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Autore: Sesquiplebe    20/01/2019    1 recensioni
Decise di combattere l'odio con l'odio bruciando ciò che gli era rimasto.
«C'è qualcosa di sbagliato in tutto questo.
Puzza di marcio, come la fossa comune dei cadaveri di guerra.»
»I disegni appartengono ai rispettivi artisti. Gli edit sono miei invece«
»Storia principalmente con Oc di Master«
Genere: Azione, Comico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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N.B. Da questo capitolo in poi a volte interromperò la trama con dei capitoli di "mezzo" che parleranno dei rapporti dei Master coi propri Servant. Non incideranno nella storia, solo nel loro rapporto. Li distinguerò dai capitoli di "trama" in questo modo: "nome capitolo (classe Servant)".



 


A Fuyuki le temperature non scendevano mai a livelli insopportabili di freddo, sia pieno inverno o un autunno più gelido del solito. La città veniva sempre accarezzata da una leggera tiepida brezza la quale rendeva le stagioni polari meno pungenti, situazione utile quando si è costretti a lavorare fuori. Tra le aree suburbane Ryota, per la sua dinamicità, preferiva la modernizzata Shinto che si trovava praticamente dall'altra parte in cui viveva. Miyama era senza dubbio rilassante e tranquilla -ottima per chi vuole studiare o avere un po' di pace-, ma quasi odiava quell'odore di antico permeante in ogni via ed edificio. Persino la propria abitazione a momenti detestava. Tuttavia non le negava il fascino orientale con una leggera influenza occidentale. Quel vecchio sapeva di gloria passata. Di notte non girava mai un'anima, nemmeno a Shinto si poteva trovare qualcuno ancora in mezzo alle strade a meno che non fosse il povero di turno obbligato a lavorare fino a tardi. Dalle entrambe zone la sera era un momento perfetto per passeggiare in pace, soprattutto lungo il ponte di collegamento affacciato al fiume. Certo, Fuyuki non aveva la bellezza di Tokyo, però pure nel suo piccolo riusciva a dare qualcosa allo spettatore.
I Nakamura erano una famiglia dalla pessima fama. Si portavano alle spalle lunghe scie di sangue e tradimenti tutto in favore del “bene” della famiglia. Del resto, cosa aspettarsi dalla casata di un samurai rinnegato.
Si dicevano parecchie storie sull'antenato. Figlio di una famiglia nobile nipponica venne cresciuto e addestrato per diventare la guardia -appunto, samurai- del Signore della loro città. Efficiente, preciso e fedele. Il perfetto soldato per qualunque Signore. Una gloriosa macchina lucente la quale seguiva ed eseguiva il Codice come nessun altro aveva mai fatto.
La sua notorietà salì considerevolmente in poco tempo guadagnandosi il rispetto dei Signori delle cittadine vicine.
Eppure.
Se fosse stato davvero un'arma non animata sarebbe diventato tra i più grandi samurai.
Ma era umano.
E gli umani, sbagliano.
La incontrò nel giardino. Stupenda, com'erano le acque del mare al tramonto. Sfrontata, quanto una freccia nel petto. La figlia maggiore del Signore destinata a essere data in sposa a un altro nobile del suo livello. Tentò per anni di resistere ai suoi sentimenti, fallendo miseramente. Innamorati, decise di uccidere il padre e il futuro sposo per costruire una nuova vita insieme condannando le future generazioni a una vita di infamia.
Avevano deciso di abbandonare questo percorso infame da quando, cooperando con le altre famiglie guidate da uno stesso scopo, vollero tentare di ricreare il famoso Santo Graal. Una preziosa reliquia in grado di esaudire qualsiasi desiderio. Sfortunatamente erano in pochi a sapere che era potente, però non onnipotente. Non riusciva a completare richieste troppo generiche o troppo utopiche, quindi limitato nella sua grandezza. Infondo era logico, uno strumento creato dall'uomo per quanto poteva essere forte non sarebbe mai stato perfetto.
Solo un dio ne aveva le capacità. La gerarchia della casata rispetto agli Iuli si mostrava essere meno complessa e più equilibrata: esistevano solo gli Anziani e il resto. Spesso evitavano di interpellare i giovani siccome venivano considerati troppo immaturi e gli altri quando capitava. Persino a lui tenevano nascosti molti fatti ritenendolo incapace di comprendere a pieno ciò che lo circondava. E in parte lo infastidiva. Lui era il Master scelto della famiglia, aveva il diritto di essere informato su tutto. Lo ribadì un sacco di volte e un sacco di volte fu ignorato. Non si lamentassero allora se poi si trovava costretto a origliare con ogni tipo di stratagemmi. Inoltre, uno degli ultimi argomenti affrontati da loro, c'entrava parecchio con lui.
Discutevano su altri pezzi del Graal rinvenuti.
Per cui, tirando le somme, il Graal Minore non aveva fatto una bella fine. Era sensata l'ipotesi dati i tempi molto ristretti passati dalla Guerra precedente a quella sul punto di iniziare, di conseguenza tra i Master spariti ci doveva per forza essere un sopravvissuto. Supposto che il contenuto non lo abbia bruciato vivo. Così gli smentirono la scusa raccontata del “nessuno aveva toccato il Graal”, ormai palesemente una bugia. Anzi, probabilmente tutti erano già a conoscenza della beffa tanto appariva insensata.
Prese un bel respiro.
Quella storia lo stava stressando un bel po'. Aveva innervosito il suo oceano di pensieri impedendogli di dormire serenamente la notte e contando il fatto che era appena uscito da un rituale di evocazione ci voleva in quel momento a tenerlo sveglio. Forse l'adrenalina ancora scorreva vivace nel suo corpo dopo l'eccitamento per aver creduto di essere riuscito a evocare un Saber.
Invece no, un Berserker.
Ammise che la scoperta lo abbatte non poco. Ciò nonostante si riteneva soddisfatto del risultato, malgrado la classe quello era lo Spirito Eroico intenzionato a chiamare. Merito del catalizzatore passato in famiglia di generazioni in generazioni. Abbassò il capo accarezzandosi la fronte e reggendo la testa sul braccio appoggiato alla gamba. Sarebbe sicuramente impazzito di questo passo, o morto per mano di Berserker. Sicuramente, lo stava sciupando per la quantità di Od che richiedeva.
A volte pensava a come sarebbe stata la sua vita se non fosse nato un magus o se avesse rifiutato il Marchio. Forse sarebbe diventato un hikikimori isolato dalla società, oppure un uomo d'affari completamente integrato. Riflettendoci, la figura del ragazzo scartato e rinchiuso nel suo mondo lo rispecchiava meglio. Non amava la società della sua patria. Secondo lui demoralizzava e dava poca importanza a giovani come lui. Non a caso era la nazione col tasso di suicidi tra i più alti al mondo.
Non doveva rimuginare su cose del genere in particolare prima dell'inizio di una Guerra del Sacro Graal. Le priorità erano decisamente altre, tipo il Boundary Field che si era imposto di creare. Lo stava rimandando da una settimana oramai.
Sollevò lo sguardo al cielo notturno. Le stelle brillavano vivaci sull'arco celeste circondando la luna piena di un vasto giardino di luci. Si alternavano in forme e colori, pur non essendo alquanto visibile da dov'era. Su una collina senza dubbio lo avrebbe notato di più. Questo era uno dei motivi per cui ancora se ne stava a Miyama. A Shinto con tutta la luce artificiale dei lampioni, dei negozi e dei palazzi, non si vedeva assolutamente nulla. Si distese sul pavimento ligneo incrociando le braccia dietro la testa. Finalmente poteva dichiararsi rilassato e con essa anche esausto, a malapena le palpebre degli occhi si tenevano alzate dal sonno che avanzava.
Le chiuse per un momento, godendosi quella piccola pace.
Dall'altra parte Berserker si era messa a cercare il proprio Master. Il suo istinto l'avverti del suo sconforto, per cui voleva calmarlo un po'. Quando gli aveva rivelato di essere un Berserker e non un Saber era sbiancato terribilmente. Oh Dio, era appena giunta e non aveva fatto una buona impressione.
Dannato sangue demoniaco.
Lo detestava.
Lo ripudiava.
Per colpa sua la sua classe maggiore era Berserker e non Saber o Archer. Essere per metà uno di quei effimeri insetti le urtava non poco. Ma, allo stesso tempo, non aveva altre possibilità se non accettarlo come parte di sé sfruttandola al meglio.
Per cacciare quegli abomini, ad esempio.
Era alla quarta porta scorrevole e di lui nessuna traccia. Arrivata a quel punto uscire le parve l'idea giusta, se fosse all'interno a quest'ora l'avrebbe sentita intrufolarsi a destra e a manca. Entrò in una delle stanze affacciate all'esterno trascinando la porta che dava al giardino a pochi passi dal futon lasciato lì in mezzo sfasciato. Doveva essersi svegliato di corsa. Oppure lo aveva dimenticato. Fece capolino con la testa all'uscita scrutando il punto in cui era finita. Non distava troppo dall'ingresso principale, al contrario di ciò che le sembrava. Mise un piede sulla pavimentazione scricchiolante riprendendo a camminare alla ricerca del Master sparito. Si voltava ogni tanto, sia per avere un raggio d'indagine maggiore sia per memorizzare i posti della base. In caso di attacco doveva sapere dov'era meno scoperta e, viceversa, dov'era più coperta. La strategia aveva un ruolo assai fondamentale in qualsiasi guerra. Stranamente, nonostante la classe e il Mad Enhancement a livelli spropositati -pressoché EX-, la sua intelligenza e, in generale, la sua ragione erano rimaste illese -o meglio, non così malformate. Rispetto a un Berserker normale era capace di ragionare, analizzare e riflettere senza alcun problema.
Tuttavia, moralmente parlando, non si sarebbe fatta scrupoli a proteggere il Master e a vincere quel benedetto Graal.
Anche se significava eliminare innocenti.
Non le interessava, se avessero torto un solo capello al Master avrebbe tranciato loro la testa ignorando qualsiasi preghiera o pietà. Una strabiliante macchina assassina raziocinante. Per una guerra di questo tipo era più che adatta eppure al magus in questione, sebbene gli avrebbe fatto piacere la cosa, non era intenzionato a spargere troppo sangue.
Il giusto che serviva.
Del resto stava partecipando per il classico onore familiare, non aveva altro in mente. Neanche un desiderio. Combatteva perché l'orgoglio lo costringeva a farlo sotto forma di obbligo di famiglia da primogenito.
Era nato, era stato fatto nascere, affinché diventasse un Master eccellente e dedito alla sua causa pretendendo un'obbedienza incondizionata. Un soldatino di plastica incapace di muoversi senza le mani di un bambino esposto lì, sul comodino, in mezzo a una pila di suoi simili corrosi dal tempo e dall'usura. Uno scenario di guerra davvero tragico.
Un tremolio insolito proveniente dal legno sotto la propria nuca attirò la sua attenzione.
Qualcuno si aggirava nei paraggi.
Passò in allerta molto in fretta concentrandosi su tutti i rumori che stimolavano i suoi timpani.
Silenzio.
Persino i pensieri avevano taciuto.
Scattò in piedi all'istante.
Dalla manica della mano dominante fece scivolare le lame tra le dita.
Non le aveva avvelenate o intrise di sostanze paralizzanti ma almeno lo avrebbe ferito.
Indietreggiò, toccando la parete con la schiena.
Era qua.
Lo udiva.
Il passo felpato non era il suo forte a quanto pare.
Si avvicinò all'angolo di svolta.
Attese.
Eccolo.
Era vicino.
Gli bastava un singolo movimento.
Ecco.
Uscì allo scoperto allungando il braccio per sferrare l'attacco. L'altro estrasse di riflesso la katana dalla fodera in posizione di difesa.
Necessitò di una frazione di secondo per comprendere quanto era stato stupido.
«B-Berserker!» gridò allarmato e particolarmente imbarazzato. Abbassò l'arto tirando un sospiro di sollievo.
«Master, se volevate mettermi alla prova bastava portarmi da uno di quei sei insetti~.» cinguettò lei non toccata dalle reazioni di Ryota. Essendo stata un comandante reputava normale essere o mettere alla prova. Contrariamente lui in quel momento si sentiva un emerito idiota.
Sì, aveva decisamente bisogno di dormire.
Prese con l'altra mano le armi bianche posandole attentamente sul piano. Si sedette poi nuovamente, carezzando le palpebre nel tentativo di calmarsi leggermente. La mora, piegandosi sulle ginocchia, gli sorrise accanto percependo il suo stato di disagio e frustazione.
«Oh, non c'è bisogno che vi incolpate così Master!» appoggiando i palmi sulla superficie portò le gambe al di fuori dello spazio disponibile accomodandosi vicino all'altro. «Anzi, se vi sentite così stressato e stanco...» Da dietro gli afferrò violentemente la maglia tirandolo di prepotenza sulle proprie gambe. Una volta atterrato passò la mano tra i suoi capelli intenzionata a coccolarlo. «...Potete tranquillamente riposarvi sulle mie gambe! Vi posso fare da cuscino, il vostro cuscino personale~»
«Waa-- Berserker!» Non ebbe tempo di reagire o di controbattere in qualche modo. In un istante era finito tra le braccia del Servant. Proprio sotto quei maledetti seni di una inumana grandezza.
Deglutì di colpo, balbettando.
«B-Ber--» lei lo interruppe incominciando a parlare di altro.
«Una mamma deve sempre prendersi cura dei suoi figli!»
Da quella frase in poi il suo cervello andò felicemente a farsi benedire. Continuava a ripetersi in testa che il motivo dei suoi comportamenti era causata dalla classe Berserker e da nient'altro.
“È un Berserker” Si cantava “È un Berserker è un Berserker è un Berserker.”
«Sai, mi ricordi tanto uno dei miei figli~. Chissà come starà e dove sarà quel disgraziato.» Sottolineò l'ultima parola con un tono rabbioso, inquietante. Lo fece rabbrividire.
Chi diavolo gli era capitato.
Almeno, intuendo, sarebbe rimasta sempre al suo fianco senza mai tradirlo -a meno che lui non lo facesse. Da una parte la capiva, era stata abbandonata appena nata perché considerata un “abominio”. Un mostro col sangue di demone. L'unico amore ricevuto per lei doveva essere stato il tempio in cui ha vissuto l'infanzia e in cui si era trasformata per un periodo nel mostro che tutti credevano.
Le sorrise.
Non aveva un vera motivazione, si sentì in dovere di ringraziarla. E, magari, di donarle un po' di quell'amore che l'era stato impedito. Lei se ne accorse e non poté non ricambiare sinceramente quella piccola dimostrazione d'affetto.
Oh, si era distratta.
Approfittò dell'attimo liberandosi dalle sue “grinfie”. Non era che l'odiava, ma la situazione lo aveva sconcertato. Se lo aspettava da un Berserker una personalità così dilaniata però non fino a quel punto.
Praticamente lo vedeva come un figlio.
«Che ne dici di tornare dentro? È tardi e io devo fare alcune cose.» Propose allo Spirito Eroico.
«Eh? Non ti piace guardare le stelle insieme alla mamma~? O forse, preferisci andare a dormire? In caso potrei venire con te e abbracciarti mentre dormi~!»
«N-Non è necessario!» ribatté del tutto arrossito. «A-Anzi, se per te è a posto...Potresti fare la guardia per l'intera notte? Ora che sono dentro non mi fido di dormire scoperto...Se vuoi farlo ovviamente!» non gli riusciva a trattare il proprio Servant come un'arma da usare. Aveva un corpo -anche se era una proiezione e non un vero corpo-, un carattere, dei sentimenti e dei pensieri, l'unico tratto che la differiva da lui era lo stato: lei era morta. Questo tuttavia secondo lui non importava dato che, se era morta, allora aveva avuto una vita. E se aveva avuto una vita non poteva essere altro se non un essere umano al suo pari. I suoi genitori e gli Anziani avevano torto nei confronti di questi Spiriti.
La donna si voltò verso di lui, scuotendo la testa.
«Per me va bene! È giusto che io ti protegga~. Vedrai, se uno di quegli insetti tenterà di attaccare lo schiaccerò senza esitazione.» affermò con determinazione impugnando il manico della katana ancora all'interno del fodero. Ryota non obiettò, riprendendosi le lame e rientrando nella base.
Non nascondeva mai i veleni in camera o in un'unica stanza. Li distribuiva nei meandri più bastardi della casa, al punto che a volte lui stesso si dimenticava dove li aveva messi. Nonostante ciò si ostinava a non scriversi un elenco trovandolo un modo per dire al nemico i luoghi in cui teneva gli artigli. Inoltre, i veleni più efficaci se li ricordava tutti. Uno di quelli, ad esempio, lo aveva occultato dentro un vecchio televisore funzionante nel salone. Non era facile tirare fuori la busta con tutti quei fili, però nessuno sarebbe riuscito a scovarlo. Ma per ora non gli serviva un qualcosa di tale portata. Le acque non si erano ancora agitate troppo, per cui non aveva bisogno di partire con l'arsenale pesante. Piuttosto optava per qualcosa di più difensivo: paralizzanti e sonniferi. Si diresse in cucina aprendo il terzo cassetto delle posate alla destra dei fornelli. Se non errava ci aveva fatto un doppio fondo. Afferrò alcune delle forchette e coltelli adagiandoli sul lavandino. In seguito, spingendo con le dita i bordi, sollevò la parte inferiore prendendo con delicatezza la piccola ampolla del paralizzante. Si era portato appresso anche il misurino evitando di sprecarlo o buttarne un po' per terra. Inserì infine le lame nel porta-coltelli vuoto bagnandoli goccia dopo goccia col contenuto utilizzando una dose che bastava per atterrire un essere umano senza ucciderlo. Celò al suo posto il veleno riordinando il disastro combinato.
Ora poteva dormire tranquillo.

Non erano soli.
Qualcuno li aveva spiati per tutto il tempo.
E quel qualcuno non era stato altrettanto furbo poiché stava ancora percependo la sua flebile presenza. Non comprendeva se lo aveva fatto appositamente o no, comunque per lei era una netta dichiarazione di guerra.
«So che sei qui, piccolo insetto~.»
Agguantò l'arco armandolo con una delle frecce.
«Mostra il tuo piccolo effimero musetto, insetto.»
Aguzzò l'udito, stando attenta a qualsiasi rumore le sue orecchie captavano.
Ogni singolo rumore.
Dal debole ondeggiare dell'erba al cinguettio degli uccelli notturni.
Inspirò ed espirò.
Un fruscio.
Tese l'arco alla velocità della luce puntandolo sulla folta chioma di una quercia. Scoccò in fretta la freccia la quale superò l'albero spaventò i volatili rifugiati tra i rami.
Avrebbe approfittato della confusione per saltare via.
Aspettò e, come previsto, una rapida ombra scese dal nascondiglio saltando la recinzione di ferro.
«...Ti ho trovato.»
Si limitò a dire, correndo allo steccato. Lo scavalcò agilmente inseguendo la sagoma oscura lungo le strade silenziose di Miyama.
Non la vedeva, eppure sapeva che era lì.
A fissarla.
Si fermò davanti le strisce pedonali.
Neanche il vento osava soffiare.
Doveva riflettere.
Esaminò ogni lampione che la circondava. Molti sul viale da poco passato e dall'altra parte erano accesi. Mentre altri, spenti, parevano essere stati fulminati volontariamente. Osservò una delle lampadine sopra di lei.
Spaccata.
Non aveva più dubbi.
Attraversò le strisce seguendo l'oscurità disegnata per lei dal nemico.
Una trappola, o un chiaro invito a combattere a cielo aperto.
Dall'alto il Servant misterioso si compiaceva nell'osservare la donna fare il suo innocente gioco.
Da quanto non giocava così.
Da quanto non si divertiva così.
Un mezzo risolino curioso apparve sulle sue labbra all'arrivo di lei.
Berserker spalancò gli occhi.
Giurò che l'era familiare.
Un riso tagliente, inumano.
Spietato.
Si bloccò difronte all'ultima mollica di pane buttata dall'ombra.
Ora che le era poco distante, poté darle una migliore occhiata.
Il buio non le permetteva di analizzarla nello specifico malgrado ebbe successo nell'identificare alcuni tratti.
Anzitutto era minuta e gracile.
Questo spiegava la sua grande agilità di movimento. Di conseguenza, il suo punto forte non era la forza fisica né bruta. In più era abile nell'occultare la propria presenza.
Probabilmente un'Assassin.
Chi altro era bravo a rendersi invisibili.
In conclusione, spiccavano dalla sua fronte un paio di corna affilate. O almeno tale le sembravano siccome la notte le aveva offuscate.
Si guardarono negli occhi.
Silenzio.
«...Aah, non vedo l'ora di mangiare ogni singola parte di te.»
Detta quella frase, sparì subito nel nulla.
Le parole dello Spirito Eroico la trafissero in pieno petto.
Quella voce.
Quei movimenti.
Li conosceva.
Lei li conosceva.
Ma i suoi ricordi braccavano in un abisso.

 

  
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