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Autore: MissAdler    15/01/2019    8 recensioni
Post quarta stagione. FF in più capitoli, che cercherò di aggiornare abbastanza velocemente, in cui troviamo John ancora profondamente segnato dagli ultimi drammatici eventi della sua vita.
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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07/09/2017

 

John sta tremando.

Puoi sentirlo agitarsi tra le tue braccia, piangendo e ansimando.

È una disperazione che ti sconvolge, torcendoti le viscere e straziandoti il cuore.

Resti immobile, col viso poggiato sui suoi capelli, come quella volta.

Non credevi sarebbe successo di nuovo, non adesso che pareva stare meglio.

Dopotutto, questa mattina sorrideva.

Teneva in braccio Rosie e sembrava sereno.

Era disteso sul divano, con la bambina adagiata sul petto, le note del violino ad accompagnarla nei sogni.

John ti aveva chiesto di suonare per lei.

Si è addormentato anche lui, dopo tredici minuti.

Le rughe sul suo viso si sono distese fin quasi a scomparire, le labbra appena dischiuse a volerti regalare uno scorcio di paradiso.

E tu hai pensato che fosse bellissimo.

Dormiva e aveva i capelli in disordine che ricadevano sulla fronte; quel ciuffo dispettoso che ultimamente è diventato il tuo nuovo kink.

Hai avuto l'impulso di passare le dita tra quei fili argentati...

ma non sei stato abbastanza temerario.

Eppure non hai smesso di guardarlo, indugiando in piedi accanto al tavolo, con il violino in una mano e l'archetto nell'altra.

Ti sei riempito gli occhi di quella silenziosa tenerezza.

Ti sei illuso che il suo cuore fosse di nuovo in pace.

Ti sbagliavi, adesso è maledettamente ovvio.

John non sorride perché è felice.

John sorride perché gli piace giocare con la morte.

Perché in fondo, a volte, è un pensiero su cui segretamente indugia.

La provoca e la corteggia, quella mietitrice oscura che troppo di frequente gli passa accanto.

Lui che, per quanto non si trattenga dall'istigarla, non è mai bersaglio, bensì eterno spettatore.

L'unico merito di cui puoi vantarti è avergli fornito il giusto contesto ma, di certo, non l'hai salvato.

Anzi, adesso gli hai dato il colpo di grazia.

Non l'hai fatto di proposito, non avresti mai voluto.

Semplice istinto.

Era un bisticcio come un altro, non ricordi nemmeno perché è iniziato.

Ma John ha gridato forte, troppo forte, scattando appena nella tua direzione.

Tutto in un secondo.

Riflesso incondizionato.

Hai arretrato di colpo impattando contro il muro, il gesto appena accennato di coprirti il viso.

Una reazione che non avresti dovuto lasciarti sfuggire, che in realtà ha sorpreso anche te.

Hai visto il colore scivolargli via dalle guance.

Ti è parso di sentirlo sussurrare il tuo nome, ma non ne sei sicuro.

È crollato in ginocchio davanti a te e si è lasciato travolgere da un'ondata di singhiozzi silenziosi e spasmodici, coprendosi il viso con le dita.

È così che piange John, senza rumore, nascondendo le lacrime nel palmo della mano.

E allora non hai saputo restare al tuo posto.

Dopotutto era quello che stavi aspettando, non è così Sherlock?

Un pretesto per sfiorarlo di nuovo.

Per tutti questi mesi, in ogni suo momento d'amarezza, volevi allungare le mani e toccarlo.

Immaginavi di attraversare il salotto, di stringerlo così forte da fargli male, di accarezzargli con le labbra i capelli grigi, il naso, il mento...

quelle rughe naso labiali che ti ritrovi troppo spesso a contemplare stupidamente.

Volevi che piangesse tutte le sue lacrime, volevi che scoppiasse una volta per tutte.

Per poter raccogliere i suoi frammenti e ricomporlo con minuzia, pezzo dopo pezzo, esattamente com'era prima, così da farne un capolavoro infrangibile.

Ed è quello che faresti anche adesso, se solo il corpo ti obbedisse.

Riesci a fatica a fare qualche passo incerto fino ad accucciarti di fronte a lui.

Lo abbracci piano.

Sei esageratamente delicato, hai quasi paura, adesso, di vederlo sbriciolarsi tra le tue braccia.

Non puoi dirgli che è tutto okay, non stavolta.

Ora John è così fragile che non puoi permetterti d'esser maldestro.

Percepisci il suo respiro sul tuo collo, quelle membra rigide che tremano più forte e le sue lacrime che ti inzuppano il colletto della camicia.

Lo baceresti, ora, non è vero?

Di nuovo perdi di vista il contesto.

Lui è accartocciato su se stesso, senza controllo né difese...

e tu riesci a pensare soltanto al calore del suo respiro, al suo profumo che ti annebbia il cervello.

Non è frivolezza.

Vorresti semplicemente dargli te stesso, perché è l'unica cosa che hai da offrire a quell'uomo che ora sembra aver bisogno di tutto

e che crede, tuttavia, di non meritare più nulla.

Poi con uno gesto improvviso ti riporta alla realtà.

Si stacca da te, quasi spingendoti via.

“Vaffanculo Sherlock!”

“John...”

“Devi smetterla di fare così, accidenti a te. Devi smetterla di far finta di niente!”

Ha iniziato a gridare adesso.

“Guardaci! Guarda cosa ti ho fatto! Sono un mostro Sherlock. Lo sono stato con Mary e lo sono ora con Rosie...non riesco nemmeno ad essere un padre decente! E con te...dio santo, con te ho fatto solo cazzate!”

Quando provi ad avvicinarti lo vedi scattare in piedi e barcollare all'indietro.

È come quando ti ha confessato di quei messaggi inopportuni, solo che stavolta urla.

C'è vergogna nella sua voce. E rabbia. E autolesionismo.

E poi rimorsi, sensi di colpa, rimpianti, vuoti e buchi neri, parole che non afferri, non comprendi, non riesci a stargli dietro e pensi solo a quanto è bello, anzi bellissimo.

John è bellissimo in questo momento, mentre vomita fiotti di quel veleno che, da troppo tempo, sta corrodendo tutto ciò che di straordinario hai sempre visto in lui.

“L'ho uccisa io.”

Lo sillaba con voce incredibilmente ferma, a denti stretti, e tu devi fare uno sforzo considerevole per concentrarti e riprendere il filo del discorso.

“È morta perché io ho desiderato che sparisse. L'ho fatto davvero, sai. E c'è stato un momento, quando è fuggita lontano da me e da Rosie, in cui ho pensato di non cercarla, di lasciarla lì dov'era. Tu invece hai sempre fatto la cosa giusta al posto mio. E nonostante questo, ti ho incolpato per la sua morte.”

“John...”

“Ti ho chiuso fuori perché eri la salvezza che non meritavo. Ti ho pestato a sangue, Sherlock, te lo sei scordato o semplicemente fingi che non sia mai successo? Perché non hai reagito? Cristo!”

Adesso è davvero fuori controllo e temi di non riuscire a frenarlo prima che si sfracelli sul fondo del baratro in cui sta precipitando.

“Ti faccio paura e lo capisco. Anch'io mi faccio paura. Ho paura che possa succedere ancora, ho paura di perdere il controllo. Ho paura di restare da solo con Rosie...e mi detesto! Detesto essere diventato una persona di cui hai paura, non posso sopportarlo! Lo capisci che significa Sherlock? Lo capisci perdio?”

Ma tutto ciò che capisci è che questa sua opera di autodistruzione deve finire.

Ed ecco che, con un impeto che sorprende persino te stesso, ti alzi, lo afferri per il colletto della camicia e lo spingi fino a sbatterlo contro la parete.

“Adesso basta! Basta, John, per favore.”

Agganci i tuoi occhi ai suoi,  ma lui è già passato oltre e guarda lontano.

Lo deduci e ti fa male.

Sta pensando alla stanza che prenderà in affitto per quattro soldi, ai documenti che dovrà firmare per far adottare Rosie da qualcuno, forse da te, sarebbe la scelta più semplice visto che già te ne occupi a tempo pieno.

Sta valutando di aggiungere una terapia psichiatrica alle sedute che continua a fare con Ella. Prende in considerazione l'ipotesi di un corso per il controllo della rabbia, la scarta e torna a focalizzarsi sugli antipsicotici, fa una stima approssimativa di quanti ne servirebbero per...

Lo colpisci.

E te ne penti nell'istante stesso in cui lo fai.

Un pugno spossato, senza troppa convinzione, che comunque sembra riportarlo lì con te.

Ora torna a guardarti, riemergendo dal suo delirio paranoide e fissandoti incredulo, mentre si passa la lingua sul labbro spaccato.

E non riesci a restare dove sei, se non lo fai adesso, sai che non riuscirai mai più a trovare uno spiraglio in quella corazza.

Ti aggrappi alle sue spalle, temi che possa muoversi e in questo momento vuoi che resti fermo.

John deve rimanere immobile e in silenzio.

Tu puoi salvarlo, ne sei certo, e lui deve lasciarti fare.

Vedi un moto di terrore in quelle iridi ancora velate di pianto, lo senti sfuggirti appena ma non hai intenzione di mollare la presa.

“Non mi fai paura, John...no, non girarti, guardami! Qualunque reazione abbia avuto prima, io so bene che non mi faresti del male. Avevo previsto che me ne avresti fatto in passato e ora prevedo che non ne saresti più capace. Dimmi, mi sono mai sbagliato?”

Alzi un sopracciglio azzardando un mezzo sorriso, obbligandoti a non sbattere le palpebre per non perdere il contatto visivo.

È passato, John. Guardami! È tutto passato. Adesso devi lasciar andare.”

Poi ti avvicini, chinandoti lentamente, fino a posare la fronte sulla sua, senza mai smettere di guardarlo negli occhi.

Lo senti irrigidirsi  ma sai che lo vuole anche lui, l'hai capito da un pezzo.

“Quello che mi hai fatto in obitorio...io te l'ho lasciato fare. Ma non pensare neanche per un momento che io non sia in grado tenerti testa.”

Glielo sussurri a fior di labbra ed è come se avessi pronunciato l'esatta password per accedere al paradiso;

perché immediatamente dischiude la bocca e si infila senza alcuna premura nella tua, lasciandoti di stucco e strappandoti un gemito soffocato.

Le sue mani corrono ai tuoi fianchi e li stringono forte, come se vi si stesse aggrappando per non cadere.

E ora lo sai, Holmes. 

Sai cosa si prova a baciare John Watson, ad avere la sua pelle sotto le dita, il suo respiro sul viso.

Adesso sai che la sua stretta è decisa e virile, che la sua pelle odora di dopobarba al vetiver, che le sue labbra sono umide e voraci.

Il bacio di John è disperato, sa di metallo ed è salato.

Ti sporca di sangue e ti trascina con lui sull'orlo di quel baratro, lo stesso che vedevi nei suoi occhi e che ora non lo spaventa più, perché è aggrappato a te con tutta la forza che ancora gli resta.

“Perdonami...ti prego, perdonami amore.”

Un'extrasistole. Ne sei certo. A quelle parole il tuo cuore perde il ritmo e tu la ragione.

E lo abbracci così forte da sentire, attraverso i vestiti e la carne, la consistenza delle sue ossa. 

“John...”

Lo guardi e pensi che...

No, stavolta glielo dici, con le guance scarlatte e la voce ridotta a un sussurro.

“Sei bellissimo.”

Sì, John ora è bello come non avresti mai sperato.

Magnifico, mentre continua a baciarti con la smania di un folle, mentre una crepa si forma su quel guscio di sensi di colpa e autocommiserazione, mentre si libera di qualcosa che gli schiacciava il cuore, mentre la sua fiamma riprende a bruciare e a scaldarti l'anima.

E tra un bacio e l'altro vedi i suoi contorni farsi più nitidi, i suoi occhi tornare limpidi, come due pozze d'acqua su cui torna a specchiarsi la luce del sole.

 

 

Angolo dell'autrice

Vi ringrazio per essere arrivat* fin qui e vi chiedo scusa se ci ho messo tanto ad aggiornare. Ero veramente in difficoltà con questo capitolo, e tutt'ora non sono totalmente convinta di quello che ho scritto, quindi perdonatemi se qualcosa non vi torna o se vi risultasse troppo contorto. Spero comunque di aver reso i personaggi abbastanza IC.

Il prossimo capitolo sarà l'ultimo e spero di pubblicarlo quanto prima

A presto!

   
 
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