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Autore: Najara    29/01/2019    6 recensioni
"Un passo, un respiro, un altro passo, respirare di nuovo.
Spalle e schiena rigida, testa ben dritta, non mostrare i propri sentimenti, non mostrare la paura.
Inchino. Elegante, profondo, ma non troppo.
Parole vengono pronunciate. Promesse solenni scambiate.
Sedersi, ascoltare le parole vuote di tutti, sorridere, annuire.
E finalmente finisce."
Una storia SuperCorp!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Kara Danvers, Lena Luthor
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Miele e biscotti

 

I giorni successivi furono caotici per il castello. Gli ospiti e l’intera corte reale si preparavano a partire per un viaggio autunnale tra i feudatari. Lena cercò di rimanere lontana dai preparativi che non la concernevano, Kara sarebbe rimasta al castello, in rappresentanza del cugino. Lei, ovviamente, sarebbe rimasta a sua volta, perché era la sua Promessa.

Come ogni mattina era alla finestra, ma qualche passo indietro rispetto al solito. Non voleva che Kara la vedesse, eppure lei riusciva a vederla, mentre preparava il suo cavallo e poi esitava, il volto rivolto verso lei e la finestra che ai suoi occhi appariva vuota.

Durante i pasti non parlavano o quasi, questa volta, doveva ammetterlo, era colpa sua. Kara tentava di incominciare una conversazione con lei, ignorando il rumore del salone, ma lei riusciva sempre a rispondere in maniera da chiudere qualsiasi apertura al dialogo e poi si dedicava al cibo, finiva in fretta e si congedava dai reali, sparendo prima ancora che fossero chiamati i menestrelli.

Era sciocco quell’atteggiamento, infantile, probabilmente. Avrebbe sposato Kara, avrebbe passato con lei l’intera vita, non poteva evitarla per sempre.

Non poteva punirla per una decisione che aveva preso lei.

Lena abbassò il capo. Kara, aveva finalmente spinto Streaky a raggiungere il gruppo con cui cavalcava quel giorno e lei poté appoggiarsi al piccola davanzale e osservare le colline.

A metà mattinata, mentre lei si occupava della corrispondenza proveniente da Castel Luthor, la corte partì. Lena aveva salutato i reali a colazione e ora non si alzò dalla scrivania, neppure per osservare lo spettacolo di stendardi, dame e cavalieri che quella partenza metteva in mostra.

Quando scese per pranzo si rese conto, per la prima volta, di cosa significava effettivamente la partenza della corte. Il salone che, anche quando non vi erano che un piccolo gruppo di ospiti, risuonava di conversazioni ed era percorso da camerieri e nobili, ora era quasi silenzioso. Il tavolo reale, a cui lei mangiava da quando era giunta al castello, era pronto per accogliere due persone, e uno dei posti era già preso da Kara.

Lena esitò un istante sulla porta, chiedendosi come avrebbe potuto affrontare una simile situazione, ma gli occhi di Kara si voltarono e incrociarono i suoi, sorpresi.

La giovane scattò in piedi, arrossendo, probabilmente per la tenuta non adeguata ad un pranzo, infatti indossava ancora i canzoni e la giubba con cui usciva a cavallo.

“Buongiorno, Lady Luthor.”

“Buongiorno.” Non si erano viste a colazione. Succedeva raramente che Kara non rientrasse in tempo per incontrarla, ma quel giorno era successo. “Credevo che Dama Alexandra e Dama Eliza sarebbero rimaste al castello, così come l’Intendente Brainiac.”

Kara sembrò arrossire ancora un po’ di più a quelle sue parole e Lena cercò di non badare alla piccola fitta che questo le provocava.

“Alex e sua madre accompagnano il convoglio fino alle terre dei Danvers, poi torneranno al castello, dopodomani saranno di nuovo qua.” Lena annuì, aveva senso, le terre dei Danvers erano le più vicine al palazzo e sarebbero stata la prima tappa del re e della regina, era normale che li accompagnassero fino a lì. “L’Intendente Brainiac invece, è stato chiamato in città, giorni fa, tornerà in primavera.” Lena corrugò la fronte perplessa, era vero che non aveva più visto l’Intendente da quella malaugurata sera in cui lo aveva sorpreso nelle stanze della sua Promessa, ma non aveva immaginato che fosse partito.

“In primavera?” Ripeté, sorpresa. Kara annuì, ma distolse lo sguardo.

È un buon amico e mi mancherà, ma il suo dovere deve andare al suo ruolo, mancava dai suoi uffici da troppo tempo.” Arrossì sulla parola dovere, ma alzò il mento in maniera fiera.

Lena sapeva che stava di nuovo pensando alla lettera e a quello che credeva lei avesse pensato nel leggerla.

“Capisco.” Disse soltanto. Era strano provare quel senso di sollievo e al contempo sentirsi in colpa. Aveva promesso alla giovane quella libertà e di fare del suo meglio perché lei fosse felice, l’Intendente sembrava colui che la ragazza aveva scelto.

Le cameriere portarono i piatti con le differenti pietanze e tra loro scese il silenzio.

Lena lanciò uno sguardo a Kara che si agitava sulla sedia accanto a lei. Ormai la conosceva abbastanza bene da sapere che aveva qualcosa da dirle.

“Sì?” Domandò, perché non seppe resistere.

La ragazza la guardò sorpresa, aprì la bocca e poi la richiuse, come se stesse lottando con se stessa sulle parole da usare. Lena non poté fare a meno di sorridere e Kara arrossì, rendendosi conto di come doveva apparire.

“Mi chiedevo… avete già bruciato il modello della vostra macchina per catturare il vento?” Lena la fissò sorpresa, non si era aspettata una domanda simile.

“No.” Affermò. In quei giorni di fibrillazione al castello non aveva voluto impegnare dei camerieri per quel compito. “Ma ora che il castello è di nuovo tranquillo, non…”

“Vorrei mostrarvi una cosa.” La interruppe però Kara.

“Una cosa?” Chiese lei, scettica.

“Sì. Posso?” Le domandò ancora, titubante. Lena esitò un istante, non era sicura che fosse una buona idea, starle troppo accanto la portava a pensieri sciocchi, al contempo, avrebbe dovuto abituarsi ad averla vicina visto che l’avrebbe sposata.

“Va bene.” Acconsentì e vide gli occhi della ragazza brillare di gioia.

“Andiamo.” Esclamò lei, improvvisamente decisa.

“Adesso?” Si ritrovò a dire, mentre Kara era già in piedi.

“Sì, avete mangiato tutto quello che mangiate di solito, quindi, perché aspettare? Ci siamo solo noi, oggi, possiamo fare come più ci piace.” Lena osservò i camerieri posti lungo il muro, in attesa del loro cenno per sparecchiare e tornare con la portata successiva, Kara, però, non aveva tutti i torti, Lena non avrebbe mangiato molto altro.

“Va bene.” Si alzò e Kara sorrise di nuovo, in quel modo a lei peculiare che sembrava farle risplendere il volto.

“Datemi un istante.” Affermò e poi si avvicinò al capo dei domestici che annuì e poi batté le mani, dando un implicito ordine. Kara tornò. “Fatto.” Disse. “Andiamo.”

Attraversarono le stanze e i corridoi del castello, incontrando solo domestici e paggi. Era strano il silenzio che vi regnava, ma anche rilassante, le ricordava casa e Lena non poté fare a meno che abbandonare un po’ della tensione che non sospettava di provare fino a quando le sue spalle non si alleggerirono.

Alla porta d’ingresso una cameriera le stava aspettando, tra le mani due caldi mantelli.

“Dunque era pianificato.” Notò con tono divertito e Kara annuì felice, mentre si drappeggiava sulle spalle un mantello rosso scuro e poi la aiutava ad indossarne uno verde.

“Lo so che non avete mai freddo, ma…”

“Meglio evitare le infreddature.” Concluse lei. E per un istante, al ricordo della menzogna della giovane di qualche giorno prima, il suo viso si chiuse di nuovo. Kara distolse lo sguardo, chiaramente preda di pensieri simili.

Uscirono nel giardino e Lena ispirò l’aria fresca con gioia. Avrebbe dovuto passeggiare di più all’esterno, anche se questo la distoglieva dalle sue solite attività.

Il cielo era splendido, di quell’azzurro che solo l’autunno può mostrare, gli alberi del giardino avevano colori più omogenei ora, più scuri e meno intensi e, oltre le mura, le colline erano già ricoperte dalle prime foglie cadute.

Kara la guidò con passo sicuro verso uno degli edifici adiacenti al castello, poteva essere un magazzino, una stalla, forse persino parte degli alloggi dei servitori o delle guardie. Lena era perplessa, non capiva cosa volesse mostrarle la donna.

“Eccoci.” Disse allora Kara e i suoi occhi brillavano di nuovo. “Spero che…”

Delle urla la interruppero ed entrambe si voltarono verso la fonte del frastuono. Dopo pochi istanti un puledro nero superò l’angolo delle stalle dirigendosi dritto verso di loro, poco distante due stallieri correvano perdendo terreno ad ogni passo.

Lena sentì il cuore accelerare. L’animale era evidentemente piccolo, ma comunque avrebbe potuto con estrema facilità essere pericoloso. Fece un passo indietro, spaventata, quando Kara le si parò davanti.

“Oh, oh!” Disse, allargando le braccia. Il puledro si impennò davanti a lei e Lena con orrore si aspettò il peggio, ma la giovane non si mosse, invece avanzò, le braccia sempre spalancate. “Chi ti ha detto che potevi uscire?” Domandò e nella sua voce vi era divertita giocosità e nessuna paura.

Il cavallo ricadde sulle quattro zampe e poi la guardò, come se la valutasse.

Kara allungò la mano verso di lui e l’animale avanzò spingendo il muso contro le dita della giovane.

“Ecco, così, bravo.” Mormorò allora la ragazza, dando delle leggere pacche sulle spalle del nerissimo cavallino.

“Per fortuna c’eravate voi, Lady Zor-El, altrimenti chi li avrebbe sentiti i giardinieri...” Disse uno stalliere, arrivando con il fiato mozzo dopo la corsa, poi nel vedere lei impallidì e si piegò in un inchino formale. “Chiedo perdono.” Mormorò ed era pallido e teso adesso.

Kara sembrò ricordarsi di lei sono in quel momento, perché alzò la testa e la guardò registrando, probabilmente, il suo viso pallido e il modo in cui stringeva il mantello. Lena cercò di ricomporsi, ma era difficile, non aveva mai amato i cavalli, non da quando c’era stato quell’incidente e suo padre era morto.

“Oh, non importa.” Si riscosse Kara, tornando a fissare lo stalliere che prese in custodia l’animale, riportandolo verso le stalle, dopo essersi di nuovo inchinato a lei.

“Perché lo stalliere era così… preoccupato per la mia presenza?” Chiese. Era abituata alla deferenza del personale del palazzo, ma questa volta vi era stato qualcosa di più e Kara era chiaramente parte di quel qualcosa.

“Non è nulla di importante…” Cercò di dire, ma lei alzò un sopracciglio fissandola in attesa. “Ecco… era il mio regalo, per voi, per il ballo di Mezz’inverno.” Ammise alla fine, arrossendo un poco.

“Oh.” Lena sbatté le palpebre sorpresa.

“Si tratta di un figlio di Streaky e diventerà un ottimo cavallo, quando ci ho pensato non sapevo che non vi piacessero i cavalli, quindi… ora non ha più importanza.”

Lena si morse il labbro, che lo volesse o no il suo cuore si era scaldato all’idea della ragazza che si preoccupava di farle il regalo giusto.

È un bell’animale… e un bel regalo.” Disse allora e Kara alzò lo sguardo su di lei, dubbiosa.

“Perché non vi piacciono i cavalli?” Chiese, poi aggiunse. “Ne avete paura a causa dell’incidente che ha avuto vostro padre?”

Lena abbassò il capo, non amava parlarne.

“Non…” Iniziò, ma la giovane la interruppe.

“Perdonatemi, non dovete rispondere se parlarne vi fa soffrire.” Alzò lo sguardo e incontrò gli occhi sinceri e dolci della giovane che ora erano velati di reale preoccupazione.

Lena sospirò e poi si spostò sedendosi su una delle panchine di pietra che punteggiavano il giardino del castello. Kara le si sedette accanto, in silenzio, aspettando pazientemente che lei decidesse.

“Pochi sanno che ero con lui quando è successo. Mia madre non ha voluto che si sapesse, diceva che avrebbero usato questa informazione contro di me.” Sospirò lasciando che la memoria tornasse a quel giorno. “Mio padre viaggiava molto e lo vedevamo poco, io e Lex, ma quel giorno sarebbe tornato e così, disubbidendo a nostra madre, Lex sellò uno dei grossi cavalli da guerra delle montagne e mi prese con sé. Avremmo fatto una sorpresa a papà, mi disse.” Si fermò ricordando la cavalcata nella foresta ricoperta di neve, a volte, quando chiudeva gli occhi, ricordava ancora la sensazione provata, il cavallo che sbuffava come unico rumore, le braccia di suo fratello strette attorno a lei che la tenevano al sicuro e al caldo.

Riaprì gli occhi e trovò lo sguardo azzurro di Kara, attento, preoccupato, ma non… incalzante. Avrebbe atteso tutto il tempo che Lena voleva, quello dicevano quegli occhi magnifici.

“Giungemmo al Passo Alto e lì aspettammo che la carrozza di nostro padre arrivasse. Lex aveva calcolato bene i tempi e ben presto sentimmo il rumore del gruppo che riportava a casa nostro padre.” Lena ripensò alla gioia che aveva provato nel vedere le armature brillare nel pallido sole e il verde dei stendardi dei Luthor, con la L d’argento che garriva il vento: suo padre tornava a casa.

“Mi agitai e il nostro cavallo si agitò con me.” Ricordò, ora il suo tono era freddo, distaccato. Lex aveva quindici anni, lei ne aveva sette. La loro madre aveva vietano per un motivo l’uso dei grandi cavalli da montagna. “Lex era abile, anche a quel tempo, e probabilmente avrebbe controllato l’animale, ma io… io urlai verso mio padre, volevo che mi vedesse, volevo incontrare il suo sguardo felice, volevo che fossi la prima a dargli il bentornato a casa.” Sentì la mano di Kara stringersi sulla sua e si rese conto che una lacrima stava scendendo lungo la sua guancia. Non aveva mai raccontato questa storia, a nessuno.

Perché ora lo faceva con lei? Perché mostrava alla donna che avrebbe sposato il suo più grande e terribile errore?

“Il cavallo ci disarcionò e si lanciò verso il gruppo di soldati che si schieravano temendo un’imboscata. Non vidi cosa successe, ricordo solo che Lex mi stringeva a sé, spaventato e poi ricordo…” Si interruppe, quel suono, quel rumore aveva ancora il potere di risvegliarla di notte, anche se ormai succedeva raramente. “L’asse della carrozza si ruppe e mio padre cadde con essa giù dalla montagna.”

Questa era la versione che tutti conoscevano, un incidente, un’asse difettoso e la tragica morte del signore dei Luthor. Nessuno, sua madre si era assicurata che fosse così, aveva mai parlato del cavallo imbizzarrito che aveva provocato tanto scompiglio da causare il brusco movimento che aveva spezzato quell’asse.

“Eravate solo una bambina.” Mormorò Kara e Lena si voltò, quasi sorpresa di vederla seduta ancora lì, la sua mano tenuta stretta e al caldo da quelle di lei che ora avvolgevano le sue dita.

“Ho ucciso mio padre.” Sbottò lei.

“No.” Protestò allora Kara. “No, e, sapete una cosa? Non è stato neppure quel cavallo o l’idea di vostro fratello. Non è stata colpa di nessuno, è stato un tragico e drammatico incidente.” La giovane era decisa, aveva perso qualsiasi forma di timidezza e la fissava con occhi seri e decisi.

Sua madre non ne aveva mai parlato, come se anche lei avesse completamente cancellato la loro presenza sul luogo dell’incidente, suo fratello aveva tentato qualche volta, ma alla fine non aveva detto nulla, era la prima volta che qualcuno pronunciava parole simile e Lena sentì che un peso enorme veniva tolto dalle sue spalle.

“Non portate colpe che non avete.” Mormorò Kara e sollevò una mano, accarezzandole il volto e portando via una lacrima. I loro occhi si intrecciarono e la giovane non allontanò le dita, accarezzandole il volto con gentilezza. “I miei genitori sono morti in un incendio.” Disse, il tono basso, gli occhi che non si distoglievano dai suoi. “Tutti sono morti, la mia famiglia intera tranne Kal ed io. Kal era lontano, io… io no, ero lì. A volte mi chiedo perché sono viva, mi dico che non è giusto eppure… eppure sono qua.”

Lena capì che la giovane le stava aprendo il suo cuore, restituendole un segreto importante e intimo tanto quanto il suo.

Alzò la mano e la appoggiò su quella di Kara ancora sulla sua guancia.

“Sono felice che voi siate ancora qua.” Bisbigliò e la giovane la guardò sorpresa, poi arrossì e allontanò la mano distogliendo lo sguardo e fissando il giardino davanti a loro.

Lena abbassò il capo stringendo le mani una sull’altra.

Aveva detto troppo, aveva detto una sciocchezza, era stata davvero stupida e…

“Anche io sono contenta di essere qua, con voi, adesso.” Affermò però la giovane e tornò a guardarla. Le sue guance erano soffuse di colore e i suoi occhi erano di nuovo timidi nell’osservarla.

Lena sentì una strana sensazione nel ventre, qualcosa di decisamente non sgradevole, ma non disse nulla, lasciando che quella nuova tranquillità tra di loro allontanasse il dolore provocato dal ricordo dell’incidente di suo padre.

Rimasero in silenzio, un lungo momento, osservando il giardino, Lena era consapevole della presenza di Kara accanto a sé, ma, diversamente da quanto era successo nell’ultima settimana, non si sentiva più tesa.

“Ho un’idea.” Affermò Kara, mentre lei era persa nei propri pensieri.

“Sì?”

“Lasciamo perdere quello che dovevo mostrarvi. Ora andiamo nelle stalle.”

“Non credo che…”

“Io invece lo credo.” Affermò lei, alzandosi in piedi. Ed eccola di nuovo la versione di Kara combattiva e decisa. Quella donna era difficile da prevedere. “Non faremo nulla che non desideriate, solo… una passeggiata e, magari, se vi andrà, potremmo fare qualche carezza a Streaky, lui è buonissimo.” Lena alzò un sopracciglio all’idea di definire Streaky, uno stallone enorme, addestrato al combattimento, buonissimo. “Dategli una possibilità!” Affermò allora lei e le tese la mano.

Lena osservò quell’offerta con perplessità, non era abituata al contatto fisico con nessuno, meno che mai con Kara, certo, vi era stato quel momento in cui le sue mani erano state così rassicuranti e poi quella carezza, ma… quello era stato un momento particolare che era meglio non ripetere. Si alzò in piedi e con un sorriso di scuse evitò la mano della donna.

“Verrò con voi nelle stalle, ma non pensiate che questo possa, in qualche modo, cambiare la mia opinione su quegli animali o sul cavalcare.”

“Vedremo.” Rispose Kara e Lena vide che distoglieva gli occhi da lei.

Come se fosse… dispiaciuta? Ma doveva sbagliarsi, Kara era una donna più generosa con i contatti fisici, ma di certo non poteva dispiacerle il fatto che non le avesse dato la mano.

Le stalle erano poco distanti, ma Lena iniziò a sentire la tensione salire non appena udì il rumore degli zoccoli che battevano contro il pavimento di pietra.

“Non credo sia una buona idea.” Lena si strinse le braccia attorno al corpo tentando di non apparire spaventata. “Mi sono dimenticata che ho della corrispondenza di cui occuparmi.”

“Solo una passeggiata.” Assicurò Kara. Aprendo la porta ed entrando con passo deciso, lei esitò un istante, poi si fece coraggio e la seguì.

Gli animali erano rinchiusi nei loro box, alcune teste si voltarono a fissare loro, ma nessuno sembrava intenzionato a imbizzarrirsi.

Kara raggiunse il box del suo enorme stallone nero. Da vicino la sua stazza era ancora più imponente.

“Ciao, biscottino.” Lo salutò Kara, accarezzando la testa che il cavallo tendeva verso di lei, evidentemente in cerca di coccole.

“Biscottino?” Domandò lei, senza avvicinarsi.

È dolce come un biscotto.” Spiegò Kara ignorando, completamente, il suo tono sarcastico. “Volete accarezzarlo?”

“No, credo che resterò qua.” Kara le lanciò uno sguardo e poi annuì.

“Per ora va bene.”

“Per ora?” Chiese fissando la giovane che però non si spiegò e invece, dopo un’ultima coccola a Streaky, si mosse avanti fino a raggiungere un altro box che sembrava vuoto. Lo aprì e vi entrò.

Lena la vide sparire e rimase immobile, al centro delle stalle, tesa.

“Non venite?” Domandò alla fine la voce di Kara spuntando di nuovo e fissandola con un ampio sorriso sulle labbra.

Lena scosse la testa, ma non resistette alla curiosità e si avvicinò al box chiuso.

Kara era in ginocchio, ma da dov’era Lena non poteva capire cosa stesse facendo. Di certo, però, non vi era un cavallo lì dentro.

Quando Kara si rialzò nel mantello aveva avvolto qualcosa. Lena corrugò la fronte poi sorrise quando la giovane le mostrò un’intera cucciolata di gattini.

“Vi piacciono i gatti, non è vero?” Chiese la ragazza, improvvisamente preoccupata.

“Non mi dispiacciono.” Ammise lei e Kara si illuminò.

“Lois non li vuole nel castello, ma… se, voi, ne voleste uno, non potrebbe dirvi nulla… credo…”

Lena scoppiò a ridere comprendendo la situazione.

“Volete che tenga un gatto per voi!” L’accusò.

“No! Certo che no!”

“No?” Domandò lei e alzò un sopracciglio, ridendo di nuovo nel vedere lo sguardo colpevole della ragazza.

“Sono così carini! E Lois non vuole che li tenga nelle mie stanze… potrei farlo lo stesso, ma poi lei mi guarderebbe in quel modo così pieno di disapprovazione e…”

“Va bene.” Si ritrovò a dire, senza sapere come fosse successo. Non amava particolarmente gli animali, un gatto, nelle sue stanze, avrebbe solo portato disordine e lei amava l’ordine.

“Davvero?” Chiese però la giovane e la gioia sul suo viso era così evidente che Lena non poté ritrattare.

“Uno, solo uno!” Affermò rendendosi conto che Kara, probabilmente, glieli avrebbe fatti prendere tutti, se lei gliene avesse data la possibilità.

Il sorriso di Kara si incrinò un poco, mentre si mordicchiava il labbro guardando i gattini, incapace di scegliere.

“Scelgo io per voi, Kara?” Chiese, lasciando che quel modo di chiamarla scivolasse sulla sua lingua con naturalezza. Vide la giovane arrossire e poi annuire. Cercò di non rifletterci sopra, mentre osservava i gattini agitarsi all’interno del mantello rosso della giovane. Erano cinque, due bianchi, uno striato di grigio, uno bianco e nero e uno grigio. Lena li osservò per un istante, poi indicò quello grigio. Era decisamente il più calmo.

Kara si voltò, posando i gattini a terra e tornando da lei con quello grigio.

“Come lo chiamerete?” Domandò.

“Credevo fosse il vostro gatto…” Esitò lei.

“Oh no, se fossi io a dargli il nome, Lois lo capirebbe subito.” Lena dovette annuire, la regina non era da sottovalutare.

“Molto bene, allora…” Si morse il labbro pensierosa. “Miele.” Disse poi, sull’onda di un pensiero. “Andrà d’accordo con biscottino.” Sorrise, mentre Kara annuiva felice.

“Mi piace!” Esclamò e Lena percepì un caldo senso di gioia.

 

Le colline erano ammantate di nebbia quella mattina. Miele si aggrappò al suo vestito reclamando attenzioni. Lena lo guardò con aria afflitta, aveva graffiato la sua porta per metà della notte fino a quando lei non aveva ceduto ed era andata ad aprirla, poi, il gattino, si era piazzato nel suo letto, tornando all’attacco ogni volta che lei lo aveva spinto a terra.

“Sarai la mia rovina.” Mormorò posando il libro che reggeva e permettendo al gatto di salire sulle sue gambe, dove si sistemò dopo alcuni giri e si addormentò in un istante. “Ma certo…” Si lamentò, lei non aveva quasi chiuso occhio quella notte per colpa sua, ma lui ora dormiva.

Un leggero bussare la distolse dalla sua contemplazione del gattino. Jess andò ad aprire e chinò il capo, segno che non si trattava di un cameriere.

“Lady Zor-El.” Annunciò la ragazza e lei sbatté le palpebre sorpresa.

“Falla entrare.” Indicò alla sua dama di camera che obbedì per poi allontanarsi e lasciare le due donne da sole.

“Buongiorno! Ciao, Miele.” Kara entrò come una ventata d’aria, piena di vita e d’energia anche a quell’ora del giorno. Il gatto si svegliò e si lanciò a terra correndo dalla giovane che lo afferrò e si mise a giocare con lui.

“Buongiorno, Kara.” La salutò lei. “Non dovreste essere a cavalcare a quest’ora del mattino?”

“Sì.” Confermò lei ed in effetti era in tenuta. “Ma, visto che anche voi siete sveglia, mi sono chiesta se avreste voluto venire con me.” Affermò, poi, nel vedere il suo volto chiudersi, scosse la testa. “No, non a cavalcare, a fare una passeggiata con me e… Streaky.” Kara posò a terra Miele che cercò di catturare di nuovo la sua attenzione piantando le unghie negli stivali della giovane che però ora era completamente concentrata su di lei.

“Dunque a cavalcare.” Decretò Lena.

“No! Streaky sarà con noi, ma nessuno vi salirà sopra.” Spiegò.

“Non credo sia una buona idea.”

“A voi non sembra mai una buona idea, ma è una buona idea!” Insistette la giovane. “Non potete lasciarmi da sola.” Aggiunse poi con un sorriso e così lei cedette.

Kara attese che lei indossasse abiti adatti ad una passeggiata e poi scesero insieme fino alle stalle dove Streaky era fermo in attesa.

“Tutto bene?” Le chiese Kara, probabilmente percependo il suo irrigidimento.

“Sì.” Mentì lei.

“Non succederà nulla, non lo permetterei.” Affermò decisa la giovane e poi si incamminò verso l’arco che permetteva di superare le mura e portava verso la foresta nella quale, per settimane, Lena aveva visto scomparire la giovane assieme ai suoi compagni. Sorprendentemente, Kara ignorò il cavallo.

Lena la seguì perplessa.

“Non capisco.” Ammise e Kara le sorrise.

“Non preoccupatevi.” Era di nuovo la ragazza sicura di sé. “Vi piace l’autunno?” Chiese e Lena si lasciò trascinare nella chiacchierata. Dopo poco però, si voltò sorpresa da un rumore e si ritrovò a osservare Streaky che brucava la poca erba che riusciva a trovare tra gli alberi.

“Ha imparata a farlo quando era piccolo.” Spiegò allora Kara, con aria fiera. “Non potevo cavalcarlo, ma voleva venire con me, quindi mi seguiva sempre. Sapevo che non se n’era dimenticato.”

“Siete di parola… una passeggiata con voi e Streaky.” La ragazza annuì felice a quelle parole.

“Esattamente. Un El non mente mai e mantiene sempre la sua parola.”

Lena abbassò il capo, colpita da quell’affermazione. Sapeva che per colpa della promessa infranta di Lex la parola di un Luthor non valeva più granché. La ragazza non lo aveva detto con cattiveria, ma questo non cambiò la sostanza, cercò di non rovinarsi l’umore e si concentrò sul paesaggio e sulle parole di Kara che, ignara del suo turbamento si era messa a raccontarle degli avvenimenti con Streaky come protagonista.

Camminarono per un lungo momento, addentrandosi nella foresta del Re, i cui sentieri erano tracciati e ripuliti dalle foglie che ormai gli alti alberi lasciavano cadere, e ben presto Lena si rilassò, persino la presenza del grande animale alle sue spalle non fu più che un pensiero leggermente inquietante.

“Eccoci!” Kara smise di parlare e le indicò un sentiero stretto, fecero ancora qualche passo e si ritrovarono in un’ampia radura. I faggi dalle rosse foglie la contornavano e i loro tronchi sembravano d’argento. Al centro vi era un grande altare di pietra con inciso il simbolo degli El.

Lena comprese subito dove si trovavano e percepì un brivido. Lì, secolo dopo secolo, tutti gli El si erano scambiati i bracciali nuziali.

“Non è bellissimo?” Mormorò Kara, accarezzando l’altare con aria reverenziale.

Lena non seppe cosa dire. Quel luogo era un simbolo del potere di quella famiglia, della sua storia e della sua grandiosità e al contempo era un posto intimo e romantico in cui due anime si univano per sempre.

“Il re e la regina si amano, non è vero?” Domandò e Kara la fissò, sorpresa dalla domanda. Dietro di lei, al limite degli alberi Streaky le fissava, in qualche modo conscio che quello non era un posto per lui.

“Sì.” Confermò.

“So che anche i genitori del re si amavano e così…”

“I miei genitori, sì.” Confermò ancora Kara, tutta l’attenzione fissa su di lei.

“Mio fratello… voi…” Lena scosse la testa, era qualcosa che doveva chiedere eppure parlare di Lex, lì, sembrava così profondamente sbagliato che…

“Io non amavo Lex.” Le disse, però, con estrema semplicità Kara. “Mi piaceva, era gentile, intelligente e simpatico, mi faceva ridere e riusciva sempre a stupirmi.” Raccontò e Lena sentì una stretta allo stomaco.

Non poteva, non voleva essere gelosa di suo fratello!

“Immagino che ora lo odiate.”

“No.” Di nuovo fu sorpresa dalla calma tranquillità con cui Kara rispose. “Come potrei odiarlo?” Domandò e Lena vide gli occhi della ragazza addolcirsi, mentre la scrutavano.

“Perché?” Chiese, lasciando che il cuore accelerasse ancora un poco.

“Ha scelto l’amore. Come avete compreso è una cosa che noi El possiamo capire.”

Lena sentì il cuore stringersi a quelle parole, non era quello che, per un brevissimo istante, aveva sperato di udire.

Sciocca, sciocca e sciocca.

“Ma…”

“Mi ha scritto, spiegandomi ogni cosa. Non lo odio.” Spiegò e Lena la fissò sorpresa.

Suo fratello le aveva scritto? A lei non aveva detto nulla!

“Vi ha scritto?” Chiese e Kara annuì, ma non sembrò dell’idea di aggiungere altro.

“Rientriamo? Avrete fame…” Disse per poi dirigersi di nuovo verso il sentiero. Lena si chiese se dovesse insistere, ma evitò, la giovane aveva il diritto di tenere per sé alcune cose.

Ripercorsero il sentiero in silenzio, solo il passo tranquillo di Streaky alle loro spalle e il fruscio delle foglie che abbandonavano i rami infrangevano la quiete.

“Quando ci scambieremo i bracciali la foresta sarà viva, le foglie verdi e gli uccelli canteranno. Vi piacerà.” Assicurò Kara, mal interpretando il suo silenzio.

“Di certo, ma mi piace anche ora.” Assicurò lei. “Sono abituata al silenzio di una foresta, la neve copre ogni rumore.”

“Deve mancarvi la vostra casa.” Mormorò Kara cogliendo la nostalgia nel suo tono.

Lena annuì, ma non disse nulla.

“Per il ballo di mezz’inverno anche qua ci sarà la neve.” Ci tenne a precisare Kara e Lena alzò lo sguardo per incontrare i suoi occhi. Kara le sorrise e lei sentì una piccola fitta di gioia al cuore.

No. No. No.

Abbassò lo sguardo in fretta.

“Va tutto bene?” Le chiese allora Kara.

“Certo.” Assicurò lei.

Rientrarono al castello poco dopo, Streaky si lasciò prendere dagli stallieri e rimettere nel suo box, mentre Kara la accompagnava fino alle sue stanze.

“Allora? Streaky è stato promosso?” Le chiese un sorriso speranzoso sulle labbra.

Mmm.” Esitò lei e si divertì a vedere l’aria preoccupata di Kara. “Va bene, il tuo cavallo sa stare al suo posto.” Accordò e Kara esultò.

“Bene! Allora domani…”

“Domani non potrò accompagnarvi, mi dispiace.” La interruppe lei.

“Oh…”

“Lady Alexandra sarà tornata e avrete di nuovo la vostra compagna di cavalcate.” Sorrise cercando di non dare troppo peso alla questione.

“Certo, ma…” Kara cercò le parole, ma non sembrò trovarle.

È stata una bella passeggiata.” Assicurò Lena e Kara comprese che era un congedo. Annuì, si voltò e uscì dalle sue stanze, lasciandola sola.

Lena la guardò andare via e si morse il labbro.

No!

Cercò di abbandonare il pensiero, di non provare di nuovo quel senso di calore, quel pensiero che l’aveva sorpresa e colpita durante la passeggiata, nel guardare Kara.

Non poteva e non voleva.

Eppure…

 

 

 

 

Note: Questa volta il capitolo è bello lungo, spero vi sia piaciuto!

Eravate preoccupate per il finale del precedente capitolo, ma le cose sembrano aver ripreso il loro corso senza troppe difficoltà. E poi… a cosa pensa Lena? Cosa si rifiuta di accettare? ;-)

 

Il titolo per il terzo capitolo è “Incomprensioni” si adatta bene all’intero capitolo visto che sembrate tutte concordi sul fatto che proprio Lena non capisce! XD Andava molto bene anche “Malintesi” ma era, forse, troppo legato all’ultimo momento del quale, in realtà, non conosciamo l’esatta natura: era un malinteso oppure no?

Aspetto il titolo per questo quarto capitolo!

  
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