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Autore: threeisaperfectnumber    21/01/2019    2 recensioni
Tutto di lui mi ispirava. Se ne stava lì, in mezzo a tutta quella natura incontaminata per ore e rendeva tutto malinconico. Ai tempi non ero altro che uno scrittore in erba tormentato dall'insolente peso del blocco dello scrittore. Tuttavia, lui mi ispirava.
Mi ha cambiato, non c'è giorno in cui non gli dedichi ogni mio respiro, battito di cuore, verso romantico che sia.
||Taekook: Jeongguk - Taehyung||
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Come la natura che egli stesso osservava

 

Ad ispirarmi fu la sua malinconia. Lui se ne stava lì, in mezzo a tutta quella natura. Lo potevo scorgere dalla finestra della mia casa e non importava quanto la giornata fosse uggiosa o estremamente soleggiata: lui stava lì, fissava un punto non definito e mi ispirava. Non c'era niente che non fosse grigio, intorno a lui. Ed il mio colore preferito non era mai appartenuto alla scala dei rossicci. 
Vedete, a quei tempi non ero altri che un romanziere in erba tormentato dall'insolente peso del blocco dello scrittore. Non credevo nelle muse ispiratrici. A farmi paura bastavano le scadenze degli editori attaccate su post it al frigorifero.
ll mondo mi metteva ansia. Non ero l'uomo che sono oggi. 
Lui mi ha cambiato.
Non c'è giorno in cui non gli dedichi ogni mio respiro, battito di cuore, verso romantico che sia.

 

**


Voi mi chiederete come l'ho conosciuto, bella domanda. 
Vorrei potervi rispondere, perché questo vorrebbe dire che, in realtà, io l'ho conosciuto davvero. 
Non lo conobbi mai. In vero lui mi fu un mistero fino alla fine.
Il suo nome lo scoprì per caso quando un giorno una signora in avanzo con l'età venne a riprenderselo con le brutte, tirandogli l'orecchio. Urlava come una forsennata "Taehyung! Torna subito a casa". 
Ma per lui non faceva una piega, davvero. Stava lì, immobile, osservava tutto quel ben di Dio davanti a lui. 
Vivevo in quella casa da anni ed anni, era proprietà dei miei genitori dalla mia nascita. Non avevo mai notato quanto bella fosse la natura dinnanzi a me. Fino a che non scorsi lui osservarla. 
Me ne innamorai. Della natura o di lui?

 

**


Pioveva gradine, quel giorno. Lui era lì, imperterrito. Grosse lastre di ghiaccio cadevano dal cielo.
Quasi mi chiesi come potesse, il Dio Tempo, danneggiare cotanta bellezza gettandogli addosso violentemente lastre di ghiaccio così pesanti. Era assurdo. 
Non ero mai stato un cuore impavido, in verità. Decisi che forse avrei potuto provare quel giorno. 
Mi dissi "forza Jeongguk è il tuo momento". 
Mi avvicinai, ed ogni passo compiuto mi sembrò di buttarmi giù da una rupe. Avevo il cuore in gola. 
Poi me lo ritrovai davanti. Il suo profilo distava che pochi centimetri da me. 
Potei osservare l'armonia di quel viso perfetto, fino al minimo dei particolari: un neo grazioso sotto il nasino altrettanto simmetrico. 
Tutto quadrava, in lui. 
Non si accorse neppure quanto fossi vicino, fino a che non gli poggiai l'ombrello sul capo. 
Allora si ridestò, voltò il capo e mi scrutò a lungo. Attendevo nient'altro che un suo giudizio. Nello sguardo che mi serbò comprese già tante di quelle cose, di me. 
Poi parlò. La sua voce come il miele più dolce, profonda come l'oceano che avevo osservato per giorni, anni addietro.
"Grazie" e quando mi sorrise, i suoi occhi divennero due mezze lune. 
Sentì le ginocchia cedere ed una voglia irrefrenabile di scrivere. Non mi capitava da così tanto tempo. 
Poi parlò ancora, inaspettatamente.
"Ti vedo sai, mi osservi tutti i giorni da quella finestra" e con le sue dita affusolate, semplicemente mi indicò casa mia. 
Non servì neanche voltarmi.
Rimasi interdetto, negare non sarebbe servito. Presi la balla al balzo. Eppure, prima che potessi ribattere, parlò ancora.
"Va bene, non credo tu sia un pervertito" rise lievemente, mi mancò il fiato. 
"Solo, vorrei conoscerne il motivo" ed alzò le morbide spalle strette. 
Avrei potuto rispondere in millemila altri modi, davvero. Bensì risposi nel modo più sincero mi appartenesse.
"Mi ispiri. La natura è bella, tu sei bello
Tentennò quasi perso, non si aspettava cotanta audacia nel confessargli il reale motivo. Successivamente sorrise.
"Non sono bello .." in seguito attese, capì cosa volesse.
"Jeongguk, mi chiamo Jeongguk"
"Beh, non sono bello Jeongguk" ridacchiò.
Poi improvvisamente si alzò, guardai l'ora. Si, doveva andare. 
"Arrivederci Jeongguk. A domani" e si inchinò teatralmente.
Sorrisi come un ebete, mi sentì in vena di un impeto di confidenza.
"È Jeongguk-hyung, per te"
Lo vidi farmi una linguaccia, per poi sparire tra le siepi. Non mi avrebbe mai chiamato così.
Mi guardai intorno. Aveva smesso di piovere.


**
 

Seguirono molti giorni analoghi. Mi diedi dello stupido per non essermi avvicinato prima. 
Taehyung, alla fine mi aveva detto il suo nome, tra una risata e l'altra, non era così puro come il suo viso. Aveva un caratterino niente male. Insieme parlammo di tutto. Non c'era cosa che quel ragazzino non mi confessasse. 
Dalle cose belle a quelle brutte, come pillole di cianuro: una dose alla volta.
"Sai 'Gukkie, mia madre è morta qualche anno fa"
Boccheggiai, non seppi cosa dire. Se non-
"Chi è quella donna che ogni tanto ti viene a sgridare?"
"Mia nonna" rise lievemente poi, sussurrando, aggiunse "è l'unica amica che ho, a lei devo tutto". 
Boccheggiai senza parole, eppure-
"Beh" continuò prontamente ritrovando l'allegria "questo romanzo lo stai scrivendo o no, hyung?" 
Si prese giocò di me di nuovo. Gli concedevo troppe cose.

 

**
 

Corse da me piangendo, un giorno. Non attese che uscissi fuori, bussò alla mia porta. Di tanti mesi che, ormai, c'eravamo conosciuti, non aveva mai chiesto di poter entrare in casa mia. 
Adesso mi stava supplicando con ogni fibra del suo corpo. 
Gli chiesi cosa fosse successo, nei singhiozzi farfugliò diverse parole. 
Lo consolai davanti al fuoco con una coperta sulle spalle, mentre era ancorato a me, sul divano. 
Egoisticamente pensai che è così che lo avrei voluto per sempre. 
Tuttavia, accantonai questi pensieri e lo strinsi a me semplicemente per donargli calore. 
Smise di piangere ed, ancora, coi suoi immensi occhioni marroni, ora un po' acquosi ed appannati per via del pianto, mi guardò. 
"Non sono quello che tu credi" e mise su una smorfia simile ad un sorriso triste. Gli deformava il viso, non mi piaceva per niente.
Lo tranquillizzai ancora un po', poi gli chiesi cosa fosse successo.
"Non te lo posso dire, scrittore. Il tuo romanzo è quasi concluso. Scrivi adesso, finiscilo." ed era così risoluto, mi sembrò assurdo.
"Ma Taehyung, non- non mi sembra il caso" balbettai, non comprendendo sinceramente.
"Fallo, ti prego" mi supplicò.
Lo guardai profondamente negli occhi, si accese il fuoco dell'ispirazione. 
Non ci volle molto. In un'oretta il lavoro era concluso e le scadenze perfettamente rispettate. 
Pensai, felicemente, che anche per i mesi a venire avrei avuto di che sostentarmi. 
Feci per guardare Taehyung e dirglielo, eppure lo trovai addormentato profondamente. 
Sorrisi, adesso sembrava tranquillo.
C'erano tante di quelle che cose che mi frullavano per il cervello, in quel momento. Quel ragazzino era assurdo, emblematico, misterioso.
Ed io me ne ero innamorato. Proprio come la prima volta che lo avevo visto. 
Presi una coperta, mi stesi supino sul tappeto dinnanzi al divano (dove effettivamente dormiva Taehyung) e mi addormentai anch'io, sperando che, l'indomani, sarebbe stata la prima cosa che avrei visto.

 

**
 

Fu così, tra le tante altre cose. E nei suoi occhi c'era qualcosa in più. Sembrava una piccola tigre. 
Il suo aspetto ricordava comunque quello di un cucciolo, il suo sguardo no. Poi parlò.
"Voglio che tu mi insegni come si fa"
Deglutì, non capendo perfettamente. Non volendo capire. Come se quello sguardo non fosse abbastanza.
"Jeongguk. Voglio che tu mi insegni a fare l'amore"
Per poco non mi strozzai con la mia stessa saliva. Quel ragazzino era così incredibile.
"Sei stanco Tae, dormi ancora. Stai delirando" e provai ad accarezzargli i capelli. 
Ciò nonostante, coi riflessi pronti di una lince bloccò la mia mano. 
Se la portò sul petto, poi salì per l'incavo del collo fino ad arrivare alle sue labbra. 
Mi guardò ancora una volta, potevo vedere il fuoco e, tenendo il suo sguardo su di me, iniziò a succhiarmi le falangi.
Persi completamente la ragione. Del resto, non avevo altra scelta.
Ero pur sempre un uomo ed avevo dinnanzi il mio desiderio più ardito. 
Colsi il suo fiore proprio su quel divano. E tra il sudore, i gemiti mal trattenuti e la sua pelle che tempestai di baci, mi accorsi che qualcosa non andava. 
Mi imposi di pensarci in secondo momento. 
Ero troppo impegnato in perdermi nella sua bocca e tra le sue carni.

 

**
 

Tuttavia se ne andò dopo qualche giorno. Gli chiesi di trasferirsi da me. Accettò sollevato e mi disse di dover andare per poche ore, per prendere i suoi effetti, per salutare la sua nonna. 
Sarebbe tornato in poche ore, disse. Mi fidai. 
Sembrava così eccitato. Col senno del poi, non avrei mai dovuto lasciarglielo fare.
Mentre se ne andava, temporaneamente, da casa mia, mi guardai intorno e risi: non c'era angolo in cui non avessimo fatto l'amore, in quei pochi giorni. 
Meditai, quella sera stessa gli avrei chiesto di diventare il mio ragazzo. E poi gli avrei detto che lo amavo. 
Che io, un uomo di trent'anni suonati, avevo perso la testa per lui, un ragazzino diciottenne di città.
Mi sentì elettrizzato alla sola prospettiva.

Non tornò per le prime ore che ci eravamo prefissati. Pensai fosse dovuto alla traversata non proprio facile tra le colline e la città. Oppure ad una nonna troppo ancorata al nipote che gli chiede di rimanere solo un altro po', persino al fatto che volesse salutare quanta più gente possibile. 
Eppure, quando le ore divennero giorni  iniziai ad arrabbiarmi. Mi sentì preso in giro. 
E, quando la seconda sera scoccò inesorabile, mi vestì in fretta e furia, uscì di casa ed imboccai il sentiero che portava in città. Non accadeva da mesi.
La città mi sembrò sempre uguale: sporca, vile, così vuota anche se così piena di persone. 
E tutti mi fissavano sbigottiti, nessuno mi vedeva da mesi.
Chiesi di un certo Taehyung, persino ai bottegai del centro. Le loro risposte furono sguardi di compassione ed alzate di spalle. 
Avevo ormai i nervi a fior di pelle. 
Fino a che non vidi. 
C'era la polizia, ammanettava quattro persone. Un'anziana signora piangeva disperata (la stessa che di tanto in tanto faceva lavate di capo al mio Tae) ed una delle sue felpe che indossava sempre tra le mani.
Corsì immediatamente verso di lei. Le chiesi se fosse la nonna di Taehyung e lei tra le lacrime mi diede assenso. Le circostanze mi sembrarono più limpide. Chiesi cosa fosse successo. 
E lei, capendo la situazione disperata mi invitò nella loro modesta casa.
"Conoscevi Taehyungie, figliolo? Sei per caso Jeongguk?"
Annuì con forza, tra le lacrime. Aveva usato il passato. 
"Era con me fino due giorni fa, mi aveva promesso sarebbe venuto a vivere con me. L'ho aspettato" e piansi "Lui dov'è?" dissi disperato.

 

**
 

La vita di Kim Taehyung non era limpida, la sua non purezza la potevi scorgere nel suo sguardo il secondo dopo averlo incrociato. 
Ma avevo preferito chiudere i miei di occhi, per non vedere il dolore nei suoi. 
Aveva mentito e non credo di poterlo perdonare. Aveva mentito eppure l'ho già perdonato, perché, se adesso sono seduto da solo su questa stessa intercapedine dove si sedeva lui di solito e guardo lo stesso orizzonte che ci ha uniti per così tanto tempo, in parte è anche colpa mia.
Il suo fiore non lo avevo colto io tra il caldo delle nostre coperte e l'amore che dilagava dalle pareti. 
Il suo fiore se lo erano preso tante di quelle persone che ormai la polizia non riusciva neppure stimarne il numero. 
Lo aveva fatto per anni e per soldi, per aiutare sua nonna. 
Quella sera voleva chiudere con tutto. Non potevano accettare, non avrebbe mai potuto uscirne da solo.
Avevo chiuso gli occhi, li ho chiusi un solo secondo, lo stesso in cui lui è rimasto vivo su questa terra, ed è semplicemente corso via senza chiedere aiuto. Con lui tutto è andato via.
Sapete, ho bruciato il mio romanzo. Per mesi non ho toccato un foglio ed una penna. Non ho toccato i miei pensieri. Poi mi sono detto che, prima di fare l'amore, lui aveva voluto proprio questo: che io scrivessi.
Allora l'ho fatto, continuo a farlo ancora adesso. 
Mi ispirava, conservava tra le ciglia quel barlume di purezza che annullava il suo sguardo ferito. Mi ispirava la sua bocca, quel neo minuscolo sotto al suo naso.
Mi ispirava che, dopo tante chiacchiere, ad una sola dannata domanda non avesse mai risposto
"Perché vieni sempre qui dalle prime luci dell'alba fino a che il Sole tramonti a fissare questa natura così bella seppur vuota?"

Adesso lo so, amore mio.









 






















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Nient'altri che uno sfogo pseudoschizzato dei giorni senza scuola. 
Non scrivo da mesi, capite il mio essere tremendamente arruginita.
Beh, nel caso aveste apprezzato, aiutate la mia autostima: fatemelo sapere.
Alla prossima, credo(?)
Preziosa.

  
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