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Autore: _Lightning_    29/01/2019    6 recensioni
L’unica reazione di Tony è un respiro leggermente più sonoro del normale, ma i suoi occhi sembrano solidificarsi in due lastre scure e opache.
Contemporaneamente Thor si avvicina ancora, passando da osservatore esterno a potenziale partecipante, e Rhodey scatta a sua volta in piedi con fare allarmato. Nataša scruta i presenti con sguardo attento, come un felino in agguato, e Bruce non abbandona il suo atteggiamento ostile e incupito.
Steve sente la situazione precipitare.
La percepisce quasi sfuggirgli tra le dita come sabbia mentre cerca freneticamente un modo, una frase, un’azione che possa arrestarne la caduta inesorabile.

Dopo lo schiocco, Steve si trova alle prese con una squadra distrutta dalle perdite, spezzata dall'interno e incapace di far fronte unito. Toccherà a lui radunare i pezzi, suoi e degli altri, per prepararsi allo scontro finale. E molti di quei pezzi sono rimasti in Siberia, in un bunker gelido.
[post-Infinity War // Introspettivo // PoV Steve // Civil War fix-it // scritto prima di Endgame]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bruce Banner/Hulk, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Schegge'
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6. Ogni crepa, una voragine
 


Let the dead bury their dead
They will come out in droves
 
 
 

«Più che un piano, è un’intuizione,» esordisce Tony in modo per nulla promettente, dondolando appena sulle punte dei piedi.

«Anche un’intuizione ci farebbe comodo,» replica Nataša, poggiata indolentemente alla parete di vetro al centro della stanza.

Alla fine, Tony è riuscito a trascinarli in laboratorio: sembra che voglia evitare a tutti i costi la sala comune, seguendo chissà quale suo convoluto schema mentale, e Steve lo ha assecondato per evitare attriti. Considera già un successo l’essere tutti nella stessa stanza da più di due minuti, anche se forse dovrebbe dire “schierati”.
Non sa spiegarsi neanche lui se quella disposizione sia casuale o dettata dal preciso quanto inconscio istinto di ogni singolo individuo, ma Tony e Shuri sono in piedi di fronte alla vetrata di fondo affacciata sui giacimenti luminescenti di vibranio, lui con le mani affondate nelle tasche e lei con un tablet a tenere occupate le proprie; Bruce è abbastanza vicino da rientrare chiaramente nel gruppetto degli scienziati, ma si tiene comunque discosto da loro, compostamente seduto a una delle consolle informatiche. Rhodes è su una delle poltroncine addossate alla parete, rigorosamente dal lato di Tony; Rocket è accovacciato su quella accanto, ed è forse l’unico ad aver preso posto senza pensarci troppo, ignaro delle dinamiche interne del gruppo. Thor si è piazzato in disparte da tutto e tutti, seduto su un basso tavolinetto al margine estremo della riunione, quasi a sottolineare il proprio parziale distacco unito alla volontà di osservarli nel loro insieme, e dà l’impressione di essere seduto su un surrogato del proprio trono. Steve si è subito posizionato di fronte a Tony, a una distanza leggermente superiore a quella che avrebbe considerato “sicura” prima della discussione con Nataša, che dal canto suo si trova esattamente a metà strada tra loro due, nel suo solito atteggiamento sornione e compassato.
Steve ostenta la medesima indifferenza, ma non può fare a meno di pensare irrequieto che le loro riunioni non sono mai finite in modo pacifico, né sull’Helicarrier con un’invasione da fronteggiare, né all’Avengers Tower con un robot folle da distruggere, né al Complesso con degli Accordi da discutere. Non vede come essere in Wakanda con un universo da ricomporre possa portare a risultati differenti. In quel momento stanno tutti mettendo da parte i propri dissapori, ma può sentirli chiaramente ribollire appena sotto la superficie, pronti ad eruttare alla minima sollecitazione.
Si impone una calma che non è più così sicuro di possedere.

«Può sicuramente essere un punto di partenza,» prende la parola Bruce, guardandosi cautamente intorno con l’aria di sentirsi fuori posto.

Steve prende nota di come, invece di tenere come al solito le maniche della camicia rimboccate sopra i gomiti, le abbia srotolate a nascondere le ferite e le medicazioni; sulle mani spiccano diversi cerotti e garze. Sembra più posato, nonostante il volto distrutto e i capelli ancora umidi, ma non sa decifrare né da lui né dall’espressione impassibile di Tony se vi sia stato un qualche chiarimento, e la netta distanza tra loro lascia intendere una tensione ancora latente.

«È più che un’intuizione. Abbiamo una traccia,» interviene Shuri col suo solito fare risoluto, privato però della gioiosa vitalità che la contraddistingue.

Non appena messo piede in laboratorio, Steve si è accorto immediatamente della scomparsa delle tute di Black Panther dai loro sostegni, che spiccano adesso bianchi e vuoti sulla parete opposta. È evidente quanto lei, pur mantenendo la sua tempra d’acciaio, sia provata dalla scomparsa del fratello.

«Una traccia di che tipo?» si decide a chiedere, speranzoso ma comunque insospettito dalla vaghezza di quelle affermazioni.

Vede Tony aprire bocca per rispondergli, per poi incrociare il suo sguardo, accigliarsi e voltarsi verso Shuri con un cenno col capo, cedendole la parola.

«Prima delle ipotesi, partiamo da ciò che sappiamo con certezza,» esordisce quindi lei, e con due tocchi precisi sul suo tablet proietta in aria un ologramma delle sei Gemme dell’Infinito. «Le Gemme sono andate perdute, e da quanto sappiamo potrebbero essere l’unico mezzo per ripristinare l’Universo.»

«Incoraggiante,» commenta Rocket con voce rauca e inespressiva, facendosi ambasciatore del pensiero di scoramento collettivo che aleggia nella stanza.

«La buona notizia è che sono riuscita a salvare il 90% della matrice di Visione1,» annuncia Shuri, facendo trattenere loro il respiro. «Non è molto, ma potremmo avere una possibilità di sintetizzare una nuova Gemma della Mente,» sospira infine, con un sorriso talmente sottile da essere a malapena percepibile.

«E a che scopo, se le altre sono irrecuperabili?» obietta pragmaticamente Rhodes, in un chiaro intento di riportare tutti coi piedi per terra.

Tony alza gli occhi al cielo, Shuri tentenna e Bruce le viene in aiuto:

«Le Gemme hanno dei poteri del tutto fuori dal normale: studiarne una potrebbe aiutarci a capire come ricreare le altre. E comunque…» esita brevemente e lascia spaziare lo sguardo sui presenti, come rendendosi conto di essere effettivamente ascoltato.

«E comunque non possiamo continuare a starcene con le mani in mano,» s’intromette a quel punto Tony, storcendo la bocca con fare amareggiato. «Sarà anche un vicolo cieco, ma che alternative abbiamo?» nel porre quell’ultima domanda guarda nettamente in direzione di Steve, che si limita ad assentire in silenzio, così come gli altri.

Sa da sé di essere a corto di opzioni, e per una volta non è in vena di contraddirlo.

«Tornando ai fatti,» riprende la parola Shuri, «Da quanto abbiamo potuto rilevare, questo è una sorta di contenitore per imbrigliare il potere delle Gemme,» accenna ai resti semifusi e deformi dell’enorme guanto bronzeo poggiato sul bancone lì accanto.

Nessuno lo ha guardato direttamente, limitandosi a rivolgergli occhiate circospette, inquiete e furtive. Steve in particolare accusa sempre una fitta più insistente alla testa ogni volta che vi posa sopra lo sguardo, e allo stesso tempo non riesce a impedire ai suoi occhi di cercarne i riflessi opachi, quasi tentassero di leggervi una risposta a tutto ciò che è accaduto e che minaccia di soffocarli sotto le sue ceneri.


Steve...

Si distoglie bruscamente dall’oggetto, rimettendo a fuoco la discussione in sottofondo comunque incentrata su di esso.

«… sembra di origine aliena, il che non mi stupisce, ma non saprei dire…»

«È stato forgiato dai Nani su Nidavellir,» interviene a quel punto la voce di Thor, quasi fuori campo e facendoli voltare verso di lui come un sol uomo.

«Scusa, hai detto “nani”?» strabuzza gli occhi Tony.

«Perché, non hai mai visto un nano?» sbotta Rocket, in un mezzo latrato derisorio.

«Stark, hai combattuto Chitauri e giganti viola e ti stupisci per dei nani?» lo rimbrotta al contempo Nataša, rivolgendogli una delle sue acute occhiate di rimprovero, e lui solleva entrambe le mani a dichiarare la propria resa di fronte a quella doppia replica.

«Questo come ci aiuta?» chiede Steve, ignorando il battibecco e cercando nel frattempo di incastrare insieme i vari pezzi scomposti di quell’assurda situazione.

«Thanos ha sterminato i Nani dopo averli obbligati ad aiutarlo. Eitri è ormai l’unico superstite, ma saprebbe come riparare il Guanto,» rivela quindi Thor, senza abbandonare quella sua nuova cadenza grave e compassata.

«Inutile, senza le Gemme,» sospira piano Bruce, più tra sé che agli altri, ma rimediandosi comunque un’occhiata inspiegabilmente aspra da parte dell’asgardiano.

«Ci sono molte cose inutili, qui dentro,» commenta fissandolo, e Bruce sembra quasi accartocciarsi sotto il suo sguardo.

«Ho fatto il possibile, Thor,» ribatte debolmente.

«Allora non hai fatto abbastanza,» lo zittisce l’altro, impietoso.

Lo scambio di battute lascia tutti interdetti; Steve non riesce a raccapezzarsi, se non pensando alla coincidenziale scomparsa dei due quella mattina, un'incognita che lo lascia ancora inquieto. Sorprendentemente, Tony lo anticipa e interviene per primo a calmare le acque, anche se in modo opinabile:

«Ragazzi, sarei il primo a comprare i biglietti per un incontro Thor-Hulk, oltre ad aprire un banco scommesse, ma magari dopo aver salvato il mondo, mh?» butta lì con fare quasi annoiato, ma il modo in cui i suoi occhi saettano verso Rhodes e poi verso Steve tradiscono la sua perplessità per quel contrasto inaspettato, quasi cercasse in loro una spiegazione sensata.

L’espressione ora repentinamente inferocita di Thor sommata alla palese irrequietezza di Bruce non promette bene; Steve capta un’altra occhiata da parte di Tony, stavolta fugace ed esitante, come se derivasse più dall’abitudine che dal raziocinio. Coglie comunque l’implicita richiesta di gestire la situazione, forse per non compromettersi in prima persona vista la sua posizione già delicata.

«Una mezza Gemma e un guanto rotto,» ricapitola allora, a voce leggermente più alta del necessario per troncare sul nascere altri attriti. «È tutto ciò che abbiamo?»

Bruce e Thor mantengono ancora quello sfrigolante contatto visivo, accigliati e tetri, per poi interromperlo bruscamente ristabilendo una sorta di calma apparente.

«Stark, questo sarebbe il tuo momento di entrare in scena,» butta lì Nataša, in un’evidente ma per ora innocua ripicca.

«Grazie per il promemoria, ci stavo arrivando,» replica Tony, rivolgendole un sorriso tirato che lascia intendere quanto poco abbia apprezzato quel rimando, ma accettando il provvidenziale appiglio offertogli.

Fa buon viso a cattivo gioco e sembra aver riacquistato parte della sua consueta compostezza, anche vi è un sottotono nervoso in ogni sua parola o gesto, oltre che nel modo in cui si guarda continuamente intorno. Steve non se ne stupisce più di tanto: l’unico sostenitore degli Accordi lì dentro è Rhodes, Nataša gli ha voltato le spalle, Shuri e Rocket sono perfetti sconosciuti e sebbene Hulk e Thor siano completamente estranei agli attriti che li hanno divisi, è fin troppo chiaro da che parte si sarebbero schierati. E per quanto lo riguarda, non si aspetta certo di essere visto da Tony come un alleato.
L’ingegnere si fa avanti di un altro mezzo passo, facendo contemporaneamente comparire un ologramma di fianco a lui con un semplice gesto della mano: il familiare modello 3D di un cubo azzurrino e luminescente si materializza a mezz’aria.

«Chi si ricorda del Progetto PEGASUS?» esordisce, scrutandoli rapido uno a uno per prendere nota delle loro reazioni. «Lezione integrativa per gli assenti,» indica in sequenza Rhodey e Rocket, rimasti perplessi, «Questo è il Tesseract, e racchiudeva la Gemma dello Spazio prima che il nostro amico viola se ne appropriasse. È stato a lungo oggetto di studio prima della SSR e poi dello SHIELD, ma non sono riusciti a venirne a capo fino a sei anni fa.»

A quel punto si interrompe brevemente, come raccogliendo le parole giuste; sembra più irrequieto di quanto dovrebbe, anche considerata la situazione, e Steve si chiede se sia per ciò che è successo a New York proprio a causa del Tesseract. Un presentimento gli dice che non è per quello. Ricorda l’atteggiamento falsamente spavaldo che usava nel parlare di quell’evento, e non coincide con la posata cautela con cui si sta muovendo adesso. Tony fa un altro gesto con la mano e stavolta appare quella che Steve, anche con le sue rudimentali e lacunose conoscenze scientifiche, identifica come la struttura di un atomo etichettato Sk.

«Questo è un elemento teorizzato da mio padre nel dopoguerra e sintetizzato da me proprio sei anni fa,» spiega, asciutto e senza altre divagazioni di spirito. «Presenta delle similarità con la struttura del Tesseract, di cui ho recuperato i dati dagli archivi dello SHIELD. E ci sono anche dei suoi schizzi tra gli appunti di mio padre, che a quanto pare ha avuto modo di studiarlo da vicino2,» conclude quasi precipitosamente.

Steve trattiene a stento la sua sbigottita curiosità: se si azzardasse a chiedere lumi su Howard direttamente a Tony, rischierebbe di innescare la bomba a orologeria che ha evitato di far scoppiare quella mattina. Adesso capisce la reticenza dell’ingegnere ad esporre la genesi del suo piano di fronte a lui e agli altri: il tutto ruota attorno a un perno fin troppo suscettibile

«C’è una correlazione tra l’attivazione del Tesseract e il tuo elemento?» intuisce Nataša, allontanando perspicacemente il discorso da Howard e scrutandolo attenta.

Tony fa una smorfia obliqua e incerta, di nuovo restio a esporsi.

«Difficile dirlo. All’epoca diedi a Selvig il permesso di studiare il mio elemento, ma non ero direttamente coinvolto nel Progetto PEGASUS. Sono rimasto all’oscuro del Tesseract in sé fino a quando Fury non mi ha convocato per l’attacco di Loki3

Steve lancia un’occhiata di controllo a Thor, ma questi si è limitato a puntare il proprio sguardo per terra nel sentir nominare il fratello.

«Quindi, il succo del discorso è non hai certezze,» deduce Rocket, che è riuscito a orientarsi a grandi linee grazie alle efficienti integrazioni di Rhodes.

«Il succo è che c’è un punto di contatto,» afferma con veemenza Tony, incastrando le dita delle mani davanti a sé come i pezzi di un puzzle. «Se diamo per buono che lo Starkium sia un derivato del–…»

«Starkium?» stavolta Steve non si trattiene e alza un sopracciglio.

«Mi hanno rifiutato Badassium4,» Tony sbuffa e scrolla le spalle, senza scomporsi. «È provvisorio, ma non posso continuare a indicarlo come “l’elemento inventato da mio padre”; sarebbe ridondante e decisamente troppo pomposo per–…»

«Tones, arriva al dunque,» lo tronca Rhodes, senza troppe cerimonie.

«Abbiamo effettuato un confronto incrociato tra Tesseract, Starkium e Gemma della Mente,» risponde per lui Shuri, aprendo un terzo ologramma di quest’ultima, per poi sovrapporli fino a far coincidere le varie aree evidenziate su ognuno di essi. «Ci sono delle corrispondenze, troppe per essere frutto del caso. Le Gemme sono evidentemente simili, e questo va a nostro vantaggio,» conclude con ferma competenza.

«In che modo?» chiede Nataša, osservando con interesse gli ologrammi ma con un’innegabile nota di scetticismo. «Sono simili, lo vedo da me, ma–…

«Non è solo una questione di somiglianza,» puntualizza Bruce. «Ci sono altri fatti a dimostrare che lo Starkium potrebbe essere la chiave che stiamo cercando,» prosegue, lanciando poi un’occhiata al contempo stupita e d’esortazione a Tony, come se aspettasse un suo intervento che tarda ad arrivare.

Questi si gira, rivolgendo loro le spalle e prendendo a parlare a bassissima voce con lui e Shuri, ma l’udito fine di Steve coglie comunque chiaramente il loro breve scambio:

«Bruce, quella è solo un’ipotesi.»

«Finora hai parlato di fatti?»

«Ha capito ciò che intendo. Non è attendibile.»

«Prima mi sembravi piuttosto convinto.»

«Prima non ero nella fossa dei leoni, bimba.»

«Tony, dillo e basta.»

«Vi dispiace renderci partecipi?» li interrompe Nataša, avvicinandosi di un passo, e Tony si volta di nuovo verso di loro, con un’espressione decisamente infelice a incupirgli il viso.

«Era solo un consulto tecnico, non c’è bisogno di sfoderare i tuoi trucchi da guerra fredda,» la ferma, con un gesto della mano e un sarcasmo insolitamente debole per i suoi standard.

«Tony, se sai qualcosa dovresti dircelo,» lo sprona Rhodes, e Steve ringrazia il cielo per non essere stato costretto a pronunciare lui stesso quella frase.

«Mh-hm, di solito funziona così…» bofonchia infatti lui, e prevedibilmente non gli risparmia l’ennesima occhiata di rimprovero. «Ok, quanti hanno avuto il piacere di incontrare l’amabile fratello di Thor?» chiede poi a sorpresa, alzando lui stesso una mano in aria.

L’asgardiano scatta subito in piedi, come a comando, e rientra a larghe falcate nel labile perimetro della discussione.

«Attento a quel che dici, Stark,» si limita a dire, con voce bassa e non molto dissimile da un brontolio minaccioso.

«Non ho intenzione di sputare sulla memoria di nessuno, Point Break, anche se quel qualcuno mi ha scaraventato dalla finestra dopo avermi quasi strozzato. Ma quello temo sia un vizio di famiglia,» commenta acido Tony, scoccandogli un’occhiata risentita.

Thor ha il buonsenso di non dargli corda, ma Steve nota come i suoi occhi si fanno tetri, coi massicci pugni che si contraggono quasi si stesse frenando dal compiere di nuovo quel gesto che gli è appena stato rinfacciato.

«Che c’entra Loki?» lo incalza secco Steve, cercando di arginare i danni.

«A New York ha usato lo Scettro, alias la Gemma della Mente, per cercare di controllarmi come aveva fatto con Barton, ma non ci è riuscito.» Fa una piccola pausa, ad assicurarsi che la portata della sua rivelazione sia stata colta appieno. «E indovinate un po’ cosa c’era qui sei anni fa?» si picchietta infine un indice sullo sterno con fare eloquente.

«Il reattore Arc,» conclude Nataša, con un cenno d’assenso. «Alimentato dallo Starkium,» specifica a beneficio di Rocket, che continua a seguire attentamente per quanto possibile.

«Bingo,» sorride compiaciuto Tony, allentando per un istante la rigidezza che gli serra le labbra. «Ora, se lo Starkium interferisce con le Gemme, forse può anche interagirvi,» riassume infine, con un altro lampo di soddisfazione e illuminargli il volto tirato.

«Mi sembra una teoria azzardata,» commenta Rhodey, con circospezione.

«Certo che lo è. Ma le mie teorie azzardate di solito funzionano,» sottolinea con sicurezza l’amico.

«Lo so, Tones, ma sembra troppo bello per essere vero,» replica l’altro, scuotendo la testa.

«Sei il solito guastafeste,» bofonchia Tony, senza celare la delusione per il suo poco entusiasmo.

«È una traccia labile, ma non abbiamo altro,» ribatte mestamente Shuri.

Steve, rimasto a meditare fino ad allora su quel cosiddetto “piano”, si riscuote, forzandosi a entra nella discussione e sapendo che quello che dirà ne segnerà anche la fine.

«Tony, ho il massimo rispetto per le tue ricerche e per quelle di Howard,» esordisce, e alla sola menzione del padre vede i suoi occhi mandare scintille. «Ma potrebbero passare mesi prima di riuscire a sintetizzare anche solo una brutta copia delle Gemme, e ci mancherebbero comunque tutte le altre. Il tuo piano è sensato, ma dovremmo prima cercare un’altra strada più rapida e con più garanzie,» conclude, nel modo più neutrale che gli riesce.

«Non c’è un’altra strada,» controbatte seccamente lui.

«Forse dobbiamo solo cercarla meglio.»

Tony, esattamente come quella mattina, scatta senza preavviso, quasi si sentisse inchiodato con le spalle al muro dalla sua semplice osservazione:

«Risparmiami le tue stronzate poetiche, Rogers; cosa pensi che abbiamo fatto nell’ultima settimana?» sbotta, indicando se stesso e Shuri. «E perdonami se non ti includo nel conto, Banner, ma fino a stamattina eri troppo occupato a piangerti addosso per essere utile,» puntualizza con crudeltà gratuita, senza neanche guardare il compagno.

Steve chiude brevemente gli occhi, chinando appena il capo, e la risposta del dottore non tarda ad arrivare:

«Infatti hai concluso molto senza il mio aiuto,» osserva con voce innaturalmente calma. «Ma d’altronde, sei sempre stato più bravo a creare problemi che a risolverli.»

L’unica reazione di Tony è un respiro leggermente più sonoro del normale, ma i suoi occhi sembrano solidificarsi in due lastre scure e opache. Contemporaneamente Thor si avvicina ancora, passando da osservatore esterno a potenziale partecipante, e Rhodey scatta a sua volta in piedi con fare allarmato. Nataša scruta i presenti con sguardo attento, come un felino in agguato, e Bruce non abbandona il suo sguardo ostile e incupito.
Steve sente la situazione precipitare. La percepisce quasi sfuggirgli tra le dita come sabbia mentre cerca freneticamente un modo, una frase, un’azione che possa arrestarne la caduta inesorabile. Non è mai stato in grado di tirarsi indietro, ma stavolta non riesce neanche a farsi avanti, oppresso dai muri di pressione che gli stanno stritolando il cranio e gli rintronano le orecchie con lo stesso mantra assillante:

“Steve...”

«Io almeno i problemi che creo li risolvo da solo, invece di sparire e lasciarli in eredità agli altri,» ribatte infine l’ingegnere, in un tono altrettanto piatto che nasconde solo parzialmente il suo tumulto interiore.

«A volte è meglio farsi da parte, invece di continuare a peggiorare la situazione come stai facendo ora,» lo rimbecca Bruce senza esitazioni, e Tony mastica bile in silenzio. «È tutto qui, il tuo grande piano?» lo provoca poi, con un accanimento impensabile per il pacato dottor Banner, e Steve quasi si aspetta di vedere una sfumatura verdastra tingergli la pelle.

«Cos'è, cercavate una soluzione già incartata e infiocchettata, pronta all'uso?» sillaba allora Tony, senza più trattenere la sua stizza. «Mi dispiace, ma il genio è in vacanza,» conclude sprezzante, rigirandosi come se fosse fisicamente in trappola.

«Tony, nessuno se la sta prendendo con te,» lo riprende con lieve durezza Steve, e accorcia inavvertitamente la distanza tra loro, facendolo entrare di riflesso in modalità difensiva.

«Ah, davvero? Pensavo fosse il tuo hobby preferito, o ricordo male?» lo rimbecca, ogni parvenza di temperanza evaporata dai suoi tratti e ormai instradato nel suo circolo vizioso e autodistruttivo.

Steve mette a sua volta da parte la sua promessa di mantenere la calma e gli si piazza di fronte, sovrastandolo; Tony fa un evidente sforzo per trattenere un istintivo passo indietro, ma mantiene la posizione. Gli altri intorno a loro tacciono di colpo e li fissano con un misto di timore e aspettativa, ma l’assenza di un intervento diretto rende evidente come tutti avessero preannunciato quel confronto in sospeso, rimasto semplicemente ad aleggiare tra loro.

«E con chi altri me la sarei dovuta prendere?» ribatte, la voce distaccata che si contraddice coi suoi occhi ora adombrati.

L’argomento è cambiato, lo sanno entrambi, scivola in tinte più cupe e distanti, più fredde, che sembrano isolarli da ciò che li circonda sprofondandoli in un gelo non poi così lontano.

«Con te stesso, per non aver voluto ascoltare né me, né i tuoi compagni,» sibila Tony, fremendo.

«Vi ho ascoltati, e ho deciso di dissentire, cosa che tu non sei stato in grado di accettare.»

«No, li hai ascoltati e hai deciso di agire di testa tua per principio, buttandoti come un martire sul filo spinato invece di aspettare che lo tagliassi.»

«Tu non volevi tagliare il filo spinato, ma avvolgercelo addosso.»

«Se proprio vogliamo parlare per metafore, io ero quello che voleva tenere una mano sul volante per evitare di schiantarci.»

«Ben fatto, allora,» commenta causticamente Nataša, intervenendo a mezza voce.

«Tu non sei nella posizione di criticarmi, Romanov,» sibila Tony, voltandosi di scatto verso di lei e alterandosi ancor di più.

«Perché?» domanda con falsa innocenza lei. «Perché ho pensato che la situazione ti fosse sfuggita di mano?»

«Mi è sfuggita di mano perché qualcuno è un nostalgico dei bei vecchi tempi di guerra e ha deciso di scatenarne una,» lo accusa, additando con sdegno Steve.

«Non mi sembra che tu ti sia tirato indietro,» ribatte Steve, soffiando aria dal naso per tentare di alleviare la pressione che sente crescere dentro di sé. «Hai avuto una scelta, e pur di non ammettere di aver sbagliato hai scelto di metterti contro i tuoi compagni.»

«Avevamo intenti pacifici,» si intromette Rhodey, ora quasi frapposto tra loro due, di fronte a Nataša; gli altri fanno semicerchio attorno a loro, scambiandosi occhiate tese.

«Pacifici? Ci avete attaccato in campo aperto!» sbotta allibito Steve.

«L’intento era catturarvi. A cosa pensavi che servisse il bimbo-ragno?» puntualizza la donna, oscillando come sempre tra le due fazioni.

Tony tronca bruscamente il suo intervento come se qualcuno gli avesse mozzato il respiro.

«A farmi chiedere cosa ci facesse un bambino su un campo di battaglia?» ironizza Steve, con una sdegnosa alzata di sopracciglia.

«Ci aspettavamo solo te e Barnes, ma avete pensato bene di esagerare coi rinforzi,» lo rimbecca Rhodes, mantenendosi pacato, ma con l'accusa a pesare comunque nelle sue parole.

«Erano tutti rinforzi volontari, di certo non ragazzini allo sbando obbligati a–...»

«Non un'altra parola, Rogers,» ringhia a quel punto Tony, con la voce che traballa sensibilmente e il volto sbiancato. «Non un’altra parola, o ti spedisco a far compagnia al tuo amico assassino,» sibila, con la mascella così contratta da riuscire a malapena a parlare.

Ha fatto un passo verso di lui, riducendo per la prima volta la distanza di sua volontà, e stavolta il suo sguardo è senza veli, un calco perfetto di quello che gli ha scagliato contro in Siberia un attimo prima di perdere il controllo. E anche Steve sente la medesima, rabbiosa tensione, lo stesso misto di anticipazione per lo scontro imminente e reticenza a colpire e ferire un compagno di squadra, annebbiata dall’adrenalina che lo fa fremere sul posto. Vede la situazione che continua a precipitare e sa di non essere più in grado di fermarla, anche se dovrebbe, perché in testa continua a risuonargli quell’ultimo richiamo straziato che adesso gli urla di difendere la sua memoria.
Prima che uno dei due possa far scaturire la prima scintilla dell’incendio, Thor si intromette tra loro con decisione, afferrando lui per una spalla e Tony per il colletto. Un’espressione temporalesca e appropriata al dio del tuono deforma i suoi tratti, e i suoi occhi asimmetrici sembrano pronti a illuminarsi di un bianco accecante. Steve tenta un movimento, ma la presa dell’asgardiano è incontrastabile anche per lui e non lo smuove di un millimetro; Tony si divincola con più vigore, cercando di allentare la morsa che lo costringe, ma rimedia solo un secco strattone che lo spedisce quasi a gambe all'aria.

«Basta così,» sentenzia Thor, con un misto di rabbia repressa e rimprovero a scuotergli la voce roboante. «Non siamo qui per discutere delle vostre beghe mortali,» conclude, dando uno spintone in direzioni opposte a entrambi e mollando al contempo la presa.

Steve si raddrizza subito, affannato per lo sforzo di recuperare il controllo, e Nataša gli posa una mano sul braccio a placarlo; Tony manca l’appoggio dal lato ferito e viene sorretto appena in tempo da Rhodes, che scosta poi stizzosamente da parte.

«I nostri compagni caduti e tutti i Nove Regni contano su di noi. Piantatela di azzuffarvi come mocciosi e comportatevi da guerrieri,» prosegue Thor, sempre con una voce stentorea che si guadagna il silenzio attorno a sé. 

Quel momento d’impasse sembra dilatarsi all’infinito, senza che nessuno abbia il coraggio di romperlo, ciascuno di loro intento a domare le proprie emozioni contrastanti.
Steve sta per ricomporsi, sta per far finta che niente sia accaduto, anche se è accaduto tutto e la lastra sottile su cui stanno camminando è ormai sul punto di sprofondarli nell’acqua gelida lasciando al contempo uscire i fantasmi che racchiude; sta per dire qualcosa che funga da appiglio per farli rimanere a galla, quando ogni suo proposito viene troncato dallo squillo penetrante di un telefono.

E, a giudicare dalla suoneria di Iron Man dei Black Sabbath, è senz'ombra di dubbio quello di Tony.


 

Note:
1In Infinity War si vede Shuri che, un istante prima di venire attaccata dagli scagnozzi di Thanos, riesce a chiudere una schermata, salvando presumibilmente una parte dei dati su Visione.
2Gli schizzi in questione si vedono in Iron Man 2 quando Tony sfoglia il quaderno del padre poco prima di scoprire il messaggio che gli ha lasciato.
3L'espressione sbigottita di Tony nel vedere per la prima volta il Tesseract lascia intendere che sappia cosa sia, ma che non fosse al corrente della sua esistenza.
4No, non è uno scherzo, ha davvero tentato di chiamarlo così-> leprove. Starkium è un nome ispirato ai vari elementi dedicati a scienziati famosi (Einstenium, Nobelium etc.)

Note Dell'Autrice:

Hola!
No, non sono scomparsa, mi sono semplicemente scapocciata su questo capitolo fino ad ora, tra un esame e l'altro...
Premetto che non ne sono soddisfatta al 100%, ma gestire così tanti personaggi in un sol colpo si è rivelato complesso e fornire altre "specifiche" avrebbe allungato a dismisura il capitolo, per cui ho preferito concentrarmi sui dialoghi piuttosto che su slanci introspettivi. Recupereremo nelle prossime puntate ;)
La teoria sull'elemento di Tony è ovviamente un mio headcanon che reputo anche abbastanza improbabile, ma poggia su fatti verosimili e comprovati nei film. Dubito verrà mai utilizzato nel MCU, ma sapendo che a questo punto i nostri eroi sono allo sbando e si stanno arrampicando sugli specchi, ho pensato potesse essere una prima bozza di partenza che verrà poi soppiantata dall'arrivo di Scott (di cui ero ovviamente all'oscuro all'epoca della stesura).

Ringrazio tantissimo tutti coloro che hanno aggiunto la storia alle seguite, ricordate e preferite, e in particolare T612, shilyss e _Atlas_ che hanno recensito lo scorso capito
lo <3

Il prossimo capitolo, per fortuna, è in fase di completamento e dovrebbe arrivare a breve ;)
Alla prossima,

-Light-


 
   
 
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