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Autore: TaliaAckerman    19/01/2019    2 recensioni
L'ultimo atto della saga dedicata a Fheriea.
Dubhne e Jel si sono finalmente incontrati, ma presto saranno costretti a separarsi di nuovo. Mentre la minaccia dal Nord si fa sempre più insistente, un nemico che sembrava battuto torna sul campo di battaglia per esigere la sua vendetta. Il destino delle Cinque Terre non è mai stato così incerto.
Dal trentaquattresimo capitolo:
"Dubhne si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e ricordò quando, al suo arrivo a Città dei Re, l'avevano quasi rasata a zero.
- Quando ero nell'Arena... - mormorò - dovevo contare solo su me stessa. Un Combattente deve imparare a tenere a bada la paura, a fidarsi solo del proprio talento e del proprio istinto. Non c'è spazio per altro.
Jel alzò gli occhi e li posò su di lei - E che cosa ti dice ora il tuo istinto?
- Sopravvivi. "
Se volete sapere come si conclude il II ciclo di Fheriea, leggete!
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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Ok, questa volta qualcuno potrebbe uscire traumatizzato dalla lettura del capitolo XD
Volevate una mega battaglia? Eccola!!!!!









37








Nel trovarsi per la prima volta di fronte a Theor in persona, Dubhne avvertì un'emozione mai provata prima avvolgerla.
Ascoltando i racconti di Jel, le allusioni di Jack, sentendo così tante volte il suo nome riecheggiare in tutti i campi militari in cui aveva stazionato, secondo in frequenza solo a quello della Strega Rossa, la ragazza aveva avuto modo di immaginare il volto del famigerato leader della Ribellione, la mente che si era celata dietro ogni azione compiuta dai Nordici negli ultimi due anni, un'infinità di volte.
Non seppe dire se le sue aspettative fossero state soddisfatte nel fissare la sua figura asciutta e compassata, avvolta da un mantello bianco che celava solo in parte l'elsa della lunga spada che gli pendeva al fianco. Una mera questione di scena, naturalmente: da quello che aveva avuto modo di apprendere, Theor era uno dei maghi più capaci e pericolosi delle Cinque Terre, di certo non avrebbe rinunciato a falciare larga parte di loro con la magia. Eppure, scorrendo con lo sguardo le fila dei guerrieri ribelli che attendevano in piedi dietro di lui, Dubhne non riuscì a scorgere la figura di Sephirt, la donna che ossessionava Jel e da cui il mago l'aveva tanto messa in guardia. La stessa donna che durante la prima battaglia di Hiexil l'aveva risparmiata, lasciando irrisoriamente che Jack la trascinasse in salvo. Dubhne non avrebbe mai dimenticato gli occhi di brace della Strega Rossa, e non c'erano dubbi sul fatto che in quel momento ella non fosse al Santuario. Se così non fosse stato, era probabile che molti soldati delle Cinque Terre fossero già morti e la battaglia già iniziata.
Jack non era troppo distante da lei, a cavallo. Dubhne cercò lo sguardo terso del comandante con il proprio e, quando lo trovò, questi mosse impercettibilmente il capo in segno di incoraggiamento.
Sono con te, avrebbe voluto dirgli.
Strinse forte il globo della catenella che il giorno precedente era stata consegnata a ognuno di loro. L'incantesimo applicato su di esse li avrebbe protetti dal fuoco delle Pietre al momento dell'esplosione.
Proprio in quel momento uno dei Consiglieri più importanti, un uomo anziano dai lunghi capelli rosso scuro e la carnagione color mattone, si era separato dal resto dello schieramento e si stava dirigendo verso l'ingresso del Santuario. Doveva essere Althon, il maestro dell'Haryar, qualunque cosa significasse tale titolo. Insieme a lui si erano mosse due guardie e un secondo Consigliere che all'aspetto sembrava essere un Thariano.
Dubhne si sporse in punta di piedi per sovrastare i soldati che si paravano davanti a lei di spalle impedendole la visuale. Si era aspettata che i componenti del Gran Consiglio lì presenti si facessero avanti per offrire a Theor e ai suoi un'ultima possibilità di resa ma francamente sperava che, com'era probabile, il Ribelle non cedesse terreno per un solo millimetro. Voleva avere la possibilità di ucciderli tutti, lui e i suoi cani rabbiosi. Qualcun altro si sarebbe occupato della diplomazia. Ma in seguito.
- Maestro Raenys - proferì Theor beffardo senza nemmeno considerare l'ipotesi di lasciare che fosse Althon a parlare per primo. - Sono lieto di constatare che si sia rimesso in forze a sufficienza per partecipare a questo glorioso giorno. L'ultima immagine che avevo di voi era un puntino in lontananza che fuggiva nella neve...
Il maestro Althon alzò una mano per chiedere silenzio, mentre colui che Theor aveva chiamato Raenys rimaneva impassibile, mantenendo lo sguardo su di lui senza batter ciglio.
- Nonostante abbiate rifiutato l'ultima possibilità che il Gran Consiglio vi ha offerto di arrendervi, nonostante abbiate tradito ogni vincolo di fedeltà alle leggi che tutelano gli ambasciatori, siamo disposti a concedervi un'ultima occasione per risolvere questo conflitto per via diplomatica, evitando la necessità di un inutile bagno di sangue finale.
- Di quanto pensate possano essere cambiate le mie posizioni a riguardo rispetto a qualche settimana fa, maestro?
- Quanto basta per impedire che i tuoi uomini vengano massacrati quest'oggi. Ti basta firmare una sola carta, un documento che dichiari la vostra resa, e il tuo popolo cesserà di soffrire.
- Io non firmerò alcunché - il cambiamento di tono dell'Uomo del Nord fu così repentino da provocare in Dubhne un leggero brivido. Ora aveva modo di capire a fondo la reverenza e il terrore con cui tutti si riferivano a lui. Nel suo sguardo, lo sguardo di ghiaccio che stava mantenendo fisso sui suoi avversari, si leggeva la forza della fede.
- Credete che non sappia dell'armata che sta cingendo d'assedio Amaria mentre noi parliamo? Che io possa essere così ingenuo da pensare che nel caso accetti la resa voi rinuncerete a radere al suolo la nostra capitale? Miei signori, voi mi insultate.
- I nostri metodi non sono i vostri - ribatté Althon con pari calma nella voce. - Se voi e i vostri uomini deporrete le armi adesso mi premurerò io stesso di mandare un corvo al generale Fánersan affinché ritiri immediatamente le sue truppe da Amaria. Una cosa posso garantirvi però: se rifiuterete di farvi da parte, se vi ostinerete a cercare di ostacolarci, non avremo altra scelta se non quella di spazzarvi via con il potere delle Sei Pietre.
Theor rispose con una risata selvaggia cui risposero molti dei guerrieri dietro di lui.
- Credete davvero di impressionarmi con questa manica di bugie? - sibilò tornando a voltarsi verso di loro. - Non basta la vicinanza al Santuario per attivare la magia delle Pietre. Vi occorre quel maledetto talismano, il quale non può essere sottratto al Santuario a meno che non si sia già in possesso delle Pietre. Non credete che lo avremmo portato via prima del vostro arrivo, altrimenti?
Per la prima volta Althon diede segno di agitarsi in sella al proprio cavallo, il quale dovette avvertirlo, poiché recalcitrò un paio di volte emettendo deboli nitriti.
- Dunque questa è la vostra ultima parola, mio signore? - chiese infine il maestro haryarita con aria contrariata.
Theor non gli staccò gli occhi di dosso. - Categoricamente.
- Molto bene - Althon non aggiunse altro mentre strattonava le redini per far voltare il proprio destriero e si apprestava a ritornare nei ranghi con le due guardie al seguito.
Prima di imitarlo, Raenys scoccò all'Uomo del Nord uno sguardo d'avvertimento. - Siete più ostinato che accorto, Lord Theor. Voi e i vostri uomini verrete massacrati - e senza aspettare risposta si congedò. Theor rimase immobile, al sicuro dietro la lieve increspatura dell'evidente barriera magica che proteggeva l'ingresso della grotta.
Nl frattempo Althon era smontato da cavallo nei pressi del punto in cui si trovava Jack. Lord Versjan si era unito a loro.
- Ho riconosciuto l'incantesimo di protezione evocato sull'entrata - spiegò accennando con il capo in quella direzione. - Non può essere attraversato da frecce o lance, e naturalmente respingerà qualunque incantesimo; se vogliamo combattere sarà necessario attraversarlo a piedi. Theor sa che in questo modo saremo costretti ad avanzare in una strettoia.
- Staremo alle vostre disposizioni - affermò Lord Versjan impaziente mentre Jack, con le braccia conserte, taceva.
- Gli altri maghi ed io proveremo a indebolire la barriera fino a farla cedere, ma potrebbe volerci del tempo. Non sappiamo quante persone la stiano mantenendo eretta in questo momento. Quello che è certo è che se prenderanno parte allo scontro, com'è probabile, sarà più difficile per loro mantenere la concentrazione necessaria.
In quel momento la voce di Theor si levò alta sopra quella del maestro. - Arcieri!
- In alto gli scudi! - rispose prontamente Jack con un urlo sollevando il proprio. Poi, accostandosi al Consigliere, disse a mezza voce: - Seguiremo i vostri ordini, mio signore. Ma è il momento di agire, ora.
Una pioggia di frecce si abbatté su di loro. In ginocchio, al riparo sotto il proprio scudo, Dubhne vide un paio di soldati venire colpiti nei polpacci e gemere di dolore. Aspettò che la raffica finisse, poi tornò a fissare ansiosamente Jack e Althon.
- Va bene - asserì quest'ultimo. - Muovete sulla grotta con l'avanguardia, noi intanto cercheremo di abbattere quella barriera. Che gli arcieri si tengano pronti, e vicini all'azione. Quando sarà il momento di entrare nel Santuario avremo bisogno di tutta la copertura possibile.
Era il momento. Come sempre negli ultimi istanti di silenzio prima di una battaglia Dubhne avvertì l'adrenalina scorrerle incontrollabile nelle vene. La paura, anche.
- Uomini! - grido Jack partendo al galoppo verso l'avanguardia. - Rompete i ranghi! Muovete sulla caverna dai lati, così ridurremo la loro possibilità di tiro! Una volta là distribuitevi su tutto il perimetro!
- Retroguardia! - tuonò al contempo Lord Versjan rivolto ai suoi uomini. - Proteggete i Consiglieri! Gli arcieri con me!
Dubhne si era lanciata in avanti nel momento stesso in cui aveva visto Jack muoversi, con Philipp e Terson al seguito. Mentre una seconda tornata di frecce si abbatteva su di loro mietendo le prime vittime di quel giorno, la ragazza scartò a sinistra portandosi momentaneamente fuori tiro, per poi raggiungere l'estremità meridionale dell'imboccatura. Due buone file di Ribelli si erano compattate per difendere l'accesso, formando a loro volta una barriera di scudi. Dubhne fu una di coloro che si abbatterono con tutto il proprio peso contro di essi nel tentativo di farli arretrare e al contempo di scomporre il loro schieramento.
- Ariadoriani! - era la voce di Jack che, sicura e tonante, esortava gli uomini a non desistere. - Avanti!
Dubhne alzò il capo e vide il comandante lanciato al galoppo verso il muro di scudi.
No, no! Ma che fa?
Dimenticandosi per un istante di quanto stava facendo, la ragazza smise di puntellarsi con i piedi e di spingere in avanti e si protese verso di lui. - Jack!
L'uomo tirò le redini all'ultimo secondo e il suo cavallo spiccò un balzo vertiginoso, oltrepassando la prima linea e travolgendo diversi Ribelli con le zampe posteriori.
Quel gesto eclatante accrebbe il coraggio dei soldati del suo battaglione. Caley aveva seguito l'esempio del suo comandante aprendosi anch'egli un varco tra i soldati che, in quel punto, si erano dispersi per qualche secondo.
Dubhne tornò a premere sullo scudo del Ribelle davanti a sé con tutte le proprie forze insieme a tutti gli altri, mentre dalla seconda linea venivano sporte lame che andavano a colpire i nemici che reggevano gli scudi. Ma dove uno cadeva un altro prendeva il suo posto, e i Nordici non sembravano essere disposti a cedere di un solo passo.
D'altronde, se il loro spirito era fermo come quello del loro comandante, c'era da aspettarsi che quella battaglia andasse avanti ancora a lungo.
- Disponetevi su tutta la linea! - la voce di Edgar Priest li raggiunse aldilà del rumore della battaglia per ricordare loro quale fosse il loro compito. - Non riusciremo a sfondare le loro difese in altro modo!
Un attimo dopo Dubhne poté menare il proprio primo fendente di scimitarra. In poco tempo i soldati dell'avanguardia, conversi al centro, riuscirono a rompere la linea difensiva in un paio di punti, cominciando a mischiarsi con i Ribelli e ingaggiando una lotta disordinata. In quel modo le frecce smisero di venire scagliate in un paio di minuti. Theor non aveva abbastanza riserve per rischiare di colpire i propri stessi uomini.
Mentre si destreggiava come poteva nella moltitudine di Ribelli ai margini della grotta, Dubhne teneva d'occhio Jack che, a cavallo, aveva guadagnato una manciata di metri rispetto a loro insieme a Caley.
Fu allora che si rese conto che Theor, fino a quel momento rimasto lontano dalla mischia insieme a un altro Ribelle riccamente vestito, si stava dirigendo a grandi passi verso di lui. E in un solo vorticoso istante Dubhne comprese che non avrebbe impiegato che un battito di ciglia per eliminare i due guerrieri che in quel momento stavano dando maggiori problemi ai suoi uomini. Lo vide alzare un braccio e con movimento sinuoso evocare una lingua di fuoco.
- Jack, ATTENTO! - la combattente rotolò al suolo per evitare un avversario che si era gettato su di lei e fulminea lo trapassò da parte a parte, tronando poi febbrilmente e guardare in direzione del comandante...
Jack si era gettato da cavallo per evitare la fiammata, che aveva invece colpito di striscio Caley il quale ora si rotolava sul terreno nel tentativo di estinguere le fiamme che avevano attecchito al suo mantello. Jack si affrettò a gettargli addosso il proprio, e Dubhne tirò un sospiro di sollievo. Ma non ebbe molto tempo per riprendere fiato, perché altri due Ribelli si erano interessati a lei.
Mentre la ragazza incrociava la lama della scimitarra all'unisono con entrambi, nella caverna si udì un sinistro crac!, quasi uno sfrigolio, e la patina che ottundeva la visuale all'esterno venne meno.
Nonostante Theor si fosse accontentato di far cadere da cavallo Jack e Caley per poi tornare immediatamente a dedicarsi al mantenimento della barriera, quella momentanea distrazione era stata sufficiente perché i maghi del Consiglio riuscissero a infrangerla.
Un istante, e poi Gala, Althon, Raenys e tutti gli altri furono in mezzo a loro.
La reazione di Theor, del suo secondo e dei pochi maghi sparsi fra i Ribelli non si fece attendere: scansando con semplici gesti delle mani frecce che gli venivano scagliate contro, il condottiero dei Ribelli sbarrò la strada ad Althon, che stava correndo in direzione del Santuario.
- Addirittura, maestro? - lo schernì. - Vi premurerete di attivare le Pietre voi stesso?
- Tacete! - ruggì il mago che affiancava il maestro dell'Haryar evocando una palla di fuoco e scagliandola con rabbia contro di lui. L'uomo la estinse con uno schiocco di dita.
- Dovrete impegnarvi molto più di così.
Dubhne, che era stata spinta a qualche metro di distanza dai combattimenti a causa di un'esplosione provocata da uno dei maghi ribelli, rimase qualche secondo a osservare, sgomenta e affascinata, l'Uomo del Nord che cominciava ad affrontare i due Consiglieri all'unisono. Non aveva mai visto nessuno combattere in quel modo. I gesti di Theor e, soprattutto, la naturalezza con cui li compiva, trasmettevano un senso di onnipotenza.
La ragazza si gettò nuovamente nella mischia; aveva perso di vista Jack ora che non era più in sella, ma il fatto che in quel momento Theor fosse impegnato in uno scontro più che arduo la tranquillizzava. Schivò un affondo mossole da un avversario e lo trafisse attirandolo a sé con forza. Non aveva mai combattuto in condizioni simili, in un campo di battaglia in cui si trovassero così tanti maghi. Fiammate, globi d'acqua, frammenti di roccia venivano scagliati ovunque incrementando ulteriormente la possibilità di finire uccisi. Ad un certo punto Dubhne si ritrovò a combattere schiena contro schiena con Claya e per un attimo ebbe l'impressione di essere tornata nel proprio elemento. Attorno a loro i nemici caddero in quantità, senza riuscire a eludere le loro difese, ma proprio nel momento in cui sul volto di Dubhne tornava a disegnarsi l'accenno di un sorriso d'esaltazione, accadde l'inevitabile. Una massa d'aria si abbatté su di loro con la forza di un uragano, sbalzandole via potandosi dietro anche qualche Ribelle. La ragazza fu sicura che sarebbe morta mentre, senza capire più nulla, compiva capriole in aria spinta dalla forza dell'incantesimo. Quando infine toccò terra, rotolò per diversi metri prima di schiantarsi contro una roccia e fermarsi. Il colpo fu così forte che per breve tempo la vista le si oscurò.
Combattendo contro l'abominevole giramento di testa che l'avvolgeva, si mise in ginocchio e avanzò a tentoni tastando il terreno roccioso sotto di sé. Alla cine si imbatté in un corpo: Claya, che era stata scagliata a pochi metri da lei. Aveva sbattuto la testa così forte che il lato superiore del suo cranio si era sfondato, lasciando che parte del cervello colasse sulla pietra in un lago di sangue.
Dubhne represse a stento l'istinto di vomitare a quella vista, e per la prima volta da quando Alesha era morta avvertì una rabbia atroce tornare ad avvolgerla. Si rimise in piedi dirigendosi verso l'area di battaglia e, pulendosi con una manica il sangue che le colava dal naso, estrasse il pugnale dalla cintura. La scimitarra le era volata via di mano quando il vento si era abbattuto su di loro.
Che ci provino a raccoglierla, ringhiò la ragazza. Che provino ad usare la mia lama. Li avrebbe uccisi tutti.
Scagliò il pugnale contro un Ribelle che stava tentando di soffocare un giovane ariadoriano che solo in un secondo momento riconobbe come Terson, poco lontano da lei, e lo estrasse dal suo corpo senza avere il tempo per stare a sentire i ringraziamenti del ragazzo.
Stava per tornare ad annullarsi nella furia della battaglia, quando una voce nota le giunse alle orecchie contorta in un grido di rabbia.
Gala Sterman stava in piedi più in profondità nella caverna intenta a fronteggiare l'uomo che fino a qualche minuto prima aveva fiancheggiato Theor. Doveva essere lui, il traditore. Colui che aveva ucciso il maestro suo e di Jel.
I due maghi danzavano l'uno attorno all'altra combattendo a suon di incantesimi, ma il Ribelle sembrava essere del tutto in controllo della situazione. Proprio in quell'istante Gala era appena riuscita a parare un'Evocazione con un incantesimo di scudo, e Dubhne vide che anche la sua mano destra era avvolta dalle fiamme. Ne scagliò una contro il suo avversario, che la schivò prontamente e rispose con un prodigio che lasciò la combattente senza fiato: la pianta rampicante mezza avvizzita che percorreva la parete di roccia dietro di lei prese improvvisamente vita e si allungò fino ad attanagliarsi attorno alle gambe della strega. Per un attimo il terrore si disegnò sul suo volto, poi la ragazza si divincolò con un urlo e la ridusse in cenere.
- Combatti, bastardo! - la udì urlare fuori di sé.
Dubhne avrebbe voluto aiutarla, ma l'arrivo alla carica dei soldati della retroguardia all'interno della caverna sovvertì i suoi piani; in poco tempo si ritrovò nella confusione più totale e perse di vista la strega dai capelli viola.
Dopo aver atterrato un altro paio di Ribelli, la combattente venne colta di sorpresa da un colpo alla schiena assestatole con l'elsa di una spada, involontario probabilmente, forse addirittura per mano di un suo compagno d'armi. Fatto sta che fu così forte da mozzarle il respiro e la ragazza incespicò, cadendo a terra fra i cadaveri. Il panico la avvolse: una delle prime cose che aveva imparato al fronte era la pericolosità di quelle situazioni, le quali la maggior parte delle volte portavano in malcapitati a morire schiacciati. Qualcuno la colpì in viso con un calcio e lei sentì la bocca riempirlesi di sangue; senza nemmeno chiedersi se fosse un amico o un nemico, si tirò su quel tanto che le permise di aggrapparsi alla cintura del guerriero più vicino a lei e con uno sforzo immane si rimise in piedi.
- Dubhne! - esclamò questi incredulo, e la ragazza riconobbe Philipp voltarsi verso di lei. - Stai bene?
Lei non ebbe il tempo di rispondere, ma si limitò a trafiggere da sopra la sua spalla il Ribelle che altrimenti l'avrebbe colpito.
A pochi passi dalla porta del Santuario, lo scontro tra Theor e il maestro Althon divampava. Theor era riuscito a mettere fuorigioco il secondo Consigliere, che giaceva privo di sensi a ridosso di un masso semi sbriciolato, ma Althon era uno stregone sopraffino e non dava segno di voler cedere. Le loro Evocazioni si scontravano a mezz'aria con eguale potenza senza mai riuscire a raggiungere il bersaglio; le pareti della grotta parevano tremare a ogni impatto. I due combattenti si guizzavano intorno, scomparendo alla vista per un istante e riapparendo alle spalle dell'avversario, il quale prontamente preveniva l'attacco successivo smaterializzandosi a sua volta o imponendo un sortilegio di scudo.
Philipp le rimise in mano la scimitarra quasi senza che se ne accorgesse.
- Questa è tua. Tienitela stretta la prossima volta.
Dubhne gli rivolse un gran sorriso e i due si separarono. La ragazza sentiva il bisogno di trovare Jack per accertarsi che stesse bene. Si aprì un varco tra i Ribelli a colpi di scimitarra, infinitamente grata a Philipp e al caso per averla riportata nelle sue mani, aguzzando la vista per cercare di individuare il volto che più le stava a cuore.
Si ritrovò casualmente in una posizione leggermente sopraelevata dalla quale ebbe modo di gettare lo sguardo nuovamente sullo scontro fra Althon e Theor.
Vi rivolse l'attenzione appena in tempo per vedere una stalattite lunga quasi un metro conficcarsi nella schiena del maestro dell'Haryar. Sul volto di Theor si disegnò un'espressione ferocemente soddisfatta.
Dubhne rimase a guardare inorridita l'anziano mago che, piegato in due, si accasciava al suolo con la bocca spalancata nell'atto di un ultimo, disperato respiro. Quando crollò a terra, un involucro di stoffa si staccò dalla sua cintura rivelando parte del proprio contenuto: una pietra bianca rotolò su terreno. Dubhne la riconobbe all'istante. Era la sua Pietra, la Pietra un tempo incastonata nella sua scimitarra, la Pietra che aveva portato le strade sua e di Jel ad incrociarsi mesi addietro.
Lì dentro c'erano le Pietre Magiche.
Trionfante, Theor mosse un braccio in avanti nell'atto di portarle a sé con la magia, pregustando il momento in cui vi avrebbe messo le mani... ma qualcuno si parò tra lui e il suo obiettivo. Un Ariadoriano che reggeva una spada che Dubhne ben conosceva. Jack Cox.
- Passerai sul mio cadavere, prima di averle - dichiarò fieramente.
- Oh, lo farò - rispose con un ghigno alzando una mano e preparandosi a evocare chissà quale dei mille incantesimi letali di cui disponeva il suo arsenale.
Jack, no, ti prego, non fare cose stupide, vattene da lì...
Prima che avesse il tempo di colpire, però, una seconda figura si mise in mezzo frapponendosi fra Jack e il mago nordico. Era uno degli uomini che Dubhne aveva visto insieme a Gala e gli altri Consiglieri durante il viaggio; dalla chioma di capelli corvini sembrava essere un Uomo Reale.
Il sorriso di Theor si contrasse in una smorfia di fastidio e, forse, di paura.
Ma Dubhne non ebbe il tempo di assistere ad ulteriori risvolti perché per l'ennesima volta un incantesimo rimbalzò vicinissimo a dove si trovava, costringendola e ritrarsi all'indietro. Mise male un piede e perse l'equilibrio, ma si riprese in tempo per barcollare fin dietro una roccia e ripararsi. Theor non era l'unico mago nemico nei dintorni, apparentemente.
Si sporse oltre il proprio nascondiglio per tornare a seguire le mosse del comandante dei Ribelli quando una fiammata giunta da chissà dove la mancò di poco infrangendosi sulla pietra. Dubhne si affrettò a nascondere nuovamente il viso dietro la roccia
Fu solo in quel momento che si accorse che qualcun altro aveva cercato riparo nello stesso luogo: accanto a lei c'era Gala, stremata, la schiena appoggiata sulla pietra e il volto sporco di polvere e sangue. Sembrava sconvolta. Quando la vide parve impiegare diversi secondi per riconoscerla.
- Non ce l'ho fatta... - esalò. - Non... non sono abbastanza forte...
Dubhne si protese verso di lei e sollevò le mani con cui si stava coprendo il ventre; il suo farsetto era lacerato e inondato di sangue, e una scheggia di pietra sporgeva dalla ferita che le squarciava l'addome.
- No, no... - soffiò Dubhne premendo con forza le proprie mani sull'emorragia. - Continua a respirare Gala, ce la farai. Sei una strega, maledizione! Devi fare qualcosa, rimargina la ferita o...
- Dubhne, tu non capisci... è finita - gli occhi della ragazzina, che ora sembrava molto più piccola di quanto non fosse in realtà, erano colmi di lacrime. - Il maestro Althon è morto. Theor ha vinto. Prenderà le Pietre e ci spazzerà tutti via...
- No! - ringhiò Dubhne rifiutandosi di cedere. - No, io non lo permetterò! Jack ha preso le Pietre. Se non ci riuscirà nessun altro, le userà lui!
- Jack? - Gala sgranò gli occhi e sembrò ridestarsi solo in quel momento dal torpore in cui era scivolata. - Jack... lui non sa come attivare la magia delle Pietre! Non conosce la formula!
Dubhne afferrò il mento della ragazza con due dita e la costrinse a guardarla in faccia. - Gala, devi trovare la forza di rialzarti. Dobbiamo trovare Jack e aiutarlo. Tu devi dirgli quella maledetta formula.
La strega scosse la testa. - Non posso, Dubhne. Non so per quanto ancora riuscirò a restare sveglia. Non mi sento più le gambe, la testa mi gira così forte che non riesco a cogliere nemmeno i dettagli del tuo volto. Ma tu, tu puoi salvarci tutti.
- Gala, nemmeno io conosco le parole per...
All'improvviso Gala si sporse in avanti e le premette il palmo della mano destra sulla fronte. Per un istante la combattente vide esplodere davanti a sé un milione di scintille colorate, ed ebbe l'impressione che la sua testa si rovesciasse all'indietro. Quando tutto finì, parole in una lingua arcaica e sconosciuta erano nella sua mente.
- Ma come... come... - gemette, ma Gala era già crollata in avanti fra le sue braccia, svenuta. Quell'ultimo sforzo l'aveva prosciugata anche delle ultime forze.
Dubhne rimase un attimo immobile, come paralizzata, poi raccolse tutto il proprio coraggio e si tirò in piedi. Le doleva ogni singolo muscolo del proprio corpo, ma non importava: l'unica cosa che contava in quel momento era riuscire a trovare Jack ed entrare insieme a lui nel Santuario.
Uscì dal proprio nascondiglio e falciò immediatamente il primo avversario che si trovò davanti.
- Jack! - chiamò a pieni polmoni nel mezzo della battaglia. - Jack, dove sei?
Riconobbe il comandante a una quindicina di metri da lei, impegnato a difendersi dagli attacchi dei Ribelli che confusamente lo attorniavano.
- Jack! - lo chiamò ancora Dubhne facendosi largo a colpi di scimitarra verso di lui.
- Dubhne! - esclamò lui a sua volta voltandosi nella sua direzione. Abbatté un Ribelle con un colpo di spada e ingaggiò un rapido combattimento con un secondo avversario. - Devo portare queste Pietre nel Santuario, ma non so che farmene! - disse febbrilmente una volta che furono fianco a fianco. - Il maestro Althon è morto. Anérion sta ancora combattendo con Theor e non ho idea di dove siano finiti gli altri.
- Lo so Jack, so quello che dobbiamo fare! - proruppe Dubhne afferrandolo per un braccio, prima che venissero separati dai nemici. Una lama la colpì di striscio laddove la sua cotta di maglia si era strappata infierendo sulla ferita che si era procurata nella seconda battaglia di Hiexil. Serrando i denti per il dolore, la ragazza rispose abbattendo la scimitarra sulla gola dell'uomo che l'aveva colpita, staccandogli di netto la testa dal collo.
Attirò nuovamente a sé Jack. - Non chiedermi come - proferì in fretta. - Ma so come attivare la magia di quelle Pietre. Dobbiamo muoverci ora.
Mentre parlava, l'occhio le cadde sul petto del comandante, e vide con un tuffo al cuore che non c'era più traccia del ciondolo protettivo che era stato donato loro dal Consiglio. Doveva averlo perso quando era caduto da cavallo, quelle che sembravano ore prima.
Jack parve capire quello che le stava passando per la testa, ma cercò di ignorarlo. - Tu vai e fa' ciò che devi. Io ti coprirò.
Fece per metterle in mano il sacchetto con le Pietre, ma Dubhne si ritrasse. - Non pensarci neanche - disse in tono duro. - Andremo insieme. Quando le Pietre esploderanno il mio ciondolo ci proteggerà entrambi.
Gli occhi di Jack brillarono. - Sai che ti seguirei ovunque, Ragazza del Sangue.
Dubhne avrebbe voluto piangere, perché in quei vorticosi istanti aveva capito tante cose, cose che leggeva nello sguardo di Jack e che aveva compreso essere rimaste nascoste nel proprio animo per troppo tempo. Ma qualunque cosa provasse in quel momento, avrebbe dovuto aspettare.
- Andiamo allora - esortò il compagno, dunque spiccò la corsa in direzione del portone del Santuario.
Jack trafisse a morte un Ribelle che aveva cercato di fermarli e poi si affrettò a seguirla. A ogni falcata che compiva fitte d'angoscia la trafiggevano, mentre pregava di riuscire nel proprio intento, affinché Theor non vedesse ciò che stava accadendo...
Il sollievo aveva già lambito le sue viscere, già la ragazza aveva allungato un braccio verso il battente di ottone della porta del Santuario, quando percepì dietro di sé un calore insopportabile e una luce così forte da rischiarare l'intera caverna di un bagliore infuocato.
JACK, NO!
Tutto ciò che poté fare fu gettarsi in avanti, dove la grotta degradava in profondità piuttosto rapidamente, per evitare la gigantesca lingua di fuoco che era stata scagliata loro contro. Si aggrappò disperatamente alle sporgenze nella roccia per frenare la caduta e con fatica riuscì a fermarsi e a rimettersi in piedi, risalendo come una furia in direzione del Santuario e di Jack.
Nathaniel Theor incombeva su di lui, gli occhi che mandavano lampi, una mano nuovamente avvolta dalle stesse fiamme che poco prima avevano rischiato di ucciderli.
Oh no che non lo fai.
Mantenendo un sangue freddo che non avrebbe pensato di possedere in un momento simile, con Jack a un passo dalla morte, la ragazza scagliò il proprio pugnale in direzione dell'Uomo del Nord. Non lo colpì naturalmente; la lama si infranse su una barriera magica evocata all'istante dallo stregone, ma era tutto ciò a cui Dubhne avrebbe potuto aspirare: preso alla sprovvista dalla necessità di proteggersi alle spalle, Theor aveva interrotto il controllo sulla propria Evocazione.
- Che cosa diavolo...? - il mago si voltò fulmineo verso di lei e il suo sguardo dorato e furente la trafisse come una lama affilata. - Non imparerete mai...
Con un semplice gesto della mano strappò a distanza la scimitarra dalle sue mani e fece per abbatterla su di lei.
Ma prima che Dubhne potesse sentire la propria stessa lama affondarle nelle carni, Theor emise un ringhio come di Letjak inferocito. Jack si era trascinato in avanti e gli aveva conficcato una daga in una gamba.
- Dubhne, prendi... e VAI! - urlò l'uomo e, con un ultimo sforzo, le lanciò il sacchetto contenente le Pietre prima che Theor, infuriato, gli sferzasse un calcio in faccia che lo fece ricadere all'indietro, privo di sensi.
Dubhne fece per avventarsi sul suo nemico da dietro, ma ancora una volta il mago fu troppo veloce e la respinse roteando le braccia e richiamando un nuovo turbine di vento che la spinse all'indietro, facendola rovinare a terra. Pochi secondi dopo una fiammata colpì il suolo a pochi centimetri dal suo orecchio; Dubhne ne avvertì il calore e urlò. Muovendosi a quattro zampe si trascinò fin dietro a una sporgenza nella roccia.
Che cosa devo fare? pensò disperata, proteggendosi il viso con le mani dai frammenti di pietra che le Evocazioni di Theor producevano infrangendosi su di essa. Si stava avvicinando. Sembrava che si fosse momentaneamente dimenticato persino delle Pietre. Ora che anche Jack era fuori gioco nulla gli avrebbe impedito di ucciderla.
Dubhne respirava pesantemente, presa da un tremito incontrollabile.
Pensò con disperazione a quel giorno di tanto tempo prima, quando aveva combattuto contro Jackson nell'Arena. Allora aveva pensato che non avrebbe mai potuto trovarsi in una situazione così difficile e pericolosa.
Ora però era peggio. Ora era completamente sola.
- Vieni fuori, ragazzina! - gridò Theor in tono folle. - Vieni fuori, che io possa guardarti in faccia mentre ti uccido!
Alzò una mano e con il minimo sforzo evocò una nuova fiammata che si abbatté sul lato destro della roccia dietro cui la ragazza si era nascosta. Lei si rannicchiò completamente su se stessa, scossa da fremiti irrefrenabili.
- Ho già ucciso due dei più grandi maghi di Fheriea, ma non temere, non disdegnerò di uccidere anche te!
Dubhne credette di essere sul punto di impazzire. Era finita, quella volta era finita per davvero.
Muoviti! urlarono mille voci nella sua testa.
Non era finita. Non proprio allora che aveva un compito da portare a termine.
E fu allora che la combattente scattò: mandando al diavolo ogni prudenza si rimise in piedi e letteralmente si fiondò verso l'ingresso del Santuario, approfittando del momentaneo sbalordimento del suo nemico. Si chinò a raccogliere il sacchetto contenente le Pietre e riuscì a spalancare la porta, tuffandosi all'interno della struttura un attimo prima che il mago riuscisse ad afferrarla per i vestiti.
Spinse nuovamente i battenti per tentare di chiudersi dentro ma in meno di un istante la porta, semplicemente, esplose. Dubhne e i battenti volarono letteralmente all'indietro. All'ennesimo schianto al suolo, questa volta contro dure lastre di pietra levigata, Dubhne fu sicura di essersi rotta un paio di costole.
Theor oltrepassò la soglia del Santuario. A terra, Dubhne tentò scompostamente di arretrare, fino a quando non avvertì una mano affondare nel vuoto. Si sbilanciò in avanti appena in tempo per non perdere l'equilibrio e non precipitare nel baratro che si dipanava dietro di lei.
Ma che diavolo...!
Tornò a guardare il mago del Nord e, vedendolo paralizzata mulinare entrambe le mani per evocare chissà quale incantesimo, la ragazza capì che l'avrebbe uccisa. Non chiuse gli occhi. Avrebbe guardato in faccia la propria morte.
Ma contrariamente a quanto chiunque avrebbe potuto aspettarsi, non accadde nulla. Nessuna fiamma, scintilla o altro prodigio scaturì dalle mani di Theor, tanto che per un istante i suoi stessi occhi si spalancarono per la sorpresa. Sorpresa che però riuscì a superare ben più rapidamente di lei, ancora incredula per quanto era successo, o meglio, quanto non era successo.
- Ma certo... - mormorò con una strana luce negli occhi, a metà tra il disappunto e l'aria deliziata. - I custodi hanno davvero svolto un lavoro ineccepibile. Nessuna magia in questo luogo sacro.
Dubhne ne approfittò per voltarsi e capire cosa diavolo ci fosse effettivamente alle proprie spalle: l'interno del Santuario era parzialmente occupato da uno strapiombo di cui non si intravedeva il fondo, scavato nelle viscere di roccia della caverna. A collegarlo allo spiazzo roccioso collocato proprio al centro non vi erano rimaste che poche corde lise, resti di un ponticello crollato ormai da tempo. Il talismano doveva trovarsi là.
Quando si voltò nuovamente verso il proprio avversario, questi aveva mosso un paio di passi verso di lei.
- Stammi lontano - gli intimò puntandogli contro la scimitarra, ma la voce incrinata la tradì.
- Chi sei tu, ragazzina? - le domandò lui con voce stranamente calma, squadrandola con uno certo interesse nello sguardo. - Hai del fegato, devo ammetterlo. In pochi fra i miei uomini avrebbero avuto il coraggio di fare ciò che hai fatto tu.
- Non mi interessa! - urlò Dubhne. - Estrai quella spada e fammi vedere se la tua lama è buona come la tua magia!
- Troverei affascinante un duello con te in un altro momento, ma ora non ho tempo da perdere - ribatté l'uomo; il sorriso era scomparso dal suo volto, divenuto simile a una maschera. - Dammi quelle pietre, adesso.
- E se dicessi di no? - la combattente allungò la mano che reggeva l'involucro verso l'oscurità dell'abisso. - Se chiudessi questa storia senza che né voi né il Consiglio siate riusciti a raggiungere il vostro scopo? Sarebbe un attimo lasciarle cadere nel nulla. Così tanti sforzi... per niente.
- Se lo fai, la guerra continuerà. Chissà quanto sangue hanno ancora da versare le Cinque Terre, chissà quante città ancora devono essere distrutte prima che il Consiglio si renda conto di non poter fermare la tempesta che abbiamo scatenato.
- Soltanto una, Theor - Dubhne lo chiamò per nome per la prima volta nella sua vita. - E l'Esercito delle Cinque Terre la sta assediando in questo momento.
L'uomo rise. - Credi davvero che la forza delle armi sia sufficiente a fermare la mia Sephirt? Migliaia di uomini non sono che polvere davanti al potere della Magia.
- Qui dentro non c'è posto per la magia - lo irrise Dubhne, senza soffermarsi a pensare al fatto che tutta quella sicurezza non fosse mai stata peggio riposta in vita sua. - Quindi avanti, vieni a prenderti queste pietre.
Theor sospirò.
- È la tua ultima parola?
- Abbiamo parlato anche troppo.
L'Uomo del Nord estrasse la spada dal fodero con uno stridio metallico.
Fu allora che Dubhne scattò. Afferrando con i denti i lembi del sacchetto che conteneva le Pietre, saltò all'indietro e si aggrappò alla più robusta delle corde rimaste. Prima che Theor potesse allungare la propria lama per trafiggerla, si era già distanziata dalla sponda a sufficienza per cominciare la traversata. La ragazza sapeva che non avrebbe osato seguirla nel vuoto - la corda non avrebbe mai retto il peso di due persone. In effetti, sarebbe stato un miracolo se non si fosse spezzata già sotto il suo solo peso. Avevano entrambi tutto da perdere. L'intero peso dell'esito della Ribellione non era mai stato sulle spalle di Theor come in quel momento.
Mentre si teneva aggrappata alla corda con le gambe e con le mani si trascinava verso la sponda opposta, e cercando ostinatamente di non guardare verso il basso, Dubhne attese trepidante di sentire la spada dell'avversario sibilare nell'aria per colpirla, ma ciò non accadde: se l'avesse mancata, non avrebbe più disposto di armi con cui combattere una volta seguitala.
Quando la scimitarra di Dubhne, dal fodero che pendeva dalla sua cintura, scivolò nel vuoto, la ragazza urlò con tutte le proprie forze, fermandosi a metà strada e stringendosi alla sua unica fonte di salvezza.
Non ce la posso fare!
Se si fosse lasciata andare, tutto quello avrebbe avuto fine. Non era forse ciò che aveva desiderato così ardentemente dopo la morte di Alesha? Morire nella battaglia finale, accomiatarsi da quella vita portandosi dietro più nemici possibile. Se avesse mollato la presa sulla corda, avrebbe trascinato con sé anche le Pietre Magiche e tutte le speranze che Theor serbava di chiudere la guerra quel giorno. Non avrebbe vinto.
Chiuse gli occhi. Sarebbe bastato così poco...
Le braccia di sua madre. I modi gentili di Archie, la risata cristallina di Camm e Richard. Le lame dei pugnali di Claris che brillavano sotto il sole di palazzo Cerman, la voce profonda di James. La candida innocenza di Illa. La faccia di Peterson Cambrel quando aveva rifiutato di ritirarsi dalla finale. Il ruggito del pubblico nel momento in cui aveva vinto i Giochi. Gli occhi azzurri di Jel tra la folla. La sorpresa nel ritrovarselo davanti mesi dopo, al fronte. Le mille battaglie da cui era tornata viva. La labbra di Jack sulla sua fronte, la sue braccia che la stringevano. Il sollievo nel vederlo uscire vivo dallo scontro con Ferlon.
Alesha, di una bellezza abbagliante, che le porgeva la mano. Era lì, la ragazzina che le aveva portato da mangiare nell'oscurità delle cantine del signor Tomson, come se tutti quegli anni non fossero mai passati.
Doveva finire ciò che aveva iniziato. Lo doveva a tutti loro.
Afferrò la sua mano e Alesha sorrise.
Quando riaprì gli occhi, era dall'altra parte.
Con uno sforzo immane si issò sulla sporgenza di roccia. Si lasciò scivolare in mano l'involucro di stoffa e ne riversò il contenuto sul freddo pavimento di pietra. Le Sei Pietre brillarono davanti a lei.
Il talismano, foggiato in quello che sembrava oro bianco, era adagiato su un cuscino foderato in seta. Intorno a un'incisione tracciata in qualche lingua antica vi erano sei scomparti della grandezza di ciascuna Pietra. Pregando che non vi fosse un ordine preciso in cui adagiarle, Dubhne le incastonò al loro interno.
Era quasi fatta. Mancava solamente la formula dopodiché tutto sarebbe finito... Le parole che la magia di Gala aveva impresso nella sua mente scivolarono fuori dalla sua bocca come una melodia sublime.

Per la luce del sole splendente ti invoco, somma Magia che ogni cosa regge e governa, perché la pace torni fra gli uomini, perché non invano sia il sacrificio. Perché il tuo potere ricordi ai mortali che nulla sono davanti al tuo sconfinato Essere. Nostra grazia e nostra saggezza, che tutto questo abbia fine.

- MALEDETTA!
Aveva appena finito di pronunciare quella litania quando Theor l'afferrò per le spalle e la sbatté con forza sul pavimento. Dubhne sentì un paio di denti saltarle. La spada del Ribelle si abbatté su di lei con violenza, ma la ragazza la schivò rotolando su un fianco. Non c'era più niente che potesse fare per impedire alla magia di fare il suo corso, lo sapevano entrambi. A guidare le mani di Theor non vi era che la disperazione.
- È finita ormai - gridò la combattente con una risata sguaiata mentre l'uomo gettava a terra la spada e si avventava su di lei armato di nient'altro se non le proprie mani. Aveva rinunciato ad ucciderla con la sua lama, no, voleva solo colpirla, ancora e ancora, fino a massacrarla...
Un calcio negli stinchi le mozzò il respiro, ma questo non le impedì di assestargli una gomitata nel punto sensibile dietro il ginocchio, che lo fece rovinare a terra sopra di lei. Le sue braccia era forti quanto e più delle sue, i suoi riflessi altrettanto sviluppati. La zuffa che ne venne fuori non era tanto diversa da quella con cui si era concluso lo scontro con Jackson.
Rotolarono sul pavimento ribaltando le reciproche posizioni un paio di volte, sferrandosi pugni, calci, ginocchiate, in una lotta convulsa e appesa a un filo.
Finché Theor non trovò il modo di bloccarla a terra premendole con forza un ginocchio sullo sterno. Le sue mani si strinsero attorno alla sua gola, così forte che la sua vista si annebbiò quasi all'istante.
No, no, no...
Si divincolò con disperazione cercando di liberarsi, ma Theor era più alto e pesante di lei, e non avrebbe mollato la stretta per nulla al mondo. I suoi occhi dorati erano spalancati, mossi da una luce folle, l'ultimo irriducibile desiderio di farla pagare alla ragazza che aveva distrutto ogni cosa...
Non voglio morire così!
Senza più lottare, Dubhne allungò quanto potè la mano destra raggiungendo l'estremità dello stivale in cui aveva conservato lo stiletto, l'ultima arma che le rimaneva a disposizione. Le forze la stavano abbandonando; presto la mancanza d'ossigeno avrebbe chiuso i suoi occhi per sempre...
La testa le si fece leggerissima. Accanto a loro una nuvola di scintille si era formata intorno alle Pietre Magiche, in procinto di esplodere, ma a Theor non importava più niente.
Non avrebbe più rivisto Jack...
Lottando per non perdere conoscenza, Dubhne raccolse l'ultimo briciolo di determinazione che le rimaneva e conficcò la lama nell'occhio sinistro dell'avversario.
L'urlo che ne seguì fu più simile a quello di un animale che di un uomo. Le sue mani si staccarono immediatamente dalla sua gola ma, nel farlo, si portarono via anche il ciondolo di protezione della ragazza, strappandone la cordicella. Dubhne nemmeno se ne rese conto e, riacquistata una visuale normale, si rimise in piedi. Ora vedeva chiaramente le Pietre farsi luminose, mentre un calore del tutto innaturale cominciava a sprigionarsi dal talismano.
Accanto a lei, Theor brancolava con entrambe le mani premute sull'occhio martoriato: il sigillo imposto sul Santuario gli impediva di risanare il globo oculare squarciato con la magia, o anche solo di lenirne il dolore.
Ancora mezza piegata in due nel tentativo di riprendere fiato, la combattente gli si fece appresso.
- Mi hai chiesto chi sono - proferì con disprezzo. - Mi chiamo Dubhne, figlia di contadini dello Stato dei Re. Vincitrice della trentaquattresima edizione dei Giochi Bellici. E sono colei che ti ha ucciso.
Appoggiò entrambe le mani sulle spalle dell'Uomo del Nord e lo spinse all'indietro con quanta forza le rimaneva nelle membra.
Theor barcollò fino all'orlo del baratro che si spalancava tutto intorno alla piattaforma ove si trovavano, poi cadde all'indietro e scomparve.
Per qualche istante Dubhne non riuscì a muoversi; rimase immobile, priva di forze, gli occhi fissi nel punto in cui il mago era sparito.
Era finita.
Era morto.
E la Ribellione sarebbe morta insieme a lui.
Uno sgradevole schiocco la riportò bruscamente alla realtà e, quando la ragazza si voltò verso il talismano, vide con meraviglia e orrore che fiamme bianche avevano cominciato a lambire il pavimento sprigionandosi dalle Pietre stesse.
Era il momento. Se voleva vivere, quella era la sua ultima occasione.
Con le urla di Theor che ancora le rimbombavano furibonde nelle orecchie, si lanciò verso la corda che aveva usato in precedenza per attraversare. Ma uno dei nodi che fissavano le estremità non resse il peso e per un istante Dubhne si sentì precipitare nel vuoto.
Avvinghiata alla corda con braccia e gambe, sbatté violentemente contro la parete di roccia opposta, ma riuscì a ripararsi con le mani quanto bastò a far sì che la sua fronte non vi si sfracellasse. Il colpo fu comunque abbastanza forte da stordirla per qualche secondo.
Si aggrappò a uno spuntone nella roccia e, dopo aver avuto la certezza di aver trovato un buon appoggio per i piedi, lasciò la corda anche con l'altra mano. Si trascinò verso l'alto ripetendosi ostinatamente che ce l'avrebbe fatta, che la Magia aveva bisogno di tempo, che non ci sarebbe stata nessuna esplosione prima che fosse uscita da lì... Ma anche se ci fosse riuscita, come sarebbe sopravvissuta? Avrebbe dovuto portarsi abbastanza vicina a qualcuno che avesse ancora il ciondolo protettivo con sé...
Arrivata in cima, appoggiò entrambi i gomiti sul pavimento e, aiutandosi anche con le gambe, si issò per metà sulle lastre di pietra. Le sue braccia di distesero a terra senza più forza.
No, no, maledizione!
Con un ultimo sforzo diede un colpo di reni sufficiente a farla cadere riversa sul piano levigato.
Proprio in quel momento le Pietre esplosero.
Come al rallentatore la ragazza vide le stesse fiamme biancastre farsi dieci volte più grandi e ripiegarsi su se stesse, addensandosi sempre di più fino a divampare con un boato.
Senza avere il tempo di formulare qualunque pensiero, Dubhne chiuse gli occhi e attese la fine.
Ma il dolore che si era aspettata, o le fredde braccia della Morte, non arrivarono mai. Perché qualcosa si era frapposto fra lei e l'esplosione.
Troppo incredula per parlare la Combattente riaprì gli occhi.
Gala Sterman si era gettata su di lei facendole da scudo, e attorno a loro si estendeva una cupola trasparente venata di sfumature violette. Aldilà, solamente fuoco bianco.
La strega dovette accorgersi del suo sguardo spaesato, perché rispose con un debole sorriso.
- Anch'io sono felice di vederti, Dubhne.
Non era mai stata vicina alla morte come in quel momento. L'aveva sentita su di sé, quasi aveva potuto toccarla; tangere con mano l'ignoto che si celava dietro quella vita mortale.
I suoi occhi saettarono sulla ferita della ragazzina, ancora aperta e sanguinante. In effetti, Dubhne si rese conto di essere coperta di sangue anch'ella. Il proprio sangue, quello di Theor, quello di Gala.
Attorno alla barriera protettiva sprigionata dal ciondolo della Consigliera la magia distruttiva delle Pietre sembrava aver diminuito intensità. Fra le fiamme si riuscivano ora a scorgere ombre più scure.
Quando infine tutto si chetò, le mura del Santuario attorno a loro non c'erano più. Tutto ciò che rimaneva dell'antica struttura non era qualche blocco di marmo.
Ad un tratto anche barriera protettiva venne meno. Gala si lasciò scivolare esausta al fianco di Dubhne. L'aria non era bollente come ci si sarebbe potuti aspettare, anzi, nel prendere fiato entrambe avvertirono le vie respiratorie farsi gelate.
D'istinto Dubhne si portò una mano al petto, dove avrebbe dovuto trovarsi il proprio piccolo globo perlaceo. Il fatto che Gala fosse praticamente risorta dal mondo dei morti per venire a salvarla era così assurdo che ancora stentava a credervi.
Fu solo allora che ricordò. Il suo cuore parve fermarsi.
Dimenticandosi completamente di essere più morta che viva, potendo contare all'improvviso su forze nuove e del tutto innaturali, si rialzò e abbandonò la strega stesa a terra.
Fuori da quello che era stato il perimetro del Santuario si contavano una trentina scarsa di persone ancora in piedi. Tra loro c'erano Caley e Philipp, i volti ridotti a una maschera, lo sguardo perso. Ai margini della grotta rimanevano i cadaveri di coloro che, investiti dallo spostamento d'aria, erano stati scagliati abbastanza lontani da non venire divorati dal fuoco delle Pietre. Di tutti gli altri, semplicemente, non rimaneva traccia.
- Jack - esalò Dubhne guardandosi intorno. Ricordava esattamente il punto in cui l'aveva visto accasciarsi a terra svenuto ma, come c'era da aspettarsi, ora era deserto.
- Jack - ripeté più forte muovendo qualche passo in avanti, tra coloro che erano sopravvissuti. Sembravano tutti troppo sconvolti per parlare.
- Jack! - urlò la ragazza a pieni polmoni, mentre la tremare cominciava ad avvolgerle le gambe. Non riusciva nemmeno a contemplare l'ipotesi di permettere a quell'idea di prendere forma nella sua mente. Si precipitò verso i corpi più lontani e prese a rivoltarli senza ritegno per vederne i volti. Tra loro riconobbe Terson, l'espressione serena come quella di un bambino. Ma del comandante non c'era traccia.
Disperata, si volse verso i meandri della caverna, dove la roccia degradava verso gli abissi di quelle montagne; c'erano altri cadaveri là.
Il corpo di Jack era uno dei più lontani, tanto che Dubhne impiegò un tempo che parve un’eternità per trovarlo. Lo riconobbe subito, e in un solo vorticoso istante sulla parte più recondita del suo animo si abbatté la consapevolezza dell’inevitabile.
No. No. Non è vero.
Lo spostamento d’aria conseguente alla detonazione lo aveva sollevato da terra dove giaceva ferito scagliandolo qualche decina di metri più distante. Una volta schiantatosi al suolo doveva aver rotolato sul pendio roccioso per diversi metri prima di fermarsi, perché il suo corpo era interamente coperto di profonde escoriazioni e i suoi vestiti strappati.
Dubhne sentì le ginocchia cedere sotto il peso della Morte e cadde in avanti dinnanzi a lui. Il respiro le si strozzò. Lacrime sfrenate le riempirono gli occhi senza caderle sulle guance dandole l’impressione di annegare.
Jack. No. No. No. Ti prego.
Non riusciva a respirare. La tremarella la avvolse. Tutto ciò che la sua mente riusciva a percepire era un senso di rifiuto verso la verità che le stava davanti, come un meccanismo inceppato che ritorna all’infinito al punto di partenza.
Quando anche quella resistenza cedette, una lama trafisse il suo cuore, strappandolo e lacerandolo, ma non fu abbastanza: come una belva feroce dagli artigli e le zanne scoperte infierì su di esso e lo fece a brandelli. Ma non fu abbastanza. Niente sarebbe mai stato abbastanza.
Si gettò sul corpo dell’uomo che amava, l’uomo che l’aveva salvata, l’uomo che era sempre stato al suo fianco e lo baciò, come se quel gesto potesse avere in qualche modo il potere di infondere almeno una parte del proprio respiro in lui, quel respiro a cui sarebbe stato disposta a rinunciare senza esitazioni pur di permettergli di tornare a vivere.
Ma la verità ormai gravava su di lei in tutta la sua lugubre forza.
Come sua madre, come James, come Claya, come Alesha, Jack era morto.
E l’aveva ucciso lei.








NOTE:

Stendere questo capitolo è stata un'esperienza intensissima, divertente ma anche dolorosa in un certo senso. Non avevo mai scritto un capitolo così lungo senza, tra l'altro, inserire neanche un'ellissi. Ma non è questo il punto più importante: separarmi da Jack è stato più difficile di quanto avessi pensato all'inizio, quando ho deciso che proprio lui, uno dei personaggi a cui sono più affezionata, sarebbe dovuto morire nella battaglia finale. Perché sì, come Alesha, anche il destino di Jack mi è stato chiaro fin (quasi) dall'inizio. Perché non sempre i buoni sopravvivono.
Ma sappiate che non è ancora finita, in questo capitolo c'è stata la battaglia del Santuario, nel prossimo sarà il momento della battaglia di Amaria.
È il primo dei due capitoli più importanti della storia, fermatevi a recensire per favore!!!!!!
Ci vediamo fra un mese se tutto va bene :)
Un bacio a tutti i lettori,

~Talia









  
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