Anime & Manga > Candy Candy
Segui la storia  |       
Autore: The Blue Devil    13/01/2019    5 recensioni
Eccomi qua, ci son cascato pure io, in una noiosissima Candy/Terence con Albert nell'ombra... davvero?
Chi è il misterioso individuo che si aggira nei luoghi tanto cari alla nostra eroina? Qual è la sua missione? La sua VERA missione? Cosa o chi, alla fine di essa, sarà in grado di trattenerlo a Chicago? Quante domande, le risposte stanno all'interno...
Il titolo è un omaggio a tutti i ''se'' con cui si apre la storia.
dal 3° capitolo:
... Non ne ho parlato con lei, ma io sono sempre rimasto in contatto, in maniera discreta, con Terence. E non le ho neanche mai raccontato di averlo cacciato, quando lo trovai ubriaco da queste parti, anni fa. Vi chiedo di vegliare sempre su di lei, con discrezione, poiché la vedo felice, forse troppo, e non vorrei subisse un’altra delusione".
"Perché parlate così?", chiese, dubbiosa, Miss Pony.
"Non so, ho una strana sensazione, come se stesse per accadere qualcosa di molto spiacevole. E lo consiglio anche a voi: state attente e tenete gli occhi aperti".
"Così ci spaventate, Albert", osservò Suor Maria.
"Non era mia intenzione spaventarvi", asserì Albert, "Forse sono io che mi preoccupo per niente; sì, forse è così...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Lascio il commentino iniziale, poiché l’imprevedibilità degli imprevisti non è prevedibile; altrimenti che imprevisti sarebbero?
Un imprevisto imprevedibile che, data la sua natura di imprevedibilità, non poteva essere previsto, mi ha impedito di pubblicare Sabato. Poco male, pubblico ora.
Buona lettura


Avvertenza per la comprensione del testo: quando Harrison ricorda, le parti in corsivo sono i suoi pensieri nel presente.

Capitolo 30
Accuse e sospetti

La vettura si fermò davanti ad una locanda nella periferia di Chicago; il passeggero, una ragazza avvolta in una mantellina verde, si accinse a scendere, ma fu fermata dall’autista che le afferrò un braccio:
"Lo sai che se ci beccano, in giro nel cuore della notte con l’auto dei padroni, perdiamo il posto tutti e due?".
"Certo che lo so, ma non m’importa; è necessario che lui lo sappia, non si può continuare così... sarò veloce, non ti preoccupare, nessuno si accorgerà di questa nostra uscita notturna", rispose la ragazza.
"E va bene, va’", disse l’autista, mollandole il braccio.
"Grazie, non eri tenuto a rischiare per lei... grazie, Stewart".
 La ragazza diede un bacio sulla guancia all’autista, scese dalla vettura e si avviò verso la porta d’ingresso della locanda.
"Guarda il lato romantico, Stewart... sembriamo due fidanzatini in fuga d’amore... pure un bacio m’ha dato", pensò l’uomo che, al momento del bacio, era leggermente arrossito.
La ragazza, mentre saliva le scale, pensava:
"Perdere il posto! Noi cerchiamo di salvargli la figlia e dovremmo perdere il posto... bah!".

Harrison se ne stava disteso sul letto, nella sua stanza alla locanda, con le mani dietro la testa a mo’ di cuscino, a rimirare il soffitto: non che vi fosse qualcosa d’interessante, lì sopra, ma chi l’avesse osservato così assorto, avrebbe potuto credere di sì. Invece, quel soffitto era tristemente bianco, come quasi tutti i soffitti, con una piccola ragnatela in un angolo. Ma, data l’oscurità – Harrison aveva spento la luce – che ivi regnava sovrana, tutto quello non si poteva scorgere facilmente.
"Avrei bisogno di dormire, ma chi ci riesce?".
Il ragazzo cominciò a pensare, o meglio a ripensare, a quanto accaduto nel corso della giornata: l’incendio; l’intervento insieme ai suoi amici, vecchi e nuovi; il ritrovamento del guanto di Iriza e il successivo incontro con lei; e poi... l’incontro-scontro con Archie.
Archie, sempre lui.
"Io conosco questo guanto, guardate i ricami è inconfondibile! Questo è di Iriza Legan! Capite? Iriza! Avevo ragione io, dopotutto", aveva urlato.
Un’espressione stupita si era dipinta sul volto di Stear, ma non su quello di Terence.
"Come fai a dirlo?", gli aveva chiesto il fratello.
"Glieli ho visti indossare quando McFly l’ha portata all’orfanotrofio... non mi sbaglio, questo è uno di quei due guanti... dillo anche tu, non è così Harrison?".
"E l’altro? Dov’è l’altro?", pensò Harrison che, mentre li ripercorreva, commentava gli eventi mentalmente.
"È vero, non ho difficoltà a confermarlo", aveva annuito Harrison.
"E c’è un’altra cosa: l’ho udita con le mie orecchie dire Darei fuoco a Candy con tutta la sua Casa di Pony", aveva aggiunto Archie*.
"Me ne rammento. Però rammento che dopo ha anche detto che non sarebbe mai arrivata a tanto. Era solo uno sfogo perché le citavo sempre Candy. Questo non l’hai udito vero?".
"Beh, non gli si può dar torto", aveva commentato Terence, "e il tuo comportamento è sospetto: parrebbe dargli ragione. Perché non ci hai detto del guanto e sei venuto subito qui?".
"È ovvio... vuole coprire le malefatte della vipera".
"Non ti permettere, io non copro proprio nessuno; sto indagando... il guanto è di Iriza, ma questo non prova niente...".
Archie non si era trattenuto:
"Ah, bella questa. Lasciami indovinare: gliel’hanno rubato? O ti ha detto che l’ha perso? Magari sei d’accordo con lei... dopotutto non ti conosciamo neanche...".
A quel punto Harrison si era scagliato contro il minore dei fratelli Cornwell; solo Terence, intervenuto tempestivamente per l'ennesima volta a bloccare il cugino, aveva evitato che i due si picchiassero.
"Stai calmo... bisogna capirlo... noi conosciamo bene Iriza e i Legan e forse ti sei sbagliato su di lei. Però, Archie, su mio cugino ci metto la mano sul fuoco; lui è a posto; e vi ripeto che non è il momento di azzuffarsi fra noi, questo".
"Io non credo di essermi sbagliato... nel caso, non avrò pietà; ma se risulterà innocente...".
Lo sguardo di Harrison aveva fatto trasalire Archie che, tuttavia, non aveva rinunciato a controbattere:
"Non ci credo. Mi sembra chiaro che sia colpevole e io andrei anche subito a tirarle il collo, a quella gallina...".
"Basta Archie! Basta così, smettila!", aveva tuonato Stear, "Ha ragione Terence; io ho fiducia in Harrison, ho capito che è animato dalle migliori intenzioni... e non credo che Iriza abbia potuto fare una cosa simile, dopo quello che ha fatto per me, per Dorothy, per Tom...".
"Solo fumo", aveva commentato Archie a mezza voce.
"Sono sicuro che scopriremo cosa è successo", e, rivolgendosi a Harrison, "e che tu terrai fede al tuo intendimento: se Iriza risulterà colpevole, pagherà. Però ti comprendo: l’amore, a volte, può offuscare la mente... vero Archie?".
"Già, me ne sono accorto".
"Avete la mia parola: se verrà fuori quel che temo, sarò irremovibile", aveva concluso Harrison che, saggiamente, aveva taciuto agli altri l’autodenuncia di Iriza.
La discussione si era chiusa con i ragazzi che si erano dati appuntamento per il giorno seguente: a mente fredda, dopo averci pensato molto, avrebbero trovato una strategia per stabilire la colpevolezza o l’innocenza di Iriza; anche se tutto lasciava supporre che la ragazza fosse colpevole. Il guanto era stato dato in custodia a Stear.
Il flusso dei ricordi di Harrison fu interrotto da un picchiettio sulla porta.
"E chi può essere a quest’ora?".
Aperta la porta, il ragazzo si trovò di fronte la cameriera dei Legan.
"Ho bisogno di parlarvi, signor McFly, è importante".
Harrison la fece accomodare e si mise in ascolto: ebbe la conferma che quella notte non sarebbe più riuscito a dormire.

Le ultime parole, a Stear, erano uscite così, pensando a tutte quelle volte che il fratello aveva preso fuoco quando si era trattato di difendere Candy; ma aveva pensato anche a sé stesso: la grande amicizia che aveva provato per Dominique gli aveva offuscato la mente, quando questi era morto. Ora, a distanza di tempo, riusciva ad essere più lucido e gli ultimi eventi parevano essere un segno divino: quel giorno lui aveva salvato una bambina; quel giorno lui aveva contribuito a spegnere un incendio, proteggendo la vita di molte altre persone; quel giorno lui aveva salvato sé stesso. Se si fosse tolto la vita, come spesso aveva pensato di fare, non avrebbe potuto compiere questi atti.
E tutto era accaduto per merito di Dominique: la sua "visita" notturna lo aveva svegliato e indotto a passeggiare nel bosco... Ciò stava a significare che l’amico non lo riteneva responsabile della propria morte o, quantomeno, che l’avesse perdonato, e gli aveva indicato la via, dato uno scopo.
Stear, quel giorno, capì che voleva vivere, che voleva fare qualcosa per gli altri... che voleva amare Patty e con lei formare una famiglia, magari con tanti bambini. In cuor suo sperava che Iriza fosse innocente e quando quella sera prese in mano il modellino regalatogli da lei, ne ebbe quasi la certezza... ma perché, allora, quella stessa sensazione lo fece rabbrividire?

"Ma dove siete stati tutto questo tempo? All’improvviso siete spariti tutti! Anche Annie si è preoccupata nel non trovarvi qui; voleva vedere Archie", chiese Candy al fidanzato, servendogli una tazza di tè.
"Diciamo che abbiamo svolto alcune indagini...", rispose lui.
"E avete concluso qualcosa?".
"È ancora presto per dirlo, ma tutto porta ad Iriza".
Candy, dopo aver sorseggiato il suo tè, osservò:
"Non lo so; lo penserei anch’io, se non avessi parlato con Dorothy nei giorni scorsi".
"Non so cosa ti abbia raccontato Dorothy, ma io non mi stupirei affatto se fosse lei la colpevole: in fondo sempre di Iriza Legan stiamo parlando... certo che arrivare addirittura ad incendiare una cappelletta di un orfanotrofio...".
"Hai ragione, però... Dorothy mi ha detto che quell’indumento che ho trovato fuori dallo studio del signor Legan sarebbe un maglioncino; un maglioncino per una piccola orfana cieca di nome Daisy, un’amica di Harrison. E l’idea l’avrebbe avuta Iriza. Capisci? Iriza che chiede alla sua cameriera di confezionare un maglioncino per una piccola orfana cieca! Non lo trovi incredibile?".
"È quello che ti stavo dicendo...".
"E tutte quelle buone azioni che ha fatto nei confronti di Dorothy, di Tom, di Stear: sembra proprio che voglia espiare le malefatte passate".
Terence ci pensò su e poi disse:
"Sì, però non dimenticare che, in tutto questo, c’entra Harrison e in questi giorni pare che i loro rapporti siano deteriorati; le delusioni portano a commettere le azioni più incredibili e, ricordiamocelo, per Iriza, per come la conosciamo, non sarebbero azioni tanto incredibili; inoltre Archie è convinto che tutto il suo buonismo sia fumo".
"Non lo so, spero solo che lei davvero non c’entri con l’incendio: mi piaceva l’idea di un’Iriza cambiata".
"O per lo meno di un’Iriza fuori dai piedi: se cambiasse, finalmente si leverebbe di torno", aggiunse Terence, facendo ridere la fidanzata.

"Non ce la faccio a vederla così", cominciò Dorothy, "per cui ho deciso di farvi visita... oggi sono entrata da lei e, anche se mi ha trattata con durezza, ha pianto per tutto il pomeriggio tra le mie braccia... poi mi ha cacciata, ma è tutta scena, secondo me".
"Questo, però non ci aiuta", commentò Harrison.
"Appunto. Ho ascoltato senza volerlo la vostra discussione... mi perdonerete per questo, spero... e c’è una cosa che devo dirvi".
"Di’ pure".
"So che Iriza si è accusata di aver appiccato l’incendio e io non lo credo possibile; so che avete trovato un suo guanto e so che avete notato la sua mano fasciata e l’avete collegata all’incendio. Ebbene non so come quel guanto possa essere finito tra quelle macerie, ma Iriza la mano se l’è scottata a casa, in camera sua: distrattamente si è rovesciata sulla mano una tazza di tè bollente; io ero presente".
"Chissà perché me lo immaginavo", pensò Harrison.
"E questo è accaduto nel pomeriggio di ieri".
"Quindi prima dell’incendio", intervenne il ragazzo.
"Esatto", confermò la cameriera, anche se non ce ne sarebbe stato bisogno, per poi proseguire:
"E riguardo ai guanti... dopo la visita all’orfanotrofio, non glieli ho più visti indossare".
"È la seconda persona che mi parla di quella visita", mugugnò il ragazzo, ricordandosi che, infatti, alla seconda visita Iriza quei guanti non li aveva.
"Spero di esservi stata utile", disse Dorothy, dopo alcuni istanti di silenzio.
"Sei stata preziosa, mia cara... soprattutto per la tua padroncina, più che per me".
Si era fatto tardi. Il ragazzo si avvicinò alla finestra e scorse, nell’oscurità, la vettura dei Legan che attendeva la cameriera.
"Penso sia ora che voi andiate. Non rischiate oltre e... ringraziate da parte mia il buon Stewart", le disse, prendendole le mani.
Dopo che si furono accomiatati, Harrison si risistemò sul letto e cominciò a far girare gli ingranaggi del cervello: sarebbe stata una lunga notte, forse la più lunga della sua vita.




* nel sesto capitolo, terzo paragrafo.













Il vostro diavoletto preferito (?) spera di non aver partorito una schifezza, ma era difficile esprimere tutto quel che, spera, di aver espresso.
Lo dico perché il capitolo originario è più lungo ma, non avendo avuto il tempo di revisionarlo tutto, per non saltare il turno, ne pubblico solo la prima parte.

 
The Blue Devil
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ringrazio tutti i lettori che vorranno imbarcarsi in quest’avventura, che neanch’io so dove ci porterà (se ci porterà da qualche parte)...
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Candy Candy / Vai alla pagina dell'autore: The Blue Devil