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Autore: Ily Briarroot    30/01/2019    5 recensioni
[Storia partecipante al Contest "l'Amore, quello vero", indetto da _Vintage_ sul forum di EFP]
Immagini di una simbiosi, di un comprendersi con uno sguardo. Un qualcosa che non aveva mai sperimentato con nessuno e che aveva lo stesso odore dell'amore.
Un legame profondo e speciale, perché - per quanto lo avesse negato agli altri e a se stessa - si era innamorata di Shinichi Kudo.
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Shiho Miyano/Ai Haibara, Shiho Miyano/Shinichi Kudo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Tu c'eri



Uno, due, tre passi.

Una corsa contro il tempo, lungo la strada che percorreva quotidianamente ma che le sembrava di vedere quel giorno per la prima volta.
Il respiro mozzato nei polmoni, il cuore che stentava a battere in modo regolare. Le gambe si muovevano per inerzia, probabilmente la responsabile era l'adrenalina del momento. Shiho era convinta che, se si fosse fermata, sarebbe piombata immediatamente a terra, sull'asfalto inumidito dalla pioggia.

Quattro, cinque, sei.
Vedeva ogni cosa dalla giusta prospettiva di ventenne, dopo due anni trascorsi nel corpo di una bambina di otto anni. Ma non le interessava, non in quel momento.
Sapeva che non era il caso di assumere l'antidoto definitivo, ne era sempre stata certa. Non quando il pericolo era ancora intorno, pronto ad attaccare in qualunque momento.
Ma Shinichi le aveva detto di essere riuscito a rintracciare i pezzi grossi dell'Organizzazione, insieme ad Akai Shuichi. Le aveva dato la sua parola che non vi era più la minima traccia di pericolo, ma avrebbe dovuto aspettarsi l'ennesima bugia.

Sette, otto. Nove.
L'affanno la costrinse a rallentare e a poggiarsi momentaneamente contro il muretto che costeggiava la strada principale di Beika. Vi posò la schiena contro, mentre si asciugava la fronte con il polso, e ne approfittò per fare mente locale, per non farsi prendere dall'ansia.
Non ne era il tipo, non lei.
Era bastato tornare a casa per capire che fosse successo qualcosa; la faccia del dottor Agasa era cupa e le occhiaie profonde sotto gli occhi dell'uomo le avevano confermato ogni dubbio.
Il telefono in mano, l'espressione tesa. Shiho aveva impiegato pochi istanti per capire che stesse provando a contattare Shinichi senza successo.
Pensò a questo mentre riprendeva a correre.

Dieci, undici, dodici.
Dopodiché, il terrore aveva fatto breccia dentro di lei come non accadeva da molto tempo.
Akai Shuichi si era presentato alla porta, l'aria seria tradita da una punta di preoccupazione. Solo dopo qualche attimo lo sguardo della ragazza si posò sulle tracce rosso sangue che smorzavano il nero della sua giacca di pelle.
"Kudo ci ha dato una mano a rintracciare Gin, il membro latitante dell'Organizzazione" aveva iniziato, avvicinandosi di un passo e fissando negli occhi Shiho, senza ostentare altro. La consapevolezza dell'odio di quest'ultima nei suoi confronti non gli permise quasi di muoversi.
Fu lei ad avvicinarsi, mentre il respiro si bloccava nei polmoni al solo nome di Kudo.
"Cos'è successo? Dove si trova ora?!".
L'agente dell'FBI aveva scosso appena la testa e bastò quello a permetterle di percepire la scossa elettrica che le attraversò dritta il cuore.
"In ospedale. Quel delinquente gli ha sparato e non sanno se si riprenderà".

Tredici, quattordici passi.
Era scappata via senza pensarci, senza neanche riuscire a versare una lacrima. Di colpo non importava più niente, non esisteva più la paura di quegli uomini, né il farmaco. La rabbia era accantonata in un angolo, gigantesca, enorme, ma Shiho aveva deciso di ignorarla, almeno per il momento.

Hai visto cosa succede quando mi tieni all'oscuro di tutto, Kudo?

Le balenarono nella mente i peggiori insulti del mondo, si sforzò di farlo, ma di colpo - una dopo l'altra - si accatastarono nella sua mente una serie di immagini belle, vere. Reali. Shinichi che le salvava la vita davanti a una pistola e, subito dopo, che la portava in spalla al riparo da un incendio. Poi, ancora una volta, lui che l'afferrava e che la proteggeva mentre si lanciavano sull'asfalto rompendo il vetro di autobus esploso pochi istanti dopo. Una frase, quella frase,

Non scappare dal tuo destino

che le era entrata dentro e che ormai faceva parte di lei, che era diventata il suo motto, la sua forza per non mollare e andare avanti.
Immagini di una simbiosi, di un comprendersi con uno sguardo. Un qualcosa che non aveva mai sperimentato con nessuno e che aveva lo stesso odore dell'amore.
Un legame profondo e speciale, perché - per quanto lo avesse negato agli altri e a se stessa - si era innamorata di Shinichi Kudo.

Non provare a morire. Non puoi farmi questo.

La seconda persona più importante della sua vita, dopo Akemi. Non avrebbe potuto fare la stessa fine, non ancora. Non dopo essere riuscita a fidarsi ancora di qualcuno, a uscire dal guscio.

Quindici, sedici, diciassette.
Era giunta davanti all'ospedale di Beika senza neanche accorgersene.
Percorse in fretta le scale e raggiunse il pronto soccorso, finché, qualche ambulatorio più avanti, lo vide.
Era da solo, forse perché si era precipitata prima che la notizia giungesse agli altri.
Pallido, ma bello come il sole. I capelli castani arruffati sul cuscino, le bende attorno al costato.
Shiho si immobilizzò, attenta al tremore continuo del proprio corpo. Di colpo, ogni sorta di sicurezza svanì, lasciandola sola nella disperazione.
"Abbiamo estratto la pallottola, il peggio è passato. Dobbiamo soltanto aspettare che si svegli".
Una voce femminile e leggera le arrivò all'orecchio e, quando si voltò, una dottoressa piccola e minuta le sorrise gentilmente.
Forse, avrebbe potuto continuare a sperare.

"Che cosa hai fatto, Shinichi?" sussurrò, sedendosi accanto a lui. L'amico era ancora privo di conoscenza e, forse, era proprio ciò che la spingeva a parlargli con quel tono. "Sei sempre il solito. Ti diverti a metterti nei guai, ormai dovrei saperlo".
Il ragazzo mosse appena le palpebre e Shiho abbassò lo sguardo, trattenendo le lacrime che stavolta premevano per scivolarle sulle guance.
"Dovrei insultarti, ma lo farò dopo... non appena ti sveglierai".
Un istante più tardi, il detective aveva aperto gli occhi e la stava fissando. Lo osservó mentre forzava la vista e tratteneva anche solo un'esclamazione di dolore.
"Quindi... vuoi insultarmi?" le sussurrò flebilmente, voltandosi appena a guardarla. Le mostrò un sorriso malizioso, cercando di sdrammatizzare.
"Certo che sì, ma forse dovrei rimandare. Non sono abituata a prendermela con chi non può difendersi".
Il tono di lei fu più duro di quanto in realtà volesse. Shinichi la osservò, cercando di capire cosa potesse essere accaduto fino a quel momento.
"Hai corso? Sei affannata".
"No, figurati. Hai soltanto rischiato di morire, dopotutto" rispose sarcastica la ragazza, lanciandogli un'occhiata eloquente.
"Abbiamo... abbiamo preso anche Gin. È finita" continuò lui, ignorando la frecciatina dell'amica. Quest'ultima si innervosì ulteriormente e non riuscì più a sollevare lo sguardo verso il suo viso.
"Tu avevi detto che non c'era più alcun pericolo, che erano stati arrestati tutti".
"Come potevo dirti che... che proprio Gin era scappato? Per vederti chiusa in casa paralizzata dal terrore?".
Shiho lo guardò bruscamente, mentre le lacrime le inumidivano gli occhi. Le trattenne ancora, nonostante tutto.
"No, il problema è che ormai sei abituato a non rivelarmi la verità e a cacciarti nei guai da solo. Hai rischiato di morire" gli rispose tutto d'un fiato, osservandolo mentre sgranava lievemente gli occhi.
Shinichi emise un debole gemito quando si spostò lievemente sul materasso, ma proseguí il discorso ugualmente.
"Sì, ma l'ho fatto per un motivo. Ho promesso di proteggerti e se ti avessi rivelato il piano di oggi avresti fatto di tutto per venire con me".
"Lo sai, mi conosci" disse Shiho, tradendo un lieve tremolio nella sua voce. "Avrei voluto essere lì con te".
"Tu c'eri".
I loro sguardi s'incrociarono improvvisamente e nessuno dei due distolse il proprio per un lasso di tempo che sembrava interminabile. Gli occhi smeraldo in quelli blu, un collegamento difficile da interrompere. Un'empatia che faceva breccia nel cuore di Shiho e, improvvisamente, anche il suo petto faceva male.
"Cosa?" gli chiese, balbettando appena.
"Una volta scoperto dove si nascondeva quell'assassino, siamo andati noi a stanarlo" le spiegò, sorridendo. "Per chi credi che l'abbia fatto? Ti ho fatto una promessa tempo fa, ricordi?".
Shiho rimase interdetta, mentre il respiro le si regolarizzava nei polmoni e il suo intero corpo cessava di tremare. Non gli rispose, stupefatta, colta da una risposta che non avrebbe mai creduto possibile. Non da lui.
Poi accadde.
Gli si avvicinò lentamente, molto lentamente, finché i suoi occhi blu non furono a pochi centimetri di distanza. E lo baciò attraverso il contatto più puro e casto del mondo, assaporando quell'amore che gli aveva sempre rivolto in cambio della protezione e dell'affetto che lui le aveva offerto.
Le sue labbra si muovevano su quelle di Shinichi, annullando la parte razionale di sé, la stessa che la intimava a lasciar perdere e andarsene.
E invece no; per la prima volta riusciva a seguire l'istinto e i sentimenti, il calore così nuovo che le occupava il cuore.
Poi, sentì le labbra del ragazzo rispondere appena, in modo goffo e insicuro. Ciò le bastò per continuare, perché non sarebbe più riuscita a interrompere quella situazione.
Shinichi gemette dolorante e Shiho si allontanò di scatto da lui, abbassando lo sguardo. Nessuno dei due disse nulla, perché anche il primo rimase stupito per quei sentimenti dei quali non si era mai reso conto.
La porta dell'ambulatorio si aprì improvvisamente e una ragazza dai lunghi capelli castani fece capolino all'interno della stanza, l'espressione spaventata stampata sul viso.
Shiho si alzò di scatto dalla sedia, continuando a fissare il pavimento senza vederlo realmente. Mandò giù il boccone amaro di quel momento, nonostante la mano di Shinichi la trattenne per il lembo della giacca.
"No, lascia stare" gli sussurrò, facendo un passo indietro. "Dimenticalo. L'importante è che tu stia bene. Grazie di tutto, Kudo".
Ran li raggiunse immediatamente e fu sollevata di vedere il ragazzo sveglio. Baciò il fidanzato sulla guancia, prima di voltarsi verso Shiho e salutarla educatamente.
Quest'ultima percepì lo sguardo del ragazzo su di sé finché non uscì dall'ambulatorio, ma non importava. Non più.
Era ciò che voleva credere, ciò che sapeva sin dall'inizio.
Si appoggiò con la schiena contro la porta chiusa dell'ambulatorio, ignorando il viavai delle infermiere che passavano lungo il corridoio.
E in quel momento sì, le lacrime furono libere di scivolarle sulle guance.


  
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