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Autore: Parmandil    15/01/2019    0 recensioni
Da tre anni gli ufficiali dell’Enterprise-J si battono con gli alleati di Andromeda, mentre la galassia si oscura sempre più. Ora che la Scourge minaccia di schiacciare l’ultima resistenza e debordare nella Via Lattea, l’impaurita Flotta Stellare li richiama indietro. Ma il Capitano Chase sa che non è ancora il momento di ritirarsi, se non vogliono perdere tutto ciò per cui hanno combattuto.
La missione ad Andromeda ha profondamente cambiato i nostri eroi, che ora lottano non solo per se stessi, ma anche per i loro figli. Mentre una vecchia nemica riappare con un’ambigua missione, una nuova setta si diffonde sull’Enterprise, proclamando di aver riconosciuto il nuovo Eletto. Ma ciò costringerà Terry alla scelta più lacerante della sua vita.
Con la posta in gioco sempre più alta, non resta che un viaggio attraverso Exosia, la più mistica delle realtà parallele, in cerca dei Proto-Umanoidi. Solo loro possono fermare la Scourge: ma vorranno farlo? L’ultima battaglia imporrà i sacrifici più duri e mostrerà agli eroi il vero significato dell’uroboro: in ogni inizio c’è il germe della fine e ogni fine racchiude un nuovo inizio.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Star Trek Universe Vol. VII:

Uroboro

 

 

SPAZIO, ULTIMA FRONTIERA.

QUESTI SONO I VIAGGI DELLA

NAVE STELLARE ENTERPRISE.

LA SUA MISSIONE È ESPLORARE

STRANI, NUOVI MONDI,

SCOPRIRE NUOVE FORME DI VITA

E NUOVE CIVILTÀ,

FINO AD ARRIVARE LÀ

DOVE NESSUNO È MAI GIUNTO PRIMA.

 

 

-Prologo:

Milioni di anni fa

Luogo: Eliopoli

 

   Il Popolo era antico. Il Popolo era eterno. E grazie alla sapienza genetica, non era più solo. Per interminabili eoni aveva seminato la vita nel brodo primordiale dei mondi più giovani, o l’aveva facilitata nella sua evoluzione inserendo i giusti marcatori genetici. Ora quelle interminabili fatiche si avvicinavano al compimento. La Via Lattea fioriva di nuove specie senzienti, ciascuna con la sua unicità, ma accomunate dalla forma umanoide: perché erano figlie del Popolo. Solo qua e là l’intelligenza si stava plasmando autonomamente, indirizzandosi verso forme non umanoidi... o persino inorganiche. Ma gli umanoidi erano molto più numerosi. E sebbene la maggior parte di loro fosse ancora bruta e scimmiesca, anno dopo anno i segni d’intelligenza aumentavano. Una selce scheggiata, un osso lavorato, la padronanza del fuoco... erano altrettante promesse che la Galassia doveva ancora vedere i suoi giorni più grandi.

   Ma il Popolo era saggio abbastanza da non presentarsi direttamente ai suoi figli, per non fare di loro dei servi, né degli automi. Dopo la vita, il più grande dono che poteva fare loro era il libero arbitrio. Certo, era un’arma a doppio taglio. Ma il Popolo amava i suoi figli e l’incertezza del loro destino era sua volontà. Alcuni si sarebbero indubbiamente persi per strada, come un ruscello che si essicca nel deserto o ristagna in una palude. Altri, però, si sarebbero elevati a tal punto che un giorno avrebbero guardato il Popolo da pari a pari. Ognuno si sarebbe rispecchiato negli occhi dell’altro e dal reciproco insegnamento avrebbe guadagnato una nuova comprensione del cosmo. Questa era la grande speranza del Popolo, ancora da compiersi. Nel frattempo, esso non restava con le mani in mano.

   Invece di sparpagliarsi nella Galassia, il Popolo aveva deciso di concentrarsi intorno alla stella che lo aveva visto nascere, per lasciare ai propri figli mondi vergini e intatti. Aveva rimodellato il proprio sistema solare, smantellando tutti i pianeti e assorbendo altra massa direttamente dalla stella. In tal modo aveva circondato il Sole con un guscio solido, una sfera dal diametro di 200 milioni di km. Di tutte le sue megastrutture, era di gran lunga la più ambiziosa. I lavori non erano ancora terminati; ma al compimento il Popolo avrebbe goduto di una superficie abitabile superiore a quella di tutti i mondi terrestri della Galassia. Non mancava molto perché l’antico miraggio si concretizzasse. Il Popolo aveva dovuto sacrificare il suo mondo natio, ma in cambio aveva ottenuto uno spazio 250 milioni di volte più ampio, in cui vivere in pace... per sempre. E poiché la notte era bandita da quel mondo cavo, l’aveva battezzato Eliopoli, la Città del Sole.

   Quel giorno, però, la luce dell’Eliopoli pareva più fioca ai suoi abitanti, tale era la loro preoccupazione. Gli scienziati avevano fatto una scoperta così profonda, nelle sue implicazioni, da cambiare per sempre la percezione che il Popolo aveva dell’Universo e di se stesso. Di ciò bisognava discutere nell’Alta Assemblea, il supremo organo di governo.

   Era un immenso salone sferico, con la metà inferiore divisa in terrazzamenti su cui si assiepavano i Delegati. Dall’alto, attraverso una cupola trasparente, giungeva la luce immutabile del Sole. Un piccolo specchio d’acqua nella parte più bassa della sala la rifletteva, aumentando ancor più la luce diffusa. A metà altezza era posta la tribuna d’onore della Prima Delegata, sormontata dall’emblema del Popolo: un serpente che si mordeva la coda, formando un cerchio. La Prima Delegata Aesea sedeva sul suo alto scranno, ammantata in vesti bianche. I simboli della sua carica brillavano argentei: una sottile tiara e un medaglione con impresso l’emblema del Popolo.

   «L’Alta Assemblea riconosce il Primarca Togot, della Casa della Fisica» annunciò lo speaker.

   «Onore all’Assemblea e alla Prima Delegata». Il Primarca recitò in fretta la formula rituale di saluto, facendosi avanti con aria trionfante. Osservò i Delegati che lo circondavano a migliaia da tutte le parti: uomini e donne vestiti di bianco, dai lineamenti infossati nei crani glabri e allungati. In quanto scienziato, la politica non era il suo forte; ma sentiva che stavolta li avrebbe stesi.

   «Signori Delegati, vengo a riferirvi una scoperta che non ha eguali nella nostra storia. Qualcosa che cambierà per sempre il ruolo del Popolo nel cosmo» disse Togot tutto d’un fiato. Respirò a fondo, godendosi il mormorio perplesso della folla. «Per troppo tempo la Casa della Fisica è stata negletta, in favore delle discipline connesse al Progetto Eliopoli. Non sono qui per riaprire il dibattito... ciò che è stato è stato!» assicurò. «Ma ora che i lavori sono quasi ultimati, è giusto riprendere lo studio dell’Universo con occhi nuovi. Come sapete, la mia Casa si è concentrata nell’esaminare le realtà alternative, i cosiddetti Universi paralleli. La loro esistenza è nota da molto tempo, eppure continuano a sorprenderci con la loro imprevedibilità. Certo, per la maggior parte sono luoghi inospitali e pericolosi. Molti martiri della scienza hanno dato la vita per esplorarli. Ma ora ne abbiamo scoperto uno nuovo... diverso da tutti gli altri. Uno che ci costringe a rivedere i nostri preconcetti di spazio e tempo».

   «Si tratta forse di un Universo in cui i Primarchi sono chiari e concisi?» domandò un Delegato, suscitando sorrisi e risatine.

   «Delegato Qeeq, la prego di non interrompere il Primarca» lo richiamò la Prima Delegata, alzandosi brevemente dal suo scranno. «Prosegua, Togot; la parola è sua» aggiunse, risedendosi.

   «Grazie, Eccellenza» disse il Primarca. Tornò a rivolgersi all’Assemblea. «La realtà di cui parlo è molto diversa dalla nostra. Non ci sono stelle, né pianeti, né nebulose. Ma non ci sono nemmeno vaste estensioni di spazio vuoto. Tutto è dominato dalla biologia, in un modo particolarissimo. Immaginatelo come una sconfinata foresta lucente, che si estende all’infinito in tutte le direzioni. È una realtà arborea, vegetale... anzi fungina, secondo le nostre analisi. Per questo l’abbiamo chiamata Rete Miceliare. In certi aspetti ricorda anche la disposizione dei neuroni nel cervello. È percorsa da strane creature simili a tardigradi e da altri esseri, molto più evoluti, che per ora si sottraggono al nostro studio».

   Togot fece una breve pausa, consentendo all’uditorio di digerire queste prime notizie. Il meglio doveva ancora arrivare. «Ciò che rende così speciale la Rete Miceliare è che si tratta di uno snodo fra tutte le altre realtà» riprese con decisione. «Attraversandola, possiamo tornare nel nostro Universo ritrovandoci a enormi distanze dal punto di partenza. E sebbene non sia ancora confermato, riteniamo che sia la chiave per il viaggio nel tempo, un obiettivo che finora ci ha eluso. È anche la fermata ideale per raggiungere gli altri Universi e per ritirarsi se qualcosa dovesse andare storto, senza mettere a repentaglio il nostro. In effetti, signori Delegati... è possibile che la Rete Miceliare sia la realtà prima da cui sono germogliati tutti gli altri Universi. Come noi siamo il ceppo originale che ha dato vita alle altre specie umanoidi» aggiunse.

   Era un’affermazione ardita e il Primarca se ne rendeva conto. Si aspettava reazioni chiassose dall’Assemblea. Invece calò un silenzio surreale, rotto solo da qualche bisbiglio incredulo. Era una rivelazione così difficile da accettare che molti lo fissavano come se fosse impazzito. Il Primarca s’impose di conservare la calma. Doveva essere paziente nei confronti di chi non era uno scienziato ed esporre le prove nel modo più chiaro e convincente. Ripresa la parola, passò una ventina di minuti a dimostrare le sue affermazioni, accompagnandosi con ologrammi proiettati al centro della sala. Non scese in dettagli troppo tecnici, che l’uditorio non avrebbe capito, ma cercò di mostrare la validità del suo metodo scientifico. «Se ci sono domande, sarò lieto di rispondere» disse infine.

   «Primarca, devo ricordarle che questa è un’esposizione all’Alta Assemblea, non una conferenza o una lezione scolastica» avvertì severamente lo speaker. «La parola va alla Prima Delegata Aesea».

   «Ho ascoltato con grande interesse la sua esposizione, Primarca, e riconosco il valore della scoperta» assicurò la leader biancovestita. «Questa nuova realtà che ci ha mostrato è indubbiamente speciale. Se voi scienziati ci dite che è l’Universo originale, da cui sono scaturiti gli altri, non ho ragione di metterlo in dubbio».

   «Da cui continuano a scaturire gli altri, Eccellenza» corresse Togot. «Sono lieto che afferriate il valore della scoperta. Confido quindi che avremo i finanziamenti necessari a proseguire lo studio della Rete Miceliare» aggiunse, sentendo la vittoria in tasca.

   «Temo che abbia frainteso, Primarca» disse Aesea in tono dolente. «Se la Rete Miceliare è così importante, dobbiamo assicurarci di non contaminarla. Ecco perché propongo una mozione per sospendere ogni ulteriore accesso a quella realtà. Quanto ai finanziamenti, non sono previsti rinnovi. Tutte le nostre risorse devono indirizzarsi al completamento dell’Eliopoli» aggiunse. Indicò il “cielo” azzurro e verde oltre la cupola, ovvero la superficie opposta della Sfera.

   Togot si sentì mancare, tanto che dovette aggrapparsi alla balaustra. In pochi secondi le sue speranze si erano infrante... come sempre accadeva, quando l’occhio acuto della scienza si scontrava con l’ottusità della politica. Vide che le parole di Aesea suscitavano il consenso di gran parte dell’Assemblea. C’era solo uno spicchio di dissidenti che fischiavano la loro disapprovazione. Già quel colpo d’occhio indicava che la mozione di Aesea sarebbe passata con larga maggioranza... come accadeva per tutte le sue iniziative. Togot era sempre stato paziente, ma stavolta non poteva lasciar correre; si trattava di una scoperta troppo importante per seppellirla così. Riprese fiato e rispose alla Prima Delegata, sebbene lo speaker non l’avesse autorizzato.

   «Col dovuto rispetto, Eccellenza, non credo che si debba votare affrettatamente e sull’onda dell’emozione» spiegò il Primarca in tono controllato. «Abbiamo appena cominciato a comprendere la Rete Miceliare. È fondamentale capirne di più, prima di adottare misure così drastiche. Ora che l’abbiamo scoperta, non possiamo fingere che non esista. La Rete è il nostro passato... e potrebbe garantirci il futuro» aggiunse.

   «Che intende?» chiese la Prima Delegata.

   «Ecco... il micelio non è buono solo per le teorie cosmologiche» spiegò Togot, soppesando le parole. «Ci sono in vista delle possibili... applicazioni militari» rivelò, intrecciando le dita. Si aspettava che Aesea gli chiedesse quali erano, ma la donna lo sorprese di nuovo.

   «Dalla scienza pura alle ricadute militari il passo è davvero breve» lamentò la Prima Delegata, rattrappendosi nelle vesti bianche. «Perché ritiene che ci servano nuove armi? Contro chi dovremmo impiegarle?».

   «Beh, le minacce non mancano!» obiettò il Primarca, meravigliandosi che fosse necessario ricordarlo. «Questa non è più l’Era dell’Esplorazione, quando avevamo la Galassia tutta per noi. I pianeti che abbiamo inseminato hanno dato i loro frutti... e molti sono avvelenati. Popoli bellicosi ci circondano da ogni lato. I Voth, i D’Arsay, i Thasiani... per non parlare dei Na’kuhl! Quelli sono pessimi soggetti e non esiterebbero ad assalirci, se localizzassero l’Eliopoli».

   «Eviteremo gli scontri» disse Aesea con decisione. «All’indomani della Guerra Taguana, decidemmo di non rivelarci più ai nostri figli, per non entrare in conflitto con loro. È una politica che ci ha sempre premiato, quindi non l’abbandoneremo adesso».

   «La Guerra Taguana è roba preistorica!» sbottò Togot, esasperato. «Più passa il tempo, più la Galassia diventa affollata. Arriverà il giorno in cui non riusciremo più a nasconderci. Spero che per allora saremo in grado di difenderci, o non resterà niente di noi... non ora che ci siamo concentrati tutti nello stesso luogo!» esclamò, mostrando la sua disapprovazione per quella scelta suicida.

   I Delegati schizzarono in piedi, alcuni lanciando accuse e insulti, altri applaudendo e complimentandosi. Il fragore rimbombò per tutta l’Assemblea, tanto da increspare l’acqua in fondo al salone. Lo speaker dovette faticare per riportare una parvenza di calma. Era chiaro che, malgrado gli sforzi di unire il Popolo dandogli un obiettivo comune – la costruzione dell’Eliopoli – c’era una spaccatura profonda. Le tensioni si erano accumulate a lungo, come lava in una camera magmatica. Bastava un nonnulla per farle affiorare con effetti distruttivi.

   «Basta così!» gridò Aesea, alzando le braccia nel tentativo di riprendere il controllo dell’Assemblea. «Siamo qui per esprimerci su una scoperta scientifica, non per riaprire ancora questo dibattito! È una discussione sterile che non è mai servita a nulla, se non a creare livore».

   «Non è mai servita perché non c’è mai stata una vera discussione, solo repressione!» insisté Togot, infervorandosi. «Ed è proprio questa Assemblea... proprio quelli come lei che ci hanno condannati all’immobilismo. Mentre le altre specie evolvono, noi ristagniamo! Crede che l’Eliopoli risolva qualcosa? Non ha fatto che renderci più vulnerabili!» aggiunse, facendo un ampio gesto attorno a sé, come ad abbracciare il mondo cavo.

   «Lei non ha il diritto di parola, Primarca!» lo redarguì lo speaker, ma la Prima Delegata gli fece segno di tacere e si rivolse personalmente allo scienziato.

   «Speravo che l’ideologia non avesse contagiato anche il mondo scientifico» disse Aesea con voce stanca. «Speravo che lei fosse un individuo illuminato. È chiaro che, in un caso come nell’altro, mi sbagliavo. Lei si è presentato qui come scienziato e forse ha fatto davvero una grande scoperta. Ma la sua retorica è quella di un’epoca oscura, che speravo ci fossimo lasciati alle spalle». La donna chinò il capo sconsolata. «Vede, molto tempo fa noi scegliemmo d’essere i Preservatori delle specie più giovani. Alcuni di noi, però, si ribellarono a quest’idea. Non volevano proteggere qualcuno che, in futuro, poteva diventare nostro concorrente o persino avversario. Così pretesero la distruzione di tutti i pianeti su cui avevamo seminato la vita, come misura cautelare. E ricevettero il nome più confacente a loro... quello di Distruttori!» esclamò, indicando il Primarca con gesto drammatico. «Perciò, se dietro la maschera dello scienziato si cela il volto di un Distruttore, vorrei che me lo dicesse chiaramente».

   Togot la guardò con disprezzo. «Distruttori!» sibilò, contraendo il viso in una smorfia. «Quel nome non è che uno spauracchio per bambini. Un modo per demonizzare chiunque la pensi diversamente. Noi non vogliamo distruggere nessuno. Vogliamo solo poterci difendere, se – anzi, quando – saremo attaccati. Controllare la Rete Miceliare è il modo migliore per farlo».

   «E lei crede che la fonte di tutti gli Universi possa essere controllata?» chiese Aesea, scandendo ogni parola.

   «Credo che abbiamo il diritto e il dovere di provarci» rispose il Primarca con decisione.

   «Allora è uno scriteriato» concluse la Prima Delegata. «Mi assicurerò che sia rimosso dall’incarico e che la Casa della Fisica sia epurata dagli agitatori politici» sentenziò.

   «Faccia pure... a furia di epurare, finirà epurata anche lei!» rise Togot. «Allora il Popolo capirà dove siamo arrivati e rialzerà la testa. Non dobbiamo nasconderci per sempre. Siamo la Prima Stirpe, abbiamo il diritto di regnare sulla Galassia... e di annientare chi vuole usurparci. Se questo significa essere Distruttori, che sia! Meglio Distruttori che distrutti!» proclamò, alzando le braccia verso quel pandemonio che era l’Assemblea.

   Il Primarca sentì le guardie che lo afferravano da dietro e lo trascinavano via. Sapeva cosa lo aspettava: un processo a porte chiuse e poi la prigione. Ma non se ne preoccupò... il suo arresto era stato trasmesso in diretta a tutta l’Eliopoli. Sarebbe diventato un martire. La scintilla che appicca l’incendio. E di vecchiume da bruciare ce n’era proprio tanto, nella Città del Sole. Togot si augurò che i giovani lo capissero, che qualcuno continuasse i suoi studi. Il Popolo doveva assicurarsi la supremazia militare su ogni potenziale nemico. Ma prima... serviva una resa dei conti fra Preservatori e Distruttori.

   Mentre il salone rimbombava di urla e proteste, con i Delegati che venivano alle mani e le guardie che si affannavano a dividerli, Aesea ricadde sul suo scranno. Chinò il capo, portandosi una mano alla fronte cerchiata d’argento. Nessuno vide la lacrima che le solcò la guancia.

 

   
 
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