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Autore: Sophie_moore    24/01/2019    1 recensioni
Questa raccolta partecipa al contest "Un fiume di soulmate!AU" indetto da rhys89 sul forum di EFP.
Capitolo 1: Lo sa.
Capitolo 2: Lo vede.
Capitolo 3: Lo ama.
Capitolo 4: Lo sposa.
1. Chiunque tu sia, basta tingerti i capelli. Ho un lavoro.
2. Cana fa un sorriso malizioso, una sorta di ghigno. «E vuoi sapere di più?»
Le palpebre di Laxus traballano. Lo sa che non deve rispondere mai a queste domande, sono delle trappole. Incita Cana a parlare con un cenno della testa.
«Le carte hanno parlato.»
[...]«Ciao Freed. Io sono Laxus.» gli porge la mano, dopo quella che è sembrata un’eternità.
Freed sorride e ricambia la stretta, pur ritirandosi immediatamente a causa di una leggera scarica elettrica. «Lo so. Ti devo tatuare io, sono il tuo uomo.»
3. Laxus vorrebbe alzarsi, ma appena prova a muoversi, Freed si stringe di più a lui, sbadigliando.
4. Freed ha nove anni e adora i suoi occhi gialli. Li ama, sono così brillanti e luccicanti, come due stelle. O due soli! Adora i suoi soli.

Spero che la raccolta vi sia piaciuta!
Vi abbraccio forte,
Sophie.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Fried Justine, Luxus Dreher
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questa raccolta partecipa al contest “Un fiume di soulmate!AU” indetto da rhys89 sul forum di EFP.


Lo vede.


Se solo potesse, Laxus tornerebbe a casa.
«Mi stai ascoltando?»
No.
«Sì, certo.»
Cana lo guarda negli occhi. «Non mi abituerò mai agli occhi verdi, sai?»
Laxus sbadiglia. «Lo dicevi anche di quelli blu. E di quelli rossi.»
Vivere in una società in cui il colore degli occhi era determinato dalla tinta dei capelli della propria anima gemella era estremamente stancante per una persona come Laxus, senza contare che la sua era… particolarmente eclettica. Ogni due, tre mesi al massimo cambiava colore.
Una volta si era trovato con gli occhi blu nella parte interna e gialli in quella esterna. Aveva portato gli occhiali da sole per due settimane, prima che quella pazza decidesse che c’erano dei limiti invalicabili.
Da quel momento aveva usato pigmento alla volta.
Piccoli passi.
Cana ridacchia, appoggiandosi al bancone. «Mi sono abituata a te che gestisci un negozio di fiori, posso farcela. E anche la tua anima gemella ce la farà, sarà una donna fortunata! Un bell’uomo dall’animo nobile, un cavaliere dei giorni nostri…»
Il giovane schiocca le dita per riportarla coi piedi per terra. «Sai che gran cosa.»
«Comunque, ti stavo dicendo! Il nuovo negozio di tatuaggi è fighissimo
Laxus inarca un sopracciglio. «Non è quello che ha aperto Bixlow qualche tempo fa?»
«Due mesi. »
«E tu sei dovuta andare a rompere i coglioni in questi due mesi?»
Cana gli dà uno scappellotto, invadendo spudoratamente il suo spazio vitale.
Il ragazzo la guarda, arcigno. Potrebbe risponderle male, come fa con tutti quanti, ma decide di tacere con un sospiro. Conosce Cana quasi da quando è bambino, è quella – se non l’unica – che può considerare “amica d’infanzia”. E per quanto trovi insopportabile la sua attrazione verso alcol e relazioni complicate – ha sempre pensato fossero in qualche modo collegate – non può negare di volerle bene, un bene infinito.
Almeno, non può negarlo a se stesso.
«Sai che tra poco è il tuo compleanno, no?»
«Non mi dire.»
Cana rotea gli occhi. «Ho pensato di farti un regalo. O meglio, abbiamo pensato di farti un regalo, tutti insieme, e…» fruga nelle tasche dei jeans con una luce brillante negli occhi. Sbatte la mano sul bancone e sorride come forse non aveva mai fatto. «Ho parlato con Lisanna, non sapevamo cosa regalarti, però è da un po’ che parli che vorresti fare qualcosa di diverso, che vuoi cambiare. – Laxus inclina la testa di lato. Era certo che non ascoltassero una parola, che non percepissero alcuna sfumatura. Ne è rimasto piacevolmente sorpreso, e sorride, lasciando parlare la ragazza; – Abbiamo pensato ad un taglio di capelli, ma hai messo il veto da quando sei tornato, e quindi… Non festeggerai, mi hanno dato il permesso di dartelo quando ci saremmo visti.» continua. Alza la mano e Laxus prende il biglietto.
«Un tatuaggio.»
Istintivamente, le memorie tornano al giorno in cui si è tatuato il simbolo del suo plotone.
La giornata ventosa sembra portare odore di sabbia, e sembra di sentire la risatina di Ogra che, penne e aghi disinfettati in una mano, gli sta radendo l’avambraccio.
E dire che non sentiva la necessità di quel tatuaggio, non lo voleva. Aveva semplicemente pensato che, avendo un segno distintivo in più, sarebbero riusciti a riconoscerlo più facilmente e l’avrebbero rispedito in patria, una volta morto.
Le immagini si dissolvono, lasciandogli davanti agli occhi il largo sorriso della ragazza. Per fortuna non si è accorta di niente, o avrebbe attaccato con una nenia di domande infinita.
«O un piercing. Dipende da cosa vuoi fare! Noi abbiamo pensato di migliorare quello che hai fatto nell’esercito, ma puoi scegliere tu. Il buono è di tremila Jewel, dovrebbe bastare per un tatuaggio di medie dimensioni.»
Laxus sbatte le palpebre e fischia, noncurante. «Però, sono parecchi!»
Cana fa un sorriso malizioso, una sorta di ghigno. «E vuoi sapere di più?»
Le palpebre di Laxus traballano. Lo sa che non deve rispondere mai a queste domande, sono delle trappole. Incita Cana a parlare con un cenno della testa.
«Le carte hanno parlato.»
Non ce la fa. Si mette le mani tra i capelli e sospira forte. Non deve risponderle, non deve rispondere «Ancora? Davvero? Sei una donna adulta, con ‘sta storia delle carte non fai che-» Cana lo interrompe poggiandogli l’indice dalle labbra.
«Fidati.»
«Ma-»
«Fallo. Vai. Chiama Bixlow. E tatuati.»
Laxus fa per aprire bocca per rispondere, ma il cellulare dell’amica squilla e lei si allontana dal bancone parlottando civettuola.
Allora, e solo allora, si permette di lasciarsi prendere dallo sconforto e appoggia la fronte al bancone.
Com’è successo che sia diventato amico di quella matta?

Bixlow gli ha fatto una bella impressione al telefono.
Non lo vede da anni, da prima dell’esercito, non sa neanche se è la stessa persona che aveva conosciuto quando era poco più che un ragazzo.
In ogni caso, sta per scoprirlo.
Cana aveva esultato e ballato sul tavolo quando le aveva detto che si sarebbe tatuato. Lisanna era scoppiata a ridere, Natsu e Gray avevano iniziato a fare domande su domande e poi si erano messi a litigare.
Se vuoi una scritta, ti faccio tatuare da Justine. Sa il fatto suo.”
Non lo preoccupa farsi tatuare da una donna.
A ripensarci… meglio non pensarci. Non è l’unico ricordo che gli torna in mente e ha deciso di mettere quel periodo dentro una scatola e buttarla nella stanza più buia del suo cervello.
Suona al citofono.
Sì?”
Voce di donna. Che sia Justine?
Si sente istintivamente curioso. E soddisfatto, perché manca poco e potrà conoscere questa tatuatrice di cui ha sentito solo lodi.
«Laxus Dreyar.»
Il portone si apre su uno studio dai colori molto accesi.
E degli occhi verdi, che sembrano totalmente innaturali. E tatuaggi sul viso. Nonostante il tempo passato, è riconoscibilissimo: sorriso a trentadue denti, capigliatura da pazzo. È Bixlow.
«Yo, Laxus!» il ragazzo gli dà una pacca sul petto e lo fa entrare. «Non ci vediamo da una vita. Come stai?» chiede. Gli fa fare il giro dello studio, portandolo a conoscere ogni angolo e anfratto, come se fosse un amico di lunga data. Gli ha anche presentato la sua socia, Evergreen, una giovane donna dai capelli biondi e il fisico prorompente.
Laxus non sa bene come reagire a quel tipo di estroversione.
Ma deve farlo davvero?
Nel dubbio non replica alle domande che gli fa, tanto pare che non lo stia neanche ascoltando. Sembra che abbia un discorso programmato in testa, qualcosa che non prevede deviazioni inutili. Come delle risposte, ad esempio.
Vede una specie di macchia verde che gli passa dietro, la vede con la coda dell’occhio, ma sente un brivido che gli percorre la schiena.
Ha imparato a conoscere a memoria quel verde da mesi, ormai. Lo vede ogni giorno allo specchio.
Lui lo sa.
«Scusa Bixlow, ma-»
«Hai ragione. Hai ragione, è vero! Adesso arriva Justine, tu devi solo sederti e rilassarti. Ha una manualità fenomenale, soprattutto col lettering.»
«Sì, però-»
Bixlow lo scorta in una delle due sale, quella dalle pareti sono verde acido, dipinte come se colasse della melassa nera dal soffitto. Il lampadario è una specie di palla da discoteca. Tutti gli inchiostri sono disposti in una mensola quadrata, bianca, fastidiosa per gli occhi.
Laxus rimane solo. Non ha il tempo di dire o fare niente. Viene abbandonato lì, la bocca aperta pronta a parlare. Chissà perché Bixlow gli ha ricordato Cana.
«Justine! È arrivato il tuo appuntamento!» sente che urla dal corridoio, per poi scoppiare a ridere in modo sguaiato.
Già, chissà perché.
Voleva solo chiedere di fermarsi un attimo, per inseguire quella ragazza dai capelli verdi, perché lui lo sa che è lei.
Sospira pesantemente, si siede sulla sedia, tira su la manica della camicia e socchiude gli occhi.
E nonostante ciò, riesce a vedere la figura dai capelli verdi che entra nella saletta e si fa una coda di cavallo.
Sgrana le palpebre e tira su la schiena. È lei! Quindi è Justine la sua anima gemella!
Com’era possibile che Cana sapesse? Che quelle carte avessero funzionato per sbaglio?
«Scusami, Ever non ha smesso un attimo di parlare… qui è tutto un casino, appena posso riorganizzo tutto. È una casinista.» la voce è musicale, leggermente bassa.
La figura si gira.
Un ragazzo.
Cala il silenzio. Un silenzio teso, pesante. Un silenzio che li sta schiacciando.
Si fissano, Laxus si alza e si avvicina a lui, lo guarda dritto negli occhi. Sono gialli, i suoi occhi sono gialli.
«Sei tu.» dice Laxus.
Quindi… è un lui. E Justine?
«Io… tu… mi chiamo Freed. Freed Justine.» deglutisce, leggermente intimorito, le pupille dilatate
Ora ha senso.
Laxus non risponde. Le iridi giallo brillante di Freed sono inconfondibili, non può essere altrimenti.
Entrambi sanno, entrambi hanno capito, ed è successo in un attimo, un secondo solo. È bastato fermarsi, guardarsi per un momento.
Era stato facile, dopotutto.
Quando Laxus era in missione, i suoi commilitoni non parlavano d’altro che di come sarebbe stato trovare un’anima gemella. Si immaginavano le donne prosperose, magre, alte, basse, bionde, more, azzurre, di ogni forma e fattura, di ogni carattere possibile. Pensavano a come sarebbe stato vivere insieme a loro ogni giorno della loro vita, di quanti figli avrebbero avuto, delle storie che avrebbero raccontato. Avrebbero evitato di raccontare della guerra contro Alvarez, non era piacevole, ma avrebbero raccontato gli aneddoti tra compagni, quelli sì! Quelli erano uno spiraglio di luce in una giornata piovosa, erano necessari.
Le pause dalla guerra erano passate a parlare d’amore.
E Laxus non era mai riuscito a figurarsela. I colori dei suoi occhi erano stati improponibili da anni, non era in grado di definirla in alcun modo. Sapeva solo che le piaceva cambiare colore dei capelli, non gli interessava sapere altro.
E ora capisce.
È un hipster, le tinte sono sue alleate.
Non sa cosa fare, comunque. Non sa che cosa dire.
O almeno, avrebbe un sacco di cose da dire, ma i pensieri si affollano e si calpestano tra di loro, si ammassano sulle pareti encefaliche.
Non ha mai pensato che la sua anima gemella avrebbe potuto essere un uomo.
«Ciao Freed. Io sono Laxus.» gli porge la mano, dopo quella che è sembrata un’eternità.
Freed sorride e ricambia la stretta, pur ritirandosi immediatamente a causa di una leggera scarica elettrica. «Lo so. Ti devo tatuare io, sono il tuo uomo.»
Laxus fa una smorfia: preferisce concentrarsi sulla frase che sembra essere uscita da un pessimo corso sull’abbordaggio piuttosto che sul fatto di avergli dato la scossa quando si sono toccati. «Cos’era?» domanda, infatti, il sopracciglio inarcato.
«Qualcosa di orrendo, scusa.» l’espressione di Freed è così candida e pura che sembra un ragazzino.
Il giovane Dreyar alza un angolo della bocca. Non gli dispiace, questo Freed sembra una persona pacata, tranquilla. E poi ha un viso bellissimo, con quel neo sotto l’occhio sinistro. La pelle è nivea, liscia, e la figura è slanciata come un giunco.
È un ragazzo e non è un problema.
Quando lo realizza, le spalle si sciolgono, il cuore rallenta.
Si calma.
Sembra tornare a respirare.
«Hai mai… sì, insomma, pensato che potessi essere un uomo?»
Freed lo riporta alla realtà.
Non si è accorto di essersi seduto.
Però si è accorto delle mani di Freed, che sono fresche e morbide, delicate mentre gli sfiorano l’avambraccio per prendere le misure.
«No. In realtà ho sempre dato per scontato che fosse una donna la mia anima gemella.»
Freed sorride.
«E ora?»
«Ora non mi interessa.»
Il tatuatore prende il blocco degli appunti, probabilmente per dissimulare imbarazzo. Rimane con la matita a mezz’aria, l’espressione persa, e Laxus pensa che deve aver fatto strage di cuori con quell’aria concentrata.
«Allora, Bixlow mi ha detto che vuoi aggiungere qualcosa al tatuaggio che già esisteva.»
«Sì. Ho una frase in mente che avevo letto tempo fa’… “Cadere sette volte e alzarsi otto”.»
Freed scrive. «Perché hai deciso questa frase?»
«È concisa, rapida. D’effetto. Poi in realtà l’ho letta e mi è piaciuta. Sono impulsivo.»
Non ho mai parlato così tanto.
Freed ridacchia e Laxus riconosce quella risata: l’ha già sentita più volte nella sua testa e gli è sempre piaciuta.
«Hai da fare ‘sta sera?»
Il ragazzo dai capelli verdi spalanca gli occhi, arrossendo. Poi dà un colpo di tosse, si rischiara la gola e risponde: «No, per ora.»
«Cosa ti andrebbe di fare?»
«Beh, il nostro primo appuntamento è andato.» risponde, alzando il blocchetto di fogli. «Possiamo mangiare qualcosa.»
«Non so cucinare. Chiamo d’asporto, pizza?»
«Pizza va benissimo.» Freed posa la matita sulla scrivania e fa vedere il suo operato a Laxus. «Che te ne pare? Va bene così?»
Al centro del disegno è posizionato la bozza del tatuaggio già esistente, il simbolo del plotone di Laxus, e tutto intorno è scritta la frase scelta. La grafia è elegante, raffinata, sembra stampata. Le parole “cadere” e “rialzarsi” risultano accentuate da delle maggiori sfumature, per dare importanza alle azioni.
Laxus è molto appagato e annuisce, facendo un piccolo sorriso.
Era andato al negozio solo perché gli avevano regalato un buono, non perché sentisse la necessità di tatuarsi, eppure si ritrova a ringraziare la sua folle compagnia per avergli fatto quel regalo. Oltre alla frase in sé, trova che sia perfetta ed armoniosa, che non stoni insieme al suo marchio.
Senza contare di aver rimediato – goffamente – un appuntamento con la sua anima gemella.
Certo, non è una ragazza come ha sempre immaginato, ma non lo infastidisce. Sapere che è Freed e che sembra un ragazzo a modo lo tranquillizza. Le relazioni non sono mai state il suo forte, in qualche modo è sempre riuscito a rovinare tutto con degli atteggiamenti immaturi e infantili, ciò nonostante sente che questa volta andrà bene.
Questa volta non ferirà nessuno.
«Iniziamo.»
Il rumore della macchinetta risuona nella stanza.
È una sensazione del tutto diversa dal tatuarsi in guerra con un ago, e sorprendentemente piacevole. Potrebbe prenderci la mano.

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