Disordini dove specchi si rompono e le grida ustionanti
mi sconvolgono il tenue e mi fanno sanguinare il naso: è cadere in strada, sulle panchine
bagnate dalle lacrime, foglie d’ortica con cui accarezzo cattivo la pelle;
confluiscono in te i luoghi familiari, i fiori che poso sull’altare per dimenticarti.
Vedo primavere anticipazioni del tuo volto
sei estate anche in inverno,
pioggia con il sole
mentre io cemento che di armato ha solo il
cuore.
Ricordi come radici nel terreno robuste e potenti
sei fiore dallo stelo pesante, siamo gesti
che non si riconoscono più tra la folla
e il mio corpo ha solo voglia di accartocciarsi
per dimenticarti
si incide ferite all’ombra di un platano.
Rimangono qui solo guai come guaiti
specchi rotti nello stomaco
mattine che sono come macigni a colazione
io che sono girasole nella notte che inghiotte.