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Autore: Sinden    27/01/2019    1 recensioni
FF basata su film Il Signore degli Anelli - Le due Torri, genere fantasy/avventuroso
Storia di un esercito mercenario di Uomini dell'Est, comandati da una donna senza passato e senza scrupoli. Il suo arrivo nel regno di Rohan, oppresso da Saruman, porterà molte cose alla luce...non solo sul suo passato.
Estratto:
"Taci." le disse Éomer. "O i tuoi soldati non ti vedranno mai più."
"Spiacente, figlio di Éomund. Non mi impressioni. Non hai credibilità se lasci quel plebeo untuoso guidare il vostro reame. Ora sei tu il principe, non è cosí? Bene, guarda i tuoi sudditi." gli disse Goneril, indicando con un dito inanellato le abitazioni tutt'intorno. "È tua precisa responsabilità proteggerli. Per prima cosa, dovresti andare là dentro e mandare all'altro mondo quel Grima, o farlo imprigionare. Poi, dovresti galoppare con i tuoi Rohirrim verso Isengard, e spedire anche quel vecchio incartapecorito di Saruman dritto da Eru, e che se la veda lui. Allora tuo zio sarà libero, e anche tutti voi. Ma non farai né una, né l'altra cosa." Goneril fece una smorfia di disprezzo. "Invece, prendertela con una donna é più facile. Meno pericoloso."
⚜️⚜️⚜️
Capitolo conclusivo della saga Roswehn/Thranduil
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Eomer, Eowyn, Gandalf, Legolas
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Muoviamoci, soldati!" gridò Degarre. "Il nostro Generale é laggiù!"
Hammon, dietro di lui, lanció la carica.

Non fu facile.

Per raggiungere la spianata dove si stava consumando la battaglia, i cavalli dovettero galoppare in discesa lungo un'altura, ricoperta di ghiaia. Degarre si mise alla testa della legione.

Dopo aver lasciato Goneril nella Foresta di Fangorn, giorni prima, era sicuro che non l'avrebbe mai più rivista. Il progetto assurdo della donna era di andare a Isengard ad affrontare nientemeno che Saruman il Bianco, il che voleva dire condannarsi a morte certa. Quando l'altro misterioso Stregone aveva comandato a lui, Hammon e Lassalle di tornare all'accampamento, Degarre aveva elaborato un suo piano. Sapeva dove Goneril aveva nascosto tutto il loro oro: decine e decine di casse, stipate ordinatamente in una grotta nei pressi di Gran Burrone, il territorio che ospitava il piccolo regno di Lord Elrond. Nessuno sarebbe mai andato lì a cercarle: gli Elfi si facevano gli affari loro, i Nani non si avvicinavano alla valle di Imladris per disprezzo verso gli Elfi e gli Orchi non osavano addentrarsi nel territorio di Elrond. Gran Burrone era un territorio sufficientemente isolato e protetto da nasconderci un tesoro.

Aveva avuto l'idea di andare fin lì con tutti i suoi soldati, spartirsi quell'oro e poi disperdere la legione. Tutti avrebbero proseguito in pace con la loro vita, del resto c'era abbastanza denaro perché ognuno di quei Cinquecento vivesse nel benessere fino alla morte.
Fu un secondo incontro con Gandalf, in una valle del Mark, a fargli cambiare prospettiva. L'Istari non stava cercando loro. Era intenzionato a trovare Éomer, nipote di Théoden, e i suoi Rohirrim. Si era invece imbattuto nei soldati mercenari dell'Est, che, dopo aver invano atteso il ritorno di Goneril, si erano rimessi in marcia.

Degarre aveva immaginato che la loro Generalessa fosse stata uccisa dagli Orchi di Saruman. Non poteva essere altrimenti. E, in cuor suo, la cosa in fondo non gli dispiaceva. Quella donna era stata una fanatica assassina e il mondo con la sua morte non aveva perso niente. Anzi, con la sua scomparsa, loro erano liberi.

Le parole di Gandalf erano state una specie di doccia gelata per lui: lo aveva informato che non solo Goneril era viva e vegeta, ma che era in quel momento alla corte di Théoden. Aveva incomprensibilmente scelto di aiutare il popolo di Rohan. E non era per niente contenta di aver visto la sua legione sparire d'improvviso, lasciandosi dietro solo delle braci spente e qualche avanzo di cibo. Per dirla tutta, era furiosa, aveva aggiunto lo Stregone.

Questo era bastato a spingere Degarre a un'attenta riflessione: Goneril aveva un animo vendicativo come pochi. Se lui avesse sul serio depredato il suo tesoro, gliel'avrebbe fatta pagare. Non si sarebbe fermata finché non l'avrebbe trovato, un giorno, magari molti anni dopo, quando lui sarebbe stato un anziano placidamente seduto nel giardino della bella casa che sognava di costruirsi con quei soldi; sarebbe sbucata da dietro all'improvviso e gli avrebbe tagliato la gola come aveva fatto con Mainard. Potevano passare vent'anni, trenta...ma l'avrebbe trovato prima o poi.

Degarre non voleva rischiare. Quando Gandalf gli aveva detto che Goneril, Théoden e il popolo di Rohan si erano rifugiati al Fosso di Helm, e che avevano un disperato bisogno di aiuto, aveva deciso di intervenire. Se Goneril era ancora al mondo, doveva continuare a rimanerle fedele.

"Non lasciatene vivo neanche uno!" si udì Hammon urlare.
Quella massa gigantesca di mostri davanti a loro sembrava un fiume nero, ma il giovane capitano notó che erano scoordinati, rozzi. Non erano stati preparati a combattere: Saruman aveva creato una razza di Orchi feroci e armati di tutto punto...ma non erano guerrieri. Avevano l'istinto di uccidere, ma non sapevano esattamente come. Grandi, grossi e stupidi, avrebbe detto sua madre.

Ben presto, anche gli Uruk-Hai compresero di essere bell'e spacciati. Erano diecimila, ma avevano di fronte un buon numero di arcieri e fanti di Rohan, i Rohirrim, Cinquecento professionisti mercenari, e soprattutto uno Stregone. Fu effettivamente Gandalf l'arma in più. Con la sua Luce riuscì a spedire la maggior parte di quelle bestie nell'abisso.

Quando il sole fu sorto del tutto, la battaglia stava volgendo al termine.

Goneril e Aldair erano coperti di striature nerastre, gli schizzi del sangue degli Orchi. Dopo che anche l'ultimo Uruk davanti a lei fu abbattuto, la donna si piegó in avanti sulla sella e appoggió il capo sul collo di Aldair. "É finita. Anche questa volta."
In una sorta di tragica risposta, il cavallo emise un breve nitrito e poi crolló a terra, rischiando di schiacciarla. Subito Goneril si alzó in piedi. "Aldair!" gridó. Era stato colpito. Un fiotto di sangue sgorgava dal solco giugulare. "No! No! Aldair..." esclamó Goneril, disperata. Ma lo stallone morì proprio in quel momento. Lei rimase immobile, incapace di reagire, in muta contemplazione della carcassa. La guerriera non aveva mai tenuto il conto delle battaglie in cui aveva combattuto, ma erano state moltissime, nel corso degli ultimi dieci, sanguinosi anni. Lei e Aldair erano sopravvissuti a tutto e a tutti. E adesso se ne era andato anche lui. Per l'ennesima volta nella sua vita, provó l'inquietante sensazione di essere rimasta sola al mondo. Aldair era un cavallo, un animale, ma era anche stato l'unico essere ad esserle rimasto vicino contro ogni avversità.

"Goneril." disse una voce maschile dietro di lei. La donna si giró e vide il suo capitano. Degarre si avvicinó con un sorriso. "É fatta, Goneril. Théoden dice che la battaglia é vinta." La ragazza non parve reagire. Fissava Degarre con lo stesso sguardo perso di un ubriaco appena uscito da una taverna. "Goneril...Generale...mi hai sentito?" ripeté Degarre. "É finito tutto. É..."

In un lampo, la donna gli corse incontro e inizio a colpirlo con una serie di schiaffi ben assestati. "Brutto traditore, maledetto, ladro parassita!...si puó sapere dov'eri finito?!!" urló. "Come hai osato allontanarti di tua iniziativa..." si giró verso gli altri soldati, che con Hammon osservavano sbigottiti la situazione, mentre Degarre tentava di parare i colpi. "....come avete osato tutti?! Comeeee!!!" urló di nuovo.
Degarre le afferró i polsi. "Calmati, adesso, calmati! Stavamo venendo a Isengard." mentì. "...stavano venendo a cercarti lì!"
"Bugiardo!" rispose lei, liberandosi con uno strattone dalla presa del soldato. "Volevi derubarmi, vero? Ammettilo!"
"No, Goneril!" intervenne Hammon. "Siamo corsi qui quando lo Stregone ci ha detto che eri in pericolo. Non ti tradiremmo mai, lo sai bene. Uomini!" si voltó verso i Cinquecento, che con tutta probabilità non erano più in cinquecento. Diversi erano caduti durante la battaglia. "...saluto al Generale!"
I mercenari si schierarono su due file ed esclamarono il saluto militare. Goneril non si curò di loro. Continuava a fissare Degarre. Non me la dai a bere. So cosa volevi fare, ladro. Te lo leggo negli occhi.
" Siamo qui per te. Dice bene Hammon. Non ti tradirei mai..." aggiunse Degarre, nel tono più sincero che riuscì a trovare.
"Zitto." sibiló lei, chiudendogli la bocca con una mano. Gli strinse le labbra fino a fargli male. "Devi solo stare zitto."

I soldati di Rohan sopravvissuti osservavano la scena confusi. Anche Re Théoden, felice per l'inaspettato trionfo, li guardava. "Abbiamo vinto una battaglia fra le più terribili che io abbia mai visto. Non é tempo per il risentimento, ora. Tenetevi le vostre schermaglie per dopo."
Goneril si giró. "Sì esatto, abbiamo vinto. E vi ricordo, Maestà, che ci spetta una ricompensa."
Théoden non parve capire. "Idis...vuoi ...del denaro da me?"
La ragazza avanzó di qualche passo. "Mi chiamo Goneril e comando un esercito di mercenari, se ancora non l'avete capito. Le nostre schermaglie non vi riguardano. Quello che importa é che abbiamo difeso la vostra gente e mi basta girare lo sguardo sui miei uomini per capire che alcuni di loro ci hanno rimesso la vita. Esigo un pagamento. E che sia sostanzioso, come vostra nipote mi ha promesso."
"Mia sorella non ti ha promesso un bel niente, né l'ho fatto io, né mio zio." sbottó Éomer, che nel frattempo si era avvicinato al Re. "Perció falla finita con quest'arroganza. Tu e i tuoi soldati avete combattuto con noi, é vero. Ma la mia famiglia non ti deve un accidente."
"Hai la memoria corta, Éomer. Se ben ricordo, tu avevi promesso che ti saresti inginocchiato davanti a me se fossi riuscita ad aiutarvi in qualche modo. O sbaglio?" chiese lei. "Avanti allora, fallo."
Éomer fece per afferarla e fiondarla all'altro lato della valle. Ne aveva abbastanza di quella strega e dei suoi ghigni da gatta selvatica.

"Fermo!" ordinó il Re. "Lasciala perdere per ora, Éomer. Ti chiedo di avere pazienza con questa ragazza." guardó verso Goneril. "Ti prometto che discuteremo domani sera del tuo compenso, se é davvero ció che vuoi. Oggi dobbiamo contare i nostri morti e dar loro degna sepoltura. Ed entro stasera la nostra gente deve essere ricondotta a Edoras. Spero ci aiuterete anche in questo."

"Come no. Ma il prezzo sale, Maestà." ribattè lei, ineffabile. Théoden non rispose e si allontanó.
Éomer a fissarla. "Ignoro il motivo per cui il nostro Re ti mostri una tale generosità. Ma sta' lontana da me, mi hai capito bene?" le ringhió.

⚜️⚜️⚜️

"Ho parlato con mio zio. Dice che tu e i tuoi soldati siete i benvenuti all'interno del nostro Palazzo. Non vi faremo dormire in un accampamento al freddo." le disse Éowyn.

Tutta la gente di Théoden, insieme ai soldati di Goneril, era finalmente tornata a Edoras.

Gandalf, Aragorn, Gimli e Legolas erano nel frattempo andati verso Isengard, dove si diceva fosse stata combattuta un'altra tremenda battaglia, fra gli Ent, cioè i Folletti protettori dei boschi e gli Orchi. I tre erano preoccupati per due Hobbit, Pipino e Merry, che probabilmente erano rimasti coinvolti nella faccenda.

"I tuoi soldati dovranno dormire in tre grandi sale adattate a camerate. Tu dormirai nella mia stanza." spiegò Éowyn. "Ho fatto aggiungere un letto."
"Starò con i miei soldati, invece." ribatté Goneril.
"Sul pavimento di legno? Non abbiamo giacigli a sufficienza, dovranno dormire a terra." rispose Éowyn. "Ma tu potrai stare più comoda."

Le due donne stavano attraversando i corridoi del Palazzo. Faceva un freddo terribile anche all'interno, nonostante i molti candelabri accesi. "Ti chiedo solo una cosa: ho bisogno di lavarmi. Sono coperta di fango e altre schifezze. Ho nausea di me stessa." disse Goneril, entrando nella stanza della principessa. Era semplice, arredata con gusto ma senza sfarzo. Graziosa, ma fredda...proprio come Éowyn.
"Sí, vale anche per me. Siamo tutti a pezzi. Mio zio ha deciso che domani sera celebreremo la vittoria qui a Palazzo, ma se ti devo dire la verità non sono in vena. Ho visto troppa morte in queste ore." Sospirò la ragazza. "Troppi nostri sudditi non sono tornati."
"Sudditi." ripeté Goneril, togliendosi i calzari e la cotta in maglia. Il suo corpo era dolorante, tutti i muscoli ancora irrigiditi dalla tensione della battaglia. "A te piace usare questa parola...sudditi. Cioé, persone sottomesse alla famiglia reale."
"Non la metterei in termini cosí crudi. Sono il nostro popolo. E amano mio zio. Non parlerei di sottomissione." ribatté la principessa. "Tu avversi il concetto di aristocrazia, suppongo."
"Già. Lo detesto. Io credo che Eru ci abbia creati tutti uguali, e credo che questa storia del sangue blu sia tutta una panzana. Il tuo sangue é rosso come il mio, Éowyn." rispose Goneril.
"Beh, neanche io credo alla storia del sangue blu. Ma in ogni caso, tu dovresti averlo, se sei chi mio zio crede." disse la giovane, tirando fuori dall'armadio alcuni teli. "Io penso anche che il compito dei re e delle regine sia quello di difendere i loro popoli. Per questo vengono investiti di tale potere. Non per ostentare scettri e diademi."
"Tuttavia, molti lo fanno. Tuo zio dorme in una stanza come questa, in un letto grande e comodo come il tuo, e anche tuo fratello. La vostra gente, da quel che ho visto, si deve invece accontentare di vivere in case di legno con due stanze se va bene e casse piene di paglia come letti. Ti pare giusto?" obiettò Goneril. Poi si avvicinó a Éowyn. "Sono questi maledetti privilegi dei ricchi che non sopporto. Io sogno una società in cui tutti siano uguali, e non ci siano ingiustizie sociali. Dove il benessere é di tutti e tutti devono poterne godere. Non più potere in mano a pochi...ma al popolo."
Éowyn era perplessa. "Non esistono società simili. Re, Governatori, Sovrintendenti...sono sempre esistiti. E sono necessari. E mi pareva di aver capito che il tuo sogno era costruirti un tuo regno..."
"Necessari un corno!" sbottò Goneril. "E dici bene: una società come quella che immagino non esiste...stavo appunto per costruirmela. Forse la parola regno non é la più adatta per descrivere cioé che ho in mente. Sai, credo proprio che ce la farò, adesso che ho ritrovato i miei soldati. Adesso che so che i miei fondi sono ancora tutti lí."

La principessa di Rohan non sapeva come replicare. La visione di Goneril era qualcosa al di fuori della sua comprensione. Si limitò quindi a passarle i teli. "Tieni. Se vuoi lavarti, c'é una tinozza in quella stanza. Bisogna comunque far scaldare l'acqua sul fuoco e poi riempirla, ci vuole tempo. Ho qualche pezzo di sapone e un estratto di bacche per i capelli."

"Hai anche una servetta dedicata che ti lava la schiena?" chiese Goneril ironica. Pensó a Lassalle. Chissà dov'é finito quel topo...

Éowyn non si lasciò innervosire. "No. Quella no." rispose.
"Ma che strana principessa che sei..." commentò Goneril, con un sorriso. Sbirciò nell'armadio e intravide dei vestiti. "...guarda che bel corredo..."
"Ti presteró un abito se desideri. Per la festa di domani, cioé." disse Éowyn. "Tu non ti vesti spesso da signora, immagino."

Goneril rise. "E ti sbagli, invece. Ho abiti molto più belli di questi, se lo vuoi sapere."
"Ah sí, e dove li tieni?" chiese provocatoriamente Éowyn.
"Nel mio bagaglio personale, che quell'idiota di Degarre ha gettato via, credendomi morta. Non me l'ha detto, ma so che é così. Sperava di essersi liberato di me, quel povero illuso. Gli é andata male." sospiró.
"Quindi sei senza indumenti. Ragion per cui devi accettare che io te ne dia uno. Te lo regalo." disse Éowyn. "Guardali, se vuoi. Io intanto cerco del cibo." e uscì dalla stanza.

Perché continua ad essere gentile anche se la tratto male? Si chiese Goneril. Se non la smette, dovrò iniziare a volerle bene.

Poi buttó la testa all'indietro e rise di nuovo.
   
 
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