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Autore: sidphil    17/01/2019    1 recensioni
Durante la Guerra del Vietnam, Mickey viene arruolato e mandato ad addestrarsi sotto al comando del sergente Ian Gallagher. Ian è un giovane sergente che si preoccupa di conoscere i nuovi arruolati e di farli sentire al sicuro. Ma trova pane per i suoi denti quando si tratta di Mickey.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: AU, OOC, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Ian sperò che la sigaretta riuscisse a calmarlo, ma alla fine cominciò semplicemente a fingere che fosse così, o meglio, che non avesse affatto bisogno di calmarsi. Keller continuava a gettare occhiate oltre la spalla, cosa che avrebbe potuto sopportare senza problemi se non fosse stato occupato a chiedersi se Mickey stesse bene.
Lo aveva visto correre verso il bagno e fremeva dalla voglia di seguirlo, ma Keller aveva detto qualcosa, non ricordava le parole esatte, quindi era rimasto piantato lì. Gli uomini avrebbero corso l'ultimo giro e poi si sarebbero esercitati al tiro a segno, era già tutto pronto. Forse era stato Keller a deciderlo.
Buttò a terra il mozzicone consumato e lo schiacciò sotto allo stivale, spostando rapidamente lo sguardo un'ultima volta verso ai bagni nella speranza di veder uscire Mickey. Andò poi a piazzarsi davanti ai bersagli, aspettando che i soldati terminassero le serie di flessioni, addominali e salti sul posto, e si schiarì la gola quando ebbero finito.
- Mi è stato riferito che alcuni di voi sono già abbastanza bravi da poter usare le pistole vere- cominciò, guardandoli uno ad uno. La maggior parte sembravano nervosi, altri emozionati. - Jenkins, Hart, Massey, Lincoln e Johnson userete ancora le pistole di plastica-
- Che cosa?- esclamò Jenkins. Massey si schiarì la gola.
- Penso che volesse dire "mi scusi", signore-
- Le pistole non sono giocattoli- spiegò Ian. - E se vi illuminate come un bambino alla mattina di Natale quando ne sentite solo parlare, non ve le lascerò neanche toccare. Non ne toccherete nemmeno una finchè non  saprete davvero come usarla, finchè non capirete che quando si spara a qualcuno fa male. Vi mozza il fiato. Fa male tanto a voi quanto a loro. Siete emozionati all'idea di partire e andare ad uccidere? Sarete i primi a morire. Quindi prendete le pistole di plastica e toglietevi quello stupido sorriso dalla faccia-
Keller si schiarì la voce e Ian lo guardò inarcando un sopracciglio. - Sì, sergente?-
- Forse sarebbe meglio lasciarli usare le pistole vere come gli altri-
Ian sorrise. -Forse sarebbe meglio non contestare la mia autorità di fronte ai miei uomini-
- Sto solo suggerendo che se vuoi costruire una squadra, far usare le pistole di plastica potrebbe farli sentire tagliati fuori-
Calò il silenzio mentre Ian lo fissava. Allargò appena il sorriso sulle labbra e si voltò di nuovo verso gli uomini. - Sapete, Keller ha decisamente ragione-. I cinque nominati sorrisero. - Quindi oggi userete tutti le pistole di plastica e forse domani, come squadra, capirete che le pistole non sono giocattoli- . Li fissò ancora un momento poi fece un cenno verso le scatole contenenti le pistole finte. I soldati obbedirono, protestando sottovoce.
- Dovremmo allenarli con... -
- DEVO allenarli con le pistole vere- lo interruppe Ian voltandosi verso Keller. Lo fissò dall'alto al basso , ogni centimetro del proprio corpo che tremava per la stanchezza. - IO devo assicurarmi che siano pronti per andare in guerra. IO devo assicurarmi che non vengano uccisi. Insegnare che le pistole non sono lì per sparare sulla folla come dei pazzi in un film dell'orrore fa parte di questo, è il mio lavoro. Il tuo è assicurarti che io non faccia fuori nessuno di loro prima che partano per il Vietnam-. Keller sbattè le palpebre. - Non ti preoccupare, comunque. Oggi l'unica persona che vorrei far fuori sei tu-
Cominciò a passeggiare tra le fila di uomini. Si erano divisi in gruppi da otto, mirando i bersagli con le pistole di plastica. Urlò loro come correggere mira e postura, alzò gli occhi al cielo ad ogni errore e rimproverò Keller quando cercò di aiutare un soldato aggiustando la presa al posto suo. Il soldato era in grado di correggersi da solo, sapeva cosa stava sbagliando.
Ian fece tutto questo con i piedi dolenti e e il cervello che protestava per fargli chiudere gli occhi. Chiuderli proprio in quel momento, chiuderli per sempre.
Prese un'altra sigaretta e aspirò un tiro. Fu solo quando gli uomini ricominciarono il giro da capo che si ricordò di Mickey. Il cuore gli mancò un battito.
Lanciò un altro sguardo in direzione dei bagni, i nervi ormai al limite. La calma momentanea provocatagli dalla sigaretta svanì in un lampo. Indugiò sulle sue stesse parole, dimenticandosi persino cosa stesse per dire. Guardò il soldato davanti a lui e corresse la prima cosa che gli saltò all'occhio, per poi proseguire con il resto della fila. Quando fu il turno di un altro cambio, raggiunse l'estremità della fila e picchiettò Denny sulla spalla.
-Sergente, signore- lo salutò il ragazzo entusiasta. - Stavo sbagliando qualcosa? Non penso che questo sia un gioco, signore. Assolutamente no, signore. Ho sorriso solo quella volta perchè ha detto che stavo tenendo la pistola nel modo giusto e... -
- E' tutto a posto, Barber- tagliò corto Ian. Gli girava la testa. Troppo fumo. O forse troppo poco. - Ho bisogno che tu faccia qualcosa per me-
- Qualsiasi cosa, signore. Basta che lo dica, signore-
- Vai a controllare Milkovich-
Denny sbattè le palpebre e si guardò intorno. - D'accordo. Dov'è, signore?-
- L'ho visto correre verso il bagno-. Denny non si mosse. -Vorrei che andassi ora, Barber-
- Lo so, è solo che... -. Si bloccò. Ian inarcò un sopracciglio con fare interrogativo e Denny sospirò. - Mickey di solito cerca di andarci quando non c'è nessuno. Penso che forse si senta a disagio. Se è lì non credo che voglia essere disturbato-
- Ha interrotto i giri di corsa, potrebbe sentirsi male. Puoi andare a controllarlo, per favore?-
Denny annuì. -Sì, signore-. Scomparve in una corsa lenta verso i bagni.
Ian tornò a concentrarsi sull'esercizio nonostante la sua mente corresse altrove. Keller si intromise di nuovo, e quando si accorse di lui ammiccò, come se Ian dovesse essergli grato per l'aiuto. Un cosa simile lo avrebbe fatto imbestialire di solito, ma era troppo stanco. Era ancora in grado di fargli smettere di intervenire in continuazione ma questa volta lo lasciò dare comunque ordini.

Non molto tempo dopo Denny fu di ritorno e si fermò accanto ad Ian scivolando. - Sono tornato, signore-
- Lo vedo, Barber- rispose sbuffando il fumo verso l'alto. Lo guardò con la coda nell'occhio. - E?-
Denny scosse le spalle. -Dice che sta male-
- Ma?-
Denny gli rivolse un gesto evasivo con la mano ed emise un suono a metà tra un grugnito ed uno squittio acuto. Ian continuò semplicemente a fissarlo finchè finalmente non parlò. - Credo abbia pianto-
Ian si sentì crollare. Annuì e lo ringraziò, mandandolo al suo posto. Keller stava aiutando di nuovo un altro soldato con la presa sulla pistola. Ad Ian morì la voce in gola quando cercò di riprenderlo. Aprì la bocca ma non vi uscì alcun suono. Prese un respiro per riprovarci ma alla fine lasciò perdere.
Diede un'altra occhiata verso il bagno ma rimase fermo dove si trovava. Mickey voleva che mantenesse il controllo del campo e non era nemmeno in grado di fare quello.
Prese una boccata d'aria e si morse il labbro per trattenere le lacrime che minacciavano di uscirgli. Riusciva a sentirle pungergli gli angoli degli occhi.
Non c'è niente per cui piangere. Niente per cui piangere. Fai un bel respiro.
Tremò, incapace di inspirare profondamente, e rimase immobile mentre Keller annunciava la fine dell'esercizio e congedava gli uomini per il pranzo. Quando tirò una pacca sulla spalla ad Ian come per congratularsi per essersi levato di mezzo, finì quasi per terra.
Non appena gli diedero le spalle, si allontanò per tornare nella propria tenda. Gli brontolava lo stomaco ma non sarebbe stato in grado di trattenere del cibo in quel momento. Il solo pensiero gli faceva venire da vomitare.
Aprì la tenda, si buttò in branda e si avvolse nelle coperte. Si coprì fin sopra il naso, usandole come un sacchetto per l'iperventilazione. Le lacrime gli riempirono gli occhi per poi trasformarsi in veri e propri singhiozzi. L'intero corpo sussultava nonostante fosse esausto per la stanchezza.
 
Vacillò tra il sonno e la veglia per tutto il giorno. Stava per chiudere di nuovo gli occhi quando sentì la tenda aprirsi. Provò con tutto sè stesso a fingere di essersi addormentato ma i tentativi di controllare il proprio respiro gli provocarono solo altri tremori.
Mickey si schiarì la gola. La sua presenza gli infondeva calore nonostante fosse ancora fermo sulla soglia. Era probabile che non fosse nemmeno entrato. Avrebbe voluto guardarlo ma non ne aveva la forza. - Volevo solo dirti che hai fatto un bel lavoro oggi-
- Tu non c'eri-
- No, ma hai resistito fino all'ora di pranzo. Sei ore in più degli ultimi giorni-
Inspirò rumorosamente con il naso. Cercò di rigirarsi dall'altra parte ma non ci riuscì. La voce gli si strozzò in gola. - Che ti è successo?-
- Non preoccuparti-
- Mickey... -. Le sue parole rimasero sospese nell'aria quando sentì la tenda richiudersi. Regnò di nuovo il freddo, comunicandogli l'assenza di Mickey. Cercò di chiudere di nuovo gli occhi ma ormai il sonno era svanito. Invece, il cuore cominciò a battergli all'impazzata contro allo sterno, continuando a preoccuparsi di ciò che non avrebbe dovuto.
Non si riaddormentò che fino alla mattina presto.
   
 
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