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Autore: Marti4869_    21/01/2019    3 recensioni
Erano passati 5 anni da quella maledetta notte al Tropical Land, e la lotta all’organizzazione degli uomini in nero era, recentemente, finalmente terminata.
Ai, finalmente, era riuscita a venire in possesso della sostanza che aveva trasformato lei e il suo amico in due bambini, e passava le sue giornate a cercare di sintetizzarne l’antidoto.
Shinichi, invece, si trovava alla ricerca delle parole giuste per rivelare a Ran la verità che era sempre riuscito a tenerle nascosta grazie a qualche sporadico incontro tra i due. Questa situazione, però, rendeva il detective continuamente pensieroso e dubbioso perché, nonostante fossero anni che lo aspettava, doveva ammettere di provare paura. Spesso si ritrovava a chiedersi come sarebbe andata. E se lei non avesse capito perché lui glielo aveva nascosto? Avrebbe dovuto lasciarla andare? O magari avrebbe dovuto provare a farsi perdonare in tutti i modi? Sapeva che lui avrebbe compreso ogni reazione da parte della fidanzata, ma lo avrebbe accettato? Proprio adesso che erano riusciti ad essere la coppia che tanto sognavano, seppur riuscendo a vedersi solo di tanto in tanto. Avrebbe mai accettato di perdere la possibilità di affondare i suoi occhi, in quelli dell’unica persona che riusciva a fargli
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

Erano le 8:30 della mattina successiva, Ran si era appena alzata per andare a preparare la colazione quando, presa dalla forte nausea che in quei giorni non l’abbandonava un attimo, dovette correre in bagno a rimettere.
Per non far preoccupare Conan e suo padre, cercò di tirarsi su il prima possibile. Stava per alzarsi da terra quando, improvvisamente, la porta del bagno si spalancò rivelando la figura di Conan che, sentendo dei conati provenire da quella stanza, si era precipitato lì, trovandosi davanti la ragazza accasciata a terra accanto al gabinetto. Shinichi si abbassò all’altezza della karateka e facendole passare un braccio attorno alle sue esili spalle la aiutò ad alzarsi accompagnandola prima al lavandino per sciacquarsi la faccia e poi sul suo letto, notandola molto provata. Aspettò che lei fosse comoda prima di chiederle qualsiasi cosa.
«Che ti è successo?»
«Avrò contratto lo stesso virus di papà» rispose la ragazza tentando di convincere prima se stessa e poi lui.
«Da quanto stai così?» chiese Conan sedendole accanto e guardandola negli occhi, come in cerca della verità, sempre più preoccupato dalle sue risposte.
«Circa quattro giorni…» continuò sincera lei portando le ginocchia al petto e stringendole con le braccia.
«E perché non ci hai detto niente? Credi che se non lo dici a nessuno passerà prima?» si alterò Shinichi, sempre più in pensiero, ripercorrendo con la mente quegli ultimi giorni. Come aveva fatto a non accorgersene? Era forse diventato cieco? Aspettò per un po’ la risposta della ragazza continuando a riflettere sull’ultimo periodo della sua vita fin quando, ad un certo punto, il suo cuore perse un battito ricordando cosa era successo a casa sua solo qualche settimana prima. Il ragazzo iniziò a sperare si sbagliasse, voltandosi verso Ran che era seduta vicino a lui, notò che la ragazza aveva gli occhi pieni di lacrime. Quella visione gli spezzò il cuore e tentando di convincersi che si stava sbagliando, le diede un abbraccio e la invitò a riposare a letto dicendole che avrebbe pensato lui alla colazione, scendendo a prenderla al Poirot.
Ran, stremata e assonnata, non riuscì a fare altro che accettare la proposta del ragazzino che, dopo averle stampato un bacio sulla fronte, usciva dalla camera.

Dopo aver lasciato la ragazza a riposare, Shinichi, era andato a vestirsi indossando i suoi soliti calzoncini, accompagnati da una camicia bianca.
Una volta costatato che Kogoro dormiva ancora, uscì di casa scendendo al Poirot, dove fece colazione e ordinò qualcosa da asporto per il detective e sua figlia. Salì in casa e lasciò il vassoio con il cibo sul tavolo, dopodiché lanciò uno sguardo al suo orologio da polso.
Notando che tra una cosa e un’altra si erano fatte quasi le nove decise, non avendo altro da fare, di scendere in agenzia a riflettere. Avrebbe preferito, magari, andare a fare una passeggiata o anche allenarsi a calcio, come faceva sempre, per ragionare meglio ma, con Ran in quelle condizioni, non se la sentiva di allontanarsi da casa, se non per cose importanti.
 
Appena entrato, si diresse subito a sedersi su uno dei divani marroni che arredavano il posto e si perse per l’ennesima volta nei suoi pensieri. Questa volta, oltre alle sue solite preoccupazioni, si faceva spazio nella sua mente il pensiero della salute della ragazza che dormiva al piano di sopra, la sua situazione lo preoccupava, aveva un dubbio che lo attanagliava e che in quel momento, se si fosse avverato, avrebbe solo reso il tutto più difficile.
Quel suo essere pensieroso, però, fu bruscamente interrotto dalla suoneria del suo cellulare.
Lo afferrò, dalla scrivania del detective, e lesse il nome dell’amica scienziata sullo schermo.
“Haibara, come mai così presto questa mattina?” rispose Conan incuriosito dal motivo di quella chiamata.
“Shinichi, ti consiglio di raggiungermi ho qualcosa che potrebbe interessarti.”
In quelle parole risuonava una strana soddisfazione.
Non ci volle tanto per Shinichi a ricollegare il tono che aveva utilizzato Ai per pronunciare quella frase, al motivo della chiamata. L’antidoto che tanto in quegli anni aveva aspettato, adesso, era pronto a combattere gli effetti che quella maledetta “APTX4869” aveva provocato al suo corpo anni prima.
Balzò dal divano lasciandoci cadere, distrattamente, il libro sopra e si fiondò immediatamente fuori dall’ufficio con il suo skate tra le mani.

Corse a gran velocità tra i passanti per le strade di Tokyo, con il vento che gli scompigliava i capelli, un gran sorriso stampato sulle labbra e la testa completamente svuotata da ogni pensiero. Una volta arrivato davanti villa Kudo, sfilò dalla tasca dei suoi pantaloni le chiavi di casa ed entrando, si diresse direttamente nella sua camera per prendere i vestiti che gli sarebbero serviti una volta tornato adulto. Entrò nella stanza e aprì le ante dell’armadio prendendo uno zaino e infilandoci dentro ciò che avrebbe indossato una volta tornato nel suo vero corpo.

Uscì dalla sua camera e prima di scendere al piano terra, si diresse nella stanza che, quella notte di tre settimane prima, aveva accolto lui e la sua Ran. Ripercorse con la mente ogni singolo istante di quella serata e, mentre dei brividi di piacere gli attraversavano l’intera spina dorsale al solo ricordo, l’ansia e la preoccupazione rinchiudevano il suo cuore in una morsa più stretta ogni secondo che passava, palesando sempre più la probabile realtà che lo circondava.
Si rassegnò e con le gambe tremanti, scese le scale che lo portarono di fronte l’uscita di casa sua;
il momento che tanto aveva aspettato in quegli anni era finalmente arrivato e dentro di sé la gioia provata fino ad allora si mescolò con un po’ di malinconia, poiché, talmente lo aveva atteso, che adesso non riusciva quasi a crederci.
Stava per uscire quando, per cercare di scaricare tutta la tensione che gli si era accumulata in corpo, decise di entrare nella sua biblioteca. Stare in quella stanza lo aveva sempre rilassato, essere circondato da tutti quei libri che lui tanto amava, lo faceva stare bene. Fece un paio di respiri profondi e poi si avvicinò allo scaffale dove teneva il suo violino, lo prese in mano e intonò l’inizio di una delle sue melodie preferite.

Pur non essendo riuscito a silenziare completamente i mille pensieri che gli facevano compagnia in quei giorni, Shinichi, si abbandonò alla felicità che lo aveva sommerso, al solo pensiero di ritrasformarsi di nuovo nell’adulto che avrebbe dovuto essere.

Forte di questa sua ritrovata sicurezza non perse altro tempo e, con il suo zaino sulle spalle, si diresse a casa del suo amico, dove il suo vecchio aspetto lo attendeva. Gli sarebbe piaciuto aspettarsi di tornare alla sua vecchia vita ma, dato il corso degli ultimi eventi, ne dubitava fortemente.

Una porta divideva Conan dal tornare Shinichi e dopo aver immagazzinato dell’ossigeno nei suoi polmoni, come se da un momento all’altro si fosse ritrovato negli abissi oceanici, suonò il campanello.
Passarono solo pochi secondi e si ritrovò davanti all’amico Agasa, visibilmente felice di vederlo. Il ragazzo, non diede al professore neanche il tempo di aprire bocca che si era già autoinvitato a entrare, togliendosi le scarpe e dirigendosi verso il divano dove si trovava seduta Ai.
La ragazzina lo stava aspettando con le gambe accavallate, visibilmente stanca, con delle occhiaie a circondarle gli occhi blu e un portapillole nella mano destra.
«Allora?! Dov’è l’antidoto?!» iniziò il detective, contagiato da un’impazienza facilmente comparabile con quella di Genta che aspetta di mangiare.
«Che ne dici di iniziare a comportarti dall’adulto quale sei?» la scienziata pronunciò queste parole fulminando il compagno di sventure con uno sguardo truce. Conan, recepito il messaggio, si ricompose, si sedette sul divano di fronte a lei e stette in silenzio, invitando l’altra a parlare.
«L’antidoto è qui dentro» disse porgendo il portapillole al ragazzo di fronte a lei, che l’afferrò immediatamente «ma tu come pensi di giustificare l’improvvisa scomparsa di Conan?»
«Alle persone più importanti dirò la verità, ovviamente. Per quanto riguarda i bambini… beh, a loro dirò di essermi trasferito in America con i miei genitori, credo… in realtà ci ho riflettuto un po’ e questa mi sembra la soluzione migliore.» Shinichi volse uno sguardo, leggermente abbattuto, ad Ai e aggiunse «tu piuttosto, che hai intenzione di fare? Tornerai adulta?»
«Ho bisogno di pensarci su.» tagliò corto la ramata.
Il ragazzo annuì e alzandosi dal divano si diresse verso il bagno con il suo zaino su una spalla e il portapillole in mano.
Entrò nella stanza, si sedette e con in testa il solo pensiero di poter riuscire finalmente a tornare adulto, aprì il porta pillole e trovandone solo una al suo interno, intuì le probabili intenzioni dell’amica.

Fece un sospiro e assunse la capsula che gli avrebbe permesso il ritorno a quella vita che da tempo aveva, per volere di altri, abbandonato.
In quel momento pensava solo che avrebbe potuto finalmente riabbracciare la sua ragazza, senza avere più l’ansia di dover scappare da lei, abbandonandola, da un  momento all’altro.
Passarono solo una manciata di secondi prima che i sintomi da lui ormai ben conosciuti arrivassero, infatti, il calore che ogni volta gli invadeva il corpo, come ad annunciargli la sua trasformazione, non si fece attendere. Subito dopo non tardarono ad arrivare le strazianti fitte al petto, che si ripetevano una dopo l’altra, aumentando sempre d’intensità, procurandogli ognuna una sofferenza maggiore. Ogni secondo che passava il suo fiato si faceva più corto e il sudore freddo gli imperlava la fronte. Questa situazione peggiorava sempre di più fino ad arrivare a quello che era l’ultimo, nonché peggiore, dolore, quell’ultimo colpo che gli trafiggeva il petto, procurandogli un male maggiore di quello causatogli dal proiettile che, qualche anno prima, gli trafisse l’addome. Un urlo straziante spezzò il silenzio che si era creato nella casa, silenzio che tornò a regnare subito dopo. Ai e il dottore non distolsero lo sguardo dalla stanza dove si era rinchiuso il ragazzino, fino a quando, un cigolio della porta non li riportò alla realtà rivelando ai loro occhi la figura di un ragazzo, visibilmente felice, che non si faceva vedere da un po’ troppo tempo ormai. Il volto di Agasa s’illuminò di gioia nel vedere di nuovo quel giovane che era praticamente cresciuto in casa sua, mentre, quello di Ai si fece sfuggire una nota abbastanza evidente di soddisfazione, per essere riuscita finalmente a sintetizzare quell’antidoto al quale lavorava da anni.
«Allora? Cosa sono quelle facce?» esordì Shinichi, con una nota d’ironia a colorargli la voce, avanzando verso i suoi amici mentre si sistemava il polsino della camicia.
«Sono solo soddisfatta del mio lavoro.» lo liquidò la ramata, alzandosi dal divano e andando a mettersi a letto.
«Adesso che farai?» chiese il professore al ragazzo davanti a lui che si sistemava l’orologio e controllava l’ora.
Erano, ormai, quasi le 9:40, e aveva lasciato Ran a casa da sola da un bel po’ ormai.
«Professore ha da fare?»
«Di cosa hai bisogno?» chiese Agasa con tono ovvio.
«Mi accompagnerebbe in agenzia? Sa com’è, adesso mi è un po’ difficile usare lo skate, tornando a piedi mi ci vorrebbe troppo tempo e ho promesso a Ran che avrei pensato io a lei.» l’amico rassegnato e confuso, senza rispondere, si tolse il camice e prese le chiavi del suo maggiolone giallo uscendo di casa seguito da Shinichi.


«Potrei almeno sapere perché dovresti occuparti di Ran?» chiese il professore, con aria abbastanza confusa, una volta saliti in macchina.
«Questa mattina si è sentita poco bene così, le ho detto di riposare perché avrei pensato io a tutto» riassunse a grandi linee il detective.
«Come le spiegherai il perché  tu anziché Conan?»
«Molto semplicemente, è arrivato il momento di raccontarle tutta la verità, anche se ho paura che non sia il momento più adatto, aspettando ancora, peggiorerò solo il tutto.» sospirò il giovane detective «devo ammettere di avere paura della sua reazione, sono consapevole che ci resterà, giustamente, male ma non posso continuare a mentirle come se niente fosse. Lei merita la mia totale sincerità. Non voglio perderla per sempre, ma non posso neanche continuare a raccontarle bugie, ingannandola, solo per il mio egoismo.» buttò fuori, poi, tutto d’un fiato, straziato da quella situazione che da anni aveva costretto lui, continuamente alla ricerca della verità, ad essere quello che non era mai stato: un bugiardo.
Alle parole di Shinichi, Agasa restò in silenzio, colpito dall’umanità che raramente dimostrava quel ragazzo. Lui riusciva sempre a mantenere la calma e a ragionare con lucidità, in quell’occasione però non era più la sua fredda e razionale mente a parlare, ma il cuore del ragazzo, spaventato dal perdere per sempre quell’unica persona che era riuscita a farlo battere come non mai.
Un gelido silenzio calò nell’auto.
Il ragazzo, sospirò portando lo sguardo fuori dal finestrino, pregando che anche i sospetti che lo attanagliavano da quella mattina rimanessero solo sospetti, oppure la situazione si sarebbe complicata notevolmente.






 
//////SPAZIO AUTRICE//////
Ehilà! Sono tornata con un nuovo capitolo! Spero che, apprezzerete anche questo capitolo, ma, soprattutto, di non deludere coloro che hanno apprezzato il primo!
Prima di commentare il capitolo, ne approfitto per ringraziare quelli che hanno recensito il capitolo precedente.
Vedere apprezzato quello che ho scritto mi ha resa molto fiera di quello che faccio.
Tornando a noi... piaciuto questo secondo capitolo? Il nostro Shinichi è tornato tra di noi, dimostrandosi più emotivo di quanto sembri (anche se in qualche episodio si è fatto scappare qualche preoccupazione ^-^)
Come andrà a finire con Ran secondo voi?
Al prossimo capitolo!
(che spero di riuscire a pubblicare entro due settimane)
-Martina

 
P.s. ho intenzione di cambiare il titolo della storia perché, questo, non mi fa particolarmente impazzire, perciò...
se avete dei suggerimenti scrivetemeli pure nelle recensioni!!
   
 
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