Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
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Autore: Sonrisa_    25/01/2019    3 recensioni
[ex "Around the World"]
Ichigo fissò le sue amiche ed aprì la bocca per ribattere, ma dalle sue labbra non uscì che un verso strozzato a metà fra la frustazione e l'incredulità.
Un minuto prima parevano tutte d'accordo nel far cambiare idea a Purin e ora si dimostravano tutte vogliose di partire. Ma cosa era successo?!
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Verständnislosigkeit


 

«Certo che sei proprio strana.» affermò Minto, incrociando le braccia al petto, dopo che Ichigo ebbe esposto a grandi linee la conversazione avuta qualche ora prima con Kisshu.
La rossa si strinse nelle spalle, arricciando le labbra e iniziando a disegnare ghirigori indefiniti sul copriletto rosa della sua stanza.
Minto continuò a guardarla con cipiglio severo, Zakuro con le sopracciglia leggermente aggrottate, Retasu un po' confusa e Purin con un sorriso tranquillo.
Tutte reazione diverse che, però, la ragazza si aspettava.
«Quindi è stato lui l'imprevisto che non ti ha permesso di venire al Café?» si informò la biondina, interrompendo un silenzio che si stava protraendo troppo a lungo.
«In un certo senso...» mormorò Ichigo, conscia di non essere completamente bugiarda: lei si era bloccata a pochi minuti dal Café proprio perché il pensiero di rivederlo la mandava in agitazione. Che poi si fosse messa a chiacchierare con lui al freddo e al gelo su una panchina e che gli avesse addirittura proposto di incontrarsi il giorno successivo era tutta un'altra storia.
«Siete riusciti a chiarirvi?» chiese ancora Purin, ma notando l'espressione confusa dell'ex-leader si sentì in dovere di specificare: «Beh, cinque anni fa il suo atteggiamento nei suoi confronti era piuttosto inquietante, poi però si è sacrificato anche lui nella battaglia finale. Siete riusciti a parlare del passato? Se vogliamo partire insieme non bisogna serbare rancore.» dopo un attimo di leggera esitazione ci tenne ad aggiungere: «Ovviamente non lo dico solo per te, Ichigo nee-san.»  
«Posso ammettere di sentirmi toccata?» soffiò Zakuro.
«È che, non so... forse ero troppo piccola quando è successo tutto, ma non riesco ad avercela con loro. Alla fine mi sono convinta che, seguire il consiglio di Retasu e cercare una via pacifica, sarebbe stato meglio.»
«Nessuno può dire quello che sarebbe successo se avessimo agito diversamente.» si intromise Minto «Forse i tempi non erano abbastanza maturi e forse non lo eravamo abbastanza nemmeno noi. In fondo io, Retasu e Ichigo avevamo tredici anni, Zakuro quattordici e tu dieci. Alla fine eravamo solo delle ragazzine che da un momento all'altro si erano ritrovate con dei superpoteri e il compito di difendere la Terra.»
«Ryou e Kei dovevano essere davvero disperati se hanno affidato il destino di miliardi di persone a noi...» ridacchiò Purin.
«Non ce la siamo cavate troppo male alla fine, o no? » sorrise Ichigo, giocherellando con una ciocca di capelli.
Il sorriso, però, le tremò un po' leggendo il messaggio privato che Minto le aveva appena inviato.

Purin si sarà anche dimenticata della domanda che lei stessa ti ha posto, ma io no.22:13
Dopo voglio parlare con te di Kisshu.22:14


«Pensate mai a come sarebbe stato se i nostri DNA non fossero stati compatibili con quelli degli animali a codice rosso? Se le Mew Mew fossero state altre ragazze?» domandò all'improvviso Retasu, poggiando il mento sulle mani a coppa.
«Sono contenta di essere diventata MewPurin, anche perché altrimenti non saremo mai diventate amiche!» trillò la biondina, facendo loro l'occhiolino.
«Probabilmente risulterò smielata, ma me piace pensare che, in qualche modo, saremmo diventate amiche comunque.» mormorò dolce Retasu.
«Non so dirvi se ci saremmo trovate in ogni caso, ma credo che siamo state brave a trarre da quell'esperienza il meglio possibile.» disse Zakuro.
«Di certo io non sarei mai diventata amica di una sempliciotta come Ichigo se non fossi stata costretta a sopportarla come compagna di squadra.» sentenziò Minto, sorridendo angelica alla diretta interessata.
«È rassicurante sapere che ci saranno delle cose, nella vita, che non cambieranno mai, come la consapevolezza che tu, cara Minto, rimarrai sempre un'eterna spocchiosa assolutamente insopportabile.» le rispose Ichigo, ricambiando con lo stesso sorriso.
«Il giorno in cui cambierete questo modo, tutto vostro, di dimostrarvi affetto, mi preoccuperò.» rise Purin, per poi cercare di nascondere lo sbadiglio che affiorò spontaneo sulle sue labbra.
«Ora della nanna.» decretò Zakuro e, per la prima volta, la ragazzina non obbiettò.
«Agli ordini!» esclamò infatti, imitando il saluto militare «Non protesto solo perché sono effettivamente stanca e perché mi piace far finta di essere una brava figlioletta e tu, Zakuro nee-san, mi ricordi tanto la mamma con quella pettinatura. Sei proprio bella come lei.» disse dolce per poi tacere giusto pochi secondi, volgendo lo sguardo verso il cielo scuro della notte, sicura che lei la stesse guardando «Vi voglio bene amiche mie! Retasu, Ichigo, domani badate bene di non darmi buca: l'appuntamento con Taru-Taru, Pai e Kisshu è alle sette al Café. Buonanotte!»
Le ragazze non riuscirono nemmeno a salutare la piccola che la comunicazione con lei si interruppe velocemente.
Zakuro si guardò istintivamente allo specchio, osservando l'elaborata pettinatura che le era stata fatta per il suo imminente servizio fotografico con il desiderio di sciogliersela immediatamente.
«Aveva gli occhi lucidi.» osservò piano Minto.
«L'ho notato anch'io...» balbettò Retasu, sentendo un nodo alla gola.
«È raro che si apra con noi parlando così esplicitamente della madre...»
«Ichigo? Retasu?»
Zakuro non ebbe bisogno di dire altro, la capirono al volo.
«Vedo se mio padre è ancora sveglio, così da poterci accompagnare da lei.»
«Abbracciate quella peste da parte mia.» sorrise tirata Minto.
«Tranquilla, penseremo noi a lei.» la rassicurò Retasu, congedandosi per andare a cambiare i vestiti.
 «Per le prossime due ore sarò impegnata, ma tenetemi aggiornata tramite messaggio.» disse Zakuro, per poi salutarle con un cenno del capo e interrompere la connessione con loro.
«Minto?» la chiamò Ichigo, aggrottando le sopracciglia nel vederla fissarla concentrata.
«Io sono in pausa per mezz'ora ancora, poi sarò di nuovo alle prove fino a stasera. Avvisami appena arrivate, poi tu ed io potremo sentirci...» la ballerina fece una breve pausa, calcolando la differenza di orario tra loro, e sospirò: «Dato che dubito fortemente che tu riesca a svegliarti alle sei per parlare, direi che possiamo sentirci quando da te saranno le quattro di domani pomeriggio: io per quell'ora sarò già a teatro, ma le lezioni mattutine inizieranno solo mezz'ora più tardi. Per te va bene?»
«Ma guarda che non c'è niente di cui discut-»
«Io credo proprio di sì e poi vorrei cercare di capire che ti passa in quella testolina prima che tu possa combinare danni.»
«Grazie per la fiducia.»
«Non fare la vittima, Momomiya. E vedi di sbrigarti ad andare da tuo padre: Purin, come ti ho già detto, ha la priorità al momento. Ciao.»
Ichigo rimase imbambolata davanti allo schermo del tablet con le labbra stese in una linea dritta e le sopracciglia aggrottate, visibilmente infastidita. Si riscosse solo dopo qualche secondo, balzando giù da letto e fiondandosi giù per le scale, sperando che il padre fosse disposto ad accompagnarla a casa Fon.




«Mi manchi tanto mamma.» sussurrò Purin, sentendo gli occhi pizzicare.
Alzatasi barcollando dal letto, si avvicinò alla finestra e la aprì esponendosi al freddo della notte. Non si accorse di star piangendo fino a quando non avvertì le spalle tremare e un singhiozzo sfuggire dalle sue labbra. Stanca di essere forte per tutti ad ogni costo, decise di dar sfogo a tutto il proprio dolore: finché i suoi fratellini abitavano con lei aveva deciso di non mostrar mai loro la sua sofferenza, ma adesso era sola.
«Mamma, perdonami, ma ora non riesco proprio ad essere forte e sorridere. Non ce la faccio... Ti voglio qui. Con me.» mormorò, accasciandosi a terra «Ho bisogno della mia mamma.» singhiozzò, nascondendo il volto fra le mani e rannicchiandosi su se stessa.
Quando udì il campanello della porta suonare, si rese conto di non riuscire a quantificare il tempo passato a piangere in quella posizione. Le pareva fosse passata un'eternità, tanto si sentiva spossata e con le membra addormentate. Con una fatica immane si alzò, rimanendo poggiata contro il muro per qualche secondo per assicurarsi che le gambe l'avrebbero retta in piedi. Sentendo il campanello suonare nuovamente, si decise a spiare dalla finestra per capire chi potesse trovarsi fuori la sua porta e, incredula, si passò con decisione la mano sugli occhi per scacciare le lacrime ed essere sicura di avere una visione più nitida dell'esterno: erano davvero loro.
Un accenno di risata interruppe la sequenza di singhiozzi protratta troppo a lungo. Le gambe tremarono, ma Purin non ci fece caso e si precipitò come una furia al piano di sotto, spalancando la porta con uno scatto che fece spaventare le due ragazze all'esterno che trattenero a stento un grido prima che lei si scaraventasse su di loro, avvolgendole in un abbraccio e rischiando di farle cadere.
«Ma sei solo in pigiama!» esclamò esterrefatta Retasu con Purin ancora stretta al proprio corpo, cercando di togliersi la sciarpa per avvolgere le spalle tremanti della minore.
«Fila subito dentro! Se ti ammali ti giochi il viaggio attorno il mondo!» sentenziò Ichigo, sottraendosi all'abbraccio della biondina per spingerla all'interno della casa.




Masaya sospirò piano, fissando l'esterno senza vederlo davvero. Nonostante fosse passata meno di una settimana dalla partenza, aveva l'impressione di non vedere Ichigo da un'eternità. Come se non bastasse, poi, la notizia del ritorno degli alieni -gli stessi che avevano reso loro la vita così difficile negli anni precedenti- l'aveva messo in un costante stato di allerta: pensare che lei fosse così lontana, ma vicina a lui e a loro non gli piaceva per niente.
"Qualche giorno. Si tratta di resistere solo qualche giorno." si disse, adocchiando poco distante i suoi colleghi di corso e decidendo di raggiungerli.




Siamo da Purin. Tutto bene, si è appena addormentata e sembra più serena ♥ 15:22

Sentita la notifica, Minto abbandono i nastri delle proprie punte per poter recuperare il cellulare e leggere il messaggio arrivatole. Sorrise mentre digitava una veloce risposta prima di silenziare lo smartphone e finire di prepararsi per le prove. Avrebbe danzato con un peso in meno sul cuore.

Non appena le fu concessa una pausa, Zakuro si affrettò a prendere il cellulare per controllare le notifiche, sperando che dal Giappone provenissero buone notizie. Leggendo il messaggio sul gruppo non riuscì a trattenersi e emise un leggero sospiro di sollievo, grata che almeno Ichigo e Retasu fossero riuscite a stare vicino a Purin in un momento di crisi. Recuperò la propria borsa per posare il telefono e sorrise sincera.
«Mi è piaciuto questo sorriso, Fujiwara. Sarebbe perfetto se tu riuscissi a riprodurlo nuovamente sul set.»




"Siamo qui a tua completa disposizione, sia che tu voglia parlare, sfogarti un po' o semplicemente rimanere in silenzio" le avevano detto una volta entrate. Purin aveva stretto loro le mani, le aveva guardate con gli occhi lucidi, ancora gonfi per via del pianto, e aveva annuito un po' più sollevata. Dopo averle condotte in camera sua, la ragazzina le aveva invitate a mettersi a letto accanto a lei, senza lasciare le loro mani nemmeno per un secondo. Aveva bisogno di sentire calore umano attorno a sé e probabilmente Retasu e Ichigo l'avevano capito, perché avevano assecondato la piccola senza battere ciglio e senza neppure togliersi i cappotti, nonostante la notevole differenza di temperatura rispetto all'esterno. Erano rimaste sedute sul borso del letto in silenzio, mani nelle mani, fino a quando il respiro di Purin non si era fatto più pesante, segno che si fosse addormentata.
Retasu le fece una carezza lieve sul viso con la mano libera, sorridendo dolce.
«Ha una forza incredibile.» sussurrò flebile, alzando lentamente lo sguardo su Ichigo.
La rossa annuì, deglutendo piano.
«Forse certe volte ci dimentichiamo che è ancora così piccola e di quanto abbia già sofferto.»
Si mise in piedi lentamente, sottraendo la propria mano alla presa di Purin giusto per quei secondi necessari a togliersi il cappotto e lasciarlo sulla sedia della scrivania, per poi ritornare sul letto, così da dare il cambio a Retasu.
«Vorrei poter fare di più per lei...» ammise la rossa, quando l'amica la raggiunse di nuovo accanto alla ragazzina.
«Anch'io... ma non potremo mai sopperire alla mancanza della madre, possiamo solo limitarci a starle accanto e farle sentire il nostro affetto...» mormorò Retasu, assicurandosi che Purin fosse ben coperta prima di spegnere la luce dell'abat-jour.




Finito il servizio fotografico, Zakuro recuperò il cellulare per accertarsi che non ci fossero altre novità dal Giappone, pur sapendo che, essendo lì notte inoltrata, fosse poco probabile che le ragazze l'avessero ricontattata.
Ignorò le notifiche dei vari social, ma si soffermò sulla chiamata persa di venti minuti prima di Ryou. Se il ragazzo l'aveva cercata in pieno pomeriggio era successo qualcosa. O, cosa altamente più probabile, aveva parlato con Keiichiro.
Zakuro bloccò nuovamente lo smartphone, decidendo di richiamarlo non appena fosse uscita per strada; recuperò il proprio cappottino e il cappello, indossando poi gli occhiali da sole una volta uscita dall'edificio. Compose il numero di Ryou e attese che la chiamata si inoltrasse per poi mettersi in cammino senza badare alla direzione che prendeva e guardando con scarso interesse le decorazioni natalizie che abbellivano la capitale francese.
«Dammi una buona ragione che spieghi la tua scelta.» esordì il biondo, rispondendo dopo appena due squilli.
«Kei.»
«Sì, mi ha parlato e io ancora non capisco perché, oltre ad averli invitati al Café, voi abbiate anche appoggiato Purin e la sua folle idea.»
«L'intera situazione non mi piace...»
«Pensa a me! Credi che mi piaccia sapere te e le altre con quei tre?» la interruppe lui «È per questo che sto facendo la valigia: tra un paio di ore ho il volo per Tokyo.»
«Calmati.» mormorò lei «Non essere precipitoso.»
«Precipitoso io? Chi è stato ad aver accettato di partire con quelli dopo la proposta di una quindicenne?»
«Retasu ha accettato subito dopo, non potevo lasciare sole lei e Purin e poi...»
«Non credo sarebbe stato troppo difficile per te farle ragionare, sai?»
«Se mi interrompi un'altra volta faccio terminare la conversazione.» lo ammonì lei, fermandosi sul marciapiede in attesa che scattasse il verde al semaforo per i pedoni «C'è qualcosa che non mi torna.» iniziò a spiegare dopo lo sbuffò di lui «Sento che ci nascondono qualcosa. Quando Purin ha fatto riferimento alle nostre voglie è come se si fossero irrigiditi di colpo.»
Ryou si morse la lingua per evitare di commentare, attendendo pazientemente che Zakuro terminasse il discorso.
«Senti, non te lo spiegare bene, ma l'ho sentito a pelle: quei tre sanno più di quanto ci abbiano detto e non credo per niente alla storiella che ci hanno rifilato circa il copiare il codice genetico di alcuni animali, così da ripopolare il loro pianeta. Certo, potrebbe essere vero, ma secondo me c'è dell'altro.»
«Ne hai parlato con le altre?»
«Non ancora, temo che Minto non regga altre preoccupazioni ad una manciata di giorni dal suo debutto come étoile al Palais Garnier. Avevo pensato di parlarne dopo il saggio, prima dell'inizio di questo fantomatico viaggio.»
«Quindi hai deciso in completa autonomia di buttarti in una probabile missione suicida?»
«Ho fiducia nelle mie capacità e nel mio istinto. Tu no?»
«Non mi fido a sapere te e le altre con quelli
«Sono gli altri che dovrebbero preoccuparsi della mia presenza. Ti ricordo di come, a quattordici anni, io sia stata capacissima di rifilare un sinistro a Kisshu. Credo di sapermela cavare da sola.»
Si calò meglio il cappello sulla testa, mentre dall'altra parte del telefono sentiva Ryou ridacchiare piano, ma con una inspiegabile nota di amarezza.
«Ti ricordo che sono anni che non ne hai più bisogno. Hai le ragazze, Kei... e me. Basta pensare di doversela cavare per forza da soli.»
Zakuro arrestò il proprio passo per qualche istante, fermandosi sul marciapiede. "Lo so." pensò "Ma il lupo perde il pelo, ma non il vizio." si ritrovò a constatare. Sapeva che le cose ormai erano cambiate, ma pareva che certe volte lei se ne dimenticasse o che lo facesse di proposito, per ricordare a tutti -forse soprattutto a se stessa- che lei poteva continuare ad essere forte ed indipendente.
«Non te l'avrei tenuto nascosto.» chiarì, chiedendosi se Ryou avesse colto tutte le frasi e i pensieri da lei inespressi. Probabilmente sì, convenne, e non seppe se sentirsene sollevata o spaventata «Te ne avrei parlato non appena ci saremmo visti.»
«In quel caso non avresti dovuto aspettare molto: ti avrei raggiunto a Parigi domani, se i miei piani non fossero stati stravolti.»




Non sapeva dove si trovasse di preciso in quel momento; non che quella informazione avesse una grande importanza, almeno al momento. Dopo aver parlato con Ichigo aveva sentito l'impellente desiderio di ritornare alla base, illudendosi che concentrarsi sulla missione gli avrebbe permesso di togliersi dalla mente i minuti trascorsi con la ragazza. Bisognava ammettere, però, di aver sottovalutato la reazione di Pai che, pur non avendo proferito parola, gli aveva lanciato una breve ma significativa occhiata che aveva indotto Kisshu a mettere quanta più distanza possibile fra loro. Stava tentando di concentrarsi sulla missione, ma lontano dalla base e dai dati raccolti fino a quel momento avrebbe potuto davvero far poco.
Un incresparsi d'aria alla propria sinistra lo mise in un breve stato d'allerta che terminò non appena vide il fratello minore.
«Come mi hai trovato?»
Taruto sorrise tronfio, lieto che il fratello gli avesse posto una simile domanda, e indicò una pianta a poca distanza.
«Cosa sarebbe?» domandò Kisshu, rendendosi conto che, senza la segnalazione del brunetto, non avrebbe mai fatto caso a quelle tondeggianti foglie verdi che, escluso il loro essere perfettamente lucide, risultavano piuttosto banali.
«La mia ultima creazione: è capace di localizzare con precisione chiunque io voglia.» fece il piccoletto orgoglioso «O almeno è quello che sarà in grado di fare quando l'avrò perfezionata: è ancora in fase di sperimentazione. Ho impiegato un'ora abbondante per trovarti.» si ritrovò ad ammettere in un borbottio.
Kisshu osservò per un paio di secondi la pianta finché essa non sparì, risucchiata dal terreno allo schiocco di dita di Taruto.
«È stato Pai a chiederti di venirmi a riprendere?» domandò guardingo il mezzano, mettendosi seduto.
«No. Chiedermelo non sarebbe stato da lui, al massimo me l'avrebbe imposto, ma piuttosto che interpellarmi ti sarebbe venuto a cercare da solo.»
Kisshu si stupì, tutto quell'astio non era da Taruto.
«Per avercela ancora con lui ed usare un simile tono devi tenere tanto a quella scimmietta bionda.» fece con finta nonchalance, conscio di aver toccato il tasto giusto, rimettendosi supino e sghignazzando davanti all'aspettato rossore che colorò le pallide guance del fratello «Negare sarebbe inutile, sappilo.» aggiunse ancora, anticipando ogni possibile replica da parte del minore.
«Pensala come vuoi.» borbottò Taruto, incrociando le braccia al petto decisamente infastidito e alquanto pentito della propria scelta. Aveva deciso in perfetta autonomia di andare a cercare Kisshu, non solo per testare la sua ultima creazione, ma anche per assicurarsi che stesse bene. Non era intelligente come Pai, ma non aveva impiegato tanto a sospettare un possibile collegamento tra la assenza di Ichigo e quella del mezzano, convincendosi di averci visto giusto quando la mancanza di quest'ultimo si era prolungata per le ore seguenti.
«Odio quell'espressione. Su di te come su Pai, quindi non guardarmi in quel modo. Sto bene.» sentenziò deciso Kisshu facendo leva sugli avambracci per poter guardare dritto negli occhi Taruto.
«Non so di cosa tu stia parlando.» ribatté l'altro, ben conscio che il fratello fosse riuscito a seguire il filo dei suoi pensieri.
Kisshu schioccò la lingua, continuando a mantenere la stessa posizione del corpo.
«Avendo appurato come non mi stia struggendo per lei, sei libero di andartene con la coscienza pulita.»
Taruto strinse i pugni conficcando le unghie nei palmi delle mani per reprimere la voglia di colpire il fratello.
«Non ero venuto qui per questo.» replicò, aggiungendo un "non solo, almeno" nella propria mente «Volevo semplicemente stare con te.» ammise a fatica «Ma dato che non sono il benvenuto, me ne vado.» concluse, sparendo l'istante dopo.
Kisshu si ritrovò di nuovo solo.




Quando i raggi di sole iniziarono a ferirle gli occhi, Purin borbottò qualcosa di incomprensibile e si voltò dalla parte opposta dando le spalle alla finestra. Fu con quel movimento che si rese conto di essere sola nel letto. Sbattè più volte le palpebre e si mise a sedere sul materasso, cercando un segno del passaggio di Ichigo e Retasu: che si fosse sognata tutto? Aveva un così disperato bisogno di dimostrazioni fisiche di affetto da essersi immaginata la presenza delle amiche qualche ora prima?
Si alzò fortemente intontita e di malumore, reprimendo con estrema difficoltà la voglia di rinfilarsi nelle coperte e dimenticare tutte le assenze. Non ce la faceva più. Sperò che quell'improvvisa tristezza fosse causa del preciclo - ne aveva parlato una volta con le altre - così da incolpare qualcosa e non pensare di star lentamente cedendo. Valutando l'idea di chiamare la sua famiglia in Cina, optò almeno per l'inizio in un semplice messaggio di buongiorno, sperando in una rapida risposta.
Al terzo brontolio del proprio stomaco si decise a scalciare via le coperte e scendere di sotto per mangiare qualcosa, possibilmente ricco di cioccolato, così da ritrovare le forze per affrontare quel giorno. Percorse il breve tratto che la separava dalla cucina soppesando l'idea di chiedere a Keiichiro di dormire per qualche notte al Café: per lo meno si sarebbe sentita molto più spalleggiata e magari sarebbe riuscita anche a studiare di più. Così presa da quelle elucubrazioni, non fece caso al fracasso proveniente dal piano di sotto, finché, entrando in cucina, non fu accolta da due abbracci simultanei.
Oltre le spalle di Ichigo e Retasu vide la tavola imbadita.
«Buongiorno! La nostra super colazione speciale è pronta!»
Purin sorrise e strinse più forte le sue amiche.



Chiusa nella propria camera, una Ichigo piuttosto incerta fissava il cellulare col dito a mezz'aria. L'orologio da parete segnava quasi le quattro e dieci, avvertendola che, se non si fosse data una mossa, Minto avrebbe iniziato le prove e poi la loro conversazione sarebbe slittata. Ad essere sinceri, se fosse dipeso dal lei, la conversazione sarebbe potuta essere posticipata anche di un paio di mesi, ma sapeva che l'amica non sarebbe stata dello stesso avviso. Prese un profondo respiro e fece per far partire la chiamata, ma proprio quando il suo indice stava per sfiorare il display, quello si spense: aveva fatto passare troppo tempo e il cellulare si era bloccato.
«È un segno. Non devo chiamare.» disse, incrociando le braccia al petto. Del resto lei effettivamente non voleva telefonare Minto per affrontare un discorso che, oltre a metterla a disagio, non sapeva nemmeno come argomentare: Ichigo non sapeva perché si fosse messa a chiacchierare con Kisshu la sera prima -l'aveva fatto e basta- e soprattutto non sapeva perché se ne dovesse parlare. Anzi, ad essere sinceri la infastidiva parecchio dover dare certe spiegazioni -e non solo perché non avrebbe saputo cosa dire- a Minto: le pareva già di sentire la ballerina rimproverarla con il suo tono supponente.
Posò lo smartphone sul comodino, molto propensa a cercare di dimenticare tutto e tutti per un po', ma poi, conscia di non avere più tredici anni e di non potersi nascondere, lo riprese fissando lo schermo nero intensamente.
«Basta. Ora la chiamo.» sentenziò, sbloccandolo e facendo partire la chiamata.
Il primo trillò fece crollare quel minimo di coraggio che era riuscita ad accumulare, così che lei si trovasse a sperare che l'amica non rispondesse. Magari aveva già messo la modalità silenziosa al telefono e non l'avrebbe sentito...
«Buongiorno! Mi stavo giusto chiedendo se mi avresti davvero chiamato.»
Minto aveva risposto, ovviamente.
«È normale che ti avrei chiamato!» si indispettì la rossa, puntando i piedi per terra.
«Voglio crederti, fifona. Anche perché decidere di non farlo non ti avrebbe salvato.» le comunicò.
«Come stai?» chiese la rossa, tentando di far conversazione nella speranza di posticipare domande scomode.
«Bene, grazie. Ora parliamo di te, della tua testolina imprevedibile e di Kisshu.»
Minto era andata dritta al punto, ovviamente, usando un tono di supponenza tale da far levare un lamento indistinto dalle labbra della rossa che prese a torturarsele coi denti, incapace di dire alcunché.
«Sto finendo di fare lo chignon.» disse la corvina dopo un paio di secondi di silenzio assoluto, avvisandola che avevano pochi minuti prima che lei dovesse uscire dal camerino per andare sul palco.
Non udì alcun suono in risposta.
Nel tentativo di rimanere il più calma possibile, la giovane iniziò a canticchiare il motivetto del proprio assolo, sperando che Ichigo ponesse fine a quel suo fastidioso mutismo al più presto.
«Se hai deciso di non parlarmi, possiamo anche porre fine a questo mio monologo.» sbottò acida la ballerina dopo altri secondi, alché Ichigo ponderò di far terminare immediatamente la chiamata per poi scartare subito dopo l'idea: Minto non le avrebbe rivolto la parola per almeno una settimana. Anche se, a dirla tutta, forse sarebbe stato anche un bene, almeno avrebbe potuto posticipare quell'antipatico interrogatorio ad un paio di giorni... così presa da quei pensieri, la rossa quasi si perse il profondo sospiro di Minto che iniziò a parlare addolcendo lievemente il tono di voce: «Ichigo, ascoltami: io non posso obbligarti a parlarmi, ma mi interessa sapere cosa ti succede, soprattutto perché siamo lonta-»
«Credi possa combinare qualcosa?»
«Avrei ragione a crederlo?» ribatté la corvina.
Ichigo riprese col suo mutismo, pur essendo consapevole di star davvero mettendo a dura prova la pazienza di Minto.
«Devo ricordarti che quella che stiamo avendo è una chiamata intercontinentale?»
«Tu sei collegata al wi-fi del teatro e io a quello di casa mia.»
«Non mi pare un motivo abbastanza valido per farmi perdere tempo.» ribatté seccata la ballerina e Ichigo poté giurare che avesse incrociato le braccia indispettita.
«Non sono stata io a pretendere questa chiamata intercontinenale.» volle ricordare la rossa, infastidita.
«Sentimi bene, io voglio solo-»
«-capire quello che mi passa in questa stupida testolina, lo so.» la interruppe seccata «Pretendi di essere chiamata e vuoi da me risposte che non posso dare. Credi che non ne avrei parlato, se sapessi effettivamente cosa dire di quello che provo o che mi passa per la testa?!»
«È proprio questo il punto: tu non sai cosa dire perché agisci senza pensare. Dopo tutto quello che è successo cinque anni fa, non solo fra di voi, tu decidi di chiacchierare con lui tranquillamente nel parco e pensi di non dover dare spiegazioni a nessuno?»
«Sei tu che ti fissi e pen-»
«Perché non ne hai parlato con Masaya?» la interruppe Minto, certa di conoscere già la risposta.
«Come fai a-» Ichigo si morse la lingua e si corresse: «Io ho parlato con lui.»
«Non mentirmi, non ne sei capace.»
La ragazza si passò una mano fra le ciocche rubino, pentendosi ancora una volta di aver ceduto e chiamato l'amica.
«Non ne ho parlato con lui solo perché non c'è niente da dire.» sbottò.
«E ora ti stai alterando perché ho toccato un tasto dolente.» constatò tranquilla Minto «Sii sincera, su.»
«Non so di cosa tu stia parlando.» borbottò Ichigo, «E poi saranno affari miei cosa dico o no al mio fidanzato?!»
«Ovvio, di certo non voglio obbligarti a parlarne con lui. Io miravo a dimostrarti come, decidendo di non parlare con Masaya della tua chiacchierata nel parco con Kisshu, tu abbia dimostrato che ci sia qualcosa sotto: cos'è, ti vergogni ad ammettere che ti abbia fatto un certo effetto?»
«Da quando ti diverti a fare la mia psicologa?»
«Io non mi diverto né a farti da balia, né tantomeno da psicologa, ma essendo tua amica mi sento in dovere di farti notare i tuoi sbagli e le tue contraddizioni.» puntualizzò la corvina.
«Parlarci è stata una mia scelta, non devo renderne conto a nessuno.» si difese la rossa.
«Non puoi passare del tempo da sola con l-»
«Se la loro compagnia ti preoccupa perché hai accettato, persino prima di me, di partire?»
«Non cambiare discorso. Stiamo parlando di te or-»
«Ma ovvio, perché tu dovevi seguire la onee-sama, no?» la interruppe nuovamente Ichigo.
«Non capisco perché tu ora debba metterla in mezzo.» sibilò la corvina, cercando di mantenersi calma.
«Sei tu che la metti sempre in mezzo, pretendendo persino di fare la parte della onee-sama ora con me. Ma sai una cosa? Zakuro non avrebbe preteso una chiamata esigendo delle spiegazioni che non so dare: mi avrebbe dato tempo e p-.»
«Ma ti stai rendendo conto della totale insensatezza del tuo discorso?!»
«E tu ti rendi conto di non reggere il confronto con lei, quando tenti di fare la sua parte?!»
Silenzio assoluto da entrambe la parti per alcuni secondi.
«Devo andare. Ciao.» fece la ballerina freddamente, gelando la rossa ed interrompendo la chiamata.
Ichigo abbandonò la presa sul cellulare, senza curarsi di dove andasse a finire, per poi lasciarsi cadere sul letto e prendersi il volto fra le mani. Non si era mai sentita tanto meschina in vita sua: era come se avesse appena pugnalato la sua migliore amica.



Minto sostituì le ultime frasi di Ichigo con le parole in francese che seguirono al lieve bussare alla sua porta. Ponderò per un brevissimo istante l'idea di fingere di non essere in camerino, per poi rendersi immediatamente conto della sciocchezza di quella idea. Aprì la porta con uno scatto un po' violento per i propri standard, trovandosi dinanzi a due occhi scuri che la scrutavano con una leggera apprensione.
La ballerina salutò Laurent, il suo compagno nel pas de deux, sperando che il proprio stato d'animo non fosse così evidente mentre tornava davanti allo specchio per controllare le proprie condizioni. Il ragazzo schiuse le labbra come a voler dire qualcosa, ma poi parve ripensarci e decidere di ripiegare su altro, porgendo alla morettina qualcosa che era sicuro le avrebbe fatto piacere. Minto allungò il braccio verso di lui per prendere la coroncina di fiori dalle mani del giovane e sorrise mormorando un lieve merci, ricordando a se stessa dov'era e cosa sarebbe accaduto di lì a pochi giorni. Non c'era tempo per altro: alieni, viaggi, parole... tutto sparì dalla propria mente mentre assicurava con delle forcine la coroncina di fiori fra i capelli e seguiva Laurent sul palco.







Ehi ♥
Spero vi ricordiate ancora di questa fanfic... ^^"
Non aggiorno da secoli, lo so, ma il suddetto capitolo è stato abbandonato completamente nel mio anno di silenzio sul fandom, dopo averne abbozzato solo il primo paragrafo. Non riuscivo a scrivere, i personaggi non mi dicevano niente e io non riuscivo ad andare avanti. A novembre la svolta: ritorna l'ispirazione e io inizio a scrivere, ma con i miei tempi (vale a dire che sono riuscita a completarlo ed ottenere un risultato soddisfacente solo dopo l'Epifania). Perché pubblico venti giorni dopo? Perché negli ultimi tempi le ore di non-studio sono state assorbite (e lo sono ancora, forse in quantità leggermente minore) da Meteor Garden. Ringraziate dunque la febbre che mi ha colto ieri: non riuscendo a ripetere mi sono finalmente messa a rileggere tutto il capitolo, correggere alcuni passaggi e pubblicare.
Metto fine a questo mio monologo anticipandovi una novità: la long non si chiamerà più Around the World, bensì Um (die) Welt. Tecnicamente le due espressioni vogliono dire la stessa identica cosa ma, attenzione!, con la seconda abbiamo una sfumatura in più: Umwelt significa anche ambiente. Mi viene da ridere nel pensare di non aver realizzato prima che utilizzando il tedesco avrei racchiuso meglio i temi principali della long, ma meglio tardi che mai.
Mi auguro davvero che il capitolo vi sia piaciuto ♥
Spero di farmi sentire presto!
Marty

Ps: il titolo del capitolo è in tedesco, letteralmente significa "mancanza di comprensione".
  
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