Miele e biscotti
I giorni successivi furono caotici
per il castello. Gli ospiti e l’intera corte reale si preparavano a partire per
un viaggio autunnale tra i feudatari. Lena cercò di rimanere lontana dai
preparativi che non la concernevano, Kara sarebbe rimasta al castello, in
rappresentanza del cugino. Lei, ovviamente, sarebbe rimasta a sua volta, perché
era la sua Promessa.
Come ogni mattina era alla finestra,
ma qualche passo indietro rispetto al solito. Non voleva che Kara la vedesse,
eppure lei riusciva a vederla, mentre preparava il suo cavallo e poi esitava,
il volto rivolto verso lei e la finestra che ai suoi occhi appariva vuota.
Durante i pasti non parlavano o
quasi, questa volta, doveva ammetterlo, era colpa sua. Kara tentava di
incominciare una conversazione con lei, ignorando il rumore del salone, ma lei
riusciva sempre a rispondere in maniera da chiudere qualsiasi apertura al
dialogo e poi si dedicava al cibo, finiva in fretta e si congedava dai reali,
sparendo prima ancora che fossero chiamati i menestrelli.
Era sciocco quell’atteggiamento,
infantile, probabilmente. Avrebbe sposato Kara, avrebbe passato con lei
l’intera vita, non poteva evitarla per sempre.
Non poteva punirla per una decisione che aveva preso lei.
Lena abbassò il capo. Kara, aveva finalmente
spinto Streaky a raggiungere il gruppo con cui
cavalcava quel giorno e lei poté appoggiarsi al piccola davanzale e osservare
le colline.
A metà mattinata, mentre lei si
occupava della corrispondenza proveniente da Castel Luthor,
la corte partì. Lena aveva salutato i reali a colazione e ora non si alzò dalla
scrivania, neppure per osservare lo spettacolo di stendardi, dame e cavalieri
che quella partenza metteva in mostra.
Quando scese per pranzo si rese
conto, per la prima volta, di cosa significava effettivamente la partenza della
corte. Il salone che, anche quando non vi erano che un piccolo gruppo di
ospiti, risuonava di conversazioni ed era percorso da camerieri e nobili, ora
era quasi silenzioso. Il tavolo reale, a cui lei mangiava da quando era giunta
al castello, era pronto per accogliere due persone, e uno dei posti era già
preso da Kara.
Lena esitò un istante sulla porta,
chiedendosi come avrebbe potuto affrontare una simile situazione, ma gli occhi
di Kara si voltarono e incrociarono i suoi, sorpresi.
La giovane scattò in piedi,
arrossendo, probabilmente per la tenuta non adeguata ad un pranzo, infatti
indossava ancora i canzoni e la giubba con cui usciva a cavallo.
“Buongiorno, Lady Luthor.”
“Buongiorno.” Non si erano viste a
colazione. Succedeva raramente che Kara non rientrasse in tempo per
incontrarla, ma quel giorno era successo. “Credevo che Dama Alexandra e Dama Eliza sarebbero rimaste al castello, così come l’Intendente
Brainiac.”
Kara sembrò arrossire ancora un po’
di più a quelle sue parole e Lena cercò di non badare alla piccola fitta che
questo le provocava.
“Alex e sua madre accompagnano il
convoglio fino alle terre dei Danvers, poi torneranno
al castello, dopodomani saranno di nuovo qua.” Lena annuì, aveva senso, le
terre dei Danvers erano le più vicine al palazzo e
sarebbero stata la prima tappa del re e della regina, era normale che li
accompagnassero fino a lì. “L’Intendente Brainiac
invece, è stato chiamato in città, giorni fa, tornerà in primavera.” Lena
corrugò la fronte perplessa, era vero che non aveva più visto l’Intendente da
quella malaugurata sera in cui lo aveva sorpreso nelle stanze della sua
Promessa, ma non aveva immaginato che fosse partito.
“In primavera?” Ripeté, sorpresa. Kara
annuì, ma distolse lo sguardo.
“È un buon amico e mi mancherà, ma il
suo dovere deve andare al suo ruolo, mancava dai suoi uffici da troppo tempo.”
Arrossì sulla parola dovere, ma alzò il mento in maniera fiera.
Lena sapeva che stava di nuovo
pensando alla lettera e a quello che credeva lei avesse pensato nel leggerla.
“Capisco.” Disse soltanto. Era strano
provare quel senso di sollievo e al contempo sentirsi in colpa. Aveva promesso
alla giovane quella libertà e di fare del suo meglio perché lei fosse felice, l’Intendente
sembrava colui che la ragazza aveva scelto.
Le cameriere portarono i piatti con
le differenti pietanze e tra loro scese il silenzio.
Lena lanciò uno sguardo a Kara che si
agitava sulla sedia accanto a lei. Ormai la conosceva abbastanza bene da sapere
che aveva qualcosa da dirle.
“Sì?” Domandò, perché non seppe resistere.
La ragazza la guardò sorpresa, aprì
la bocca e poi la richiuse, come se stesse lottando con se stessa sulle parole
da usare. Lena non poté fare a meno di sorridere e Kara arrossì, rendendosi
conto di come doveva apparire.
“Mi chiedevo… avete già bruciato il
modello della vostra macchina per catturare il vento?” Lena la fissò sorpresa,
non si era aspettata una domanda simile.
“No.” Affermò. In quei giorni di
fibrillazione al castello non aveva voluto impegnare dei camerieri per quel
compito. “Ma ora che il castello è di nuovo tranquillo, non…”
“Vorrei mostrarvi una cosa.” La
interruppe però Kara.
“Una cosa?” Chiese lei, scettica.
“Sì. Posso?” Le domandò ancora,
titubante. Lena esitò un istante, non era sicura che fosse una buona idea,
starle troppo accanto la portava a pensieri sciocchi, al contempo, avrebbe
dovuto abituarsi ad averla vicina visto che l’avrebbe sposata.
“Va bene.” Acconsentì e vide gli
occhi della ragazza brillare di gioia.
“Andiamo.” Esclamò lei,
improvvisamente decisa.
“Adesso?” Si ritrovò a dire, mentre
Kara era già in piedi.
“Sì, avete mangiato tutto quello che
mangiate di solito, quindi, perché aspettare? Ci siamo solo noi, oggi, possiamo
fare come più ci piace.” Lena osservò i camerieri posti lungo il muro, in
attesa del loro cenno per sparecchiare e tornare con la portata successiva,
Kara, però, non aveva tutti i torti, Lena non avrebbe mangiato molto altro.
“Va bene.” Si alzò e Kara sorrise di
nuovo, in quel modo a lei peculiare che sembrava farle risplendere il volto.
“Datemi un istante.” Affermò e poi si
avvicinò al capo dei domestici che annuì e poi batté le mani, dando un
implicito ordine. Kara tornò. “Fatto.” Disse. “Andiamo.”
Attraversarono le stanze e i corridoi
del castello, incontrando solo domestici e paggi. Era strano il silenzio che vi
regnava, ma anche rilassante, le ricordava casa e Lena non poté fare a meno che
abbandonare un po’ della tensione che non sospettava di provare fino a quando
le sue spalle non si alleggerirono.
Alla porta d’ingresso una cameriera
le stava aspettando, tra le mani due caldi mantelli.
“Dunque era pianificato.” Notò con
tono divertito e Kara annuì felice, mentre si drappeggiava sulle spalle un
mantello rosso scuro e poi la aiutava ad indossarne uno verde.
“Lo so che non avete mai freddo, ma…”
“Meglio evitare le infreddature.”
Concluse lei. E per un istante, al ricordo della menzogna della giovane di
qualche giorno prima, il suo viso si chiuse di nuovo. Kara distolse lo sguardo,
chiaramente preda di pensieri simili.
Uscirono nel giardino e Lena ispirò
l’aria fresca con gioia. Avrebbe dovuto passeggiare di più all’esterno, anche
se questo la distoglieva dalle sue solite attività.
Il cielo era splendido, di
quell’azzurro che solo l’autunno può mostrare, gli alberi del giardino avevano
colori più omogenei ora, più scuri e meno intensi e, oltre le mura, le colline
erano già ricoperte dalle prime foglie cadute.
Kara la guidò con passo sicuro verso
uno degli edifici adiacenti al castello, poteva essere un magazzino, una
stalla, forse persino parte degli alloggi dei servitori o delle guardie. Lena
era perplessa, non capiva cosa volesse mostrarle la donna.
“Eccoci.” Disse allora Kara e i suoi
occhi brillavano di nuovo. “Spero che…”
Delle urla la interruppero ed
entrambe si voltarono verso la fonte del frastuono. Dopo pochi istanti un
puledro nero superò l’angolo delle stalle dirigendosi dritto verso di loro,
poco distante due stallieri correvano perdendo terreno ad ogni passo.
Lena sentì il cuore accelerare.
L’animale era evidentemente piccolo, ma comunque avrebbe potuto con estrema
facilità essere pericoloso. Fece un passo indietro, spaventata, quando Kara le
si parò davanti.
“Oh, oh!” Disse, allargando le
braccia. Il puledro si impennò davanti a lei e Lena con orrore si aspettò il
peggio, ma la giovane non si mosse, invece avanzò, le braccia sempre
spalancate. “Chi ti ha detto che potevi uscire?” Domandò e nella sua voce vi
era divertita giocosità e nessuna paura.
Il cavallo ricadde sulle quattro
zampe e poi la guardò, come se la valutasse.
Kara allungò la mano verso di lui e
l’animale avanzò spingendo il muso contro le dita della giovane.
“Ecco, così, bravo.” Mormorò allora
la ragazza, dando delle leggere pacche sulle spalle del nerissimo cavallino.
“Per fortuna c’eravate voi, Lady Zor-El, altrimenti chi li avrebbe sentiti i giardinieri...”
Disse uno stalliere, arrivando con il fiato mozzo dopo la corsa, poi nel vedere
lei impallidì e si piegò in un inchino formale. “Chiedo perdono.” Mormorò ed
era pallido e teso adesso.
Kara sembrò ricordarsi di lei sono in
quel momento, perché alzò la testa e la guardò registrando, probabilmente, il
suo viso pallido e il modo in cui stringeva il mantello. Lena cercò di
ricomporsi, ma era difficile, non aveva mai amato i cavalli, non da quando
c’era stato quell’incidente e suo padre era morto.
“Oh, non importa.” Si riscosse Kara,
tornando a fissare lo stalliere che prese in custodia l’animale, riportandolo
verso le stalle, dopo essersi di nuovo inchinato a lei.
“Perché lo stalliere era così…
preoccupato per la mia presenza?” Chiese. Era abituata alla deferenza del
personale del palazzo, ma questa volta vi era stato qualcosa di più e Kara era
chiaramente parte di quel qualcosa.
“Non è nulla di importante…” Cercò di
dire, ma lei alzò un sopracciglio fissandola in attesa. “Ecco… era il mio
regalo, per voi, per il ballo di Mezz’inverno.” Ammise alla fine, arrossendo un
poco.
“Oh.” Lena sbatté le palpebre sorpresa.
“Si tratta di un figlio di Streaky e diventerà un ottimo cavallo, quando ci ho pensato
non sapevo che non vi piacessero i cavalli, quindi… ora non ha più importanza.”
Lena si morse il labbro, che lo
volesse o no il suo cuore si era scaldato all’idea della ragazza che si
preoccupava di farle il regalo giusto.
“È un bell’animale… e un bel regalo.”
Disse allora e Kara alzò lo sguardo su di lei, dubbiosa.
“Perché non vi piacciono i cavalli?”
Chiese, poi aggiunse. “Ne avete paura a causa dell’incidente che ha avuto
vostro padre?”
Lena abbassò il capo, non amava
parlarne.
“Non…” Iniziò, ma la giovane la
interruppe.
“Perdonatemi, non dovete rispondere
se parlarne vi fa soffrire.” Alzò lo sguardo e incontrò gli occhi sinceri e
dolci della giovane che ora erano velati di reale preoccupazione.
Lena sospirò e poi si spostò
sedendosi su una delle panchine di pietra che punteggiavano il giardino del
castello. Kara le si sedette accanto, in silenzio, aspettando pazientemente che
lei decidesse.
“Pochi sanno che ero con lui quando è
successo. Mia madre non ha voluto che si sapesse, diceva che avrebbero usato questa
informazione contro di me.” Sospirò lasciando che la memoria tornasse a quel
giorno. “Mio padre viaggiava molto e lo vedevamo poco, io e Lex,
ma quel giorno sarebbe tornato e così, disubbidendo a nostra madre, Lex sellò uno dei grossi cavalli da guerra delle montagne e
mi prese con sé. Avremmo fatto una sorpresa a papà, mi disse.” Si fermò
ricordando la cavalcata nella foresta ricoperta di neve, a volte, quando
chiudeva gli occhi, ricordava ancora la sensazione provata, il cavallo che
sbuffava come unico rumore, le braccia di suo fratello strette attorno a lei
che la tenevano al sicuro e al caldo.
Riaprì gli occhi e trovò lo sguardo
azzurro di Kara, attento, preoccupato, ma non… incalzante. Avrebbe atteso tutto
il tempo che Lena voleva, quello dicevano quegli occhi magnifici.
“Giungemmo al Passo Alto e lì
aspettammo che la carrozza di nostro padre arrivasse. Lex
aveva calcolato bene i tempi e ben presto sentimmo il rumore del gruppo che
riportava a casa nostro padre.” Lena ripensò alla gioia che aveva provato nel
vedere le armature brillare nel pallido sole e il verde dei stendardi dei Luthor, con la L d’argento che garriva il vento: suo padre
tornava a casa.
“Mi agitai e il nostro cavallo si
agitò con me.” Ricordò, ora il suo tono era freddo, distaccato. Lex aveva quindici anni, lei ne aveva sette. La loro madre
aveva vietano per un motivo l’uso dei grandi cavalli da montagna. “Lex era abile, anche a quel tempo, e probabilmente avrebbe
controllato l’animale, ma io… io urlai verso mio padre, volevo che mi vedesse,
volevo incontrare il suo sguardo felice, volevo che fossi la prima a dargli il
bentornato a casa.” Sentì la mano di Kara stringersi sulla sua e si rese conto
che una lacrima stava scendendo lungo la sua guancia. Non aveva mai raccontato
questa storia, a nessuno.
Perché ora lo faceva con lei? Perché mostrava alla donna che avrebbe
sposato il suo più grande e terribile errore?
“Il cavallo ci disarcionò e si lanciò
verso il gruppo di soldati che si schieravano temendo un’imboscata. Non vidi
cosa successe, ricordo solo che Lex mi stringeva a
sé, spaventato e poi ricordo…” Si interruppe, quel suono, quel rumore aveva
ancora il potere di risvegliarla di notte, anche se ormai succedeva raramente.
“L’asse della carrozza si ruppe e mio padre cadde con essa giù dalla montagna.”
Questa era la versione che tutti
conoscevano, un incidente, un’asse difettoso e la tragica morte del signore dei
Luthor. Nessuno, sua madre si era assicurata che
fosse così, aveva mai parlato del cavallo imbizzarrito che aveva provocato
tanto scompiglio da causare il brusco movimento che aveva spezzato quell’asse.
“Eravate solo una bambina.” Mormorò
Kara e Lena si voltò, quasi sorpresa di vederla seduta ancora lì, la sua mano
tenuta stretta e al caldo da quelle di lei che ora avvolgevano le sue dita.
“Ho ucciso mio padre.” Sbottò lei.
“No.” Protestò allora Kara. “No, e,
sapete una cosa? Non è stato neppure quel cavallo o l’idea di vostro fratello.
Non è stata colpa di nessuno, è stato un tragico e drammatico incidente.” La
giovane era decisa, aveva perso qualsiasi forma di timidezza e la fissava con
occhi seri e decisi.
Sua madre non ne aveva mai parlato,
come se anche lei avesse completamente cancellato la loro presenza sul luogo
dell’incidente, suo fratello aveva tentato qualche volta, ma alla fine non
aveva detto nulla, era la prima volta che qualcuno pronunciava parole simile e
Lena sentì che un peso enorme veniva tolto dalle sue spalle.
“Non portate colpe che non avete.”
Mormorò Kara e sollevò una mano, accarezzandole il volto e portando via una
lacrima. I loro occhi si intrecciarono e la giovane non allontanò le dita,
accarezzandole il volto con gentilezza. “I miei genitori sono morti in un
incendio.” Disse, il tono basso, gli occhi che non si distoglievano dai suoi.
“Tutti sono morti, la mia famiglia intera tranne Kal
ed io. Kal era lontano, io… io no, ero lì. A volte mi
chiedo perché sono viva, mi dico che non è giusto eppure… eppure sono qua.”
Lena capì che la giovane le stava
aprendo il suo cuore, restituendole un segreto importante e intimo tanto quanto
il suo.
Alzò la mano e la appoggiò su quella
di Kara ancora sulla sua guancia.
“Sono felice che voi siate ancora
qua.” Bisbigliò e la giovane la guardò sorpresa, poi arrossì e allontanò la
mano distogliendo lo sguardo e fissando il giardino davanti a loro.
Lena abbassò il capo stringendo le
mani una sull’altra.
Aveva detto troppo, aveva detto una sciocchezza, era stata davvero
stupida e…
“Anche io sono contenta di essere
qua, con voi, adesso.” Affermò però la giovane e tornò a guardarla. Le sue
guance erano soffuse di colore e i suoi occhi erano di nuovo timidi
nell’osservarla.
Lena sentì una strana sensazione nel
ventre, qualcosa di decisamente non sgradevole, ma non disse nulla, lasciando
che quella nuova tranquillità tra di loro allontanasse il dolore provocato dal
ricordo dell’incidente di suo padre.
Rimasero in silenzio, un lungo
momento, osservando il giardino, Lena era consapevole della presenza di Kara
accanto a sé, ma, diversamente da quanto era successo nell’ultima settimana,
non si sentiva più tesa.
“Ho un’idea.” Affermò Kara, mentre
lei era persa nei propri pensieri.
“Sì?”
“Lasciamo perdere quello che dovevo
mostrarvi. Ora andiamo nelle stalle.”
“Non credo che…”
“Io invece lo credo.” Affermò lei,
alzandosi in piedi. Ed eccola di nuovo la versione di Kara combattiva e decisa.
Quella donna era difficile da prevedere. “Non faremo nulla che non desideriate,
solo… una passeggiata e, magari, se vi andrà, potremmo fare qualche carezza a Streaky, lui è buonissimo.” Lena alzò un sopracciglio
all’idea di definire Streaky, uno stallone enorme,
addestrato al combattimento, buonissimo. “Dategli una possibilità!” Affermò
allora lei e le tese la mano.
Lena osservò quell’offerta con
perplessità, non era abituata al contatto fisico con nessuno, meno che mai con
Kara, certo, vi era stato quel momento in cui le sue mani erano state così
rassicuranti e poi quella carezza, ma… quello era stato un momento particolare
che era meglio non ripetere. Si alzò in piedi e con un sorriso di scuse evitò
la mano della donna.
“Verrò con voi nelle stalle, ma non
pensiate che questo possa, in qualche modo, cambiare la mia opinione su quegli
animali o sul cavalcare.”
“Vedremo.” Rispose Kara e Lena vide
che distoglieva gli occhi da lei.
Come se fosse… dispiaciuta? Ma doveva sbagliarsi,
Kara era una donna più generosa con i contatti fisici, ma di certo non poteva
dispiacerle il fatto che non le avesse dato la mano.
Le stalle erano poco distanti, ma
Lena iniziò a sentire la tensione salire non appena udì il rumore degli zoccoli
che battevano contro il pavimento di pietra.
“Non credo sia una buona idea.” Lena
si strinse le braccia attorno al corpo tentando di non apparire spaventata. “Mi
sono dimenticata che ho della corrispondenza di cui occuparmi.”
“Solo una passeggiata.” Assicurò
Kara. Aprendo la porta ed entrando con passo deciso, lei esitò un istante, poi
si fece coraggio e la seguì.
Gli animali erano rinchiusi nei loro
box, alcune teste si voltarono a fissare loro, ma nessuno sembrava intenzionato
a imbizzarrirsi.
Kara raggiunse il box del suo enorme
stallone nero. Da vicino la sua stazza era ancora più imponente.
“Ciao, biscottino.” Lo salutò Kara,
accarezzando la testa che il cavallo tendeva verso di lei, evidentemente in
cerca di coccole.
“Biscottino?” Domandò lei, senza
avvicinarsi.
“È dolce come un biscotto.” Spiegò Kara
ignorando, completamente, il suo tono sarcastico. “Volete accarezzarlo?”
“No, credo che resterò qua.” Kara le
lanciò uno sguardo e poi annuì.
“Per ora va bene.”
“Per ora?” Chiese fissando la giovane
che però non si spiegò e invece, dopo un’ultima coccola a Streaky,
si mosse avanti fino a raggiungere un altro box che sembrava vuoto. Lo aprì e
vi entrò.
Lena la vide sparire e rimase
immobile, al centro delle stalle, tesa.
“Non venite?” Domandò alla fine la
voce di Kara spuntando di nuovo e fissandola con un ampio sorriso sulle labbra.
Lena scosse la testa, ma non
resistette alla curiosità e si avvicinò al box chiuso.
Kara era in ginocchio, ma da dov’era
Lena non poteva capire cosa stesse facendo. Di certo, però, non vi era un
cavallo lì dentro.
Quando Kara si rialzò nel mantello
aveva avvolto qualcosa. Lena corrugò la fronte poi sorrise quando la giovane le
mostrò un’intera cucciolata di gattini.
“Vi piacciono i gatti, non è vero?”
Chiese la ragazza, improvvisamente preoccupata.
“Non mi dispiacciono.” Ammise lei e
Kara si illuminò.
“Lois non li vuole nel castello, ma…
se, voi, ne voleste uno, non potrebbe dirvi nulla… credo…”
Lena scoppiò a ridere comprendendo la
situazione.
“Volete che tenga un gatto per voi!”
L’accusò.
“No! Certo che no!”
“No?” Domandò lei e alzò un
sopracciglio, ridendo di nuovo nel vedere lo sguardo colpevole della ragazza.
“Sono così carini! E Lois non vuole
che li tenga nelle mie stanze… potrei farlo lo stesso, ma poi lei mi
guarderebbe in quel modo così pieno di disapprovazione e…”
“Va bene.” Si ritrovò a dire, senza
sapere come fosse successo. Non amava particolarmente gli animali, un gatto,
nelle sue stanze, avrebbe solo portato disordine e lei amava l’ordine.
“Davvero?” Chiese però la giovane e
la gioia sul suo viso era così evidente che Lena non poté ritrattare.
“Uno, solo uno!” Affermò rendendosi
conto che Kara, probabilmente, glieli avrebbe fatti prendere tutti, se lei
gliene avesse data la possibilità.
Il sorriso di Kara si incrinò un
poco, mentre si mordicchiava il labbro guardando i gattini, incapace di
scegliere.
“Scelgo io per voi, Kara?” Chiese,
lasciando che quel modo di chiamarla scivolasse sulla sua lingua con
naturalezza. Vide la giovane arrossire e poi annuire. Cercò di non rifletterci
sopra, mentre osservava i gattini agitarsi all’interno del mantello rosso della
giovane. Erano cinque, due bianchi, uno striato di grigio, uno bianco e nero e
uno grigio. Lena li osservò per un istante, poi indicò quello grigio. Era
decisamente il più calmo.
Kara si voltò, posando i gattini a
terra e tornando da lei con quello grigio.
“Come lo chiamerete?” Domandò.
“Credevo fosse il vostro gatto…”
Esitò lei.
“Oh no, se fossi io a dargli il nome,
Lois lo capirebbe subito.” Lena dovette annuire, la regina non era da
sottovalutare.
“Molto bene, allora…” Si morse il
labbro pensierosa. “Miele.” Disse poi, sull’onda di un pensiero. “Andrà
d’accordo con biscottino.” Sorrise, mentre Kara annuiva felice.
“Mi piace!” Esclamò e Lena percepì un
caldo senso di gioia.
Le colline erano ammantate di nebbia
quella mattina. Miele si aggrappò al suo vestito reclamando attenzioni. Lena lo
guardò con aria afflitta, aveva graffiato la sua porta per metà della notte
fino a quando lei non aveva ceduto ed era andata ad aprirla, poi, il gattino,
si era piazzato nel suo letto, tornando all’attacco ogni volta che lei lo aveva
spinto a terra.
“Sarai la mia rovina.” Mormorò
posando il libro che reggeva e permettendo al gatto di salire sulle sue gambe,
dove si sistemò dopo alcuni giri e si addormentò in un istante. “Ma certo…” Si
lamentò, lei non aveva quasi chiuso occhio quella notte per colpa sua, ma lui
ora dormiva.
Un leggero bussare la distolse dalla
sua contemplazione del gattino. Jess andò ad aprire e chinò il capo, segno che
non si trattava di un cameriere.
“Lady Zor-El.”
Annunciò la ragazza e lei sbatté le palpebre sorpresa.
“Falla entrare.” Indicò alla sua dama
di camera che obbedì per poi allontanarsi e lasciare le due donne da sole.
“Buongiorno! Ciao, Miele.” Kara entrò
come una ventata d’aria, piena di vita e d’energia anche a quell’ora del
giorno. Il gatto si svegliò e si lanciò a terra correndo dalla giovane che lo
afferrò e si mise a giocare con lui.
“Buongiorno, Kara.” La salutò lei.
“Non dovreste essere a cavalcare a quest’ora del mattino?”
“Sì.” Confermò lei ed in effetti era
in tenuta. “Ma, visto che anche voi siete sveglia, mi sono chiesta se avreste
voluto venire con me.” Affermò, poi, nel vedere il suo volto chiudersi, scosse
la testa. “No, non a cavalcare, a fare una passeggiata con me e… Streaky.” Kara posò a terra Miele che cercò di catturare di
nuovo la sua attenzione piantando le unghie negli stivali della giovane che
però ora era completamente concentrata su di lei.
“Dunque a cavalcare.” Decretò Lena.
“No! Streaky
sarà con noi, ma nessuno vi salirà sopra.” Spiegò.
“Non credo sia una buona idea.”
“A voi non sembra mai una buona idea,
ma è una buona idea!” Insistette la giovane. “Non potete lasciarmi da sola.”
Aggiunse poi con un sorriso e così lei cedette.
Kara attese che lei indossasse abiti
adatti ad una passeggiata e poi scesero insieme fino alle stalle dove Streaky era fermo in attesa.
“Tutto bene?” Le chiese Kara,
probabilmente percependo il suo irrigidimento.
“Sì.” Mentì lei.
“Non succederà nulla, non lo
permetterei.” Affermò decisa la giovane e poi si incamminò verso l’arco che
permetteva di superare le mura e portava verso la foresta nella quale, per
settimane, Lena aveva visto scomparire la giovane assieme ai suoi compagni.
Sorprendentemente, Kara ignorò il cavallo.
Lena la seguì perplessa.
“Non capisco.” Ammise e Kara le
sorrise.
“Non preoccupatevi.” Era di nuovo la
ragazza sicura di sé. “Vi piace l’autunno?” Chiese e Lena si lasciò trascinare
nella chiacchierata. Dopo poco però, si voltò sorpresa da un rumore e si
ritrovò a osservare Streaky che brucava la poca erba
che riusciva a trovare tra gli alberi.
“Ha imparata a farlo quando era
piccolo.” Spiegò allora Kara, con aria fiera. “Non potevo cavalcarlo, ma voleva
venire con me, quindi mi seguiva sempre. Sapevo che non se n’era dimenticato.”
“Siete di parola… una passeggiata con
voi e Streaky.” La ragazza annuì felice a quelle
parole.
“Esattamente. Un El
non mente mai e mantiene sempre la sua parola.”
Lena abbassò il capo, colpita da
quell’affermazione. Sapeva che per colpa della promessa infranta di Lex la parola di un Luthor non
valeva più granché. La ragazza non lo aveva detto con cattiveria, ma questo non
cambiò la sostanza, cercò di non rovinarsi l’umore e si concentrò sul paesaggio
e sulle parole di Kara che, ignara del suo turbamento si era messa a
raccontarle degli avvenimenti con Streaky come
protagonista.
Camminarono per un lungo momento,
addentrandosi nella foresta del Re, i cui sentieri erano tracciati e ripuliti
dalle foglie che ormai gli alti alberi lasciavano cadere, e ben presto Lena si
rilassò, persino la presenza del grande animale alle sue spalle non fu più che
un pensiero leggermente inquietante.
“Eccoci!” Kara smise di parlare e le
indicò un sentiero stretto, fecero ancora qualche passo e si ritrovarono in
un’ampia radura. I faggi dalle rosse foglie la contornavano e i loro tronchi
sembravano d’argento. Al centro vi era un grande altare di pietra con inciso il
simbolo degli El.
Lena comprese subito dove si
trovavano e percepì un brivido. Lì, secolo dopo secolo, tutti gli El si erano scambiati i bracciali nuziali.
“Non è bellissimo?” Mormorò Kara,
accarezzando l’altare con aria reverenziale.
Lena non seppe cosa dire. Quel luogo
era un simbolo del potere di quella famiglia, della sua storia e della sua
grandiosità e al contempo era un posto intimo e romantico in cui due anime si
univano per sempre.
“Il re e la regina si amano, non è
vero?” Domandò e Kara la fissò, sorpresa dalla domanda. Dietro di lei, al
limite degli alberi Streaky le fissava, in qualche
modo conscio che quello non era un posto per lui.
“Sì.” Confermò.
“So che anche i genitori del re si
amavano e così…”
“I miei genitori, sì.” Confermò
ancora Kara, tutta l’attenzione fissa su di lei.
“Mio fratello… voi…” Lena scosse la
testa, era qualcosa che doveva chiedere eppure parlare di Lex,
lì, sembrava così profondamente sbagliato che…
“Io non amavo Lex.”
Le disse, però, con estrema semplicità Kara. “Mi piaceva, era gentile,
intelligente e simpatico, mi faceva ridere e riusciva sempre a stupirmi.”
Raccontò e Lena sentì una stretta allo stomaco.
Non poteva, non voleva essere gelosa di suo fratello!
“Immagino che ora lo odiate.”
“No.” Di nuovo fu sorpresa dalla
calma tranquillità con cui Kara rispose. “Come potrei odiarlo?” Domandò e Lena
vide gli occhi della ragazza addolcirsi, mentre la scrutavano.
“Perché?” Chiese, lasciando che il
cuore accelerasse ancora un poco.
“Ha scelto l’amore. Come avete
compreso è una cosa che noi El possiamo capire.”
Lena sentì il cuore stringersi a
quelle parole, non era quello che, per un brevissimo istante, aveva sperato di
udire.
Sciocca, sciocca e sciocca.
“Ma…”
“Mi ha scritto, spiegandomi ogni
cosa. Non lo odio.” Spiegò e Lena la fissò sorpresa.
Suo fratello le aveva scritto? A lei non aveva detto nulla!
“Vi ha scritto?” Chiese e Kara annuì,
ma non sembrò dell’idea di aggiungere altro.
“Rientriamo? Avrete fame…” Disse per
poi dirigersi di nuovo verso il sentiero. Lena si chiese se dovesse insistere,
ma evitò, la giovane aveva il diritto di tenere per sé alcune cose.
Ripercorsero il sentiero in silenzio,
solo il passo tranquillo di Streaky alle loro spalle
e il fruscio delle foglie che abbandonavano i rami infrangevano la quiete.
“Quando ci scambieremo i bracciali la
foresta sarà viva, le foglie verdi e gli uccelli canteranno. Vi piacerà.”
Assicurò Kara, mal interpretando il suo silenzio.
“Di certo, ma mi piace anche ora.”
Assicurò lei. “Sono abituata al silenzio di una foresta, la neve copre ogni
rumore.”
“Deve mancarvi la vostra casa.”
Mormorò Kara cogliendo la nostalgia nel suo tono.
Lena annuì, ma non disse nulla.
“Per il ballo di mezz’inverno anche
qua ci sarà la neve.” Ci tenne a precisare Kara e Lena alzò lo sguardo per
incontrare i suoi occhi. Kara le sorrise e lei sentì una piccola fitta di gioia
al cuore.
No. No. No.
Abbassò lo sguardo in fretta.
“Va tutto bene?” Le chiese allora
Kara.
“Certo.” Assicurò lei.
Rientrarono al castello poco dopo, Streaky si lasciò prendere dagli stallieri e rimettere nel
suo box, mentre Kara la accompagnava fino alle sue stanze.
“Allora? Streaky
è stato promosso?” Le chiese un sorriso speranzoso sulle labbra.
“Mmm.”
Esitò lei e si divertì a vedere l’aria preoccupata di Kara. “Va bene, il tuo
cavallo sa stare al suo posto.” Accordò e Kara esultò.
“Bene! Allora domani…”
“Domani non potrò accompagnarvi, mi
dispiace.” La interruppe lei.
“Oh…”
“Lady Alexandra sarà tornata e avrete
di nuovo la vostra compagna di cavalcate.” Sorrise cercando di non dare troppo
peso alla questione.
“Certo, ma…” Kara cercò le parole, ma
non sembrò trovarle.
“È stata una bella passeggiata.”
Assicurò Lena e Kara comprese che era un congedo. Annuì, si voltò e uscì dalle
sue stanze, lasciandola sola.
Lena la guardò andare via e si morse
il labbro.
No!
Cercò di abbandonare il pensiero, di
non provare di nuovo quel senso di calore, quel pensiero che l’aveva sorpresa e
colpita durante la passeggiata, nel guardare Kara.
Non poteva e non voleva.
Eppure…
Note: Questa volta il capitolo è bello lungo, spero vi sia piaciuto!
Eravate preoccupate per il finale del precedente capitolo, ma le cose sembrano aver ripreso il loro corso senza troppe difficoltà. E poi… a cosa pensa Lena? Cosa si rifiuta di accettare? ;-)
Il titolo per il terzo capitolo è “Incomprensioni” si adatta bene all’intero capitolo visto che sembrate tutte concordi sul fatto che proprio Lena non capisce! XD Andava molto bene anche “Malintesi” ma era, forse, troppo legato all’ultimo momento del quale, in realtà, non conosciamo l’esatta natura: era un malinteso oppure no?
Aspetto il titolo per questo quarto capitolo!