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Autore: sidphil    14/01/2019    2 recensioni
Durante la Guerra del Vietnam, Mickey viene arruolato e mandato ad addestrarsi sotto al comando del sergente Ian Gallagher. Ian è un giovane sergente che si preoccupa di conoscere i nuovi arruolati e di farli sentire al sicuro. Ma trova pane per i suoi denti quando si tratta di Mickey.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: AU, OOC, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Mickey aprì gli occhi per primo. Gli ci volle un momento per realizzare la sensazione di sicurezza e calore che lo avvolgeva. Sbattè le ciglia contro al retro del collo di Ian e un brivido gli corse lungo la schiena quando realizzò quanto fossero vicini, ogni centimetro del proprio corpo perfettamente incastrato con quello del rosso. Non voleva emettere nemmeno un fiato per paura di distruggere quel puzzle in cui si era ritrovato.
Molto lentamente, si sporse in avanti. Inalò intensamente il profumo di Ian, un misto di sigarette, sporcizia e polvere, e fu scosso da un tremore. Si trattenne dal prendere un respiro profondo, sapendo che non lo avrebbe calmato come avrebbe voluto.
Esitò per un momento, rimanendo a fissare il collo di Ian. Riusciva a sentire il suo respiro, il braccio che si alzava e si abbassava al ritmo del suo petto. Fu attraversato da un brivido quando si chinò lievemente e gli sfiorò la pelle con le labbra. Vi adagiò timidi baci, il suo profumo nelle narici, cercando di imprimerne ogni secondo nella mente. In questi modo avrebbe potuto fingere di provare la stessa cosa quando si sarebbe svegliato accanto alla sua futura moglie.
Scivolò fuori dal letto e si stiracchiò, tornando poi a guardare Ian che dormiva beatamente. Avrebbe aspettato che si fosse svegliato per assicurarsi che si alzasse dal letto. Mentre lo guardava e aspettava la sveglia, si creò una lista mentale di tutte le cose che avrebbe dovuto fare quella mattina.
Quando suonò l'adunata, Ian non si mosse di un centimetro. Mickey attese qualche secondo, sperando di cogliere anche il più piccolo gesto, ma non accadde. Si avvicinò e gli scosse la spalla, ottenendo un grugnito in risposta. - Alzati- ordinò gentilmente.
Ian borbottò parole incomprensibili, o forse non proprio visto che Mickey riuscì a distinguere un "vaffanculo" forte e chiaro.
- Avevi detto che ti saresti alzato oggi-
- No, non è vero-
- Mi hai promesso che avresti raccontato la favola della buonanotte-
- Di' loro di non credere alle favole-
- Fottiti- ribattè Mickey. -Alzati-
Ian protestò e si rigirò puntando lo sguardo su di lui, ancora raggomitolato su sè stesso. Lo guardò casualmente, un sorriso appena accennato all'angolo delle labbra. - Allora, per quanto?- chiese.
- Che cosa?-
- Per quanto sei rimasto nel letto?-
Mickey fece per rispondere ma non trovò le parole. Aveva l'impressione che le proprie guance stessero acquistando sempre più colore, quindi cercò di deglutire il cuore in gola.
- Avanti, so che non sei rimasto tutta la notte accoccolato ad un frocio. Dimmi, dopo quanto tempo ti sei alzato?-
- Vaffanculo-
- Voglio saperlo-
- Alzati da quel cazzo di letto-
Ian rimase a fissarlo per un po'. - Passami gli stivali-
Mickey si girò, trovò gli anfibi neri e lucidi vicino alla scrivania, li raccolse e li lanciò in fondo alla branda. Ian rotolò fino a mettersi dritto e se li infilò per poi allacciarseli.
- Non ti cambi?-
- No-
- Hai indossato la stessa divisa per almeno una settimana, ci hai dormito, non ti sei nemmeno fatto una doccia e non l'hai lavata-
- Non mi cambio-
- Dovresti... -
- Puzzo?-
Mickey deglutì. Ian incrociò il suo sguardo con un insolito luccichio negli occhi e per un momento non fu più tanto sicuro di essersi svegliato per primo. Ian era stato sveglio tutto il tempo. Aveva sentito i suoi baci.
Scacciò immediatamente quei pensieri. Ian era rimasto immobile come se fosse morto, non aveva alcuna idea.
 - Come un fottuto cassonetto dell'immondizia-  rispose.
Ian sembrò pensarci sù e fece spallucce. - Vorrà dire che li spaventerò ancora di più-
- Che cosa dirai?-
- Che cos' ha detto il generale?-
- Solo che ti saresti ripreso- . Lo seguì con lo sguardo mentre si alzava. Il suo corpo sembrava protestare ad ogni movimento, come se il letto fosse il suo unico habitat naturale. - Hai intenzione di dare più spiegazioni?-
- No-
- Succede spesso?-
- Che cosa?-
Mickey fece spallucce. Teneva le braccia incrociate al petto e sembrava mettercela tutta per scavarsi un solco nelle labbra con i denti. - A volte mia mamma... prende troppe aspirine e dice sempre che si è sbagliata ma... quando avevo sei anni ho cominciato a nascondere le pistole-
Ian rimase immobile per un momento poi sforzò un sorriso e si voltò verso l'entrata. - Non devi nascondere le pistole da me, Mickey-
Quelle parole non fecero niente per farlo sentire meglio. Seguì Ian fuori dalla tenda, restando qualche passo più indietro per non dare l'impressione che stessero camminando insieme. Nonostante questo però, ci era voluto un pò per farlo alzare e vestire quindi erano rimasti gli unici due assenti. E Keller era rimasto lì in attesa che arrivasse tutto il gruppo prima di mandarli a correre. 
Mickey andò al proprio posto mentre Ian cominciava a parlare con lui, fissandolo con un sorriso provocatorio mentre gli porgeva la mano. Keller fu colto alla sprovvista ma alla fine la strinse e e disse qualcosa come "Sono contento che tu sia tornato". Si voltò poi verso di loro.
- Allora, uomini. Sembra che il vostro sergente sia tornato e pronto a svolgere il proprio dovere-. Ci fu solo silenzio in risposta. - Nei prossimi giorni sarò qui intorno finchè non manderanno qualcuno a riprendermi ma ora è il sergente Gallagher al comando-. Sembrò quasi fare l'occhiolino, ma si trattenne. Mickey sputò per terra.
Ian fece un passo avanti. - Grazie, Keller. Ora, uomini, sapete cosa fare. Cominciate a correre-
Mickey restò immobile sul posto per assicurarsi che Ian mantenesse la sua bella facciata, poi seguì gli altri. Non passò molto che Wells gli si affiancò, rallentando per tenere il passo. - Che cos' hai fatto?- chiese.
- Di cosa parli?-
Wells alzò gli occhi al cielo. - Avanti, sei l'unica persona a cui freghi qualcosa di Gallagher. Allora, che cos'hai fatto? Cos' hai fatto per farlo smettere di succhiarsi il pollice?-
- Sei tu il suo ragazzo-
- Scopamici e fidanzati sono due cose ben diverse-
Mickey strinse i pugni ma il livido sotto all'occhio di Wells gli ricordò di averlo già colpito una volta. Moriva dalla voglia di rifarlo, giusto per rendere uguale anche l'altro. Avrebbe donato al mondo bel capolavoro estetico.
- Gli dai quello che vuole?- continuò a punzecchiarlo Wells. - Non ti ho visto uscire dalla sua tenda ieri sera. Ti ha tenuto fino al mattino? E' bravo sai, a stare in piedi, ad andare avanti. Scommetto che ti è piaciuto stare piegato a novanta come una puttanella... -
- Penso sia buffo- replicò tranquillamente Mickey. - che siamo in un campo per imparare come uccidere. Due mesi per insegnarci come sparare a qualcuno dritto in faccia. Le pistole sono dappertutto e sono sicuro che ogni tanto gli incidenti succedano-
- Mi stai minacciando, Milkovich?-
- No. Se lo stessi facendo ti direi che non sei il primo che cerca di fare il furbo con me. E aggiungerei che chiunque fosse, ora è sottoterra-
- Che paura-
Mickey scosse la testa. -No, è solo la verità-. Fissò Wells finchè l'uomo non scoppiò a ridere e lo superò.
Sputò per terra. Aveva lo stomaco sottosopra, quasi implorandolo di fermarsi per vomitare. Gli tornarono in mente alcune immagini di quella notte. Lui che si infilava nel letto di Ian, le loro gambe intrecciate, i piedi che si sfioravano. Le sue labbra che gli sfioravano il collo alla mattina e l'odore di sigaretta.
Superò l'ultima curva e comparve Ian accanto a Keller con una sigaretta in bocca, buttando il fumo verso l'alto. Avrebbe voluto sentire il suo gusto. Non della sigaretta. La nicotina non era abbastanza forte da fargli palpitare il cuore. No, avrebbe voluto sentire il sapore delle labbra di Ian contro alle proprie. Sigaretta, muschio, sporcizia, polvere sulla lingua.
Ian sparì di nuovo dal suo campo visivo e sputò di nuovo per terra. Ancora una volta le parole di suo padre tornarono a perseguitarlo insieme al disgusto. I brividi lo attraversarono per i suoi stessi pensieri, per come il suo corpo stesse reagendo alle immagini che continuavano a susseguirsi davanti ai suoi occhi. Era solo il frammento di un sogno, l'ultima cosa che si ricordava prima di aver aperto gli occhi.
Nel sogno non si era limitato ad infilarsi nel letto di Ian, non gli aveva baciato semplicemente il retro del collo. Si erano sdraiati uno di fronte all'altro e si erano baciati. E quel bacio, l'immagine delle labbra di Ian contro alle sue e il suo sapore finalmente chiaro e intenso nella sua bocca, continuava a pulsargli tra le tempie. Quel sogno cercava di diventare realtà combattendo contro alla mera forza di volontà.
Cominciò un nuovo giro. Ian era ancora lì con la sua sigaretta. Sentì salirgli la nausea e cambiò direzione. Passò oltre i due sergenti senza nemmeno guardarli e corse in bagno.
Si inginocchiò sul gabinetto e si liberò lo stomaco. Una volta finito, si infilò due dita in gola per continuare. Voleva togliersi dalla bocca il sapore di Ian, liberarsene completamente. Era una dipendenza, solo un'orribile e malsana dipendenza da cui poteva guarire. Suo padre gli aveva sempre detto di poterlo curare a forza di botte; lo avrebbe fatto da solo.
Quando lo stomaco fu completamente vuoto e la gola gli bruciò per il sapore acido di bile, rimase con la fronte appoggiata al bordo della tazza. Tremava in tutto il corpo e dopo un lungo momento in cui si era sforzato di non farlo, cominciò a piangere.
 
   
 
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