Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
Segui la storia  |       
Autore: Btsuga_D    27/01/2019    4 recensioni
[COMPLETA] Nello slang giovanile, "Hook-up" é il famoso rimorchio senza impegno. L'accordo riguarda la possibilità di fare sesso senza che ci sia un sentimento sottostante. Suga, famoso Idol e rapper del gruppo BTS, è conosciuto per le sue "scappatelle di una notte" con le sue fan. La sua regola numero uno: tutto è concesso, tranne i baci sulla bocca. Per delle sfortunate circostanze, Kang Yorin è costretta a dover andare ad un fan-sign dei BTS al posto della sua migliore amica, venendo subito notata dal bel rapper. Yorin accetterà la sua offerta o resterà fedele alla sua regola numero uno, donarsi solo all'uomo che ama?
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Hook-Up
❖ Shooting - Day 1




Sorvolai su quella frecciatina che era chiaramente rivolta a me e spostai l’attenzione sulla foto del post. Ci cliccai sopra per zoomarla e appoggiai la schiena contro il sedile della metropolitana per mettermi in una posizione più comoda. Era davvero lui? Lo avevo sempre visto con i capelli celesti e mi faceva troppo strano vederlo con un colore così comune. Sembrava… diverso.
 
Nonostante ciò rimaneva sempre il solito puttaniere.
 
Eh sì, alla fine mi ero ritrovata a seguirli su Twitter. Non avevo potuto farne a meno visto che ora, legalmente parlando, Yoongi era il mio datore di lavoro. Il solo pensiero mi faceva digrignare i denti, ma non potevo biasimare nessuno, soltanto me stessa. Volevo avere le mie risposte e per riuscirci ero persino disposta a sorbirmi la sua compagnia. Questo bastava a farmi capire quanto potessi essere disperata.
 
Ero decisamente in ritardo visto che il pullman aveva avuto un guasto ed ero stata costretta a prendere la metro, o come la chiamavo io, gabbia per animali. Lì dentro la gente stava sempre tutta ammucchiata e non so per quale miracolo del cielo ero riuscita a trovare un posto a sedere. Forse Dio aveva capito che se non fosse stato così magnanimo, alla prossima fermata il tipo che mi stava un po’ troppo attaccato al culo sarebbe finito sotto le rotaie.
 
Finalmente arrivai al mio capolinea. Riposi il cellulare nella borsa e mi avviai verso l’indirizzo inviatomi la sera precedente da Min Yoongi. Non si era neanche preoccupato di scrivermi un “Ciao, come stai?”. Mi aveva inviato direttamente la posizione del posto, poi si era di nuovo volatilizzato nel nulla. Forse lo aveva fatto per farmi capire che mi aveva sbloccato solo per “questioni lavorative”?
 
Dio, quanto avrei voluto prenderlo a pugni.
 
Sollevai gli occhi al cielo quando davanti all’edificio vidi l’ennesimo bodyguard. Ovviamente era diverso da quello di ieri. Ma quanti diavolo ne avevano? Uno per ogni giorno della settimana? Avrei passato un’altra ora davanti al portone per cercare di convincerlo che non ero una sasaeng. Già sentivo le mie imprecazioni risuonarmi in testa e raggiungere il cielo.
 
«Salve, sono Kang Yorin. Lo so che può sembrare strano, ma sono qui per…»
 
«Oh certo, da questa parte,» m’interruppe l’uomo spalancando immediatamente la porta alle sue spalle per permettermi di entrare. «La stanno aspettando.»
 
Ammetto che rimasi piuttosto perplessa.
 
«Ah… Davvero?»
 
«Certo… Lei non è Kang Yorin, l’assistente personale di Min Yoongi?»
 
Per poco non sentii il rumore della mia mascella che si schiantava contro il pavimento. Assistente personale? Stava dicendo sul serio?
 
«Sì… Forse. Qualcosa del genere…»
 
«Ah, ha detto di ritirare il suo tesserino all’entrata. La nostra receptionist la sta aspettando.» Indicò una signorina bionda seduta dietro il bancone, appena dopo l’entrata. Gli lanciai un’altra occhiata perplessa e attraversai la soglia, raggiungendo immediatamente la ragazza.
 
«Oh, è l’assistente di Min Yoongi, giusto?» mi domandò la ragazza con un sorriso che mi fece quasi indietreggiare per quanto fosse luminoso. Mi ricordava quello di Jimin. Annuii un po’ controvoglia e lei si mise a frugare in un cassetto sotto la scrivania.
 
Che diavolo aveva fatto quel deficiente? Aveva spifferato il mio vero nome a mezzo mondo nonostante gli avessi fatto capire di non farlo?! Questa volta lo avrei ammazzato sul serio, altro che scossa elettrica. La signorina mi tese il mio nuovo badge magnetico e io lo afferrai titubante. Quando lessi il nome che vi era impresso sopra, spalancai la bocca.
 
MEMBRO DELLO STAFF
Big Hit Entertainment
Assistente Personale
Kang Ji Woo
 
Oddio, questa non me l’aspettavo. Rimasi immobile nello stesso punto mentre facevo scorrere gli occhi sui caratteri che componevano il nome della mia migliore amica. Yoongi aveva falsificato un badge lavorativo… per me? Beh, dovevo ammettere che non mi sarei mai aspettata questa gentilezza da parte sua, ma la mia mente, ormai troppo abituata ai suoi trabocchetti, pensò subito che doveva esserci qualcosa dietro. Per forza. Non poteva averlo fatto solo per farmi un favore.
 
«Ah, c’è anche questa,» mi disse la ragazza allungandomi una maglietta bianca con la scritta STAFF sul retro. «Può indossarla nel camerino al secondo piano.»
 
La ringraziai ed entrai nell’ascensore con il badge e la maglietta stretti al petto. Quel posto era gigantesco. Non ero mai stata in uno studio fotografico, ma una volta Yoona mi aveva detto che in realtà si trattava di uno spazio enorme e vuoto che all’occorrenza veniva arredato con i vari set. Quando le porte dell’ascensore si spalancarono, mi ritrovai davanti una sala immensa, piena di attrezzature fotografiche e gente che correva a destra e a sinistra. In un angolo, verso il fondo della stanza, c’era un set completamente bianco, quasi etereo. Era da lì che si originavano i click delle macchine fotografiche e i flash che stavano illuminando una persona seduta a terra sul parquet.
 
Il ragazzo era vestito di bianco dalla testa ai piedi e teneva un velo trasparente sulla testa mentre il fotografo avvicinava la macchina fotografica al suo viso. Erano lacrime quelle che gli stavano scorrendo sulle guance? Incredula, assottigliai gli occhi per mettere a fuoco il viso del ragazzo.
 
 Era Jungkook.
 
Perché diamine stava piangendo? Ma nessuno sembrava preoccuparsene, perciò doveva far parte del suo lavoro. Non lo invidiavo per niente. Io a malapena riuscivo a far uscire delle lacrime vere, figuriamoci quelle finte. Avrei fatto impazzire il fotografo e alla fine sarei impazzita io.
 
Fermai la prima persona che mi passò davanti e le chiesi dove fosse il camerino. Dopo avermi squadrato dalla testa ai piedi, m’indicò una porta che si trovava proprio dietro alle mie spalle. Era una stanzetta relativamente piccola e piuttosto incasinata. C’erano vestiti ovunque e trucchi abbandonati sui ripiani di fronte agli specchi.
 
Poggiai la maglietta e il badge su uno di questi ripiani e cominciai a sbottonarmi la camicetta con gli occhi fissi su ciò che stavo facendo. Quando i bottoni si aprirono a sufficienza per lasciare intravedere il mio reggiseno, sollevai lo sguardo di fronte a me. Mi venne quasi un colpo quando nel riflesso dello specchio incontrai gli occhi voraci di Min Yoongi, che stava comodamente appoggiato alla porta chiusa con le braccia conserte.
 
«Dio, ma sei matto?! Mi hai fatto prendere un colpo!» sbraitai afferrando subito la maglietta con la scritta STAFF per coprirmi il seno. Yoongi sogghignò.
 
«Oh, continua. Non fermarti solo perché ci sono io,» mi stuzzicò facendo cadere gli occhi su ciò che stavo cercando di nascondere.
 
«Ti piacerebbe.»
 
Yoongi inclinò la testa e un ciuffo di capelli neri gli sfiorò le ciglia lunghe. Non potei fare a meno di fissarlo. Non sembrava nemmeno lui. Lo squadrai dalla testa ai piedi e gli occhi mi caddero su ciò che stava indossando. Una maglietta larga, ricamata e trasparente sulle spalle, insieme ad un paio di pantaloni attillati. Come Jungkook, era vestito completamente di bianco. Sembrava un angelo.
 
«Che c’è? Sono così bello che non riesci a togliermi gli occhi di dosso?»
 
La sua voce mi fece alzare lo sguardo e mi ritrovai a guardarlo di nuovo negli occhi. No, mi ero sbagliata. Non sembrava nemmeno lui un corno. Era ancora il Min Yoongi strafottente e puttaniere di sempre.
 
Non risposi alla sua domanda e continuai a fissarlo mentre infilava le mani nelle tasche dei pantaloni. Iniziò a camminare verso di me e i suoi occhi non lasciarono i miei finché non mi fu esattamente davanti. A quel punto, li abbassò nuovamente sul mio collo scoperto.
 
«Sei in ritardo,» mi ammonì senza guardarmi in faccia. «Un’ora di ritardo, per la precisione. Non ti aspettare che ti paghi per questa giornata di lavoro. Te lo scordi.» M’imbronciai, e quando Yoongi chinò la schiena in avanti per poggiare le mani sul ripiano dietro la mia schiena così da intrappolarmi, mi strinsi più forte la maglietta contro il petto. «Ma se vuoi posso pagarti in altri modi,» mi sussurrò sfiorandomi il lobo dell’orecchio con la punta del naso.
 
Ridacchiai. «No grazie. Da te accetto solo soldi,» affermai scostandomi leggermente. «E non è stata colpa mia. Sono stata costretta a prendere la metro perché il pullman ha avuto un guasto. Ho dovuto sorbirmi la calca di gente e i pervertiti come te che cercavano di toccarmi il culo.» I suoi occhi si assottigliarono. «Purtroppo non ho la fortuna di avere un SUV e un autista privato che mi scarrozza a destra e a sinistra.»
 
«Beh, da oggi lo avrai.»
 
Spalancai gli occhi. «Eh?»
 
«Parlo del nostro autista, perciò non osare prendere di nuovo la metropolitana, chiaro?»
 
«Posso prendere benissimo il pullman. Non c’è bisogno che fai scomodare il vostro autista solo per m-»
 
«Io sono il capo, io decido come vieni a lavoro,» m’interruppe. «Fine del discorso.»
 
Sollevai gli occhi al cielo e poi li abbassai per rendermi conto che mi stavo ancora coprendo il seno con la maglietta. «Ti dispiace voltarti?» gli domandai ironicamente. «Dovrei cambiarmi.»
 
«Sì, mi dispiace.»
 
Lo fissai furibonda. «Min Yoongi, non credere che non l’abbia capito. Questi camerini sono riservati agli artisti, c’è scritto sulla porta. Hai detto alla receptionist di farmi cambiare qui così avresti potuto fare i tuoi sporchi comodi. Dico bene? E per sporchi comodi intendo guardarmi mentre mi cambio. Ma non ti vergogni neanche un po’?»
 
«Sinceramente no. È troppo divertente vederti imbarazzata.»
 
Già, lo avevo capito. Era chiaro come il sole che si stesse divertendo da matti a stuzzicarmi, ma io avevo un messaggio per lui. Kang Yorin non provava vergogna davanti a niente e nessuno.
 
«Perfetto. Allora guarda pure ciò che non puoi avere. Spero che tu ti diverta,» gli sussurrai a qualche centimetro dalle labbra guardandolo con sfida.
 
Senza neanche un briciolo di vergogna, lasciai cadere la maglietta a terra e ripresi a sbottonarmi la camicetta mentre lo guardavo dritto negli occhi a mo’ di sfida. Tuttavia, gli occhi di Yoongi non stavano guardando i miei, ma fissavano increduli le mie dita che si spostavano lentamente verso il basso per lasciare intravedere il mio ventre piatto. La camicetta mi scivolò giù per le spalle e finì a terra, andando a fare compagnia alla maglietta bianca.
 
Ero in reggiseno davanti a Min Yoongi, ma ciò che provavo era solo un fortissimo senso di vittoria. I suoi occhi sconvolti che continuavano a ripassare le curve del mio corpo erano un vero spettacolo. Mi spostai i capelli su un lato e scoprii il collo per dargli una visuale perfetta di quel punto su cui sapevo si sarebbe fiondato, se solo avesse potuto.
 
Il suo pomo d’Adamo andò su e giù a causa della saliva che aveva appena inghiottito. «Ti piace quello che vedi?» gli domandai con voce sensuale. «Vuoi che mi tolga anche i pantaloni?»
 
«Yorin…»
 
«Cosa? Ieri la tua Soo Jin non ti ha soddisfatto a sufficienza?» mi sfuggì senza che potessi impedirlo. Non so perché, quella ragazza mi stava altamente sulle palle, soprattutto per il modo in cui mi squadrava ogni volta che avevo la sfortuna di incrociarla.
 
«Per niente,» rispose Yoongi lasciandomi senza parole. Si avvicinò impercettibilmente e il suo sguardo si spostò dal mio seno alla mia faccia. Finalmente mi stava guardando negli occhi. «Continuavo a pensare a te.»
 
Wow… Questo ragazzo soffriva sul serio di qualche disturbo. Come diavolo faceva a cambiare così velocemente? Un secondo prima era il solito Suga pervertito, e il secondo dopo era quasi… dolce? Era successo fin troppe volte perché fosse solo una coincidenza.
 
«Che cosa ti è successo, Min Yoongi?» gli domandai, stavolta con serietà. «Davvero mia sorella ti ha trattato talmente male da farti diventare… così?»
 
«Così come?» m’incalzò. Sembrava essersi arrabbiato all’improvviso.
 
«Come se avessi completamente perso fiducia nell’amore.»
 
«Non credo che queste siano le parole giuste per spiegare ciò che mi ha fatto tua sorella,» mi rispose liberandomi finalmente dalla gabbia che mi aveva costruito intorno. Si allontanò per guardarmi meglio in faccia.
 
«E quale sarebbero le parole giuste?»
 
Yoongi sogghignò e mosse il dito indice davanti alla mia faccia in segno di negazione. «Ah-ah. Te lo sei già dimenticato, tesoro? Decido io quando rispondere alle tue domande. E la risposta a questa domanda non l’avrai oggi.» Abbassò la mano e se l’infilò nuovamente in tasca. «E mi sembrava di averti detto di chiamarmi Boss. Anzi, ora che ci penso, fino ad ora ti sei rivolta a me senza nessuna formalità. Devo forse ricordarti che sei una mia dipendente?»
 
Sbuffai. «Me lo ricordo fin troppo bene. Non c’è bisogno che continui a rigirare il coltello nella piaga.»
 
«Come hai detto?»
 
Sollevai gli occhi al cielo. «No, non c’è bisogno che lei me lo ricordi,» mi corressi sottolineando in modo decisamente esagerato quella parolina che avrebbe potuto farmi vomitare.
 
«Non manca qualcosa?»
 
«Non ti chiamerò mai Boss! Mettitelo bene in testa!» urlai fulminandolo con lo sguardo, ma proprio in quel momento la porta si spalancò.
 
«Hyung! Il fotografo ha detto che è il tuo turn-» Jimin, che ad un primo sguardo non avevo riconosciuto a causa dei capelli neri, si bloccò sulla soglia con la faccia tutta rossa e gli occhi spalancati. Non capii cosa gli fosse preso finché Yoongi non si mise davanti a me per… coprirmi?
 
Ah, giusto. Ero ancora in reggiseno.
 
«Oh… Io… Ecco, stavo solo…» cominciò a balbettare Jimin. «Oh, continuate pure. Scusate se vi ho interrotto!» Stava per chiudere la porta, ma poi ci ripensò e si voltò nuovamente verso di noi con la mano ancora sul pomello. «Ji Woo, ma tu che diamine ci fai qui?»
 
«Te ne vai o no?!» urlò Yoongi quasi al limite della pazienza.
 
«S-Sì, certo! Me ne vado… Scusate.» Si richiuse la porta alle spalle con un tonfo sordo mentre Yoongi lasciava uscire un sospiro frustrato. Raccolse la mia maglietta da terra e me la premette contro il petto per convincermi ad afferrarla.
 
«Ma tu sei sempre così disinibita davanti agli uomini?» mi domandò con una punta di fastidio nella voce.
 
«Non sono mica nuda.»
 
Il moro sbuffò incredulo. «No, ma sei in biancheria intima.»
 
«E allora? Non hai mai visto una donna in costume? È la stessa cosa.»
 
S’infervorò ancora e cominciò ad urlare, «I costumi non hanno…!» si bloccò per far cadere gli occhi sul mio reggiseno. In modo più pacato, concluse, «il pizzo nero.» Si leccò le labbra per inumidirle.
 
Trattenni una risata e m’infilai finalmente la maglietta. Era piuttosto stretta, sentivo il petto schiacciato dentro la stoffa e il bordo mi arrivava sopra l’orlo dei pantaloni. Inoltre, essendo bianca, la maglietta lasciava intravedere il mio reggiseno nero.
 
«Lo hai fatto apposta, vero?» lo accusai guardandolo male. «Ti diverte così tanto darmi le cose striminzite?»
 
«Tra uno scatto e l’altro devo pur tenermi impegnato con qualcosa. Di solito non c’è niente di bello da guardare visto che lo Staff è composto principalmente da ragazze oltre la quarantina.»
 
«Beh, come ti ho già detto, guarda quanto vuoi. Tanto puoi fare soltanto quello.» Afferrai il badge e me lo sistemai intorno al collo. «Ah, a proposito…» Afferrai il cartellino e lo sollevai con due dita per farglielo vedere. «Kang Ji Woo
 
«Perché?» mi domandò con le mani ancora nelle tasche. «Ho sbagliato?»
 
«No, ma… Non pensavo te ne saresti ricordato…»
 
«Beh, devi avere un motivo se non vuoi far sapere il tuo nome agli altri ragazzi,» ipotizzò. «Qual è questo motivo?»
 
«Qui le domande le faccio io, Min Yoongi.»
 
«Boss,» mi corresse ancora una volta. «Ti ho detto di chiamarmi Boss.»
 
Sogghignai. «Sì, nei tuoi sogni.»
 
 
«Assistente personale di Yoongi?!»
 
L’urlo di Hoseok mi perforò i timpani. Perché doveva gridare sempre in quel modo? Eravamo tutti disposti in cerchio mentre le truccatrici finivano di sistemarci il trucco e pettinarci. Era piuttosto strano perché per la prima volta avevamo tutti i capelli neri.
 
«Ji Woo, sul serio? Voi due non mi sembravate così tanto affiatati…» le fece notare Jin.  «Se non fosse un reato, ieri Yoongi ti avrebbe uccisa di sicuro.»
 
«In camerino stavano facendo tutt’altro che uccidersi,» disse Jimin con una punta di malizia. Ci guardò entrambi mentre una delle nostre truccatrici stava finendo di sistemarmi il ciuffo. «Sarà vero quel detto, chi disprezza compra?»
 
«Jimin, cuciti la bocca!» intervenne Yorin. «Non stavamo facendo niente. Mi stavo solo cambiando.»
 
«Ah, tu di solito ti cambi davanti a Yoongi?» domandò innocentemente Taehyung. «E io che pensavo che le ragazze fossero tutte riservate.»
 
«Aspetta un attimo…» sussurrò Yorin con un tono decisamente minaccioso. «Hai appena insinuato che sono una poco di buono?»
 
Taehyung sgranò gli occhi. «C-Cosa? No! Ho solo detto che…»
 
«Kim Taehyung, comincia a correre,» lo avvertì la ragazza scattando in avanti, e Tae fece esattamente come lei gli aveva detto. Iniziò a ridere come un matto mentre cercava di destreggiarsi tra le nostre figure raggruppate in cerchio per non farsi prendere dalla ragazza. Cercò di farsi proteggere da Namjoon ma quest’ultimo sollevò le mani per dichiararsi innocente.
 
«Non mettermi in mezzo, Tae. Sono arrivato alla conclusione che questa ragazza fa paura.»
 
«Avete finito di prendermi per il culo?»
 
Le parole di Yorin provocarono una risata generale. Io mi limitai a sbuffare, ma poi l’occhio mi cadde su Jungkook. Il nostro maknae non aveva ancora detto una parola e il suo volto era così serio che quasi stentavo a riconoscerlo. Che diavolo gli era preso?
 
«Yoongi?» mi chiamò qualcuno dello Staff. «Vieni, il fotografo ha detto che è pronto per le tue foto singole.»
 
Mi alzai dallo sgabello e mi sistemai la maglietta bianca che era come minimo due taglie in più visto che il mio busto ci navigava dentro. Mi sedetti per terra poggiando le mani sul parquet e mi ritrovai l’obiettivo della macchina fotografica puntato in faccia. Ormai ci avevo fatto l’abitudine.
 
«Ok, Yoongi,» mi disse il fotografo squadrando la mia figura per intero. «Questo concept è praticamente l’opposto di quello che abbiamo fatto prima. Stiamo passando dai toni dark a quelli un po’ più soft, ma qui prevale il tema centrale dell’album, ovvero quel tipo di amore che porta solo lacrime.» Le sue parole mi riportarono indietro nel tempo e nella mia mente si focalizzò l’immagine di Yoona. Percepii una stretta al petto. «Ti sto chiedendo di piangere, Yoongi. Credi di esserne capace o vuoi usare le lacrime finte? Per me non c’è nessun problema, ma piangendo davvero le emozioni saranno più intense e di conseguenza le foto verranno più belle.»
 
Feci un sorriso amaro. «Conosco bene quel tipo di sensazione,» affermai suonando più duro di quanto volessi. «Non mi servono le lacrime finte.»
 
Il fotografo annuì e si allontanò leggermente per trovare la giusta angolazione. Quando risollevai gli occhi, vidi quelli preoccupati di tutti i miei compagni. Sapevo a cosa stavano pensando. I loro sguardi apprensivi mi dicevano che già sapevano a cosa mi sarei ispirato per far uscire quelle maledette lacrime che mi ero ripromesso di non mostrare mai più. Ma stavolta il lavoro m’imponeva di aprire nuovamente il mio cuore e lasciar uscire quella parte di me di cui mi vergognavo come un ladro. Quella parte debole che mi faceva sembrare così patetico.
 
Ripensai al primo incontro con Yoona, a come mi si era sciolto il cuore quando mi aveva sorriso per la prima volta. Ripensai al mio modo timido e impacciato di corteggiarla e alle sue prese in giro perché per lei ero fin troppo romantico. Ripensai a tutti gli sforzi che avevo fatto per far sì che lei mi aprisse il suo cuore e a come ero stato ripagato con una miriade di coltellate dietro la schiena, ovvero tanti e tanti tradimenti.
 
Sentivo il cuore esplodermi nel petto, ma a parte gli occhi lucidi e l’espressione frustrata, non riuscivo a lasciarmi andare del tutto. Il flash del fotografo mi illuminava il viso, catturando come un ladro la mia parte più debole e vulnerabile.
 
«Perfetto, fermo così,» mi disse aumentando lo zoom sul mio volto. A giudicare dal rumore, ero sicuro che mi avesse scattato come minimo un centinaio di foto. «Riesci a far scivolare una lacrima sulla guancia?»
 
Questo voleva dire abbassare ogni difesa. Fino ad oggi, ogni lacrima che era sfuggita al mio controllo era stata scacciata via dalla mia mano come se fosse un insetto fastidioso e indesiderato. Eppure, quando sollevai il viso per guardare il fotografo, inconsciamente misi a fuoco il volto della ragazza che si trovava alle sue spalle. Non appena incontrai gli occhi curiosi di Yorin, il mio autocontrollo venne meno.
 
Una lacrima solitaria riuscì a liberarsi dal mio occhio sinistro e scivolò lentamente sulla pelle della mia guancia, tracciando un sentiero bagnato che si interruppe sulla linea definita della mia mascella e penzolò nel vuoto. Il cuore mi faceva talmente male che avrei potuto strapparmelo dal petto per non sentire più dolore.

 
 Ed era proprio quello che avevo fatto cinque anni prima. Da ciò che avevo imparato, un cuore era meglio non avercelo.
 
«Credo sia sufficiente,» disse improvvisamente Namjoon comparendo alle spalle del fotografo. «Meglio non forzare troppo la mano.»
 
«Oh, certo,» concordò l’uomo abbassando la macchina fotografica. «Ho appena scattato l’ultima foto. Ottimo lavoro, Yoongi.» Si voltò verso di me e alzò il pollice per avvalorare i suoi complimenti. Accennai un sorrisetto e mi asciugai immediatamente la guancia con la mano. Nel mio gesto si poteva percepire la rabbia che stavo provando nell’essermi lasciato andare in quel modo.
 
«Stai bene?» mi domandò Namjoon tendendomi la mano. Accettai il suo aiuto e mi rialzai in piedi. «Ti ho visto un po’ in difficoltà e ho preferito intervenire.»
 
«Sto benissimo, ma grazie per esserti preoccupato,» lo ringraziai continuando a passarmi la mano sul viso. Volevo cancellare ogni traccia di dolore e debolezza, ma così stavo finendo per rovinarmi il trucco. Senza che avessi bisogno di chiedere, una delle truccatrici si avvicinò a me per ripassarmi il fondotinta.
 
Lo sguardo mi cadde nuovamente su Yorin. Non appena i nostri occhi s’incontrarono, la mora tornò a guardare il suo cellulare come se l’avessi sorpresa a fissarmi. Mi avvicinai a lei e mi sedetti sullo sgabello al suo fianco intanto che il fotografo si dedicava a Jin.
 
«Con chi messaggi?» le domandai osservando il più grande che cominciava a piangere a comando. Si vedeva proprio che aveva studiato per fare l’attore. «Non puoi farlo durante l’orario di lavoro. Non ti pago per farti i cavoli tuoi.»
 
«Infatti non mi paghi e basta. E chi ti dice che sto messaggiando con qualcuno?» mi domandò senza staccare gli occhi dallo schermo del suo telefono.
 
«Le tue dita che continuano a premere i tasti quando potrebbero fare qualcos’altro di decisamente più utile.»
 
La ragazza scoppiò in una risata ironica. «Da che pulpito. Scommetto che tu messaggi dalla mattina alla sera con quella Soo Jin. Perché non vai da lei? Le sue dita saranno sicuramente più allenate delle mie.»
 
Repressi un sorrisetto e mi voltai a guardarla. «Ammettilo, sei gelosa marcia.»
 
«Sì, nei tuoi sogni. E comunque la tua piccola attrice da quattro soldi deve lasciarti proprio insoddisfatto visto che continui a saltarmi addosso ogni volta che mi vedi.»
 
Mi sporsi verso di lei e le sfiorai il lobo dell’orecchio con la punta del naso. Yorin si voltò finalmente a guardarmi. «Soo Jin mi soddisfa eccome, Yorin,» le sussurrai con un tono volutamente malizioso, abbassando lo sguardo sulle sue labbra. «Sei tu che non sai farlo. Dovresti proprio prendere lezioni da qualcuno più esperto di te.»
 
«Grazie tante, ma non mi interessa il corso accelerato in puttanologia.»
 
«Sai che ti dico? Forse fai tanto la santarellina perché in realtà sei una verginella che non ha la minima idea di come si faccia a soddisfare un uomo,» la provocai lasciandole un bacio sulla spalla coperta dalla maglietta. «Dovrei insegnartelo io? Magari potrebbe tornarti utile con Jongin, il pezzo di merda con cui stai messaggiando.»
 
Quando sollevai il viso, incontrai lo sguardo incazzato di Yorin. No, non era incazzato. Era furibondo. Non potei fare a meno di ghignare. Mi divertivo troppo a stuzzicarla.
 
«Min Yoongi, non ti conviene provocarmi,» ringhiò a denti stretti. «Io ti ho avvertito.»
 
Sollevai una mano e le passai le dita sul viso per accarezzarle una guancia. Non si scostò, troppo incazzata per prestarvi attenzione.
 
«Ti provoco quanto voglio, tesoro. Devo forse ricordarti che sei una mia dipendente? Non puoi farmi niente che possa nuocermi o mancarmi di rispetto, e questo comprende gli schiaffi, le ginocchiate nelle costole e le scosse elettriche, così come i gavettoni in faccia.»
 
Mi alzai dal mio posto e l’abbandonai lì per andare a cambiarmi l’outfit. Stavolta toccava ai pantaloni e alla giaccia di jeans. Ognuno di noi aveva una sfumatura diversa che andava dal bianco al nero. A me ovviamente era toccata quella più scura. Faticai un po’ per infilare i pantaloni visto che erano davvero stretti. Mi dedicai prima a loro e, una volta tirata su la cerniera, pensai ai bottoni della giacca.
 
Ero rimasto da solo in camerino visto che di solito ero il più lento dopo Jimin, ma stavolta il minore era stato più veloce di me. La porta si spalancò all’improvviso e mi bloccai sul posto quando Yorin entrò e se la richiuse alle spalle. Le mie dita rimasero ferme su uno dei bottoni della giaccia mentre la fissavo con la fronte aggrottata. Aveva gli occhi fissi su di me.
 
«A quanto pare devo anche insegnarti a bussare. Cosa avresti fatto se mi avessi trovato nudo?» la punzecchiai tornando ad allacciarmi gli ultimi bottoni della giacca. «Sei davvero senza vergogna.»
 
Non me l’aspettai minimamente. Mi sentii spingere per il petto e portai subito le mani indietro, aggrappandomi alla prima cosa che riuscii a trovare. Il bordo del tavolo. Non feci in tempo ad alzare il viso che sentii qualcosa piombarmi addosso. Spalancai gli occhi quando mi resi conto che il corpo piccolo e formoso di Yorin si era fatto spazio tra le mie gambe. Le sue mani si posarono con prepotenza sul mio petto e mi spinsero brutalmente all’indietro, facendomi sbattere la schiena contro la superficie del tavolo. Spalancai gli occhi quando realizzai che Yorin era sopra di me.
 
«Yorin, cosa cazzo stai-»
 
Le parole successive mi morirono in gola e si trasformarono in un gemito soffocato non appena le sue labbra si fiondarono sul mio collo. Gettai la testa all’indietro e socchiusi gli occhi in preda ad un attacco di piacere. Mi accarezzò i fianchi con una sensualità che avrebbe potuto uccidermi, soprattutto quando cominciò a sbottonarmi la giacca. Le sue dita si fecero spazio tra la stoffa ruvida che venne subito rimpiazzata dalle sue labbra e dalla sua lingua. Mi lasciai sfuggire un altro gemito quando quella sensazione calda e decisamente appagante mi accarezzò il petto nudo e scese fino allo stomaco.
 
«Y-Yorin…» balbettai travolto dai brividi. Sentivo la patta dei jeans farsi sempre più stretta mentre immaginavo quella lingua in un posto decisamente più consono e invitante. Sollevai d’istinto il bacino e mi mancò il fiato quando la mia erezione coperta dalla stoffa si scontrò con la sua mano. Mi spinsi ancora di più contro il suo palmo aperto, che cominciò ad accarezzare in modo più che soddisfacente quel punto dolorante e bisognoso di attenzioni. Ciò mi diede un po’ di sollievo, ma io volevo di più. Quello che mi stava facendo non mi bastava.
 
Sollevai la schiena di scatto e le avvolsi un braccio intorno alla vita, incastrando il suo corpo con il mio. Il suo seno premette contro il mio petto e la sua intimità si scontrò contro la sua mano che stava compiacendo la mia. Le palpai un seno con una mano e con l’altra le afferrai una natica per schiacciarla ancora di più contro il mio corpo. Poterla toccare in quel modo senza che mi respingesse mi causò una soddisfazione e un piacere che mai avrei pensato di poter provare nella mia vita. La volevo. La volevo fino al punto che sarei potuto impazzire.
 
Sollevai il viso e feci scontrare le punte dei nostri nasi mentre a malincuore le spostavo la mano che era ancora premuta sul cavallo dei miei pantaloni per sbottonarmi velocemente i jeans e abbassare la cerniera che stava reprimendo la mia erezione dolorante. Quei pantaloni erano veramente troppo attillati.
 
«Inginocchiati,» le ordinai con voce roca ed eccitata.
 
Pensai di morire quando mi guardò negli occhi con la stessa voracità con cui la stavo guardando io. Mi sentii ancora peggio quando mi posò una mano sul petto e mi spinse all’indietro per farmi posare di nuovo la schiena sulla superficie del tavolo. Fece tutto con una lentezza straziante ed eccitante allo stesso tempo. La seguii con lo sguardo finché il suo corpo non scivolò tra le mie gambe e non riuscii più a vederla.
 
Chiusi gli occhi e il mio petto si gonfiò a causa dell’aspettativa. Cavolo, non scherzava quando mi aveva detto che era una persona a cui piaceva avere il controllo della situazione, e io ero più che propenso a concederglielo. Sarei stato disposto a farmi fare tutto ciò che voleva.
 
Come diavolo mi aveva ridotto questa donna?
 
Tuttavia, spalancai gli occhi quando non sentii più le sue mani sulle mie gambe. Ebbi un brutto presentimento e sollevai subito la schiena per vedere i miei dubbi diventare certezze. Yorin se ne stava in piedi a qualche metro da me con le braccia conserte e un sorrisetto soddisfatto stampato sul viso. Sgranai gli occhi quando realizzai che non aveva intenzione di finire ciò che aveva iniziato.
 
«Oh, dato che sono la tua assistente personale, sono solo venuta a dirti che il fotografo ha detto di raggiungerlo subito per scattare le prossime foto,» disse come se non mi fosse appena saltata addosso. «Ha detto anche di sbrigarti.»
 
I miei occhi increduli caddero di riflesso sul rigonfiamento che si notava fin troppo bene dalla cerniera slacciata dei miei pantaloni attillati. No, non poteva averlo fatto sul serio.
 
«Yorin… Non fare la stronza…» la minacciai a denti stretti. «Non posso andare dal fotografo… così.»
 
«Non è un problema mio,» affermò innocentemente passandosi una mano tra i capelli. «Io ho fatto il mio lavoro. Ora tu pensa a fare il tuo.»
 
«Non posso farlo in queste condizioni!!» urlai alzandomi in piedi. «Yorin, ti prego…» la supplicai passandomi una mano sulla faccia. Non potevo crederci. Non poteva essere stata così stronza.
 
Riaprii gli occhi quando la sentii di nuovo vicina a me. Tolsi la mano dalla faccia ed incontrai i suoi occhi divertiti, poi divenne improvvisamente seria e si avvicinò ancora di più al mio volto.
 
«Guarda come riesce a ridurti una verginella come me, Boss,» mi sussurrò a un soffio dalle labbra. Una scossa di piacere mi colpì nuovamente le parti basse, e ciò non fece altro che peggiorare il problema. «Forse dovrebbe essere la tua Soo Jin a prendere lezioni da me. Scommetto che lei non riesce a tenerti attaccato all’amo come faccio io.»
 
«Sei una fottuta stronza,» la insultai riducendo gli occhi a due fessure.
 
«Te l’avevo detto di non provocarmi. Si raccoglie ciò che si semina, Min Yoongi.»
 
Si voltò e se ne andò così com’era arrivata, lasciandomi da solo nel camerino con un’erezione pulsante tra le gambe e più di un centinaio di foto da fare. Sollevai gli occhi al cielo ed ebbi l’impulso di prendere a pugni qualcosa per scaricare la rabbia che sentivo crescermi nel petto. Ringhiai e mi passai una mano tra i capelli.
 
«Maledetto il giorno in cui ti ho incontrata, Kang Yorin.»
 
‘Benedetto il giorno in cui ti ho incontrata, perché da allora ho capito quanto mi piaccia starti accanto. Ho capito cosa può farmi ridere, cosa può farmi piangere. E in un modo o nell’altro, la risposta sei sempre tu.’ –Min Yoongi

ᗩngolo.ᗩutore

Ho riso come una matta quando ho scritto la parte finale di questo capitolo 😂 Ormai Yorin non si ferma più, qualcuno salvi Yoongi ahaha Ma è anche vero che lui se le cerca, eh!

Come avrete capito ho ambientato il capitolo durante lo shooting per Tear, versione U. Nel prossimo capitolo invece toccherà allo shooting all'aperto della versione Y, e anche un briciolo della R con cui Yoongi avrà un po' di problemi 😂

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi ringrazio perché questa storia è arrivata a 20.000 visualizzazioni ❤ Vi ricordo che ho in corso anche un'altra storia "Can You See Me". Se vi va andate a dare un'occhiata perché ci tengo particolarmente ❤

Un bacione e alla prossima 😘 

Instagram: btsuga_d

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS) / Vai alla pagina dell'autore: Btsuga_D