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Autore: Alexa_02    26/01/2019    1 recensioni
Calliope Thompson e Thomas Clark non potrebbero essere più diversi. Lei una cheerleader popolare e invidiata. Lui un nerd invisibile ed emarginato. Le loro vite si sfiorano costantemente, senza mai scontrarsi.
Callie ha tutto quello che chiunque potrebbe mai desiderare. La sua vita risplende come un diamante puro e perfetto. Tutti i ragazzi la vorrebbero e tutte le ragazze vorrebbero essere lei.
La verità, però, è che Callie nasconde sotto il tappeto così tanta polvere, che farebbe cambiare idea a tutti quanti. Il suo diamante perfetto potrebbe essere in realtà uno zircone di poco valore, che viene lucidato solo quando deve essere osservato.
Dall'altro lato dell'emisfero sociale, Tom conduce una vita nell'ombra con i suoi amici e vive in previsione del diploma. Il suo obbiettivo è resistere fino al college e allontanarsi dal liceo il più possibile.
Per puro caso i loro mondi entrano in collisione creando scompiglio, rivoluzioni e mostrandogli che alla fine non sono poi così diversi.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Chapter 2

 

Tom
 

 

«Non è assolutamente corretto!» brontola il mio migliore amico, Jeremy, facendo ondeggiare il controller «Non potevi usare l'onda sonica!».
Mi allungo stiracchiando le gambe. Stare seduto così a lungo sul pouf floscio mi fa intorpidire tutto il corpo. «Impara a perdere, Jem» ribatto cercando di nascondere la felicità «Sei stato battuto da un avversario superiore a te, incassa il colpo e vai avanti». La verità è che non potevo usare l'onda sonica, lo avevamo stabilito quando lui usava il mio personaggio, ma ero stufo di vederlo vincere sempre. Ora però mi sento un po' in colpa, soprattutto se la sua facciona da cucciolo non la smette di contorcesi. Le nuove lenti degli occhiali gli fanno sembrare gli occhi azzurri due pozze enormi e umide.
Infila la mano in tasca e fruga alla ricerca dell'inalatore. Lo avvicina alla bocca e inspira con forza il farmaco. «Avevamo deciso che quella mossa era bandita. Non hai vinto, hai barato».
Alzo le spalle con aria innocente «È partita da sola, non so come sei successo» ribatto alzandomi in piedi. Non lo guardo in faccia, non so mentire.
Jeremy si alza malamente facendo scricchiolare il parquet della taverna. «Yaz!» piagnucola «Diglielo che non vale».
La nostra amica Yazmin chiude il libro con uno scatto e lo sbatte sul tavolo. «Ay, Dios mio». Si passa le dita tra i capelli corvini. «Non provate a tirarmi in mezzo a questa discussione ridicola» alza l'indice in segno di avvertimento «Sono qui solo perché la mamma di Tom fa la migliore torta di mele dello stato, solo per questo» riapre il libro e smette di guardarci con aria truce «Lasciatemi fuori dai vostri battibecchi da nerd».
La verità che Yaz non dice è che ci adora ed è qui perché siamo gli unici amici che ha. Lo stesso vale per me e Jeremy, sia chiaro. Siamo un trio sgangherato ma che in qualche modo funziona benissimo. Jeremy ed io ci siamo conosciuti al club di matematica, era l'unico che seguisse il mio passo e in effetti è l'unico membro che sia rimasto. Dopo che abbiamo ricevuto l'etichetta di sfigati a vita al primo anno di liceo, la gente preferisce girarci lontano. L'unica che si sia mai avvicinata è stata Yazmin e non l'abbiamo più lasciata andare via. Dopo che ha preso a pugni Paul Jackson che tentava di smutandare Jeremy, l'abbiamo nominata mamma del gruppo e lei lo adora, anche se non sembrerebbe. È stata una vittoria reciproca. Lei si porta dietro un'etichetta anche peggiore delle nostre e le ragazze sono molto più cattive, soprattutto le cheerleader.
«Dai» mugugna Jem tirandole la manica a fiori «Digli che ha sbagliato e sgridalo».
Lei sbuffa con forza «Questo ruolo da madre che mi date mi da i brividi, sul serio» allontana la mano di Jem con uno schiaffetto «Dite che è un pareggio e smettetela di interrompermi».
Jem scuote la testa «Ma avevamo detto che l'onda son...». Il telefono squilla interrompendo la sua protesta. Lo guarda corrucciato e alza le spalle «Mia madre è qui, ci vediamo lunedì a scuola». Mi da il pugno, saluta Yaz con la mano e corre al piano di sopra.
Mi lascio cadere sul divano e afferro la ciotola di patatine. Manca un solo giorno all'inizio dell'anno scolastico e io non me ne rendo ancora conto. Altri nove mesi rinchiuso in quella prigione ad aspettare trepidante di poter lasciare questo angolo dimenticato dai Dio e poter volare fino al college. L'estate è passata in un soffio, tra il campo estivo e le serate con gli amici non mi sono nemmeno reso conto che è già finita.
Yaz chiude il libro, si alza facendo stridere la sedia e si butta sull'altro lato del divano. Mi da un colpetto con il piede «A cosa pensi, Tommy?».
Solo lei e i miei genitori mi chiamo così. Ci conosciamo da quando abbiamo cinque anni, lei era la bambina ispanica e rumorosa che alle elementari non aveva amici e che io trovavo così stravagante. Siamo stati amici per molto, finché non ci siamo allontanati irrimediabilmente. Solo al secondo anno di liceo mi sono reso conto che la hippie che tutti ignoravano era la mia amica perduta.
«Lunedì ricomincia la Tortura» rispondo ridandole il colpetto.
Stringe il codino alla fine della treccia. «Farete come lo scorso anno: invisibili sotto il radar».
«Non credo che tu ne sia capace» commento. Yazmin è quel tipo di ragazza che noti in mezzo alla folla perché stona con il resto del mondo. Le altre ragazze collezionano trucchi e vanno alle feste, Yaz protesta davanti alle ditte che sfruttano i lavoratori e colleziona multe.
Giocherella con la cintura che gli stringe i jeans a zampa di elefante. «Infatti ho detto farete. Dovresti ascoltare di più, Tommy».
Sgranocchio una patatina alla paprica. «Tu cosa farai?».
Alza le spalle e salta in piedi. «Probabilmente andrò contro corrente e cercherò di indispettire più cheerleader che posso». Da un'occhiata all'orologio e afferra lo zaino. «Devo andare. Mamma sta per cominciare il turno, mi tocca badare ai marmocchi».
Annuisco. «Mi dispiace che tu debba passare sempre il sabato sera con noi sfigati».
Ridacchia e si china per spettinarmi i capelli. «Non credere a tutto quello che dico, mi piace stare con mis tontos».

 

 

 

La sveglia a forma di Dart Fener ulula contro le pareti della mia camera, avvertendomi che sono le sette e che devo assolutamente alzarmi. Se non la avessi pagata uno sproposito, probabilmente a quest'ora sarebbe in pezzi sul pavimento. Infilo la testa sotto il piumone con il sistema solare e chiudo gli occhi. Non riesco a capire perché la domenica scorra così rapidamente ogni cavolo di weekend.

La porta cigola aprendosi e qualcuno mi atterra con un salto sullo stomaco. «Tommy! Tommy!» strilla Lenny, il mio fratellino. «È ora della colazione! Alzati!».

La mia risposta è un mugugno indistinto.
Lenny tira il copriletto. «Mami, Tommy non vuole alzarsi!».
La voce della mamma scivola nella stanza. «Avanti, tesoro, è il primo giorno. Rischi di fare tardi». Non è una scusa decente per alzarsi. «Ti ho fatto i waffles ai mirtilli» aggiunge sbatacchiando una padella. Questo sì che è un buon motivo. Salto fuori dal copriletto e afferro il mio fratellino per i fianchi. Si contorce dalle risate nel suo pigiamino con i canguri mentre gli solletico i fianchi. «Andiamo, marmocchio».
Lui ridacchia quando lo lascio e salta giù dal letto, diretto alla cucina.

 

 

Yazmin colpisce con forza il clacson e il rimbombo fa tremare i sedili strappati. La sua auto, Frida, è una trappola mortale con le ruote. Ha almeno trent'anni, è color verde pisello e non avendo nessun segno identificativo, non ho la più pallida idea di che marca sia. Era di suo nonno, poi di suo padre ed ora è sua. Ho paura a chiedere se qualcuno l'ha avuta prima di loro. È da quando ha preso la patente che ci scarrozza ovunque e di questo non smetterò mai di ringraziarla, però continua a farmi paura.
Sporge la testa dal finestrino aperto e urla. «Jeremy! Muovi il culo!». La calma e la finezza non sono due delle sue qualità.
«Yaz!» la richiamo «La madre di Jem non lo farà più uscire con noi se ti comporti come una pazza ogni volta che lo passi a prendere».
Mi afferra la punta del naso con le dita. «Non mi interessa un fico secco, non ho intenzione di fare tardi per colpa sua». Inclina la testa e gli orecchini di plastica blu mi accecano riflettendo il sole. «Oppure preferite prendere l'autobus?».
No. Mai più. Le sorrido nervoso. «Urla quanto vuoi».
Mi lascia andare «Bravo ragazzo».
Prima che possa sbraitare di nuovo, Jeremy spalanca la portiera del passeggero e salta su Frida. «Buondì, amici».
Yazmin si gira verso di lui con impeto e infilza le unghie nel mio sedile, ad un centimetro dalla mia faccia. «Buongiorno un cavolo» brontola «Perchè ci hai messo così tanto? Il mio fratellino di cinque anni si prepara più in fretta di te». Si blocca, annusa l'aria e arriccia il naso. «Cos'è questo odore?».
Jem arrossisce «La mia nuova colonia. Mamma me l'ha regalata per il primo giorno di scuola».
Yazmin stringe i denti soffocando la rabbia e la voglia di dirgli che questa puzza di garofani misti a salvia fa venire il vomito, ma da brava amica si rigira verso il volante e sussurra «Buona».
Jem fruga nello zaino. «Mi ha anche regalato questo porta-pranzo di Halo! Figo, vero?»
Spalanco gli occhi. «Stupendo! Fammelo vedere».
Yaz accende il motore e ingrana la marcia. «Ay, dios mio» accelera lungo la via facendo cigolare la carrozzeria. «Sàlvame».


«I sedili di Frida odorano di cimitero misto a vecchia signora» brontola Yaz davanti al mio armadietto mentre Jem è in bagno «Ci vorrà un esorcismo per togliere la puzza».
Prendo il libro di filosofia e quello di . «Non è così male» mento. Yaz mi da un pizzicotto sul braccio. «Ahi! Perché?».
«Ne abbiamo parlato un sacco di volte, basta bugie per piacere alla gente. Sii te stesso, Tommy» mi infervora.
«Non stavo mentendo...». Mi pizzica di nuovo. «Ahi!».
«Quando dici una balla guardi per terra e diventi rosso sul collo» indica le macchie rosse «Continuerò finché non sarai sincero».
Mi massaggio il braccio e chiudo l'armadietto. «Va bene, non mi piace. Odora come zia Beth».
Yazmin arriccia il naso. «Devi dirgli qualcosa».
Scuoto la testa con entusiasmo. «Io? Perché? No! Non gli dirò un bel nulla, sai che quando si parla di sua madre è meglio non fare commenti». Le punto il dito contro. «Diglielo tu, sei così fissata con la sincerità».
Giocherella con il medaglione «Io sono anche troppo sincera con voi, non c'è bisogno che lo faccia piangere di nuovo». Già, non vorrei assistere alla scena di nuovo. Jem esce dal bagno a passo svelto e con la testa bassa. Corre nella nostra direzione e si nasconde alle nostre spalle. Dietro di lui escono Paul Jackson e Nicholas Ward, alias Stronzo e Più Stronzo.
Ridono e si danno il cinque come dei cavernicoli che hanno appena abbattuto un mammut, peccato che quel mammut sia Jem. «Cosa ti hanno fatto?» domanda Yaz con rabbia.
Jeremy scuote la cofana biondo scuro. «Nulla, mi hanno solo intimidito» sospira «Come sempre».
«Cabrones» si arruffa Yaz «Qualcuno dovrebbe proprio...».
Non sento cosa dovrebbe fare qualcuno perché il mio cervello si ingrippa. La donna della mia vita risplende in mezzo al corridoio. È una stella in un mare di buio e monotonia. È l'unica al mondo che sotto le luci al neon sembra ancora più stupenda. In un'altra vita scommetto che è stata una divinità di qualche popolo o religione.

«Oh, ti prego! Stai sbavando come un Cocker Spaniel per Calliope Thompson» Yazmin mi da una gomitata. «Non puoi morire per la regina delle streghe».
«CJ non è cattiva» ribatto.
Lei sbuffa dal naso. «Smettila di chiamarla così, ha smesso di essere la nostra amica CJ quando si è resa conto che Callie la super-cheerleader era più popolare» indica le amiche di CJ «Lei è anche peggio di loro, da gli ordini e non muove un muscolo davanti alle cattiverie. Lei è la Burattinaia».
Non è assolutamente vero. Lei è una persona meravigliosa, io lo so. Quando nessun altro guarda, io la vedo, CJ è nascosta dietro l'armatura. «E poi» continua Yaz infilando il dito nella piaga «Ha un gusto orrendo in fatto di uomini». Nicholas le afferra il sedere fasciato dai jeans e la bacia come se fossero soli nel corridoio. Distolgo lo sguardo perché fa male e perché se no rischio di vomitare sul linoleum. In questo caso la penso come Yaz, la tratta come un oggetto e senza rispetto. Le servirebbe qualcuno migliore. Vorrei offrirmi volontario ma purtroppo non sa nemmeno che esisto.
Lei e il suo gruppo ci sorpassano come dei divi del cinema e tutto il resto della scuola resta a fissarli. C'è chi li invidia e vorrebbe essere come loro e c'è chi, come Yazmin, li disprezza fino al midollo.
«È dalla quarta elementare che sei fissato con quella ragazza» mormora Yaz con pietà «E lei non ti ha mai filato nemmeno quando eravamo ancora amici» mi schiocca le dita davanti alla faccia «Fattene una ragione».
So che quello che dice è tutto vero ma questo non significa che non faccia male. «Sai, Yazmin, dovresti proprio lavorare sul tuo problema di sincerità». Sbatto l'anta dell'armadietto e mi allontano lungo il corridoio.

 

Adoro la scuola.

No, aspetta, riformuliamo.
Adoro seguire le lezione e imparare cose che non so. Mi piace fare i test e valutare se ho capito quello che ho appreso. Nerd? Probabilmente sì, ma ne sono molto fiero.
La parte della scuola che non sopporto sono gli altri studenti e i momenti in cui non sei davanti ad una lavagna ad assimilare. Odio soprattutto i cretini che mi sfottono perché mi piace essere informato e diligente. Ogni volta che provano ad infastidirmi, abbasso la testa e vado nella direzione opposta. È la tecnica che chiamo Navigare Lontano dal Radar. Grazie a questo metodo non sono mai finito nei guai con le autorità scolastiche. Mai una volta. Per questo mentre percorro il corridoio diretto all'ufficio del preside mi tremano da morire le ginocchia. Sentirsi chiamare per nome e cognome dall'assistente davanti a tutta la classe è stato peggio di doversi lavare i denti con i chiodi. Ho sentito le risatine e i commenti e sarei voluto sprofondare.
Apro la porta della segreteria con la mano che trema. Ronda, l'assistente della preside King, mi fa un sorrisone facendo segno di avvicinarmi.
«Cosa posso fare per te, pasticcino?» tuba mettendosi sul naso gli occhiali porpora.
«La preside mi ha fatto chiamare» borbotto «Sono Thomas Clark».
Ronda annuisce facendo ondeggiare la torre di capelli laccati. «Sì, tesoro, ti sta aspettando» mi indica la porta «Entra».
Mi accosto alla porta con le gambe molli e busso sul legno. La preside mi ordina di entrare e così faccio. L'ufficio della signora King sembra uscito da una rivista di giardinaggio. Ci sono piante, fiori e cactus su ogni superficie libera. La scrivania scura è carica di fogli, penne colorate e bandierine della scuola di diversi colori. Le pareti candide sono cariche di targhe, riconoscimenti e foto di lei con personaggi pubblici di rilievo.
«Thomas» sorride «Siediti». Mi accomodo su una delle due poltrone di pelle posizionate davanti a lei. I suoi grandi occhi castani mi seguono mentre eseguo gli ordini.
«Posso sapere perché sono qui?» domando cauto.
Raccoglie una ciocca di capelli color carota e la posiziona dietro l'orecchio. «Ancora un secondo, stiamo aspettando un'altra persona».
«Chi?».
Come se l'avesse evocata, la donna della mia vita fa il suo ingresso nella stanza. Calliope Josephine Thompson è a meno di un metro da me. Non le sono mai stato così vicino, seguiamo dei corsi insieme, ma io sono sempre in prima fila e lei è sempre in fondo. Da vicino è anche più bella.
«Preside King» trilla sorridente «A cosa devo l'onore?».
La preside non ricambia il sorriso e nemmeno l'entusiasmo. «Si sieda, signorina Thompson».
Lei sospira molto silenziosamente e fa come le ha chiesto. Mi passa accanto avvolgendomi con il suo profumo dolce e si siede con grazia sulla poltrona. Se la preside non fosse qui sarebbe uno dei miei sogni che si avvera.
«Vi ho fatti chiamare per una buona ragione» la preside stringe le mani sul tavolo «Lei signorina Thompson è la capitana delle cheerleader da ormai tre anni di fila». Mi punta lo sguardo contro. «E tu, Thomas, sei il presidente del club di matematica da più o meno lo stesso tempo».
Come se si fosse accorta di me solo in quel momento, CJ si gira verso a guardarmi e il mondo congela. I capelli biondi le circondano il viso come una cornice e i suoi meravigliosi occhi verdi mi osservano curiosi e sorpresi. Sotto lo zigomo sinistro ha un segno violaceo, ha cercato di coprirlo con il fondotinta, ma da così vicino si vede abbastanza bene. Sembra che abbia preso un colpo in faccia, oppure un pugno. L'idea che qualcuno possa colpirla mi fa ribollire il sangue.
«Come sapete, ci sono stati tagliati i fondi destinati alle attività extracurricolari e così facendo mi hanno posto davanti ad una scelta molto ardua» ci guarda affranta «Abbiamo rivalutato il baget, fatto numerosi tagli e i soldi per le attività riescono a coprire decentemente e ugualmente tutte le attività tranne due». Sono così distratto dalla bellezza di CJ che non mi rendo nemmeno conto di quello che sta dicendo la preside. «Ho dovuto scegliere un'attività sportiva e una non sportiva da tagliare» fa un sospiro «Il club di matematica e le cheerleader smetteranno di esistere prima della fine del trimestre».
Ho la bocca secca e la mascella che sbatte a terra. Cosa?
«Come, prego?» squittisce CJ. «Vuole cancellare le cheerleader? Ma su quale pianeta?».
La preside stringe i denti. «É stata una scelta ardua ma necessaria».
«Scusi, perché proprio le mie cheerleader?» ribatte rabbiosa. Io sono completamente invisibile.
«I vostri due club sono gli unici che non raggiungono il numero di membri minimo e che non vincono gare interscolastiche da anni» spiega.

Sì, questo è vero ma non mi sembra una buona scusa.
«Non è vero!» strepita CJ «Nella mia squadra ci sono venti ragazze che si esibiscono e dieci riserve».
La King si sporge in avanti per guardarla male «Ne sono consapevole, ma è dal 2012 che non vincete nemmeno nella categoria Junior» alza un dito in aria «Le ricordo che ogni vittoria aumenta il baget che viene fornito alla squadra e voi spendete ma non vi classificate nemmeno in terza posizione».
CJ stringe i pugni e si irrigidisce «Se non lo avesse notato è uno sport molto difficile, non credo che lei ne sarebbe capace».
La preside si indurisce come una pietra e gli occhi castani di solito molto gentili, sono neri come la pece. Intervengo prima che la incenerisca. «Non c'è nulla che possiamo fare? Ci teniamo molto ai nostri club».
«Mi dispiace, ma no».
«Sono sicura che mio padre, il sindaco Thompson, non ne sarà affatto felice» ribatte CJ sprezzante. Mi è sempre sembrata sicura, padrona della situazioni invece ora sembra una bimba persa al buio che spara frecciatine.
La preside inarca un sopracciglio e la guarda dall'alto al basso. «So chi è suo padre, signorina Thompson, non c'è bisogno che mi sventoli in faccia il suo cognome altisonante». CJ arrossisce a disagio. «Sono molto dispiaciuta ma ho degli ordini che arrivano da più in alto».
Entro nel suo campo visivo, coprendo CJ. La preside deve fare parte della metà della gente che la disprezza «La prego, non c'è una soluzione? Una scappatoia che ci salvi? Sarebbe davvero grandioso» sorrido e cerco di essere il più seducente possibile.
La King si addolcisce e sospira. «Il consiglio scolastico si riunisce di nuovo tra tre mesi, se entro quel periodo avrete sistemato le vostre situazioni vedrò di salvare i vostri club. Però fino a quel giorno non avrete fondi scolastici, spazi riservati e non potrete praticare il club durante l'orario scolastico» si aggiusta la giacca «Potrete partecipare alle gare scolastiche ma senza l'aiuto della scuola».
CJ sbuffa sonoramente ma annuisce. «Va bene».
«Ottimo» agita le mani «Tornate alle vostre lezioni».
Usciamo dal suo ufficio e dalla segreteria. Nel corridoio CJ digita con violenza sul telefono e sbatacchia i tacchi degli stivali sul pavimento.
«Stai bene?» domando.
Si gira di scatto e frusta l'aria con i capelli dorati. «Come potrei stare bene?! Quella fascista ha appena chiuso una delle ragioni per cui vengo a scuola di buonumore, quindi no! Non sto bene».
È una regina del melodramma e la cosa mi piace. «Questo lo avevo intuito» ribatto con più calma «Parlavo del livido sul viso».
Si gira nascondendo lo zigomo sotto i capelli. «Ho sbattuto contro la porta del bagno».
Non le ho chiesto una spiegazione, ma lei è comunque sulla difensiva. Sembra terribilmente a disagio e non più arrabbiata. La scusa della porta mi rende ancora più sospettoso. «Non hai risposto alla mia domanda».
Mi guarda diritto negli occhi facendomi sentire accaldato. «Scusa, di solito chiedono cos'è successo, non come sto». Sorride debolmente. «Sto bene».
So che è una bugia, ma fingo di non rendermene conto. «Hai un piano per sistemare questa storia del club?».
Lei inclina la testa e sorride in modo strano. È l'espressione che usa quando fa la stronza con la gente. È la faccia dell'armatura che indossa sempre. «Sono una Thompson, posso sistemare questa sciocchezza in due secondi». Pronuncia il suo cognome quasi con disprezzo. «E tu...mmmh?».
«Tom». Fingo di non essere offeso.
Si indica. «Callie».
«Sì, so chi sei, CJ» ribatto senza pensare.
Sbatte le palpebre velocemente e mi guarda sorpresa «Come mi hai chiamata?».
«Nulla» borbotto sistemando lo zaino sulla spalla «Devo andare a lezione, ciao».
Scappo via.

Veloce.

Di nuovo lontano dal radar.

   
 
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