebbe ceduto, Goneril lo sapeva. Cosí come sapeva che non aveva mai venduto un cavallo per trecento monete d'oro. A quei tempi, con una somma simile si poteva edificare un palazzo. Nessun Re degno di questo nome avrebbe sprecato così tanto denaro per un cavallo. I mercanti erano astuti e bugiardi, ma altrettanto era Goneril.

Ossian aveva tentennato, poi la sua fronte si era riempita di goccioline di sudore. Certo, era una cifra impressionante per un puledrino. "Siete indeciso?! Non riesco quasi a crederci. Dovreste accettare senza fiatare." aveva detto Goneril.
"E va bene." si era arreso l'uomo. "Ma non avrai questo animale prima di avermi portato il sacchetto con le monete. Mi sono spiegato? Ed entro stasera, o non se ne fa niente." aveva brontolato, un po' seccato di dover accettare. Ma duecento monete erano duecento monete e quell'inverno c'erano spese in arrivo: doveva rifare tutte le stalle e i recinti. Erano soldoni che servivano, eccome.
"Su questo, non dubitate." aveva sorriso Goneril, girandosi a guardare quel tenero cavallino.
"Come lo chiamerai? Porta sfortuna non dare subito un nome a un cavallo, quando lo si acquista." aveva detto Ossian.
"Aldair." aveva risposto lei. "É il nome di una stella. Gli Elfi impazziscono per la luce delle stelle, sapete? Suo padre apparteneva agli Elfi, mi sembra adeguato."

Goneril aveva scelto Aldair perché aveva notato al primo sguardo l'imponenza del suo corpo. La piccola groppa aveva una curvatura decisa, la punta delle spalle e il petto erano ben sviluppati, ginocchia e stinchi erano forti, e i quarti posteriori erano già muscolosi. Era destinato a diventare un cavallo robusto. Perfetto per una guerriera.

Ripensava a tutto ciò, mentre entrava nelle stalle del Trombatorrione. I soldati di Rohan avevano portato lí Aldair, che nitriva e tentava disperatamente di liberarsi dalle briglie, legate a una barra di legno. Avvertiva il pericolo: il baccano della battaglia lo innervosiva. "Buono. Ora mi devi aiutare, amico mio. Ho davvero bisogno di te."
Goneril slegò il suo cavallo e velocemente lo condusse su per la rampa che collegava le stalle all'interno della struttura, dove nel frattempo si erano rifugiati Théoden, Aragorn e gli altri.

La donna vide che Legolas e l'uomo di Gondor stavano sbarrando il portone con tavoli e altri pezzi di arredamento. Segno che la sconfitta era vicina. "Allora Re Théoden, la nottata sta andando maluccio, mi pare." disse Goneril. Tutti si girarono.
"Risparmiati le ironie, e aiutaci." le disse Aragorn. "Non facciamoli entrare."
"A cosa serve combattere, ormai." mormorò Théoden. Stava cedendo. Quei mostri avevano invaso la Fortezza, massacrato i suoi soldati, e ormai solo una pesante porta di legno li separava da dove erano loro. Il Re era stato sconfitto.
"Non so quali siano i vostri progetti, ma io non me ne starò qui." disse Goneril, stringendo le briglie. "...e vi conviene togliere quella roba dalla porta, perché io voglio uscire."
"...cosa vorresti fare?!" chiese Gimli.
"Me ne andrò con Aldair. Il mio cavallo lanciato al galoppo travolgerà quei mostri." carezzò il collo dell'animale. "...é abbastanza forte da abbatterli come birilli."
"Quelli fanno a fette te e il cavallo!" rispose Gimli.
La donna lo guardò irritata. "Se hai una proposta migliore, falla!" gli gridò. Poi sorrise. Perché in fondo prendersela con un Nano? Era già abbastanza svantaggiato per il fatto di essere un Nano. L'abituale ghigno malevolo ricomparve allora sul suo viso.

Osservando quegli occhi freddi, Aragorn si trovò a pensare che Sauron doveva averci messo lo zampino quando la ragazza era stata concepita. Avrebbe potuto tranquillamente essere una sua creatura. Però, l'idea della donna non era affatto sbagliata. Una carica a cavallo avrebbe potuto disorientare l'armata di Orchi. Certo, era un'azione potenzialmente suicida, ma sempre meglio che nascondersi lí dentro come topi.

"Quanta morte. Cosa possono gli uomini contro un odio così scellerato..." disse ancora Théoden.
Goneril gli si avvicinò. "Beh, sono parole da vigliacco. Non si rinuncia mai a combattere... e tu dovresti essere mio padre?"
Il re la guardò negli occhi. In quegli occhi identici a quelli di Margery. "Mi dispiace, Idis. Perdonami, se puoi. Per tutto."
La donna scosse la testa. "Io non sono tua figlia. Non voglio esserlo, non di un debole. Non so che fine ha fatto quella bambina dopo che la mandasti via dal reame, ma ti dico cosa ha fatto tua nipote questa sera: ha affrontato e ucciso due Uruk-Hai. Da sola." mormorò Goneril. "...Éowyn?!" chiese Théoden.
"Sí, lei. Questo può forse voler dire, che una giovane di ventiquattro anni ha più fegato di un Re? Perché é questo ciò che penso." rispose la guerriera. "E io non me ne starò qui a fare la fine che farai tu."

"Ha ragione." intervenne Aragorn. "Affrontateli a cavallo, Maestà."
Théoden non rispose.
"Venite fuori con noi." continuó l'uomo di Gondor.
Goneril sospiró: parole inutili, Théoden aveva alzato bandiera bianca e fine dei giochi. Poi si guardò attorno. Notò la mancanza di Haldir. "Dov'é l'Elfo di Lórien?" chiese.
A quella domanda, Aragorn si girò di nuovo verso di lei. Le rispose con un cenno del capo. Non ce l'ha fatta, dicevano i suoi occhi azzurri.

⚜️⚜️⚜️

Cosí te ne sei andato, pensò Goneril, dopo aver ricevuto la notizia. Aragorn le aveva detto che il Capitano di Lórien era caduto sotto i colpi degli Uruk. Si chiese quale fosse stato il suo ultimo pensiero, forse quella Roswehn, forse i suoi fratelli, forse Galadriel. Si figurò il suo spirito diretto verso le misteriose aule di Mandos che erano l'aldilà degli Elfi, dove avrebbe atteso la reincarnazione.
Comunque, quell'Elfo sfortunato aveva lasciato lí i suoi rimpianti e i suoi tormenti e adesso si stava godendo la pace. Goneril quasi lo invidiava.

Una flebile luce penetró nella sala, da una delle fessure delle pareti. "Il sole sta sorgendo." disse Gimli.
"Lo Stregone vi aveva promesso che sarebbe giunto qui all'alba. Vi conviene sperarlo." commentó Goneril, montando su Aldair. "Io me ne vado, Maestà."

"!" gridó improvvisamente Théoden. Forse erano state le parole della sua presunta figlia, forse le esortazioni di Aragorn. Comunque, sembrava essersi ripreso. Con orgoglio, indossó l'elmo e montó anch'egli sul suo cavallo bardato. I suoi soldati, e Aragorn e Legolas, lo imitarono. "Forza allora! Forza Eorlingas!"
Il re lanció la carica e travolse senza pietà gli Uruk che nel frattempo avevano divelto il portone. Come aveva detto la donna, quei mostri non riuscivano ad opporsi alla corsa dei cavalli: vennero falciati come il grano d'estate.

Goneril aveva osservato tutta la scena colpita dall'improvvisa forza e regale dignità che erano ricomparse in Théoden. In quel Re che solo alcuni minuti prima sembrava deciso a deporre le armi. Con un alto nitrito, Aldair la esortó a fare la sua parte.
"Hai ragione. Non indugiamo oltre in questo gelido posto. Forza, facciamo vedere a tutti cosa significa carica." Detto questo, con un colpo delle redini lanció il suo costoso cavallo al galoppo.

⚜️⚜️⚜️

L'alba arrivó.

I raggi del sole si diffusero su quell'ampia vallata antistante il Fosso di Helm. La calda e meravigliosa luce confuse gli Uruk-Hai, che, accecati, si portarono le zampe agli occhi.

Ma non fu questo spettacolo a far impietrire Goneril.

E non fu nemmeno l'arrivo annunciato di Gandalf, che come promesso era comparso su una collina ad Est, seguito dai Rohirrim di Éomer.

Fu invece la vista di un altro gruppo di guerrieri, anch'essi al seguito dello stregone, a farle fare un balzo sulla sella.
Lassù con Gandalf, c'erano quegli uomini che lei stessa aveva maledetto ogni giorno dal suo arrivo ad Edoras. Non potevano essere loro.

Eppure, il simbolo sui neri scudi erano quello che lei ben conosceva. Quello che lei aveva disegnato. Un cerchio perfetto, metà luna e metà sole uniti, a significare che quei soldati potevano combattere sia di giorno che di notte. E riconobbe subito il volto di chi li comandava. Colui a cui aveva giurato di farla pagare cara.

"Possibile...è mai possibile?" si trovò a mormorare, mentre un gruppo di Uruk circondava il suo cavallo. Ma lei non riusciva a togliere gli occhi da quel punto lontano, da dove stava spuntando il sole.

Degarre.
   
 
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