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Autore: The Blue Devil    19/01/2019    5 recensioni
Eccomi qua, ci son cascato pure io, in una noiosissima Candy/Terence con Albert nell'ombra... davvero?
Chi è il misterioso individuo che si aggira nei luoghi tanto cari alla nostra eroina? Qual è la sua missione? La sua VERA missione? Cosa o chi, alla fine di essa, sarà in grado di trattenerlo a Chicago? Quante domande, le risposte stanno all'interno...
Il titolo è un omaggio a tutti i ''se'' con cui si apre la storia.
dal 3° capitolo:
... Non ne ho parlato con lei, ma io sono sempre rimasto in contatto, in maniera discreta, con Terence. E non le ho neanche mai raccontato di averlo cacciato, quando lo trovai ubriaco da queste parti, anni fa. Vi chiedo di vegliare sempre su di lei, con discrezione, poiché la vedo felice, forse troppo, e non vorrei subisse un’altra delusione".
"Perché parlate così?", chiese, dubbiosa, Miss Pony.
"Non so, ho una strana sensazione, come se stesse per accadere qualcosa di molto spiacevole. E lo consiglio anche a voi: state attente e tenete gli occhi aperti".
"Così ci spaventate, Albert", osservò Suor Maria.
"Non era mia intenzione spaventarvi", asserì Albert, "Forse sono io che mi preoccupo per niente; sì, forse è così...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Buona lettura


Capitolo 31
Le indagini

Quando un animo arido e insensibile ne incontra uno più puro e disposto ad accoglierlo, tende a non riconoscerlo, a sbarazzarsene, a buttarlo alle ortiche. Questo comportamento, però, scaturisce da quelle persone che, iniziata la vita con le migliori intenzioni, con l’idea di fare del bene agli altri, ricevono in cambio solo le classiche "mazzate". Se  t’insegnano cos’è il bene e cos’è il male e scegli di praticare il primo, ricevendo dagli altri il secondo, quando incontri una persona disposta a darti un aiuto sincero, tendi a rifiutarla: anche solo per farle capire che voler aiutare tutti non sempre paga.
Iriza, invece, trascinata dall’esempio dei familiari, apparteneva a quella categoria di persone che partono con l’idea di essere superiori: la sua famiglia era superiore alle altre; gli orfani, privi di famiglia, erano pezzenti. Essendo superiore, aveva il diritto di prendersi ciò che le piaceva – o che anche solo desiderava possedere – e  tutti coloro i quali cercavano di impedirglielo andavano eliminati. Tanto non contavano nulla, poiché gli "altri" erano tutti nemici, tutti invidiosi, tutti pronti a farti del male e a toglierti ciò che è tuo di diritto. Era cresciuta con queste idee, non aveva mai conosciuto altro, finché non aveva incontrato Harrison, che aveva saputo toccare le corde giuste, entrare nella sua anima, mostrandole un mondo che non avrebbe mai immaginato, altrimenti, di poter apprezzare; ma ancor di più, di poter essere apprezzata da esso, senza secondi fini: non tutti al mondo ti sono nemici, ci può sempre essere qualcuno che crede in te.
Aveva capito che lei non odiava Candy realmente e che non le erano mai interessati davvero tutti quelli che le giravano intorno, compresi Anthony e Terence; era solo invidiosa di ciò che l’orfanella era riuscita a suscitare in quei ragazzi: un essere inferiore era riuscito là dove lei, un essere superiore, aveva sempre fallito.
Con Harrison era cambiato tutto. Aveva finalmente incontrato un ragazzo che le piaceva davvero e che pareva, malgrado le "incomprensioni" iniziali, molto interessato a lei: pur giudicandola, non l’aveva mai respinta, ma aveva insistito, cercando sempre la sua compagnia. Iriza, non sapendo come comportarsi, aveva chiesto aiuto alla persona che più le era vicina ogni giorno, la cameriera, e che, sorprendendola, aveva accettato di aiutarla: aveva scoperto che mettere da parte Candy – o almeno l’invidia che provava per lei – non era poi così difficile.
"Che t’importa di lei, lascia che viva la sua vita, che faccia le sue scelte e prova a costruire qualcosa anche tu; non sprecare la tua vita dietro a un odio, a un’invidia che non ti porterà da nessuna parte", si era detta.
Così, la ragazza, facendo un grande sforzo, aveva scoperto di avere un’anima, di avere un cuore, di essere capace di "donare" agli altri e non solo di ricevere; e, agendo così, aveva provato un senso di "leggerezza", di appagamento, mai provati in precedenza, un senso che le piaceva, che la faceva star bene. E si era lasciata andare.
Ma quando scopri – o credi – che è tutto falso, che ti hanno solo preso in giro, ti crolla tutto addosso; se quello che conoscevi prima, era sbagliato e ti faceva star male, e quello che conosci adesso, pur facendoti star bene, è finto e destinato a finire presto, ti chiedi: che senso ha la vita? Che senso ha continuare a vivere? Era stato così anche per Iriza.
Non che Dorothy avesse compreso tutto questo, ma aveva intuito che la sua padroncina stava troppo male, tanto da poter arrivare a commettere qualche sciocchezza; e lei non poteva permetterlo. In fondo Iriza era stata più che carina con lei, salvandola addirittura dall’accusa infamante di essere una ladra e aiutandola con Tom: se lei, ora, si poteva godere un po’ l’amato era solo per merito suo. Si erano aiutate a vicenda: Dorothy aveva donato a Iriza un po’ della sua dolcezza, della sua bontà; Iriza le aveva insegnato a essere più spregiudicata, a sgomitare, se voleva ottenere ciò che desiderava. Praticamente, da "consigliera", Dorothy, era divenuta "consigliata".
Tutte queste considerazioni avevano indotto la cameriera a tenere d’occhio la padroncina, anche a costo di farsi prendere a spintonate, o peggio, da lei. Confidava che presto Harrison avrebbe risolto la faccenda. O almeno lo sperava.
 
Harrison aveva passato una notte insonne e infruttuosa, crollando poco prima dell’alba e concedendosi solo un paio d’ore di sonno.
Agitato.
Aveva analizzato la situazione, cercato una soluzione, ma in tutta quella faccenda non aveva trovato un senso logico. Si era anche vergognato di aver dubitato, seppur per qualche secondo, di Iriza: non era forse vero che lei, appena appresa la notizia, si era preoccupata della salute dei bambini? Che le sue prime parole erano state per la bambina che aveva rischiato di farsi male?
"Questo vorrà pur dire qualcosa", aveva pensato, "Una persona che appicca un incendio ad una casa non si preoccupa certo della salute dei suoi occupanti".
E la circostanza del tè, rovesciato sulla mano, aveva spazzato via gli ultimi dubbi. Poi c’era il fazzoletto: segno che la ragazza stava ancora pensando a lui.
Ma Harrison sentiva che c’era qualcosa che gli stava sfuggendo; la cosa che più l’aveva colpito, era stato l’accenno alla sua prima visita all’orfanotrofio con Iriza, tirato fuori da due persone... sempre messo in relazione a quei maledetti guanti... Perché questo ricordo lo aveva tormentato, presentandoglisi anche in sogno, per tutta la notte, offuscandogli la mente e impedendogli di ragionare? Cosa c’entrava in tutto quel pasticcio quella visita? Era forse accaduto qualcosa, quel giorno, che non riusciva a ricordare?
Appena sveglio, nella sua mente si affacciò una domanda improvvisa: dov’è il secondo guanto? Convintosi, non sapeva neanche bene il perché, che quei guanti fossero la chiave di tutto, prese una decisione: sarebbe andato all’orfanotrofio, un po’ perché aveva bisogno della compagnia dei suoi piccoli amici, un po’ per vedere se riusciva a ricordare qualche elemento utile alle indagini. Su Iriza poteva stare tranquillo: Dorothy gli aveva assicurato che avrebbe vegliato su di lei. E di Dorothy poteva fidarsi.
Si preparò in fretta, dandosi una lavata e cambiandosi gli abiti, che aveva indossato il giorno prima e con i quali si era addormentato, e si recò all’appuntamento con gli altri. Li convinse ad attendere prima di dire o di fare alcunché e, stupendosene alquanto, incontrò l’approvazione di tutti, compreso Archie. Archie e Terence decisero di tornare sul "luogo del delitto", a cercare indizi che potessero incastrare o scagionare la giovane Legan – avrebbero anche riparlato con il bambino, unico testimone del tragico evento; Harrison disse loro, senza fornire ulteriori dettagli, che avrebbe indagato per conto proprio; Stear si convinse che, passeggiando nel bosco, gli sarebbe potuto tornare alla memoria qualche indizio che magari gli era uscito di mente.
Si salutarono e ognuno prese la propria direzione.

Dorothy non ebbe difficoltà a mantenere l’impegno che si era assunta con Harrison: sacrificando anche quel poco tempo che era solita passare con Tom, era diventata l’ombra della padroncina, coinvolgendo nella sua missione il buon Stewart, convintosi che anche la padroncina avesse diritto ad avere una possibilità di riscatto. Ciò era stato possibile anche per merito della signora Legan. Infatti, in condizioni normali, la cameriera avrebbe avuto da lavorare in casa, ma la padrona, avendo notato un peggioramento nell’apatia e nel comportamento asociale della figlia – che rifiutava anche la sua compagnia –, le aveva chiesto di starle accanto, in maniera discreta. E Dorothy non se l’era fatto ripetere due volte.
 
Fu una giornata di indagini, di ricerca. Purtroppo Archie e Terence – ai quali il bambino della "Casa di Pony" confermò la propria testimonianza – non trovarono nulla di nuovo, per cui, per quel che ne sapevano, Iriza rimaneva l’unica possibile colpevole.
A Stear andò meglio. Aveva deciso di ripercorrere gli stessi passi che l’avevano portato ad avvistare l’incendio ma, ad un certo punto, una "vocina" gli consigliò di fare una piccola deviazione: un messaggio dell’amico Dominique? Intuito? Fatto sta che il ragazzo decise di dare ascolto a quella "voce", poiché anche a lui qualcosa non tornava e... quello che scoprì lo lasciò allibito:
"No, non è possibile!", si disse, osservando la sua scoperta, "Non ha senso... non ha alcun senso... eppure me lo sentivo che c’era qualcosa di sbagliato...".
Harrison trascorse l’intera giornata coi "suoi" bambini, la compagnia dei quali ebbe l’effetto di disintossicarlo e di liberargli la mente; la domanda che più frequentemente gli fu rivolta, riguardava la Zia Iriza; su questo tema dovette subire un vero e proprio attacco da una bambina in particolare:
"Zio Mac dov’è la Zia Iriza? Perché non è venuta con te? Mi manca... non avrete mica litigato spero...".
"No, tranquilla piccola; la Zia Iriza aveva molto da fare e non è potuta venire, ma... se non venisse più ti dispiacerebbe tanto?", le chiese Harrison, prendendola in braccio.
"No... ti ha detto che non viene più?".
"E se ti dicessi che è cattiva... che in realtà la Zia Iriza è una strega malvagia?".
"Tu dici le bugie, Zia Iriza non è una strega cattiva, ha un buon profumo ed è la mia Principessa...".
Harrison la rassicurò e le diede un bacio sulla guancia, prima di riaffidarla al solito bambino.
"I bambini ‘sentono’ le cose meglio di noi adulti... Daisy non mi ha mai accusato di dire le bugie e mi ha sempre creduto. Devo assolutamente risolvere questa brutta vicenda".
Il ragazzo approfittò della visita all’orfanotrofio anche per discutere con "Papà David" di alcuni dettagli circa il suo, solo accennato fino a quel momento, piano di trasferimento dei bambini alla "Casa di Pony": non c’era ancora stato il tempo per parlargliene in maniera compiuta, anche perché era necessario prima avviare i lavori di ristrutturazione e preparare psicologicamente i bambini di entrambe le strutture.
Ovviamente l’intoppo dell’incendio avrebbe rallentato la realizzazione del piano, ma era comunque corretto parlarne a David il prima possibile.
"Papà David" si dimostrò entusiasta delle idee di Harrison e si disse felice e ansioso d’intraprendere quella nuova avventura.
Harrison non si era però dimenticato del vero scopo della sua visita e, alla fine, dopo aver ripercorso gli stessi passi del giorno della prima visita, ebbe l’illuminazione:
"Ma certo! Ecco cosa mi sfuggiva! La giacca! Come ho potuto dimenticarlo? Ora so chi ha appiccato l’incendio!".












CONSIDERAZIONI DELL’AUTORE:

Eccovi la seconda parte del capitolo; ho dovuto riarrangiarlo un po’, ma mi sembra venuto bene. Il capitolo si apre con una lunga introspezione su Iriza e non solo: spero di non aver scritto cretinate, ma penso proprio di no. Fidatevi, so quel che dico.
Sul finale: vedo Alabarde, martelloni 100t, Thunderbolt, Supernove etc. etc. roteare nell’aria...

 
The Blue Devil
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ringrazio tutti i lettori che vorranno imbarcarsi in quest’avventura, che neanch’io so dove ci porterà (se ci porterà da qualche parte)...
   
 
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