Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug
Segui la storia  |       
Autore: Florence    26/01/2019    2 recensioni
Scoprirsi, perdersi e ritrovarsi oltre il tempo, oltre il dolore, oltre una lontananza che strappa l'anima.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 35 - Feste, contrattempi e preparativi

Era ormai giunto quasi Natale: presi dal tumulto di eventi, piccoli malanni di stagione, cambiamenti dell’ultimo momento di set fotografici e date degli esami, ripensamenti della futura sposa su alcuni importantissimi dettagli della location che avevano scelto e del futuro sposo sul fatto di stare cacciandosi in una unione alle volte un po’ oppressiva, Marinette e Adrien non avevano potuto neanche pensare di addobbare la casa per le feste o di acquistare i regali di Natale, almeno quelli che già non erano stati recapitati da Amazon.

A suo padre Marinette aveva ordinato un set particolare di stampi in silicone per realizzare una serie di nuove torte moderne, che spesso Tom trascurava, a favore di macarons o prodotti più tradizionali; a Sun era stato comprato tutto quello che la gerla di Babbo Natale avrebbe potuto contenere, più un altro metro cubo di giocattoli. Adrien aveva dovuto nascondere alcuni oggetti nel bagagliaio della sua auto e trasferirli nel garage a casa di suo padre, perché nell’appartamento di Marinette sarebbero stati presto scoperti dal bambino, alla prima visita.

Per Nathalie avevano entrambi voluto riflettere a lungo su cosa fosse più adatto: in primis Adrien aveva pensato ad una penna stilografica, ma Marinette lo aveva fatto ragionare che una penna avrebbe potuto essere un regalo significativo solo se capace di veicolare un sentimento che il ricevente potesse trascrivere su carta, altrimenti sarebbe stato un semplice oggetto, per lo più inutile, visto che ormai quasi più nessuno scriveva ancora sui fogli. La controproposta di Marinette era stata un casco da moto particolare, visto che Adrien le aveva raccontato della passione della donna per le due ruote, ma entrambi avevano riflettuto sul fatto che “la maternità” di Nathalie la avrebbe tenuta lontano dalle piste per molto tempo e forse non sarebbe stato neanche quello un regalo adatto. Un quadro, una spilla, una collana, una sciarpa, degli sci, un piccolo elettrodomestico, libri: le avevano pensate di tutte e non avevano trovato alcuna idea veramente valida che li soddisfacesse entrambi, finché un giorno, quando stavano giocando con Sun, il bambino non aveva osservato che “la sua mamma Nati” adorava i gatti, ma che non ne aveva mai potuti tenere con sé, perché aveva sempre fatto un lavoro complicato. Avrebbe potuto essere un azzardo, decisamente, ma Adrien si era preso la responsabilità di regalare a Nathalie un gattino… e chi meglio di lui avrebbe potuto farlo! Il gattino era rimasto a casa di Marinette per qualche giorno, giusto il tempo di affezionarsi a lui, prima di essere chiuso in una scatola di cartone con dei croccantini e carta con cui giocare, in attesa di essere consegnato alla sua padrona ufficiale.

Alla sua mamma, Marinette aveva deciso che avrebbe scelto personalmente un nuovo maglione caldo e morbido, non appena avesse avuto il tempo di andare a cercarlo. Ad Alya e Nino avrebbero regalato qualcosa per la casa, perché ok erano i loro più cari amici e meritavano il meglio, ma il meglio lo stavano già vivendo e quindi perché non regalare loro uno splendido set di tazze da tè, o una stravagante raclettiera o, perché no, un decanter pomposo che avrebbero odiato per il resto dei loro giorni? Alla fine avevano optato per un molto più banale, ma utile, set di barattoli in vetro e acciaio e in ognuno di essi avevano inserito un pensiero più piccolo: un ciondolo in filigrana, un portachiavi, un olio per massaggi (prima o poi lo avrebbero usato…), due paia di guanti colorati.

Gabriel era stato un problema. Adrien si era riservato di scegliere in solitaria un regalo adatto a suo padre, Marinette invece si era a lungo chiesta se fosse stato il caso di fare anche lei un pensiero all’uomo.

A Fu non avevano pensato, ma avevano ricevuto uno strano invito portato loro dai kwami, che informava di un incontro tra supereroi più o meno “coatto”. Avrebbero dovuto presentarsi trasformati, tutti, in un luogo da definire. Sarebbe stata la prima volta che “i cattivi” Papillon e Le Plume Bleu avrebbero incontrato ufficialmente Ladybug e gli altri due nuovi eroi. “Forse vuole fare qualcosa tipo Justice League”, aveva avanzato Adrien, “oppure come gli Avengers”, aveva continuato, mentre guardavano la tv sul divano, una sera tranquilla a casa loro. Marinette aveva sperato che fosse proprio così e che non ci fossero strane sorprese all’orizzonte con ritorni di nemici pericolosi e temibili. Ok essere Ladybug, ok difendere Parigi, ok sacrificare parte della sua vita per un bene superiore, ma voleva anche vivere tranquilla e in pace nel nuovo contesto che aveva appena iniziato ad assaporare.

L’incontro con Fu sarebbe stato il venti dicembre, solo cinque giorni in più e sarebbe stato Natale. I genitori di Marinette e Gabriel avevano avuto la puntualità di invitare i ragazzi a casa loro, contemporaneamente, per festeggiare il Natale e questo aveva creato non poco scompiglio nella coppia. Se anche avessero provato a convincere lo stilista ad anticipare alla Vigilia, Gabriel, Nathalie e Sun sarebbero rimasti da soli per il pranzo di Natale. “Facciamoli venire tutti qua”, aveva proposto Marinette e si era molto meravigliata di ricevere senza alcuna attesa due adesioni al suo invito. Sarebbero stati a pranzo a casa sua ben in sette persone, avrebbero dovuto spostare il divano e allungare il tavolo del salotto, ma ce l’avrebbero fatta.

Erano stati giorni molto, molto faticosi, e poi altri ancora spesi a preparare, agghindare, abbellire, comprare, spendere, fare indigestione di luci, suoni, colori, cibo, volti, sguardi, saluti, regali, convenevoli.

Marinette e Adrien avrebbero voluto solo la loro pace, solo loro due, nel loro nido d’amore, nel loro silenzio. Avevano parlato a lungo, di tante cose, si erano sfogati, compresi, analizzati e perdonati. Si erano appoggiati l’uno con l’altra e avevano compreso che erano entrambi faro, mare e roccia. Erano ormai diventati una coppia immarcescibile, ed era avvenuto in pochi giorni, tutto con la stessa naturalezza che se fosse avvenuto in sei anni di più. Avevano vinto il tempo, il gap che li aveva tenuti distanti, avevano appianato ogni divario. Si conoscevano, si ammiravano, avevano saputo andare oltre le colpe reciproche e senza troppe storie si erano perdonati e compresi. Ogni tanto uno dei due rammentava un dettaglio del suo passato, qualcosa che avrebbe dovuto conoscere anche l’altro e glielo confessava. La prima sbandata di Adrien per la figlia di un diplomatico tedesco, a Tokyo, un litigio particolarmente frustrante con Nathaniel, un combattimento con ragazzi sbandati tra i vicoli di Parigi, una corsa in solitaria, sulla moto, nel nulla delle campagne cinesi. Marinette e Adrien riuscivano sempre a comprendersi, perdonarsi, supportarsi, senza mai andare oltre un broncio o una presa in giro.

Il loro primo litigio vero era stato a riguardo della scelta del menù di Natale: pesce per Adrien, carne per Marinette. “Non mi piace il pesce, non lo cucinerò!”, aveva obiettato lei; “Il pesce è adatto al natale, a tutti piace il pesce!”, “Il pesce è da snob, a me non piace il pesce, se vuoi il pesce, vai al ristorante con la tua famiglia e io vado dai miei! Buon Natale.”

E poi si erano baciati, avevano sorriso, si erano dati di stupidi, avevano deciso di non fare né carne né pesce e si erano amati, rotolandosi sul tappeto in salotto, sul divano, mentre la cena allegramente bruciava, dimenticata nel forno in cucina.

Carne o pesce, che importava? Avrebbero mangiato vegetariano e tanti saluti.

Ma giunti in cima all’Arc du Triomphe, in una notte piovosa e gelida, trasformati in Ladybug e Chat Noir e acquattati nell’ombra per non farsi notare dai pochi pedoni in giro a quell’ora, avrebbero accettato senza dubbio sia carne che pesce, che entrambi cotti insieme nella creme brulee, pur di essere lasciati tornare al calduccio nella loro casa. Erano stati raggiunti da Carapace e Rena Rouge, che aveva anch’essa imprecato per la scomodità del luogo, viste le sue condizioni e per il freddo. Papillon era apparso in un turbine di farfalle bianche, e stretta a lui c’era Le Plume Bleu, che si era staccata come una sciatrice giunta al culmine dell’impianto di risalita sulla neve, ed era rabbrividita. Era stata una sensazione strana: loro due erano stati i loro nemici, sebbene non si fossero mai mostrati a Ladybug. Per Rena Rouge e Carapace, invece, erano stati solo il fantasma di qualcosa di grande e cattivo da temere, che solo una volta la Volpe di Parigi aveva direttamente affrontato.

“Abbiamo lasciato Sun con la baby sitter che stava piangendo come un salice tagliato, si può sapere dov’è il nostro caro Maestro Fu?”, aveva domandato un incredibilmente loquace Papillon, creando involontariamente una manciata di farfalle al solo tocco stizzito del bastone sul freddo marmo viscido e consunto dallo smog.

“Sono qua”, aveva risposto la voce del vecchio, provenendo dall’alto. Poi, con un balzo, era apparsa ai sei una strana piccola figura travestita da Babbo Natale. “Pollen, fine trasformazione”, aveva detto e in sol attimo, al posto di qualcosa si simile a “SuperBombo”, era apparso un Babbo Natale in camicia hawaiana. “Brr… che freddo!”, aveva esclamato il vecchietto, e subito era stato subissato da calorosi improperi per la pessima scelta del luogo di quel ritrovo. Ma Fu, aiutato dalla piccola kwami gialla, aveva presto rallegrato gli animi di ognuno di loro, consegnando personalmente un piccolo dono. Era un libricino per ciascuno, rilegato a mano, in cui erano riportate tutte le formule magiche e le più importanti nozioni su ciascun Miraculous: “Il mio tempo non sarà infinito e, nonostante qualche screzio, voi sei siete la miscela perfetta per mantenere vivo e attivo il potere dei Miraculous. Non voglio che i kwami tornino a dormire e non voglio affidare a una sola persona un potere così grande. Tutti sbagliamo, io ho sbagliato in passato e credo che sia meglio che ciascuno di voi si prenda la responsabilità di diventare in tutto e per tutto il guardiano del suo Miraculous e, un domani, tramandarlo a qualcuno di altrettanto degno. E poi ci sono anche queste…”, aveva esclamato, iniziando a distribuire delle calze di maglia rosse e bianche, ciascuna contenente altri piccoli doni. “Apritele ciascuno a casa propria, gustatevi i miei pensieri per voi!”. Poi, con un inchino, aveva richiamato Pollen nella fibbia ad ape che aveva scelto di indossare e se n’era andato via, lasciando il gruppetto di supereroi da soli, sul tetto dell’Arc du Triomphe. Aveva voluto fare un ultimo regalo a effetto anche a Parigi, girando i riflettori che illuminavano la struttura del monumento proprio sul suo culmine e mettendo in luce i sei nuovi eroi di Parigi. Si erano uditi alcuni schiamazzi dal basso, le poche persone presenti avevano messo mano ai loro smartphone per fotografare l’eterogeneo gruppo e il giorno dopo alcuni giornali avevano titolato con: “I Protettori di Parigi di nuovo insieme”. Gli articoli seguenti avevano tessuto le lodi di un redento Papillon, secondo “anonime informazioni di testimoni affidabili”, della nuova misteriosa eroina Le Plume Bleu e dei quattro storici protettori della città. Anche Parigi aveva avuto il suo regalo: la prospettiva di un futuro più tranquillo, con sei paia d’occhi a vegliare su di essa.

Sarebbe stato un meraviglioso Natale per tutti.

Papillon si era preparato un piccolo discorso per i suoi colleghi, aveva scelto di mantenere un profilo basso, ma di chiarire che il suo impegno futuro sarebbe stato volto alla sicurezza di tutte le persone che ne avrebbero avuto bisogno. “Se da grandi poteri derivano grandi responsabilità, come diceva Peter Parker, da chi ha fatto tanto male non può che derivare una maggiore responsabilità nel fare tanto più bene al prossimo. Mi impegno ad aiutarvi, sostenervi, seguirvi e... guidarvi, se sarà necessario e lo vorrete, per garantire la sicurezza e la pace in questa città e fino a dove i nostri poteri potranno condurci”.

Aveva perfino meritato l’applauso entusiasta dei due maschietti del gruppo, ritornati per pochi attimi due ragazzini complici nella loro goliardia. Infine Le Plume Bleu aveva avuto una chiamata sul suo cellulare dalla baby sitter e, con soddisfazione di tutti, quella strampalata quanto significativa reunion sul tetto gelido aveva avuto fine.

“Sun ha fatto la pipì a letto, non vuole che la baby sitter lo cambi e sta piangendo”, aveva sentenziato la donna senza battere ciglio e, con tutta la sua eleganza, aveva stretto i denti, fatto un sorriso e comandato a Papillon di muoversi a tornare a casa.

Carapace aveva giurato di sentirle dire, mentre la coppia scappava via, qualcosa tipo “Stavolta lo cambi te, il letto!”, ma non ne era stato sicuro, quindi aveva deciso di tenere per sé quel pettegolezzo. Presto sarebbero stati argomenti di discussione anche per lui e Alya e preferiva starne alla larga finché fosse stato possibile.

***

La mattina di Natale Marinette fu svegliata dal suono insistente della sveglia di Adrien, che continuava a gracchiare invano nell’orecchio del giovane; guardò l’ora sul suo cellulare: perché quel santo ragazzo aveva puntato la sveglia così presto? Represse un verso di sconforto e rotolò nel letto verso di lui per scavalcarlo e allungarsi a spegnere quell’orrendo strepitare che l’aveva abbondantemente irritata. La sera prima aveva avvertito Adrien che aveva puntato la sua sveglia per avere tempo di preparare ogni cosa, per quale motivo doveva essere privata di quasi un’ora di buon sonno? Strusciò più volte il dito sul display dell’I-phone e, nel ritirarsi per rientrare nel letto, fu afferrata dalle braccia calde e ancora molli del giovane.

-Buon Natale-, sussurrò all’orecchio di Marinette la voce morbida e assonnata di Adrien; in un sorriso lei fece per rispondere, ma le sue labbra furono catturate da quelle affamate di lui che non lasciarono più. Oh, sì, che ottimo Natale si prospettava, riscaldato da mani ardenti, baci infuocati e pelle, pelle calda, imperlata di sudore e fremente!

Marinette si lasciò spogliare, baciare, toccare, e a sua volta baciò e toccò e si godette ogni secondo di quel magico risveglio, ogni attimo di passione, di piacere, ogni coccola e ogni sguardo, ogni bacio, ogni brivido sulla pelle sfiorata dalle labbra di Adrien.

Dopo si accucciò sulla sua spalla, sazia e felice, prese un bel respiro e “Buon Natale anche a te, amore mio!”, esclamò, incredula che, per la prima volta nella sua esistenza da quando era bambina, quel giorno avesse tutte le carte in regola per essere davvero un ottimo Natale. Adrien la baciò e si allungò verso il cassetto del suo comodino, tirando fuori qualcosa. Si sollevò a sedere nel letto, poggiando la schiena alla stoffa della struttura imbottita e lasciò che Marinette si sistemasse, infagottandosi dentro al piumino.

-Ancora buon Natale, amore mio-, le disse il giovane, scoprendo un piccolo pacchettino rosso, che le porse.

-Adrien, ma…-, Marinette non si era preparata a festeggiare il loro primo Natale insieme in un modo così romantico e quel pacchettino così piccolo era quantomeno emozionante. Non doveva pensare a nulla di particolarmente strano, non era il tempo, non era ancora il momento. Guardò Adrien in un misto di curiosità e timore e prese il suo regalo, rigirandoselo per qualche istante tra le mani, poi, dopo un gesto di incoraggiamento dell’amato, sciolse il fiocco di velluto che teneva ferma la carta e lo scoprì, trattenendo il respiro prima di  aprire il piccolo cofanetto. Era un gioiello…

-Coraggio… e tranquilla...-, le disse con una carezza Adrien, che sapeva di correre il rischio di essere frainteso: non c’era un anello in quella scatola, non avrebbe mischiato una festa comandata con qualcosa che doveva essere solo il frutto di una loro specifica decisione. Aveva già acquistato l’anello con il quale un giorno le avrebbe chiesto di sposarla, ma lo custodiva in un luogo sicuro, in attesa del momento perfetto.

Marinette aprì la scatolina e scoprì un ciondolo bellissimo, con una grossa pietra rossa contornata da tanti piccoli brillanti; rimase a bocca aperta senza riuscire a dire nulla. Non era avvezza a ricevere in regalo dei gioielli, non cose che certamente erano così preziose: quello era un rubino, ne era sicura, ed era un rubino enorme! Sentì l’emozione salirle alla gola, gli occhi iniziare a pungere e una irrefrenabile voglia di stritolare Adrien in un abbraccio. Non si curò della coperta che scivolò e la lasciò scoperta e si gettò al collo del suo uomo, coprendogli di baci il viso, sentendo il sorriso aprirsi sulla sua bocca e le mani tornare a stringerla. Adrien le scostò i capelli dal collo, prese la collana che le aveva appena regalato, aprì il gancino e la sistemò al suo posto sul collo di Marinette, ammirando quel bellissimo rubino a incorniciare il suo decolleté perfetto e nudo.

-Ti amo-, le disse in un dolce sorriso. Marinette si rannicchiò ancora su di lui e volle che Adrien la stringesse ancora e ancora, finché non squillò anche la sveglia del suo cellulare.

-Ora possiamo davvero alzarci-, Adrien aveva calcolato tutto puntando la sua sveglia così in anticipo: ancora una volta si era dimostrato eccezionalmente sorprendente e meraviglioso.

-Sei stato geniale-, mormorò sul suo collo Marinette, tutto d’un fiato, -E questa collana è meravigliosa! Grazie, grazie amore mio!- Guardò con occhi colmi di riconoscenza e gioia Adrien: -Ce l’ho fatta!-, rise di se stessa portando entrambe le mani alle sue guance arrossate e si sollevò di nuovo a sedere, piegando la testa per osservare il ciondolo che le aveva tolto la parola, -È bellissima…-

-Il mio regalo per te è...-, si voltò a destra e sinistra, scivolò via da letto, -Aspettami qua-, ordinò al giovane e indossò al volo slip, reggiseno e una maglia, rabbrividendo per l’aria fresca della casa. Corse nella cameretta di Sun e cercò in fondo a una scatola di giocattoli il pacchetto che aveva nascosto là dentro. Tornò in camera e lo consegnò ad Adrien: -Non è nulla di lontanamente confrontabile con questa meraviglia…-, si scusò anticipatamente, -Ed anche un doppione, in effetti…-

E mentre Adrien scartò la sua nuova sciarpa di un morbidissimo cachemire nera e grigia a doppio strato, sapientemente cucita a mano e con le sue iniziali ricamate in filo metallizzato nero, Marinette ripensò a quel pomeriggio di tanti anni prima, quando la sua sciarpa azzurra era stata fatta passare per un modello Agreste.

-C’è anche un cappello-, indicò al giovane, -Ora che non sei più capellone ti farà freddo alla testa…-, spiegò arrossendo appena, allargò con le mani un berretto double face realizzato con la stessa maglia di cachemire e confezionato da lei e lo calzò sulla testa del giovane. Il suo regalo era costato poco, sia in termini di soldi che di lavoro, ma ci aveva messo tutto il suo amore nel confezionarlo di nascosto al ragazzo, nei ritagli di tempo, a volte di notte.

-Sono bellissimi-, la ringraziò Adrien, stringendola in un ultimo abbraccio: quel regalo significava calore e nessuno come Marinette gli aveva mai donato un calore così pulsante e inarrivabile in ogni atomo del suo corpo e della sua anima, se mai l’anima avesse avuto un peso.

-Adesso muoviamoci però, o faremo tardi!-, esclamò Marinette, quando la sua sveglia  squillò di nuovo, lasciando che un sottile terrore per tutto quello che dovevano preparare la attanagliasse: -Non ce la faremo mai!-, guardò Adrien preoccupata e mentalmente si maledisse per aver proposto di festeggiare il Natale a casa loro.

-Coraggio! Certo che ce la faremo! E ripensa sempre ai piatti rotti di Nathalie e all’arrosto bruciato di mio padre…-, la sollevò Adrien, togliendosi il cappello e infilandosi rapidamente una tuta da casa.

Fecero una rapida colazione a base di caffè e biscotti e per prima cosa sistemarono il salotto mettendo il tavolo nel mezzo e allungandolo per ospitare tutti i loro parenti, poi si dedicarono alla preparazione delle varie portate che avevano deciso: alla fine aveva vinto Marinette la piccola diatriba tra carne e pesce, perciò iniziò a cuocere lo stufato che aveva messo a insaporire nel vino la sera prima. Ad Adrien toccò pelare le cipolle per la zuppa e tante lacrime furono versate dal giovane nello svolgere quell’ingrato compito. Di tanto in tanto la giovane si avvicinava a lui e lo prendeva in giro bonariamente, facendogli notare come fosse cosa buona e giusta che si pentisse tra lacrime di dolore per averla lasciata da sola per tutto quel tempo. Adrien rideva, in mezzo alle lacrime e la ripagava pan per focaccia, dicendole che avrebbe dovuto piangere lei, al suo posto, per aver osato tradirlo con un qualunque parigino dalla testa di pomodoro, invece di attendere come Penelope al telaio il suo ritorno. -E non solo con lui!-, lo zittì Marinette, -Prima o poi ti racconterò di tutti i miei ex!-, lo schernì la giovane, rigirando lo stufato. Ormai i tempi bui erano solo un ricordo, né triste né felice: dagli errori, dalla sofferenza, quei due avevano imparato che ogni esperienza porta conoscenza e che solo grazie alla conoscenza, finalmente, potevano essere loro stessi con le anime messe a nudo e il cuore pronto ad essere finalmente colmato di felicità.

L’orologio continuava a girare insensibile, quindi i preparativi dovevano essere affrettati: Adrien e Marinette prepararono la zuppa, cossero per quattro lunghe ore il Beuf a là Borgougnonne, bevvero caffè, prepararono la tavola, sistemarono i formaggi di un piatto da portata e prepararono anche il pranzo per i quattro kwami: dell'ottimo Camembert al cognac per Plagg, macarons dolci di vari tipi e biscotti per Tikki, svariati tipi di tè per Dusuu e fragole caramellate per Nooroo. Riempirono dei vol-au-vent di crema al tartufo preparata da Marinette la sera prima e corsero a prepararsi.

-Sei bellissima-, sussurrò Adrien all'orecchio della sua donna, quando finì di allacciarsi le scarpe rosse col tacco, che aveva preparato per l'occasione, abbinate ad un delizioso abito di velluto rosso dallo scollo a cuore. La collana che le aveva regalato completava egregiamente la sua mise, Marinette era proprio una modella mancata, ma per questo era solo e soltanto sua.

C’era un albero di Natale non troppo grande in un angolo del salotto, accanto al televisore e, ai suoi piedi, erano già stati disposti tutti i regali acquistati o preparati dalla coppia: -Se tuo padre porta altre cose, sicuramente non entreremo in salotto per il pranzo-, constatò Marinette, considerando che ancora mancava una scatola grande, da sistemare sotto l’albero, quella con il gattino di cui si stavano occupando Tikki e Plagg, nella camera di Sun.

-Mi sto pentendo del regalo che ho scelto per Nathalie-, constatò Adrien, affacciandosi alla porta della stanza e vedendo la bestiola che cercava di arrampicarsi sullo scaffale dove c’erano i giocattoli del fratello, mentre Plagg, volando attorno alla sua testa, tentava di convincerlo in “gattese” a tornare giù prima di farsi male. -Più che altro, se continua a miagolare a questo modo, lo scopriranno prima dello scambio dei regali e Nathalie si rovinerà la sorpresa-, Marinette, osservato ciò, entrò nella cameretta e prese il gattino da sotto la pancia, per trasferirlo nella loro camera da letto, -Perché lo porti di là?-, domandò incuriosito Adrien, -Ormai ho deciso che nel mio letto debba esserci sempre un gatto curioso e allegro!-, trillò Marinette, ancheggiando quando gli passò davanti, poi si voltò con viso più serio e spiegò che Sun probabilmente avrebbe voluto entrare nella sua stanza e quindi avrebbe scoperto subito l’animaletto. Adrien fu d’accordo con la decisione presa e, prima che la donna tornasse in cucina, la afferrò per la vita e si insinuò con il volto sotto al suo collo: -Non ti è bastato il gatto di prima, micetta vogliosa?-, sussurrò a un soffio dall’orecchio della ragazza, che piegò il capo su di lui, chiudendo per un attimo gli occhi. -Tu non mi basti mai-, confessò semplicemente Marinette e lo baciò sulle labbra, attardandosi un istante nel mordicchiarlo.

-Adesso andiamo, che stanno per arrivare-, osservò e chiuse quella breve parentesi sensuale indossando un grembiulino di pizzo bianco, che suscitò immediatamente in Adrien pensieri poco casti.

Fortunatamente i genitori di Marinette suonarono il campanello pochi minuti dopo facendo raffreddare le voglie di Adrien e irruppero nell’appartamento carichi di teglie e sacchetti pieni di regali.

-Buon Natale!-, esclamò con un gran vocione Tom, al settimo cielo nel sapere, finalmente, la figlia sistemata; -Buon Natale-, gli fece eco la moglie, andando a posare i loro cappotti sul letto del bambino e correndo in cucina ad aiutare Marinette. Non le sfuggì come la figlia fosse a dir poco raggiante, seppur evidentemente in tensione per il primo incontro ufficiale tra la sua famiglia e quella di Adrien, -Andrà tutto bene, e dal profumino che sento, anche lo stufato sembra essere sublime-, notò Sabine, curiosando nel forno e ammirando tutte le portate preparate dalla figlia.

-Adrien mi ha aiutata moltissimo, non hai idea di come sia bravo a cucinare e…-

-... e un uomo bravo a letto e ai fornelli è da sposare!-, concluse per lei la madre, -E te lo dice una che ne sa qualcosa!-, fece l’occhiolino alla figlia e la guardò ancora, notando come fosse tutta perfettamente in tinta: le scarpe rosse, l’abito rosso, quella nuova collana rossa, che non le era sfuggita, il rossetto rosso, lieve sulle sue labbra e quel dolcissimo rossore che aveva imporporato le guance di Marinette, alle sue parole alquanto imbarazzanti.

-Coraggio, hanno suonato-, avvisò la figlia, che chiaramente non aveva udito il campanello. Marinette si tolse di gran lena il grembiule e rassettò i suoi capelli, prendendo un bel respiro. -Stai benissimo, cerca di stare tranquilla, ché Gabriel e Nathalie sotto sotto sono due persone gentili e alla mano-, confessò alla ragazza, che non ebbe il tempo di chiedere maggiori spiegazioni in merito.

E, subito dopo, la festa ebbe inizio e tutto iniziò a turbinare in bollicine di champagne, risate allegre e un clima radioso e tranquillo: seduti davanti a lei c’erano il suo grande amore e il suo più acerrimo nemico, felicemente in sintonia come un padre e un figlio avrebbero dovuto essere da sempre e per sempre. C’era un piccolo nanetto che le si era attaccato come un anatroccolo alla sua mamma e che ogni minuto la chiamava con il suo “Maritette, stai con me?” e c’erano i suoi genitori, che timidamente osservavano qualcosa che avevano sempre sognato per la figlia e per loro stessi. Ma gli occhi che più la attiravano, come una calamita, erano quelli di Nathalie, perché sapeva che la donna stava provando le sue stesse identiche sensazioni, lo stesso stupore per essere lì, la stessa gioia nel vedere l’uomo che amava finalmente in pace con il figlio, la stessa ancestrale sicurezza di vedere il bambino che correva da lei e la chiamava, finalmente, mamma. I loro sguardi si incrociarono per un istante e a entrambe tornò in mente l’attimo in cui si erano parlate a casa di Fu, solo qualche mese prima. Quelle due donne insicure e sole, straziate dal dolore di non avere mai provato la vera felicità, incastrate in due ruoli antagonisti eppure così vicine non esistevano più: c’erano solo due donne, con i loro splendidi affetti vicino, due donne che si erano combattute e rispettate e infine conosciute e apprezzate. Due donne felici, finalmente, grazie al destino e alla determinazione che le aveva portate fin là.

Tom e Gabriel onorarono la cucina di Marinette, richiedendo il bis di stufato, mentre entrambi espressero un lieve disappunto scherzoso per la zuppa: erano rimaste alcune bucce, Adrien se ne assunse la responsabilità e Sun, brandendo la sua spada di schiuma che teneva nella sua cameretta, lo difese dicendo che la miglior zuppa di cipolle del mondo l’aveva fatta il suo fratellone.

-E allora assaggiala!-, riprovò Nathalie, all’affermazione del bimbo, ma Sun le fece la linguaccia e corse a rintanarsi nella sua camera, salvo poi tornare poco dopo per avere altro pane e quei meravigliosi macarons salati che aveva portato Tom.

Terminarono il pranzo tra bicchieri di bordeaux e champagne e ciascuno aiutò per sparecchiare e dare il via all’apertura dei regali. Tom e Gabriel -incredibile vedere due persone così diverse collaborare in totale sintonia!- proposero di richiudere il tavolo per fare più spazio e si occuparono di farlo insieme, lasciando il salotto libero per il grande gioco al quale Sun stava per assistere per la prima volta nella sua vita.

Il primo regalo scartato fu proprio il suo, quello comprato per lui dai genitori di Marinette: era un kit in scatola da piccolo cuoco, con tanto di cappello, mattarello in miniatura e varie formine per fare biscotti e dolcetti. Sun si volle assicurare di poterlo provare una volta tornati a casa e Tom si offrì di ospitarlo nel suo negozio per fargli un corso accelerato di cucina e pasticceria.

Ognuno ebbe uno o più regali; Sabine fu deliziata dal maglione scelto per lei da Marinette e Tom rigirò tra le mani gli stampi di silicone, mentre la sua testa da pasticciere già frullava nella ricerca della ricetta perfetta per provarli. Adrien ricevette un tablet ultimo modello da Gabriel e Nathalie e un disco senza etichetta né titolo, accompagnato solo da un biglietto vergato dal padre su cui c’era scritto: “Guardalo quando sarai solo”. Marinette, invece, scartò un meraviglioso regalo direttamente dalla Maison Agreste: un lussuoso abito da sera blu elettrico con un coprispalle di ecopelliccia bianca; entrambi i ragazzi ricevettero dallo stilista i biglietti per l’Opera, per la premiere de Il Lago dei Cigni, che si sarebbe tenuta dopo pochi giorni. -Dopo provalo e se non dovesse tornare bene, te lo posso sistemare domani-, disse Gabriel alla giovane, che arrossì vistosamente e rivolse all’uomo il primo vero sguardo di affetto della sua esistenza. Dovevano scendere a patti tra loro; anche se erano stati nemici incalliti, anche se per causa di quella inimicizia Marinette e Adrien erano stati separati per anni, ormai stavano per diventare come padre e figlia e tale avrebbe dovuto essere il sentimento che avrebbe aleggiato tra loro. -Grazie signor Agreste, ma se non dovesse tornarmi... lo sistemerò da sola-, rispose Marinette, facendo l’occhiolino all’uomo, che sorrise, scosse appena la testa e rispose: -Gabriel: chiamami Gabriel, per favore-, senza aggiungere altro. Forse sarebbero tornati nemici in passerella, dopo esserlo stati in una Parigi spaurita e senza riferimenti, oppure… oppure no… Scartando il suo dono da parte della giovane, Gabriel percepì chiaramente un brivido sottile farsi strada sulla schiena: era una cravatta cucita da lei, un oggetto piccolo, ma che trasudava talento. La stoffa non era neanche delle più pregiate, d’altronde la ragazza non poteva avere accesso alle risorse di una grande Maison, ma il tocco… i punti che aveva messo uno dopo l’altro… non una piega, non una torsione, angoli netti, eppure morbidi, la struttura interna, e infine il ricamo GA, come dipinto dalle piume di un angelo invisibile, era anch’esso quasi invisibile tanto era sottile eppure perfettamente eseguito. Gabriel la osservò in ogni dettaglio, strinse le labbra per non lasciarsi andare a troppi complimenti, che avrebbero potuto risultare controproducenti per una stilista ai primi passi, e annuì in silenzio, rivolgendo tutta la sua ammirazione in uno sguardo orgoglioso che rivolse, come muto ringraziamento, alla giovane. Se fino a pochi minuti prima ne aveva solo avuto l’idea, allora ne era certo: Papillon aveva trovato la più degna erede per la sua arte di creare magia dal nulla.

-E adesso il regalo per Nati!-, esclamò Adrien, interrompendo quel breve istante di reciproco apprezzamento tra la sua fidanzata e suo padre, presentandosi in salotto con uno scatolone tra le braccia. -Spero che non sia un regalo troppo azzardato, ma credo che un uccellino fosse abbastanza sicuro che qua dentro c’è qualcosa di gradito alla nostra Nathalie preferita!-, disse, posando ai piedi della donna la scatola. Nathalie si guardò attorno, spaesata: lei era la meno adatta a stare in quell’ambiente familiare, non era madre, non era moglie, era solo sempre stata vista come una dipendente di Gabriel e d’un tratto provò qualcosa simile ad imbarazzo, che le fece arrossire le guance. -Coraggio-, sussurrò al suo orecchio l’uomo, cingendola senza vergogna con un braccio, mentre era seduto accanto a lei a gambe accavallate sul divano. Nathalie si fece forza e, con un sorriso tirato, sciolse il nastro che chiudeva la scatola, sollevandone i lembi: subito un miagolio seguito da un musetto curioso uscirono allo scoperto, lasciando la donna a bocca aperta. Con una mano sul petto e lo stupore dipinto sul viso, Nathalie osservò la creaturina miagolare ancora. I dentini appuntiti e la pelliccia lucida la conquistarono subito e, quando si spalancarono su di lei due occhioni verdi smeraldo, come quelli di Adrien, la donna si lasciò scappare un sospiro di gioia e la prese tra le sue mani. -Gatto!-, strillò Sunan vedendolo, -Gatto gatto gatto! Voglio toccarlo!-, dichiarò saltando sul divano tra la donna e il padre e gettandosi addosso al micetto. Adrien notò lo sguardo a metà tra il grato e l’arrabbiato di Gabriel, che non disse nulla, ma si limitò ad ammirare la gioia dipinta sul volto di Nathalie e Sun.

-E questo è per te-, Adrien interruppe quella contemplazione e mise tra le mani dell’uomo un pacchetto piatto, senza fiocco, -Aprilo anche tu quando sarai solo, per favore-, domandò al padre. Aveva raccolto in un album tutte le foto di loro due assieme dei tempi di quando era bambino, i disegni a pastello che aveva ritrovato tra le scartoffie della sua scrivania e qualche pagina dei suoi diari segreti di svariati anni prima. Era l’unico modo che aveva trovato per mostrare a Gabriel che per lui era stato un buon padre, a discapito dei comportamenti avuti dopo la scomparsa della mamma, il solo modo per fargli capire che tutto era perdonato e che entrambi meritavano una nuova vita felice.

Sazi e satolli dopo una merenda di rinforzo a base di “torta buonissimissima” di Tom Dupain, tutti gli invitati iniziarono a lasciare la casa di Marinette nel tardo pomeriggio: Nathalie era stata catturata dal suo gatto, visto che non ne aveva mai potuto prendere uno perché era sempre fuori casa, Sun dai giocattoli ricevuti, Gabriel non stava nella pelle per poter finalmente scartare il dono che Adrien gli aveva fatto. Prima che andassero via, Sabine e Adrien insistettero perché Marinette indossasse il vestito che le era stato regalato, per mostrare a tutti come le stesse e lei, seppur senza nascondere la vergogna per essere in passerella davanti a quel pubblico improvvisato, si decise ad accontentarli e si presentò tra loro indossando quel lussuoso capo. Adrien la guardò incantato, Gabriel si avvicinò immediatamente a lei, squadrandola con occhio clinico: sistemò il drappeggio sul fianco, raddrizzò uno spallino sottile e cercò di nascondere sotto ad esso quello del reggiseno indossato dalla ragazza, con un tocco impalpabile segno di anni di grande allenamento. Si allontanò di qualche passo, le fece cenno di voltarsi e annuì: -Perfetta-, dichiarò, chiedendosi in cuor suo se dovesse complimentarsi con se stesso, con i suoi sarti o con la ragazza, che stava iniziando a notare per la sua bellezza, oltre che per la tenacia, la caparbietà, la serietà, l’affetto che nutriva nei confronti del figlio e tante altre particolarità che aveva apprezzato anche quando era sua nemica.

-Perfetta-, ripeté Adrien, avvicinandosi a lei e baciandola sulla bocca, davanti a tutti i presenti e divertendosi a guardare le facce della giovane e di suo padre, diversamente fattesi rosse.

-Adrien mangia la faccia a Maritette! Adrien mangia la faccia a Maritette!-, lo schernì infantilmente Sun e poi, come ultimo Agreste, chiosò: -Comunque, perfetta anche per me-, con viso serio.

La risata smorzò la lieve tensione, la giornata volgeva al termine e presto l’appartamento fu silenzioso e vuoto. Quando tutti se ne furono andati, Tikki e Plagg comparvero portando i saluti di Nooroo e Dusuu e mostrarono i doni che avevano ricevuto. Tikki aveva al polso un piccolo braccialetto luccicante, donatole da Plagg in segno di qualcosa che stava iniziando a funzionare anche tra loro.

La casa era in ordine, Marinette mise a posto l’abito ricevuto e guardò esausta Adrien: -È andato tutto bene, hai visto?-, le disse lui, abbracciandola. La donna posò la testa sul suo petto e lo condusse verso il divano. Si sfilò le scarpe col tacco e si rannicchiò sotto alla coperta, facendogli spazio. L’idea di tornare a letto era forte, ma Adrien trovò più adatto rimanere abbracciato a lei, guardando in silenzio per un po’ le lucine intermittenti dell’albero di natale e pensando che forse, se in quella scatola avesse messo l’anello, invece che il ciondolo con il rubino, sarebbe stato comunque il momento perfetto.

Lasciò scivolare la mano sui capelli della ragazza e la guardò con amore: era tutto veramente al suo posto, sia nella sua vita, che nella sua anima.

***

Finalmente il gran giorno di Alya e Nino stava per arrivare, insieme a un assaggio di primavera portata dal vento caldo da sud. Tutto era stato preparato nel minimo dettaglio, grazie alle azioni combinate delle persone che si erano rese disponibili per aiutare la neo coppia.

Nei mesi invernali, con la scusa di altre reunion tra supereroi e di un riavvicinamento al suo amico storico, nonché al fratellino (ottima scuola) e al padre (ottimo esempio di uomo imbranato con un bambino piccolo), Nino si era molto legato a tutti i membri nuovi e vecchi di casa Agreste, da cui si rifugiava ogni qual volta Alya lo scacciava di casa, o per sciocche liti tra innamorati focosi, o per organizzare con le sue amiche il grande evento.

A nessuno parve quindi strano che fossero solo loro due al fantomatico addio al celibato del ragazzo, tenutosi in luogo segreto e in data segreta. Per meglio precisare, una notte Chat Noir passò a prendere Carapace sul tetto di casa sua e volarono via nel buio. L'unica cosa su cui entrambi concordano, una volta acclarato che l'uscita era avvenuta, fu che i due giovani non avevano mai avuto modo di confrontarsi e supportarsi come supereroi e quindi avevano passato la notte a mostrare i loro poteri l’un l'altro. Non se l'era bevuta neanche Fu, interpellato dalla furia di Alya, che gli aveva fatto un terzo grado come se l'uomo avesse potuto conoscere ogni attimo della vita di Nino Lahiffe.

Nessuno si meravigliò dunque neanche del fatto che, nella data concordata per l'addio al nubilato, Alya avesse limitato il numero di amiche invitate e avesse chiesto loro il massimo riserbo, tacchi alti e maschere per essere libere di divertirsi come, secondo lei, avevano fatto i due scapestrati. Ne aveva parlato a lungo con Marinette, che l’aveva tranquillizzata sul fatto che Nino le fosse rimasto fedele, sempre e per sempre. E Adrien? Visti i suoi trascorsi, nonostante la fiducia che riponeva nel giovane fosse completa, Marinette si era interrogata intimamente se il suo fidanzato avrebbe o meno potuto pensare ad altre donne, oltre a lei. Quando era in oriente l’aveva fatto e ripetutamente, ma non aveva alcun reale legame con lei. Le aveva raccontato che alle volte la voglia che gli prendeva diventava qualcosa di irrazionale, come se a muovere i suoi fili fosse un animo sopito di qualcosa che lo aveva in qualche modo contaminato. Plagg e la sua storia erano stati gli indiziati maggiori, ma nessuno, Adrien per primo, aveva mai indagato davvero su quelle pulsioni che sembravano provenire da qualche cosa di oscuro e ancestrale.

Quando si ritrovarono sotto casa di Alya per andare a festeggiare, la donna aveva ormai una pancia importante e difficilmente avrebbe potuto comportarsi come una classica “bachelorette”, per questo fu quasi una implorazione che Marinette guidasse la banda e si esponesse in prima riga nella loro notte brava. Seppur controvoglia, la giovane stilista si prestò a fare da organizzatrice della serata, finché Juleka non propose di andare al concerto di suo fratello e le altre accettarono entusiaste. Luka era stato per molto tempo a ronzare attorno a Marinette, anni e anni prima, poco dopo che Adrien era sparito e la ragazza, sola e derelitta, si stava perdendo il meglio della sua adolescenza. Era anche riuscito ad ottenere da lei qualche appuntamento galante, ma alla fine il suo bottino si era fermato a un bacio appassionato rubato alla ragazza e qualche fugace tocco qua e là. Quando la rivide, rapido tornò alla sua mente quel giorno fortunato e disgraziato in cui era andato così vicino a conquistarla e poi, d'un tratto lei era sparita alle prime avvisaglie di una manifestazione che si stava tenendo per il centro di Parigi e che volgeva allo scontro con la Gendarmerie. Luka non l'aveva più vista da allora e davanti a sé, assieme alla sorella abbastanza ubriaca, alla sua ragazza Rose e ad una tizia mascherata in velo da sposa chiaramente incinta, ritrovò la splendida ragazza di allora, trasformata in una donna sensuale e esageratamente interessante, che quando lo vide gettò via la mascherina rossa che indossava.

-Ciao Luka-, gli disse lei, trovandoselo davanti al termine del concerto. -Ciao, splendore-, le rispose la voce calda e sensuale che non era affatto cambiata. A Marinette era piaciuto uscire con Luka, anni prima, ma non era stata pronta a dimenticare Adrien e non aveva combinato nulla con quel ragazzo più grande di lei che sembrava avere altre pretese. Lo aveva quasi dimenticato, tanto che npon ne aveva neanche fatto cenno ad Adrien, nelle loro confessioni. Semplicemente Luka era stato una parentesi tanto breve, quanto inutile. E mentre alla sua mente tornavano quei momenti di gioventù, come recuperati da un album dei ricordi, Rose le passò un cocktail e Alya la lascio da sola per andare a sedersi e fare la sciocca con alcuni ragazzi che le facevano apprezzamenti per il fatto che stesse festeggiando il suo ultimo giorno di libertà, ma che poi scappavano a gambe levate quando lei spostava l’attenzione sulla pancia evidente. Quando Marinette finì il cocktail, Juleka gliene ne portò un altro diverso, dal sapore dolciastro e strano e la giovane, dopo qualche sorso, si sentì su una nuvola abitata solo da lei e dalla voce di Luka, che non l’aveva mollata un attimo.

-Sono fidanzata-, si sentì dire mentre sorrideva con espressione fatua al musicista, -presto mi sposo anch'io-, e ci bevve su, per brindare a quell'evento che sperava sarebbe presto arrivato.

-Festeggi anche tu quindi l'addio al nubilato?-, le chiese interessato Luka e le liberò la fronte, spostando un ciuffo di capelli ribelle. Quel breve contatto produsse scintille sulla pelle di Marinette, scintille che non avrebbero avuto ragione di esistere.

-Ma cosa c'era in questo cocktail?-, domandò guardando come una stupida dentro al bicchiere, -comunque no, non festeggio nulla: ancora lui non me l’ha domandato-, ammise apertamente, rimproverandosi per quella mancanza di privacy che aveva dimostrato, senza però riuscire a fermare una risata sguaiata e non voluta.

-Allora “lui” è proprio un grande imbecille-, le rispose Luka, sorridendole e avvicinandosi a lei, -Perché se fossi stato nei suoi panni, avrei chiarito il prima possibile che tu sei solo mia-, piantò i suoi occhi azzurri in quelli appannati di Marinette, sul volto un’espressione seria: sembrava molto diverso dal ragazzino sbarbato che strimpellava la chitarra e che l’aveva fatta sognare, per qualche attimo, in un momento così buio e fugace della sua vita. Il Luka che le stava parlando era un uomo molto alto e bello, non bello come Adrien, ma bello a suo modo, di una bellezza quasi serpentina. La sua voce la avvolgeva nelle sue spire, lo sguardo la ipnotizzava, lei si sentiva inerme e senza capire il perché, era una sensazione che in fondo le piaceva.

-E tu non hai nessuna?-, gli chiese Marinette, mentre un capogiro la faceva inorridire per la sua stessa domanda. Luka storse la bocca in un ghigno camuffato da sorriso: -Ci ho provato, ma nessuna è come una ragazza che ho avuto modo di conoscere sei anni fa e che mi è rimasta nel cuore. Ne ho avute tante da allora, ma mi ritrovo spesso a pensare all’unico bacio che riuscii a rubarle e alle sue labbra morbide…-, parlava di lei, ma se fosse stato sincero, forse neanche Juleka lo avrebbe saputo dire.

-Lo sai che quella ragazza è morta?-, gli rispose Marinette, incrociando le braccia al seno e strizzando un po’ gli occhi per sforzarsi di mettere a fuoco la sala da ballo davanti a sé, che cangiava dal verde acido al rosa salmone.

-Se è morta, allora quella che ho davanti è la più bella e sensuale dei fantasmi che abbia mai avuto modo di incontrare-, mentre la musica tornava a coprire le parole tra loro, Luka prese la mano di Marinette e la avvicinò alle sue labbra. Di nuovo un brivido di pericolo e allo stesso tempo voglia e trasgressione si prese quel poco di coscienza rimasta sobria di Marinette. -No, Luka…-, sussurrò, ma le sue parole si persero nel frastuono e, senza rendersene conto, si ritrovò stretta a lui, in piedi, a ballare un lento, mentre attorno a loro imperversavano balli agitati. Non capiva se fosse il suo cuore a battere all’impazzata per la paura e il richiamo del proibito oppure quello di Luka, che la teneva stretta a sé; le girava la testa, si sentiva stranamente come su una nuvola rosa e tutto era bello. Le tornò in mente la sensazione sciocca eppure elettrizzante che in passato aveva provato una sola volta, quando aveva preso a frequentare per pochissimo tempo un gruppo di compagni di facoltà che avevano un modo particolare e trasgressivo di approcciarsi alla vita e ai suoi problemi. Era successo dopo che aveva rotto con Nath, era senza difese e aveva cercato in qualcosa di strabiliante una scappatoia ai pensieri che le facevano esplodere la testa. Aveva anche lei tanti, troppi scheletri nell’armadio da confessare ad Adrien, anche se fortunatamente si trattava di esperienze fugaci e che non avevano lasciato segno.

-Ti voglio-, Luka non aveva perso tempo a dichiarare le sue intenzioni. Marinette alzò il viso su di lui, guardandolo a bocca spalancata, come una bambina che veda per la prima volta la neve.

-Luka… io…-, provò a staccarsi da lui, ma lo stava davvero facendo?

-Ti voglio-, ripeté il ragazzo, posando il palmo caldo sulla guancia di lei, facendolo scivolare verso l’orecchio, insinuandosi tra i capelli, lasciando che lei inclinasse da sola la testa sulla sua mano e socchiudesse gli occhi.

Marinette sentì chiaramente l’alito caldo e alcolico dell’uomo sulla sua bocca, erano a pochi centimetri di distanza, occhi blu negli occhi blu, elettricità tra loro, paura, voglia.

-Lasciala stare!-, strillò Alya accanto al suo orecchio e una mano la strattonò prendendola per un braccio. -Che stavi facendo, sciocca, stupida, fragile donna?-, e si sentì trascinare via dalla furia dell’amica, seguita da Rose. Juleka affrontò il fratello, puntandogli il dito sotto al naso, sibilandogli parole d’accusa, ma le uniche cose che Marinette davvero focalizzò, furono lo sguardo pungente e ipnotico di due occhi blu, che sparivano in lontananza e quel sorriso sghembo che la stava per irretire.

La mattina dopo, insieme a un potente mal di testa, Marinette sentì un forte senso di colpa, quando Adrien, gentile e solare, le porse un bicchier d’acqua e un’aspirina.

-Ben svegliata, scapestrata adolescente mia-, le disse e la baciò sulla guancia. Si stese accanto a lei e la fece accucciare sulla sua spalla; -Alya mi ha detto che hai bevuto un po’ troppo… sei una pivella, io lo sapevo! La prossima volta ci torniamo insieme a ubriacarci come si deve, ok?-, con un sorriso, un bacio e il suo amore, Adrien era riuscito a cancellare come con un colpo di spugna tutta la sporcizia che Marinette si sentiva addosso. Lo guardò, mettendosi praticamente sopra di lui, esplorò con lo sguardo ogni millimetro del suo viso, ogni sfumatura delle iridi cristalline, ogni piccola impercettibile imperfezione, il leggero velo della barba che stava spuntando, i piccoli solchi che si formavano ai lati della bocca quando sorrideva, la linea dritta del naso e fu sicura che era lui l'unico uomo che avrebbe voluto e amato per sempre.

Adrien posò le sue mani sui fianchi di Marinette: -Appena l’aspirina farà effetto e sarai minimamente in te, c’è una lunga lista di cose da fare: ti ricordo, anche se ti sei divertita a fare la teenager problematica, che sei la testimone della sposa, la stilista di entrambi gli sposi, l’organizzatrice del rinfresco e colei che si è offerta di disegnare e cucire anche il mio abito… nonché il tuo, che ancora devi farmi vedere come ti sta…-

Se le avesse detto che sapeva tutto di lei e Luka, Marinette si sarebbe agitata meno. Schizzò come un gatto davanti a un cetriolo, inciampò nelle sue scarpe col tacco lasciate in mezzo alla camera, si riprese, corse in bagno e vomitò.

-Hai già vomitato stanotte, due volte: sei sicura di stare bene?-, le chiese Adrien, affacciandosi alla porta.

-Non mi guardare…-, lo implorò lei, accasciata davanti alla tazza.

-Chi credi te l’abbia tenuta la testa, stanotte? La fata madrina?-, si abbassò alla sua altezza e le fece una carezza; -L’aspirina è andata, te ne do un’altra tra una mezzoretta, ma prima devi mettere qualcosa nello stomaco. Io ti amo, Marinette, e mi hai fatto prendere un bello spavento, stanotte: non ti ci riprovare più-, lo sguardo serio sul viso dolce e quelle parole la fecero sentire piccina e veramente sciocca. Si pulì la bocca con della carta igienica e si strinse forte a lui. Prese fiato, si aggrappò per tirarsi su e gli sorrise: -Facciamo colazione, che è meglio…-

Marinette mangiò delle fette biscottate con il miele e una banana, bevve tanta acqua e succo d’arancia, prese un’altra aspirina e andò a farsi una doccia tiepida.  Quando ne riemerse, avvolta dal suo consueto profumo di vaniglia e cocco, si sentiva molto meglio. Adrien la aspettava in cucina, scorrendo rapidamente facebook. Alya le aveva parlato chiaramente di quel che era successo, Juleka era andata a scusarsi con lui personalmente, mentre facevano stendere Marinette sul divano, Rose aveva spiegato che l’ultimo cocktail che aveva bevuto la ragazza era strano, lo aveva assaggiato anche lei e lo aveva sputato subito: qualunque cosa avesse sentito o visto circa Marinette e Luka, il fratello di Juleka, era quindi falsa e costruita ad hoc proprio da lui o da qualcuno che non vedeva di buon occhio Marinette. “Luka ha provato a baciare Marinette, ma l’abbiamo portata via subito, sta’ tranquillo”, le avevano detto le sue amiche e, sebbene tutte e tre spergiurassero di dire la verità e che la colpa fosse interamente del giovane, il tarlo del tradimento aveva a poco a poco forato l’inossidabile sicurezza di Adrien. Si domandava, soprattutto, se Marinette ricordasse cosa era successo, quindi, in nome dell’onestà tra loro, andò diretto al punto. Marinette si sedette accanto a lui, prendendo la tazza di caffè che gli veniva porta, si sistemò e diede una sbirciata al telefono del fidanzato: -Che guardi?-, gli domandò con voce assonnata.

Adrien deglutì, non era sicuro di quello che sarebbe stato giusto fare, ma voleva chiarire subito ogni incompresione. -Cercavo foto di te e Luka Couffain, ieri sera, in discoteca: Alya mi ha detto che quel… quel tizio ha provato a baciarti-, la trafisse con il suo sguardo, che però non riusciva ad essere veramente rancoroso e la vide sbiancare, spalancare la bocca, guardarsi intorno e portare entrambe le mani alla testa, infilandole convulsamente tra i capelli ancora un po’ umidi.

-Cosa…? Cosa stai dicendo? Luka…? Il fratello di Juleka? Ma che…-, sembrava non ricordare nulla, brancolava nel buio dell’incoscienza prodotta dalla sua sbronza. Guardò Adrien spaventata: -Ho frequentato Luka per qualche settimana sei anni fa, nell’estate successiva alla tua partenza. All’epoca ci provò con me, ci baciammo, ma solo una volta. Poi non lo vidi più. Non è significato niente per me, non lo ricordavo nemmeno. E ieri sera… è vero, siamo andati a vederlo suonare, ma… -, abbassò lo sguardo, fissandosi le dita che stava torturandosi in grembo tra loro. Lo alzò di nuovo su Adrien: -Non ricordo nulla, amore mio, davvero!-, il panico stava lavorando al posto della sua memoria: come poteva essere stata così sciocca e lasciarsi approcciare da quell’uomo pericoloso?

-Lui è venuto a salutarmi, mi ha fatto qualche complimento e ha detto che tu…-, soffiò via l’aria dal naso, come se assieme ad essa avrebbe potuto uscire in sordina la sciocchezza che non voleva dire, poi riprese: -Ma non ricordo altro, solo di aver pensato, rivedendolo, a quel breve periodo di così tanto tempo fa-. Fece una pausa, sospirò preoccupata, passò ancora le mani tra i capelli e ripensò alla splendida sensazione che aveva provato neanche un’ora prima a letto, accanto a lui. -Io non so cos’è successo, ma ti posso giurare che non lo ricordo e non ero in me-, si stava arrampicando sugli specchi, evidentemente. Adrien sospirò a sua volta e prese una mano tremante di Marinette tra le sue: doveva fidarsi di lei, così come lei si era fidata di quello che non sapeva fosse successo la notte dell’addio al celibato di Nino. Non gli aveva fatto domande e aveva chiesto solo se si fossero divertiti e lui, con la coscienza appena lievemente sporca, aveva fatto un bel sorriso e risposto: “Alla grande”. Lui e Nino si erano infilati, più per scommessa che per interesse, in un locale di spogliarelli, avevano guardato cose che non dovevano guardare, avevano sentito frasi che non dovevano sentire, avevano scrollato via dalle loro gambe signorine un po’ invadenti e infine avevano pagato ed erano usciti, con occhi colpevoli e mani immacolate.

-Cos’ha detto di me Luka?-, domandò a Marinette e la vide arrossire.

-Che sei… sei uno stupido a non avermi ancora sposato…-, pigolò lei e lo guardò dal basso con occhi enormi e lucidi.

Adrien la abbracciò: in fondo questo Luka non era così deprecabile come pensava…

Alya scoprì in pochi minuti cosa fosse davvero successo la sera prima: sul profilo instagram di Chloé Burgeois spiccava la foto sfocata di Marinette a un passo dal baciare Luka. Grazie ad un rapidissimo tam tam tra amiche, aveva scoperto che Luka era stato fidanzato con Chloè, che l’aveva lasciata perché erano incompatibili e che nel corso della loro frequentazione avevano parlato anche di Marinette e del debole che aveva avuto il giovane per lei. Chloè era presente in discoteca, la sera prima, per cercare di riconquistare Luka, ma lui, che l’aveva vista, aveva voluto farle capire che non aveva alcuna seconda possibilità, provandoci con Marinette, ma servendole su un piatto d’argento il lasciapassare per Adrien. Altrettanto velocemente, avvalendosi anche dell’aiuto di Nathalie, chiamata in soccorso, ogni traccia di quello che era stato un potenziale scandalo era stata cancellata e ogni pettegolezzo messo a tacere. Il locale era stato denunciato per aver servito cocktails sofisticati con qualche stupefacente, seppur leggero e per l’ora di pranzo tutto era tornato alla normalità, anche il rapporto tra Adrien e Marinette.

***

-Come mi sta?-, Marinette teneva i denti serrati in attesa del giudizio del suo esaminatore, sentendo l’abito che aveva cucito per sé d’un tratto sciatto e inappropriato. Le martellava ancora la testa nonostante avesse ripreso due aspirine e si sentiva sciocca come non mai. Nonostante ciò si era fatta forza e aveva apportato gli ultimi dettagli al completo di Adrien e imbastito per l’ultima volta l’attaccatura della gonna dell’abito da sposa di Alya: mancava solo di terminare il suo e avrebbe potuto, dopo una veloce ultima prova con l’amica, dichiararsi soddisfatta.

-Ti sta bene, sei bellissima-, Adrien aveva risposto troppo velocemente…

-Ma qua dietro? Questa pince? E lo scollo: non è troppo calante, qua sulla destra?-, prese aria, si voltò cercando di guardarsi alle spalle, come un cane che cerchi la sua coda, -E lì!? O Signore, mi fa un sederone enorme!!!-

Adrien prima rise, la vide afflosciarsi come un gonfiabile a cui venga spento il compressore, rise ancora e scosse la testa: -Se preferisci che ti dica come ti sta davvero questo abito, lo farò, ma poi non lamentarti…-. Si alzò e si mise davanti a lei: -Qua la pince va benissimo e sottolinea la linea del seno, se non cambi reggiseno sarà perfettamente all’altezza giusta…-, e sfiorò tale cucitura, stando attento a non macchiare la seta lucida dell’abito, Marinette provò un brivido scivolare sulla sua schiena; -Qua dietro direi che mette in risalto non il tuo sederone, ma un culetto perfetto, che molte modelle photoshoppate invidierebbero e invidiano e che solo io…-, allungò le mani stringendola a sé, tenendola da sotto il sedere e facendole sentire come quel discorso lo stesse interessando, -... che solo io posso palpeggiare. Poi, dunque… qual era il problema? Ah sì, lo scollo. Vediamo se è calante…-, infilò il mignolo sotto lo spallino di seta e lo lasciò scivolare sulla spalla, scoprendo, con suo impagabile piacere che, sotto il vestito, Marinette non aveva niente. La baciò con foga, la sentì scalpitare sotto alle sue mani bollenti e strillare: -È imbastito!-, l’aiutò a sfilarlo e della brutta sbronza, della sottile gelosia, di ogni paura ne fece un sol boccone e la gettò dietro a sé.

Quando arrivò Alya, annunciandosi con una rumorosa scampanellata, l’abito di seta di Marinette era ancora sul bracciolo del divano e lei andò ad aprire con capelli arruffati e solo una t-shirt extra large di Adrien, trovata in fretta sull’indossatore di fianco all'armadio.

Alya entrò a mento alto in casa, squadrò l’amica, buttò un’occhiata alla porta socchiusa della camera, da cui provenivano classici rumori di un uomo che indossi dei jeans e chiuda la fibbia della cintura e posò la borsa sul divano, accanto all’abito da finire.

-Tra tre giorni mi sposo, domani ho l’ecografia e poi devo andare a portare le uova al convento di Saint Claire, dopodomani inizio il restauro dall’estetista e non mi importa se oggi ti ho parato il culo in maniera che neanche la CIA, non mi importa essere testimone dei postumi della tua sbronza e di quelli della tua attività sessuale e non mi importa neanche se ti ricordi o meno che bellissima figura hai fatto ieri sera: domani alle quindici mia madre verrà qua a ritirare il mio abito da sposa, alle sedici verrà Nino a prendere il suo e pertanto entrambi devono essere finiti e perfetti. Quindi divertiti poco a letto e cuci velocemente!-, incrociò le braccia al petto e fissò l’amica appena contrariata. Marinette portò una mano alla nuca, lasciando che la maglietta si sollevasse appena, sbadigliò e si voltò verso la cucina: -Caffè?-

-NON POSSO PRENDERE IL CAFFÈ!!!-, tuonò Alya, -E copriti quel sedere perfetto che mi fai sentire una vacca grassa e orrenda!-, si sedette platealmente accanto alla borsa e sospirò: -Ma a chi voglio darla a bere… io sono una vacca grassa e orrenda e il mio abito mi starà malissimo, anche se tu lo hai fatto perfetto… come il tuo sedere...-, abbandonò la testa indietro e chiuse gli occhi.

-Posso darti un parere su come ti torna l’abito da sposa, se vuoi…-, si propose Adrien, troneggiando su di lei, che se lo vide capovolto, quando riaprì gli occhi. Un attimo di indecisione, un guizzo di possibilità negli occhi della donna, un ripensamento: -Marinette, quest’uomo è in grado di dare un parere attendibile su come possa starmi il mio abito?-, domandò all’amica, che cacciò un urlo, li raggiunse dalla cucina, e spinse via Adrien, memore di quanto appena vissuto con lui.

-Assolutamente no! Non ha una visione oggettiva dell’abito, ne sono certa!-, starnazzò Marinette, mentre Adrien rideva e Alya, furiosa, batteva i piedi a terra senza capire nulla.

-Mi vesto e ti porto l’abito-, la informò Marinette, congedando Adrien e intimandogli di non uscire dalla stanza di Sunan, -Prenditi il tablet, così ci fai i giochini-, lo liquidò e uscì in terrazza per tornare con il modello che aveva realizzato per Alya. La aiutò a indossarlo e ad allacciare le scarpe da sposa che la giovane si era portata dietro, per la prova.

Stava bene, eccome, non sembrava quasi incinta di sei mesi abbondanti, e il colore che infine avevano deciso per la stoffa delle decorazioni era perfetto. Lei era perfetta, dolcissima nonostante la normale isteria pre-matrimonio, burrosa al punto giusto e raggiante, grazie al miracolo che cresceva nella sua pancia.

-Grazie-, seppe dire soltanto all’amica, mentre gli occhi lucidi parlavano per lei.

-Ricordati di farti acconciare i capelli come avevamo detto e di portare le scarpe di riserva, perché a un certo punto sicuramente ti faranno male i piedi con queste. E soprattutto: anche se sembri non incinta, ricordati che lo sei e che devi stare comoda nel tuo abito e non puoi stare tutto il giorno in piedi a fare la sposa giuliva. Ricordatelo-, uno sguardo fermo e tanto affetto, dietro quelle parole. Anche se l’aveva fatta preoccupare, quella notte, Marinette era la sorella perfetta che non era sorella di sangue, ma di anima, avventure e pensieri.

-Non ci vedremo domani, né dopodomani, ma per favore, vieni ad aiutarmi con l’abito, prima del matrimonio-, implorò l’amica e l’abbracciò.

-Non ti lascerò sola in questo momento speciale, te lo prometto-, rispose Marinette e chiamò Adrien perché la salutasse, visto che l’amica stava per andare via.

-Ci siamo quasi… devo cucire poca roba sul suo abito e sistemare il mio-, ricapitolò la stilista, mettendosi al lavoro.

-Fammelo vedere, dai…-, per una volta ancora, Adrien cercò di avere un'anticipazione del modello della sposa, e dopo tanti mesi fu accontentato. Marinette lo condusse al suo laboratorio e gli mostrò l’abito, trepidante per il giudizio del fidanzato. Anche se non era portato per la creazione di modelli innovativi, Adrien era sicuramente la persona adatta per poter valutare la bontà di un capo fatto a mano. Era cresciuto in mezzo alle stoffe e ai manichini e aveva una buona idea di quali fossero i dettagli da cui si poteva vedere se un vestito fosse ben fatto o meno. La sua prima reazione fu di stupore: alzò sorpreso le sopracciglia, ma non emise suono, per timore di ferire Marinette. Era strano vedere un abito dal taglio classico abbinato ad una personalità spumeggiante come quella di Alya, si sarebbe immaginato qualcosa di più moderno e inusuale.

-Questi erano gli altri bozzetti-, gli disse la donna, porgendogli dei fogli piegati a metà con disegnati altri modelli: effettivamente quelli gli parevano più adatti. Guardò la fidanzata con aria interrogativa: se anche lei aveva avuto quel pensiero, come mai alla fine aveva realizzato un modello così classico?

-Guarda dietro-, gli disse lei, facendolo girare attorno al manichino e aprì le tende facendo entrare la luce. Adrien si aprì in un sorriso e annuì soddisfatto, incrociando le braccia al petto e osservando ammirato il movimento che quella stoffa iridescente nei toni del giallo scuro, con punte di arancio, creava quando era bagnata dalla sole. I riflessi dorati andavano a scomporre la classicità del modello in qualcosa di ben differente, come una rivisitazione dello stesso tipo di abito in chiave eclettica ed estremamente moderna. Tornò a guardarlo sul davanti, sorprendendosi del fatto che Marinette non avesse tenuto conto della pancia di Alya: allungò una mano al manichino e con grande stupore lo sentì ben pieno, imbottito proprio sull’addome, eppure dal modello non traspariva lo stato interessante di colei che avrebbe dovuto indossarlo. Lo scollo geometrico e le linee scivolate, ma definite sotto al seno, lo rendevano mimetico nei confronti della pancia pronunciata. Si voltò verso Marinette: -Wow! È geniale!-, esclamò e fu felice nel vedere la reazione soddisfatta della sua fidanzata.

-Fammi vedere anche quello di Nino, per favore!-, la implorò. Avevano dovuto farsi prestare altri due manichini dalla Maison di Gabriel, per poter cucire i quattro abiti per gli sposi e i loro testimoni, e quello di Nino era coperto da un lenzuolo, perché non fosse visibile.

-D’accordo, ma non dire nulla di cattivo-, lo accontentò Marinette, scoprendo un completo alla prima occhiata quasi classico. Visto dal davanti aveva solo una strana conformazione del collo, nella parte alta, mentre l’assenza di cravatta e camicia erano un dettaglio scontato, parlando del DJ casual che avrebbe dovuto indossarlo. -Ohibo!-, esclamò Adrien, comprendendo che lo scollo dal taglio classico si trasformava in un cappuccio sul retro della giacca e che, al tatto, l’abito era fatto di qualcosa di simile alla felpa. Non si vedeva, ma si sarebbe visto una volta indossato che quello, senza dubbio, era un abito unico creato proprio per uno come Nino. -Perfetto-, decretò Adrien, - e suppongo che anche Alya lo abbia approvato, altrimenti non sarebbe qua bello cucito-, pensò a suo padre e a come avrebbe giudicato un modello così audace e sui generis.

-Lo hanno approvato tutti, anche Plagg, per tua informazione, Wayzz e anche… beh, anche un amico a cui ho chiesto dei consigli in corso d’opera…-, Marinette serrò la bocca e non disse altro, gongolandosi però della reazione avuta da Adrien.

-Con il tuo, per fortuna, ho potuto fare qualcosa di classico-, proseguì poco dopo, sollevando la manica dell’abito che aveva voluto realizzare per Adrien, -Sei sicuro che non avresti preferito un modello Agreste?-, domandò guardandolo dal basso.

-Io dico che quello diventerà un modello Agreste ben presto, se non vorrai metterti a fare concorrenza in casa a mio padre-, commentò lui, infondendo grande speranza nell’animo di Marinette. La giovane aveva parlato a lungo con Gabriel, nei mesi precedenti e sapeva che l’uomo aveva tenuto d’occhio ogni suo movimento nel settore della moda. Sapeva che apprezzava molto il suo modo di rappresentare il soggetto dietro l’abito e stranamente aveva approvato il completo ideato per Nino, che Marinette, molto dubbiosa, gli aveva sottoposto, seppure fosse completamente fuori dai suoi normali schemi. “Le porte della mia Maison sono aperte per te”, le aveva detto una volta, “basta che tu le varchi e abbia voglia di iniziare questo mestiere”. Gabriel riteneva che Marinette fosse più portata per la moda maschile, per questo la giovane aveva voluto osare con alcuni dettagli per l’abito di Alya e anche per il suo. Aveva lavorato alacremente per creare per sé un modello che fosse perfetto, sebbene non così vistoso da offuscare quello della sposa. Alla fine aveva optato per linee definite e scivolate, che avessero mostrato più l’abilità nella realizzazione, che evidenziato l’originalità stessa del modello.

-Andiamo, adesso-, stabilì Marinette, ricoprendo con il lenzuolo i modelli degli sposi e spegnendo la luce nella dependance in terrazza.

Tre giorni, e la sua amica avrebbe fatto il passo più importante della sua vita. Tre giorni e sarebbe rimasta sola, in quella condizione che avevano condiviso da sempre loro due. Era un grande passo anche per lei.

*********************************************************************************

ANGOLO AUTRICE:

Per prima cosa, scusatemi per il titolo del kaiser... onestamente ci ho messo di più a cercare un titolo (ma poi mi sono arresa), che a scrivere il pezzo! "Altalena" avrebbe reso l'idea, ma l'ho già usato, "Su e giù" sapeva un po' di porno, "Buon Natale" non avrebbe reso giustizia al resto della storia. "Io rinascerò cervo a primavera" era troppo lungo e c'è il copyright sopra... Quindi ho optato per una specie di riassunto funzionale... Tant'è: ho fatto del mio meglio, perdonatemi! XD

In un commento al precedente capitolo è stato fatto cenno al fatto che apparisse un po' frettoloso: beh, ci sta, considerando il fatto che tutta questa parte in realtà non doveva esserci, immagino sia venuta una via di mezzo tra un elenco di fatti e qualcosa di poco più dettagliato, ma mi sentivo di farla e di farla così.

Andiamo al sodo...

Cosa c’entra Luka?

So che molti di voi se lo saranno chiesto e altri avranno pensato che ce l’ho infilato solo perché va di moda: no, non è così. È che in totale onestà non riesco a credere in nessun modo che la vita possa essere davvero tutta rose e fiori e sono dell’opinione che tutto, prima o poi, torni a galla e dipenda solo dalla forza dei legami che si sono costituiti con le persone che fanno parte della nostra vita il modo in cui possano venire affrontate le difficoltà.

Adrien ha passato l’esame, Marinette è stata rimandata a settembre, ma poi l’ha passato pure lei. Marinette non è una madonnina infilzata che ha atteso il ritorno di Adrien come una santa vergine e martire: nella mia mente è una ragazza vera, che ha cercato di andare avanti anche da sola, salvo non farcela. Ma ci ha provato. Ha provato a cercare un modo per sfuggire alla claustrofobia della sua esistenza, nel momento in cui il mondo sembrava essersi stretto su di lei, soffocandola. Ne è stata divorata, più in là, e poi finalmente tratta in salvo da mani forti e occhi verdi, ma ci ha provato anche da sola ad andare avanti. E ritengo che sia giusto che questi tentativi appaiano agli occhi di Adrien, che deve pensare di avere a che fare con una donna vera e non una dea. Una dea la implori e ti fa la grazia, una donna vera la devi coltivare, amare, comprendere e meritarla. Idem il contrario.

Luka. Luka non me lo immagino così, ma in questo frangente era funzionale a quel disagio che volevo introdurre nella coppia perfetta che in un mese spodesta l’allegra famiglia del Mulino Bianco e anche la Royal Family. Mi stavo facendo venire il diabete da sola, ci voleva un po’ di bitter. Luka ci prova, ci riprova, perché è un’anima libera e “come viene viene”. Perché non avevo detto in passato che il chitarrista con cui stava Chloé era proprio lui? Perché avevo dato per scontato che fosse lui e che semplicemente Marinette fosse sufficientemente fuori dai giri e con la testa altrove anche solo per porsi il problema e scavare minimamente nella privacy dei suoi ex amici o, nel caso di Chloé, dei suoi ex non-amici. E il POV era di Marinette.

E le spogliarelliste? Anche Adrien non è perfetto (anche se ne parlerò meglio dopo l'epilogo), sebbene si avvicini molto alla perfezione, ma la perfezione non esiste, quindi anche per lui andava inserita qualche macchiolina, sempre secondo il mio parere. Lui e Nino, però, di fatto sono due bamboccioni che si adeguano alla tradizione e ci ridono su, proprio come due adolescenti cresciuti. Sono in buona fede. D’altronde, da quel punto di vista, Adrien ha già dato a sufficienza in passato…

Il Natale poi è stato un attimo quasi autobiografico, tra le varie diatribe su inviti, menù ecc ecc. Mi serviva per unire le famiglie e mostrare un po’ di imprevisti. Che cosa regala Gabriel ad Adrien? Non ve lo dico...

SuperBombo? Beh, povero Fu e povera Pollen, non potevo chiudere la storia senza dedicare anche a loro un breve accenno! Quello che Fu fa (e fe fi fo) è però molto importante: divide il potere della conoscenza su sei persone e le vincola così indissolubilmente tra loro. Tutti, anche chi è stato cattivo, e poi li consacra protettori di Parigi. In un fugace istante Fu ha indossato una maschera da Stan Lee, ma non ve l’ho detto…

E poi… boh, direi che c’è poco altro da aggiungere, a breve l’epilogo, che sarà molto corto, probabilmente troppo confuso, ma su cui ho versato reali lacrime che non ci vedevo più bene a scrivere, con gli occhi umidicci. Chiedo dunque venia in anticipo se non vi soddisferà appieno.

Un bacio e, per l’ultima volta, alla prossima!

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni europei > Miraculous Ladybug / Vai alla pagina dell'autore: Florence