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Autore: The Blue Devil    27/01/2019    4 recensioni
Eccomi qua, ci son cascato pure io, in una noiosissima Candy/Terence con Albert nell'ombra... davvero?
Chi è il misterioso individuo che si aggira nei luoghi tanto cari alla nostra eroina? Qual è la sua missione? La sua VERA missione? Cosa o chi, alla fine di essa, sarà in grado di trattenerlo a Chicago? Quante domande, le risposte stanno all'interno...
Il titolo è un omaggio a tutti i ''se'' con cui si apre la storia.
dal 3° capitolo:
... Non ne ho parlato con lei, ma io sono sempre rimasto in contatto, in maniera discreta, con Terence. E non le ho neanche mai raccontato di averlo cacciato, quando lo trovai ubriaco da queste parti, anni fa. Vi chiedo di vegliare sempre su di lei, con discrezione, poiché la vedo felice, forse troppo, e non vorrei subisse un’altra delusione".
"Perché parlate così?", chiese, dubbiosa, Miss Pony.
"Non so, ho una strana sensazione, come se stesse per accadere qualcosa di molto spiacevole. E lo consiglio anche a voi: state attente e tenete gli occhi aperti".
"Così ci spaventate, Albert", osservò Suor Maria.
"Non era mia intenzione spaventarvi", asserì Albert, "Forse sono io che mi preoccupo per niente; sì, forse è così...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Candice White Andrew (Candy), Terrence Granchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Buona lettura


Capitolo 32
Un’incredibile verità

"Bene, analizziamo i fatti certi", esordì Harrison, aprendo la discussione alla quale presenziarono anche Terence, Archie e Stear.
Harrison aveva chiesto quell’incontro, dal quale aveva volutamente escluso sia le ragazze, sia Tom, sia qualsiasi altra persona legata a quella vicenda – "Il perché lo capirete dopo", aveva spiegato –, con lo scopo di illustrare agli amici la sua teoria, che lui riteneva corretta e con poche – per non dire nessuna – alternative.
"Già", gli fece eco il cugino, "Partiamo dalle certezze; ti ascoltiamo".
"Allora... Iriza è colpevole, ha appiccato lei l’incendio... me l’ha anche confessato e inoltre ha una brutta scottatura ad una mano...".
"E cosa aspettiamo allora? Andiamo a prenderla, facciamola confessare e appendiamola al primo albero che troviamo", sbottò Archie, interrompendo McFly e provocando le proteste degli altri due:
"Ma che stai dicendo? Sei impazzito? Non dici sul serio...".
"Certo che no! È un modo di dire...".
Harrison riprese:
"Vi prego di non interrompermi e, per tua informazione, Archie, io non userò modi di dire, ma andrò subito al sodo".
"Chiedo scusa. Va bene, continua", assentì Archie.
"Intanto si è scottata in casa con del tè bollente in presenza di Dorothy. Vi starete sicuramente chiedendo perché ve l’ho detto in quel modo così ambiguo; l’ho fatto per farvi capire che, a volte, l’apparenza inganna, che alcuni fatti possono darci false certezze; quella scottatura poteva avere molteplici spiegazioni, ma tutti noi, me compreso, abbiamo subito puntato su quella più facile, su quella più comoda. Comunque non importa, Iriza è colpevole e ha appiccato l’incendio con l’intento di far del male a Candy o ai bambini, come udito da Archie tempo fa".
"Già, te l’ha pure confessato...", sibilò il minore dei Cornwell, a mezza voce.
"Quindi, se ciò fosse vero, il giorno dopo lei, il cui stupore nell’apprendere la notizia mi è parso genuino, si sarebbe preoccupata della salute dei bambini, prima di ogni altra cosa? Si sarebbe scossa nell’apprendere che una bambina in particolare ha rischiato di farsi del male? Avrebbe ringraziato il Cielo sapendo che la bambina era incolume? Di sicuro mi avrebbe chiesto se per caso Candy non fosse morta carbonizzata, se questo fosse stato il suo obbiettivo. Non l’ha fatto. Vi sembra un comportamento coerente con la supposizione iniziale?".
Il pensiero di Candy carbonizzata fece rabbrividire Terence, che commentò:
"Potrebbe aver simulato, no?".
"A te, il suo stupore è parso genuino... di genuino in lei non c’è mai stato nulla", aggiunse Archie.
"Bravo Archie, hai detto giusto, non c’è mai stato... ma ora potrebbe esserci; ti ricordo che anche se tu, se voi, la conoscete da tanto tempo, ultimamente io, a differenza vostra, le sono stato addosso; tu stesso me l’hai rinfacciato più volte, Archie; e, standole addosso, ho potuto notare una certa evoluzione, nel suo carattere, magari piccola, ma c’è stata".
"Lo dici tu", lo punse Archie, "Forse perché sei, incredibilmente, attratto da lei".
"Si sbaglia anche Dorothy? Anche lei è attratta da Iriza? E di Tom che mi dici? Ti pare uno sprovveduto? E tuo fratello? Prova a chiedere a lui cosa pensa di Iriza, adesso".
"È possibile che mio fratello sia ancora un po’ confuso... è appena tornato a casa, in fondo; può anche darsi che la storia del regalo lo abbia fuorviato, ma sono sicuro che tornerà in sé. E poi Iriza ha confessato, l’hai detto tu...".
"Un punto per te, è una spiegazione plausibile", convenne Harrison, mentre osservava Stear, stranamente taciturno.
"Ma dimentichi una cosa", proseguì prontamente, "Dimentichi la persona che meglio conosce la Legan, e che più ha subito da lei. Terence, che dice Candy? Sicuramente avrete commentato gli ultimi eventi, prima dell’incendio; che opinione s’è fatta della vipera, come la definite solitamente voi, di questi ultimi tempi?".
"E questo è un punto per te", commentò suo cugino; non v’era bisogno di aggiungere altro, tutti avevano compreso quale fosse il pensiero di Candy.
"Se addirittura lei ha notato qualcosa... ma non voglio forzare il discorso. Iriza è colpevole. Ma... quando uno va ad appiccare un incendio... indossa dei costosissimi guanti pregiati? A quale scopo? Non dimentichiamo che Iriza è viziata e vanitosa, le piacciono il lusso e le cose belle: non rovinerebbe mai dei bellissimi guanti in quel modo".
"Colgo del sarcasmo in questa tua ultima affermazione", commentò Terence.
"Non dite niente? Provo a spiegarlo io allora: ha usato quei guanti perché, se non l’avete capito, ora mi odia per colpa di suo fratello, e quei guanti le ricordano me; magari si ricorda anche che le dissi di essere stato io a regalarglieli, quindi simboleggiano me; forse non voleva bruciare solo Candy, ma anche me – e tutto quel che mi riguarda – e ha cominciato dai guanti".
"Perché ho l’impressione che ci sia un ma in arrivo?", chiese Terence.
"Il ma lo introduco io: ma da che parte stai? Sembra che tu stia facendo di tutto per incastrare la tua bella!", s’intromise Archie.
"Appunto: sembra. Forse non vi siete accorti che sto smontando tutte le nostre certezze. E Terence ha ragione... ma dov’è il secondo guanto? Se voleva liberarsi di quegli indumenti, perché tenersene uno? Per ricordo? E ancora: me la dipingete come un essere scaltro e diabolico e poi è così stupida da lasciare sul luogo del delitto la sua firma? Suvvìa".
"E allora?", sbottò Archie.
"Allora ve lo dico io: Iriza non voleva liberarsi di nulla, non voleva bruciare me, né Candy, né nessun altro".
Finalmente Stear, che fino a quel momento era stato zitto, intervenne nella discussione:
"Dicci perché ne sei così sicuro".
"Ha ancora il mio fazzoletto: avrebbe cominciato da quello, non dai guanti... e mi avrebbe anche potuto incastrare, se avesse voluto", lo accontentò Harrison.
Seguirono attimi di silenzio; poi Terence osservò:
"Quindi ci stai dicendo che credi alle parole di Iriza? Avrebbe perso i guanti? È un po’ debole come versione...".
"Niente affatto. Credo alle parole di Iriza, ma non ha perso i guanti, glieli hanno rubati o, se preferite, glieli hanno presi... due volte, durante le indagini, è saltato fuori il giorno della nostra visita all’orfanotrofio... anzi una volta sola, poiché il secondo accenno si riferiva più alla seconda visita che alla prima. Non capivo perché la cosa stonasse e perché questo ricordo mi abbia perseguitato per tutta la notte. Il primo accenno dimostrava la colpevolezza di Iriza, ma il secondo, fattomi da Dorothy, ne dimostra l’innocenza, a mio avviso: la seconda volta Iriza, quei guanti, non li aveva più. Ci ho pensato e ho capito l’errore, solo andando a trovare i miei piccoli amici e ripercorrendo con la mente gli avvenimenti di quel giorno... ma c’è una cosa che non vi ho ancora detto".
"E quale sarebbe?", chiesero ad una voce i tre amici, che cominciavano a sentirsi esasperati.
"L’incendio è una burla".
Terence e Archie assunsero un’espressione che definire stupita sarebbe eufemistico, solo Stear pareva serio. Infatti, prevenendo gli altri, disse:
"Penso che tu abbia ragione; se vuoi fare del male non vai ad incendiare un edificio che sai essere sicuramente vuoto, ad una certa ora, e che è staccato dall’edificio principale, come sono la cappelletta nuova e la Casa di Pony. Chi ha appiccato l’incendio non voleva che qualcuno si facesse male; e questa considerazione rende nulla la prova portata da mio fratello".
"Cioè, voi dite che l’aver sentito Iriza dire di voler bruciare Candy e la Casa di Pony non prova la sua colpevolezza? Non prova neanche il contrario, però... e definire un incendio una burla...".
"Ma non hai capito, Archie? Chi ha appiccato l’incendio non voleva far male a nessuno... voleva far male solo ad una persona: Iriza! E chi si immaginava che si sarebbe alzato il vento? E chi si immaginava che una bimba curiosa si sarebbe fatta attrarre dallo spettacolo del fuoco, che è così affascinante per i bambini? Io mi sono concentrato sulle parole pronunciate da Iriza dopo il primo appuntamento, sulla visita in sé... non sui gesti e sulle persone presenti quel giorno. Quando rientrammo, Iriza gettò i guanti e il cappellino sul divano del salone, dicendo di non volerli più*. E quando uscii dalla villa erano ancora lì, sul divano... Iriza non è più scesa, era scossa, agitata e non stava bene, ma, il particolare che mi sfuggiva riguardava la giacca: l’avevo dimenticata sulla spalliera del divano e sono rientrato a prenderla; non ho notato più i guanti sul divano, ma... c’era un’altra persona con me, in quel salone".
Il gelo calò nella stanza. Poi Harrison proseguì:
"Stear, come ti sei accorto dell’incendio?".
"Diciamo che, non riuscendo a dormire, mi sono messo a passeggiare nel bosco, quando ho visto alzarsi dei bagliori...".
"E tu, Archie?".
Terence fissò l’amico e lo incalzò:
"Già, come hai fatto ad arrivare subito là? Stear ha detto che ha visto l’inizio dell’incendio e ti ha incontrato subito dopo".
"Non puoi aver sentito o visto nulla, a meno che... tu non fossi già là... tu hai preso i guanti di Iriza e non hai avuto il tempo di liberarti del secondo guanto, perché un bambino ti ha visto e temevi di essere riconosciuto", sentenziò Harrison.
"Ma che diavolo stai dicendo? Tu sei matto!", sbraitò l'accusato, alzandosi in piedi di scatto.
Stear s’infilò una mano in tasca e gettò sul tavolo un guanto, dall’aspetto ancora nuovo: il guanto mancante.
"Non avevi previsto di incontrarmi, vero? E dovevi liberarti del guanto, perciò l’hai buttato nella boscaglia; l'ho trovato non molto lontano da dove ti ho incontrato, ed eravamo soli... magari contavi di ritornare a prenderlo e di buttarlo tra le macerie... ma non c’è stata l’occasione: è così, Archie?".
"Magari, se cerchiamo bene, troviamo anche il mantello, da quelle parti", osservò Harrison.
Archie ricadde sulla sedia e si prese la testa fra le mani.
"Ero sicuro avessi trovato qualcosa, Stear; eri troppo taciturno e una tua frase, ieri, mi ha aperto gli occhi: l’amore, a volte, può offuscare la mente...".
"Infatti sospettavo... ma non volevo crederci... Archie mi hai deluso".
Terence si alzò di scatto e prese Archie per il colletto della camicia, tirandolo su:
"Ma che hai fatto, sciagurato! Come hai potuto? E se qualcuno si fosse trovato nella cappella?".
Terence stava pensando all’incontro con Candy, dopo il suo ritorno a Chicago, avvenuto di notte nella cappelletta; anche Stear si ricordò della notte passata con Candy nella stessa cappelletta.
"Perché l’hai fatto, Archie? Cosa avevi nella testa?", gli chiese il fratello.
"Io... io non volevo far male a nessuno... ha ragione Harrison, avevo calcolato tutto, nessuno si sarebbe fatto male, ma poi s’è alzato il vento...".
"E tu eri quello che voleva appendere Iriza al primo albero? Sì, ho capito il discorso della cappelletta, del vento... ma perché?", gli chiese anche Terence, dopo averlo mollato.
"Quando... quando ho visto Tom ed Annie insieme... tutti vi siete riuniti: tu con Candy, Stear con Patty... non potevo sopportare che anche Iriza... Neal ha pagato, doveva pagare anche lei".
"Archie, sei un cretino!", sbraitò Terence, "Tra Annie e Tom non c’è nulla! Annie ti ama e sta soffendo per questa situazione; non ti ha creduto quando le hai detto che è tutto a posto. Me l’ha detto Candy; l’ha vista veramente a pezzi, e tu vai a combinare questo disastro?".
Stear intervenne:
"Harrison, ti dobbiamo delle scuse; se sei d’accordo, penso che potremmo dimenticarci di questa brutta faccenda; ma se invece vorrai denunciarlo... rispetterò la tua decisione, qualunque essa sia, e lo farà anche Archie".
"No, non penso di denunciarlo, in fondo non è un cattivo ragazzo, ha agito d’impulso e non voleva far del male a nessuno; paradossalmente si potrebbe dire che questa brutta vicenda abbia giovato a qualcuno. Inoltre, uno scandalo di questa portata nuocerebbe gravemente agli affari di tre famiglie, oltre che alla salute della vostra simpatica prozia... ma... c’è una cosa che gli devo dire".
Harrison si avvicinò ad Archie e gli sferrò un colpo al volto, che lo fece cadere a terra.
"E con questo, spero che d’ora in poi lascerai in pace me ed Iriza; per l’incendio ci inventeremo qualcosa, potrei anche dire di essermi sbagliato sulla sua natura dolosa".
Terence che, al pari di Stear, aveva capito chi fosse quel "qualcuno" a cui aveva accennato Harrison, commentò:
"Non avrei mai immaginato che tu scendessi a livelli più bassi di quelli che hanno toccato i due Legan... sono deluso anch’io. Ma mio cugino ha ragione e, siccome ti conosco da tanto, credo sia giusto darti la possibilità di rimediare, in qualche modo".
"Neanche immaginate quanto io mi vergogni di quel che ho fatto... è la verità", mormorò Archie, a mezza voce.
"Avete capito adesso perché non ho voluto far partecipare le ragazze all’incontro? Però penso che sia giusto che Annie sappia; io non le dirò nulla, spetterà a te Archie, decidere se raccontarle la tua follia oppure no; raccontarglielo potrebbe anche servire a riunirvi a rafforzare il vostro rapporto. Pensaci".
La riunione fu chiusa da Stear:
"Credo sia inutile ricordarvi di non informare Albert... anche lui ci rimarrebbe troppo male; e poi non voglio che gli si rovinino questi giorni di progetti, importanti per il suo futuro. Ho capito perché è andato a New York, aveva una luce diversa negli occhi quando è partito".
I ragazzi si separarono ed Harrison rientrò alla sua locanda.
"No, adesso basta. Domani affronterò Iriza e non entrerò da balconi o da finestre; basta fare il Tarzan, arrampicarsi sugli alberi e altre stupidaggini... entrerò dalla porta principale e la vedrò, nessuno riuscirà a fermarmi... ma ora ho solo  bisogno di dormire".
Benché il tramonto fosse ancora molto lontano, Harrison si gettò sul letto, deciso a concedersi il giusto sonno, che gli mancava da un paio di giorni: aveva bisogno di riordinare le idee e di purificarsi il cervello, prima di intraprendere qualsiasi nuova azione. Se fosse servito, avrebbe dormito anche ventiquattr’ore di fila!

Recatosi alla "Casa di Pony", convinto di trovarla ancora là, Terence fu informato da Suor Maria – rientrata per prendere alcuni oggetti utili ai bambini, sistemati provvisoriamente da Cartwright – che avrebbe trovato Candy nel suo appartamento in città: vi si era diretta, su una vettura che era venuta a prenderla, lasciando detto che c’era una sorpresa per il suo fidanzato.
"Candy, che è successo? Suor Maria mi ha fatto preoccupare; come mai sei venuta qui? E con chi poi?", attaccò subito il ragazzo, appena giunse alla "Casa della Magnolia".
"Sei troppo apprensivo, come al solito", lo rimproverò la ragazza, accogliendolo con un bacio, "La cosa è semplice: mentre tu eri via, una vettura è venuta a prendermi per portarmi qui; c’è una persona che mi voleva vedere e che ora vuol vedere te; è una sorpresa".
"Mmmh, questa cosa non mi piace, troppi misteri".
Una voce familiare e cara si fece udire alle spalle di Terence:
"Non sei contento di vedere tua madre? Come vedi non c’è nessun mistero".
Terence si voltò di scatto e, dopo un primo momento di smarrimento, si gettò tra le braccia che Eleanor Baker, sua madre, aveva aperto, pronte all’abbraccio.
"Mamma, come sono felice di vederti... quanto tempo... ma perché sei qui, ti credevo impegnata con la tua compagnia!".
"Oh, Terence! E tu credi che mi sarei persa il tuo matrimonio? Con te ho fatto tanti, troppi errori nella mia vita; non voglio più sbagliare, tu vieni prima di tutto".
Quell’abbraccio, così tenero, commosse Candy, che fu invitata dalla donna ad unirvisi anche lei:
"Vieni anche tu! Sono felice per voi".
Quindi si accomodarono sul divanetto e Terence volle sapere: Eleanor gli spiegò che nel loro ambiente le voci corrono veloci e poi... aveva ricevuto una lettera di Susan Marlowe.
"Quella ragazza non finisce mai di stupirmi", commentò Candy.
Ora era la volta di Terence: senza entrare nei dettagli, egli raccontò brevemente a sua madre dell’incendio della cappelletta della "Casa di Pony" e poi informò tutte e due che il caso era chiuso.
"Iriza Legan non c’entra nulla", disse, "e comunque è tutto risolto".
Alla comprensibile domanda di Candy, riguardante il colpevole, Terence rispose evasivamente, rimandando ad un’altra volta i dettagli.
Eleanor fu d’accordo:
"Ora dovete pensare solo a sposarvi e a essere felici, ve lo meritare e, se ti fa piacere, Candy, sono qui per aiutarti in tutti i preparativi per il matrimonio".
"Non potrei desiderare un’aiutante migliore", rispose la ragazza, al colmo della felicità e soddisfazione nel constatare che, tra Terence e sua madre, dopo tante tribolazioni, le cose stessero funzionando bene.

Il mattino seguente, tenendo fede al suo impegno, Harrison si presentò ai cancelli di Lakewood; non ebbe difficoltà ad entrare, data la sua nuova condizione di "conte", ma, naturalmente, gli fu detto che Iriza non voleva vederlo.
"Beh, la signorina Legan non mi vuol vedere? Eh, ma io voglio vedere lei", rispose alla padrona di casa, prima di avviarsi, con passo sicuro, su per la scala.




* in apertura del decimo capitolo. Alla fine di quel paragrafo vi è l’episodio della giacca.








CONSIDERAZIONI DELL’AUTORE:

Ancora un ritardo... ma non sto affatto bene, nel fisico e nello spirito...


The Blue Devil






















Ringrazio tutti i lettori che vorranno imbarcarsi in quest’avventura, che neanch’io so dove ci porterà (se ci porterà da qualche parte)...
   
 
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