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Autore: pattydcm    02/02/2019    1 recensioni
! ATTENZIONE !! DA SAPERE PRIMA DI INIZIARE LA LETTURA !
Questa ff è la continuazione della mia OS ‘Fenix’. Vi consiglio, quindi, di leggerla, prima di affrontare quella che sarà una piccola long dal punto di vista di Greg. Dalla serie sappiamo che il suo matrimonio è in crisi e qui si approfondisce questo aspetto. Mi sono focalizzata sulla confusione che domina l’ispettore e che si estende a tutti i campi della sua vita. Non è una mystrade, in realtà non c’è una vera coppia qui. C’è la confusione di quest’uomo che si scontra con figure diverse: Sherlock, Mycroft, la ex moglie, Donovan, Molly e Moriarty. Come sappiamo dalla serie, la vita di Greg è stata messa in pericolo dalle mire di James su Sherlock. Se sappiamo come si è evoluta questa minaccia in John, nulla si sa di come l’abbia presa Greg. Ho voluto qui porre l’accento anche su questo. Ci trovarci al termine della prima stagione: Moriarty si è palesato con il suo macabro gioco e ha detto a Sherlock che gli brucerà il cuore. Non ci sarà l’incontro con la Adler, né la gita a Baskerville e il salto dal Bart's. Spero che questo esperimento vi piaccia.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Lestrade, Molly Hooper, Mycroft Holmes, Sally Donovan
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Buongiorno a tutti
Eccovi un nuovo capitolo. Nel precedente mi sono dilungata troppo, quindi mi limito ad augurarvi una buona lettura.
A presto
Patty
 
Capitolo 2
 
Greg aveva lasciato l’ex moglie e i figli dicendo loro che avrebbero dovuto parlare tutti insieme di quanto era successo e aveva proposto di farlo quella stessa sera, davanti a una pizza. Erano sempre riusciti a ragionare bene davanti ad una pizza. Non sapeva se il miracolo si sarebbe ripetuto anche in queste nuove circostanze e in effetti la cosa non sta andando bene.
Il detective osserva quella che una parte di sé ritiene ancora essere la sua famiglia si rende conto che seduti attorno al tavolo ci sono quattro esseri umani chiusi ognuno nel proprio silenzio. Gli occhi bassi su pizze ormai fredde e appena consumate, che finiranno in frigo e, il giorno dopo, da lì nel cassonetto dei rifiuti.
Margaret, che aveva lasciata remissiva e carica di senso di colpa, sembra essere tornata sul piede di guerra forse anche più di prima. Sentire i figli ostili nei suoi confronti non aiuta il suo umore e Greg si rende conto di essere troppo stanco per sopportare un litigio tra madre e figlia come quello avvenuto nel pomeriggio.
<< Papà >> prende la parola Elisabeth, con un tono che non presagisce nulla di buono. << Io voglio venire a vivere da te. Ho 16 anni e per legge posso scegliere con chi stare[1] >> .
George guarda sconvolto la sorella. Greg gli vede dipinta sul volto la disperazione all’idea di dover restare solo con la madre. Sarebbe ingiusto. Molto ingiusto per entrambi. Sia per Elisabeth ricevere un rifiuto, che per George vedere accolta la richiesta della sorella. Essere genitore, a quanto pare, vuol dire ritrovarsi perennemente a vestire i panni di Re Salomone[2]. Questi, però, non aveva puntati addosso anche gli occhi di una terza madre, oltre le due che si contendevano il bambino.
Sono furenti gli occhi di Margaret. Guarda la figlia con lo stesso astio che ha riservato a lui in questo anno. Greg, però, ha imparato a conoscerla e sa che gli riverserà addosso questo odio, cosa che porterà Elisabeth solo ad accanirsi ancora di più e da lì all’inferno il passo sarà breve.
<< Lizzy, tesoro, sono felice tu voglia stare con me. Credo, però, che non sia un’ottima idea >>.
<< Perché no? >> chiede lei, la voce giù rotta dal pianto. Il cuore di Greg perde un altro pezzettino. Lo sente indistintamente staccarsi e cadere.
<< Perché io non ci sono mai e poi perché non mi sembra giusto lasciare qui da solo tuo     fratello >>.
Elisabeth sembra rendersi conto solo in questo momento di come George, ancora piccolo, non potrebbe seguirla. Tutto voleva Greg tranne che farla sentire in colpa per quell’attimo di egoismo, ma a volte l’insegnamento passa anche attraverso il dolore.
<< Non si può fare un’eccezione? Non può anche lui venire con me da te? >> domanda la ragazza.
<< Tesoro, il giudice ha stabilito degli accordi >> si intromette Margaret calma, prendendo la parola dopo molto tempo.
<< Ma sono ingiusti! Sono simili a quelli che sono stati stabiliti contro il padre della mia compagna Sophie, solo che lui è un alcolizzato con il brutto vizio di mandare all’ospedale una volta la madre, una volta la figlia quasi settimanalmente! >>.
Greg rabbrividisce pensando a come ultimamente beva sempre qualche birra di troppo.  Se i suoi figli aprissero il frigo dell’appartamento nel quale si è sistemano lo troverebbero vuoto di cibo e carico di birre. La cosa non gli piace per niente. Piuttosto che menare le mani sui suoi figli e sulla sua ex moglie se le taglierebbe. Certo Margaret gliene sta facendo tante, ma non potrebbe mai. Non potrebbe colpire quel viso che ha tanto amato e che ama ancora.
<< Mamma >> dice George volgendo lo sguardo alla madre, ignorata per tutto questo tempo.      << Mamma, per favore. Non pensi sia esagerato che noi si possa stare con papà solo per due giorni nella seconda settimana del mese, stabiliti in base ai nostri impegni e a lui imposti? Non è un criminale, quelli lui li mette in galera. Hai visto cosa ha fatto oggi? >>.
<< Ho visto cosa è successo oggi, George, ma la sentenza è stata emessa e modificarla comporterebbe comunque tempi lunghi e tanta burocrazia inutile >>.
<< Inutile! >> sbotta Elisabeth. << Per te permetterci di vedere nostro padre è meno importante che smazzare burocrazia inutile? >>.
<< Lizzy, ti prego! >> esclama Greg. << Possiamo discutere civilmente senza alzare la voce, per favore? >>.
<< Se fosse una discussione su argomenti civili sì che lo potremmo farlo, ma qui di civile non c’è niente! >> grida con la voce rotta dal pianto.
<< Forse non te ne rendi conto, Elisabeth, ma penso che obbligarvi a spostarvi ogni settimana da una parte all’altra, cambiare le vostre abitudini e i vostri ritmi non possa farvi bene >> dice Margaret tentando ancora di mantenersi calma.
<< E tu non ti rendi conto che, dato quello che è successo, papà ti ha fatto un grande favore a non dirmi di sì. Ha voluto solo proteggere George, per evitare che anche lui si mettesse a fare colpi di testa ritrovandosi da solo con te >>.
<< Mi disegni come un mostro, Elisabeth! >>.
<< Beh, almeno potrai provare ciò che hai fatto vivere a papà da un anno a questa parte >>.
<< Elisabeth, per favore basta! >> le chiede deciso Greg e la ragazza si zittisce. << Ti ringrazio per il calore col quale mi difendi. Non voglio, però, vedervi litigare a causa mia e poi non penso che comunque prendere le mie parti possa aiutare me e tua madre a comunicare >> dice volgendo lo sguardo a Margaret che, però, non ci prova neppure ad appoggiarlo nel suo tentativo di riprendere la situazione per i capelli. << Inoltre davvero non è così facile cambiare una sentenza appena emessa >>.
<< E se chiedessi al fratello di Sherlock? >> domanda George .
Greg resta senza parole. Sente nel portafogli il peso del biglietto da visita datogli da Mycroft proprio affinchè lo contatti per una simile situazione. Quasi come se l’avesse prevista.
<< Sì, papà! >> esclama Elisabeth. << Quell’uomo è potente al punto da avere le password dei mainframe governativi, non gli ci vorrà molto a far cambiare la decisione presa da un giudice! >>.
<< Infondo vogliamo solo poter avere i weekend alterni, come molti nei nostri compagni >> aggiunge George.
<< Sì, siamo disposti a sbatterci avanti e indietro più spesso >> dice Elisabeth . << Sarebbe una nostra fatica e noi siamo disposti a farlo, non vedo perché non può esserci permesso! >>.
Greg volge lo sguardo a Margaret che lo fulmina con i suoi occhi castani. Mycroft ha avuto un effetto davvero particolare su di lei, al punto da farla, ora, cadere preda del terrore. Il detective si rende conto che se porta avanti quell’argomento la sua ex moglie esploderà e non vuole che accada. Non davanti ai loro figlio che ne hanno già passate troppe.
<< Ragazzi, non sono d’accordo. So che potrebbe essere utile, ma non voglio agire contro la legge, né con bassi espedienti. Non è questo quello che voglio insegnarvi. Al momento sento di dirvi che io e vostra madre parleremo di nuovo e questa volta civilmente per trovare ciò che è meglio per voi >>.
<< Ma perché non prendete in considerazione le nostre decisioni! Dite sempre che lo fate per il nostro bene, ma di bene nostro qui non ce n’è affatto! >> grida Elisabeth, che si alza e se ne va in camera sua. George resta in silenzio.
<< Papà pensaci per favore >> dice per poi seguire la sorella.
Greg appoggia i gomiti sul tavolo e prende la testa tra le mani. Sembra proprio che non si riesca ad arrivare a nulla. Più prova a risolvere questo caso più si complica e neppure Sherlock potrebbe aiutarlo.
<< Intendi prendere in considerazione la possibilità di mettere in mezzo il fratello del tuo amichetto? >> gli chiede Margaret col suo tono poco conciliante. Quel sorrisetto di scherno sulle labbra non lo comprende e non lo sopporta.
<< Margaret, chiariamo subito due punti >> le dice esasperato. << Il primo è che Sherlock non è un mio ‘amichetto’. È un consulente investigativo al quale mi rivolgo quando i casi che mi ritrovo tra le mani risultano essere troppo complessi. Il secondo è che io non sono solito ricorrere a mezzi illeciti per raggiungere i mie scopi. Non è questo l’esempio che voglio dare ai miei figli e cozzerebbe del tutto con il mio ruolo di ispettore. Non voglio, però, discuterne in presenza dei ragazzi. Mi pare che per oggi ne abbiano pure passate troppe e anche noi >> dice sollevando la mano per bloccare il suo ribattere. Quel ‘noi’ ancora non riesce a lasciarlo andare e gli fa così male rendersi conto di quanto sia difficile accettare l’idea che lei non lo voglia più nella sua vita. Lo sguardo furioso col quale lo guarda, soffocando l’impeto di dargli nuovamente addosso, gli fa così male.
<< Maggie… io davvero non capisco… perché ce l’hai così tanto con me? >> le chiede spossato ed esausto.
<< Perché mi chiedi? >> ribatte lei sforzandosi di tenere bassi i toni e i modi.
<< Se è per il lavoro… io posso impegnarmi ad essere più presente. L’ho fatto quando mi hai detto che passavo più tempo fuori che in casa, ricordi? Trascorrevo persino tutti i weekend qui con voi e non capisco perchè non sia andata bene >>.
<< Non lo capisci! Certo, come puoi? >>.
<< Spiegami allora, per favore! >> si rende conto di implorarla. Margaret prende un profondo respiro e gli scocca un’occhiata che sembra dire ‘Va bene, lo hai voluto tu!’.
<< Prima venivi sempre da me. Mi chiedevi supporto, sostegno, aiuto. A volte anche consigli sui casi. Me li raccontavi la sera prima di dormire o al mattino prima di scappare a lavoro. Poi è arrivato il consulente investigativo >>, dice ponendo un’enfasi dispregiativa su quel titolo, << e io ho smesso letteralmente di esistere! >>.
Greg non riesce a credere alle sue orecchie. Trovare le parole per ribattere è difficile e quando le trova si rende conto di avere la gola arida. La sua ormai ex moglie piange, cosa che le ha visto fare solo all’inizio di tutta questa storia, durante i primi litigi. Ora, parlandogli del consulente investigativo, la fiera rabbiosa che è diventata la donna timida e dolce che ha sposato, piange.
<< Quando lo hai portato qui quella notte d’inverno mi sono detta che avevo un marito fantastico, che non si tira indietro nel correre in aiuto a un ragazzo disperato. Che stupida sono stata! >> ridacchia ricacciando giù il magone. << Ho permesso a quel tossico di entrare in casa mia e portarmi via il marito un caso alla volta! >>.
<< Ma cosa diavolo stai dicendo? >> sbotta esterrefatto.
<< Sì, Greg, l’ho pensato seriamente! Dal modo in cui scappavi subito da lui quando ti cercava per aggiornarti su un caso, dall’espressione ammirata con la quale ne parlavi ai ragazzi. Cristo, persino George ha pensato di andare per prima cosa da lui >>.
<< E direi che ha fatto bene, dal momento che, altrimenti, la sorella sarebbe morta >>.
<< Non è questo il punto, Gregory! >> alza la voce fermandosi subito per ridarsi un contegno.     << Tu mi hai totalmente esclusa dal momento in cui lui è arrivato. La mia opinione di colpo non è stata più utile, né necessaria. Mi hai messa da parte, Greg >>.
È grande lo stupore dinanzi a quelle parole e al modo sofferto col quale sono espresse. Greg non riesce a credere che possa essere questo il reale motivo che sta dietro al loro divorzio. Darsi la colpa per essere stato poco presente e che per questo lei abbia cercato attenzioni altrove è persino più facile da accettare.
<< Io… non era mia intenzione, Maggie >> dice tentando di prenderle mano. Lei la sposta con un gesto di stizza. << Perché me lo dici solo adesso? >>.
<< Perché non sapevo cosa pensare, Greg! >> risponde alzandosi in piedi. Si allontana da lui, portandosi dalla parte opposta della cucina. << Avessi avuto una amante, sarebbe stata una guerra alla pari, almeno. Invece no, tu hai un… consulente investigativo! Come potevo competere con un tipo così, me lo spieghi? E come potevo parlarti di… di queste cose senza che tu mi guardassi come stai facendo adesso, prendendomi per pazza all’idea che mio marito potesse essersi innamorato di un uomo! >> dice portando subito la mano alla bocca, come avesse pronunciato la più atroce delle bestemmie.
Greg non riesce a pensare. Ha smesso di respirare, di muoversi e sente il corpo pesante. Un fischio gli esplode nelle orecchie, come la sirena di un’autopattuglia. Non può immaginare che quanto lei gli abbia detto corrisponda a ciò che davvero pensa. Certo, però, ora riesce a spiegarsi molte cose.
<< Per questo hai fatto di tutto per togliermi i ragazzi? >> le chiede e lei alza lo sguardo a incontrare il suo. << Hai temuto che il loro padre fosse diventato gay e non volevi avessero nulla a che fare con lui? >>.
<< Davvero non è così, Greg? >> gli chiede rispondendogli con quella domanda.
<< Certo che non è così, Maggie! >> esclama esterrefatto, alzandosi a sua volta. << Da quando ti ho conosciuta ho avuto solo te e ti assicuro che le occasioni per tradirti con altre donne non mi sono mancate >> ammette. << Anche adesso >> sospira. << Anche adesso non… non riesco >> dice passando la mano tra i capelli. << E non perché abbia perso interesse per le donne, ma perché io… è solo te che voglio >>.
Margaret scuote il capo e lacrime grandi come perle le rigano il viso. Porta le mani alle tempie e le preme forte, strizzando gli occhi.
<< Maggie, io… non ti chiedo di risolverla e tornare insieme perché… beh, so che hai un altro e… ma se ci fosse anche solo una possibilità, dio, ti prego di prenderla in considerazione! Se la rottura della nostra famiglia dipende da questo malinteso… >>.
<< Non è solo un malinteso, Greg! >>.
<< Allora cos’è, Mag? >> le chiede a gran voce. << Tra me e Sherlock non c’è mai stato nulla se non una collaborazione per la risoluzione di casi complessi. Dio, mi fa strano anche solo dirlo! >> sbotta passando le mani tra i capelli. << Come puoi pensarlo per davvero, cazzo, proprio tu che mi conosci! Io non penso neppure che a uno come lui interessi una cosa così umana e banale come il sesso >>.
<< Oh, per favore Greg! >> esclama alzando gli occhi al cielo. << Non lo hai visto come guarda quell’altro? >>.
<< Parli di John? >> le chiede sorpreso e lei annuisce. << Io… non lo so, Mag, circolano delle voci, ma sono solo voci. John passa da una donna all’altra come fossero ciliegie e comunque questo ti dovrebbe dare la riprova che, se proprio Sherlock dovesse essere interessato a un uomo, quell’uomo non sono io. Nè adesso, nè nel passato e, dio, ti prego non dirmi che potresti pensare che sia una cotta a senso unico da parte mia >> la donna distoglie lo sguardo e a Greg cadono le braccia. Prende a misurare la stanza a grandi passi nervosi. << Tu mi stai dicendo che per quasi sei anni hai pensato io mi fossi preso una sbandata per un uomo! Sei anni, cristo, e me lo dici solo adesso! Ti rendi conto di quante cose potevamo risolvere se ne avessimo parlato prima? >> dice tra i denti piantandosi dinanzi a lei. << Io me la prendo la mia parte di responsabilità. Sono pronto ad ammettere che ti ho cercata meno per chiederti consiglio, che ho esagerato nel parlare di lui e che ho trascorso troppo tempo fuori, ma non accetto di vedermi togliere i ragazzi, di sapere che il mio tempo con loro è ridotto all’osso, perché tu sei certa che io abbia ‘cambiato punto di vista’ >> dice sottolineando le ultime parole. << Rivediamo questi accordi, per favore. Tu non hai idea di quanto mi manchiate, cazzo! >> dice e un singhiozzo gli strozza la gola. << Posso anche accettare l’idea di averti persa e rimpiangerlo per tutta la vita, ma, ti prego, non togliermi anche loro, Maggie >>.
Benchè avesse fatto di tutto per trattenersi, le lacrime scendono a segnargli le guance ispide di barba da troppo tempo non tagliata. Non aveva ancora pianto. Era riuscito, nonostante tutto, a tenere le lacrime al loro posto. Scoprire come stanno le cose ha rotto gli argini. Non riesce a provare nulla se non la voglia di esplodere e poi accasciarsi in un angolo a sperare di riprendersi.
Margaret gli resta lontano. La vede tentennare tra l’andare verso di lui e il restare ferma al suo posto. Decide di non muoversi, e quell’abbraccio mancato lo ferisce ancor più di tutte le cattiverie ricevute nell’ultimo anno. È abituato, Greg, a leccarsi da solo le ferite. A cadere e rialzarsi da sé. In questi anni trascorsi con lei ha pensato di aver trovato qualcuno al quale potersi affidare, ma l’illusione si è infranta del tutto, ora. Non riesce neppure a provare rabbia nei confronti di Sherlock. Perchè dovrebbe, infondo? Che colpa ne avrebbe il consulente, se non quella di averlo aiutato così tanto da fargli ottenere sul lavoro tutto ciò che ha sempre desiderato.
<< E’ meglio che vada, adesso >> dice asciugando via le lacrime dal volto. Recupera la giacca e si muove verso la porta sentendo le membra pesanti e stanche.
Non fa a tempo a scendere le scale e uscire di casa che il telefono squilla. Donovan. Alza gli occhi al cielo e ha quasi la mezza idea di far finta di non sentire. È, però, più forte di lui, maledizione.
<< Sally, che succede? >> le chiede stanco.
<< Capo, mi spiace disturbarti, ma è arrivata una segnalazione per colpi di arma da fuoco a Pall Mall >>.
<< I Jackson? >> domanda d’istinto. Lo stomaco gli si chiude.
<< Sì. Sparatoria durante una discussione. Lui c’è rimasto secco e lei è in fin di vita >>.
<< Omicidio - suicidio? >>.
<< Da verificare, ma a quanto pare tutto porta a quello. Temo non abbiano retto il suicidio della figlia >>.
<< Già >> sospira Greg. Subito pensa a cosa sarebbe successo se Elisabeth fosse riuscita nei suoi intenti. Avrebbe anche lui fatto la fine di Alfred Jackson? Oppure sarebbe successo il contrario: lui a uccidere la ex moglie per poi farsi saltare le cervella? Scuote il capo scacciando via veloce quei terribili pensieri.
<< Ti raggiungo. Dammi il tempo di arrivare >> le dice e chiude la conversazione.
Sale in auto e si dirige a Pall Mall. Dovrebbe riuscire ad essere lì in meno di venti minuti, data l’ora e il traffico. Gli è difficile, però, concentrarsi alla guida. Si ritrova ad accorgersi all’ultimo momento di un semaforo rosso al quale fermarsi, di una precedenza da dare, di uno stop da rispettare. È troppo distratto da quello che Margaret gli ha detto. Non riesce ancora a crederci. Sua moglie, la donna che più di tutti lo conosce intimamente, da un tempo lungo come sei anni pensa che lui sia non solo attratto, ma addirittura innamorato di un uomo. Stringe forte il volante tra le mani e una risata nervosa gli sfugge dalle labbra. L’unica cosa che può ammettere di aver fatto è stato pensare come potesse un ragazzo non solo dall’intelligenza brillante e sopra la media, ma anche obiettivamente bello, ridursi nelle condizioni nelle quali era Sherlock quando lo ha conosciuto. Un pensiero oggettivo. Non pensa ci sia nulla di male se un uomo riconosce la bellezza di un altro uomo, al pari del riconoscerne bravura e intelligenza.
“Andare oltre questo mi sarebbe del tutto impos…”
Inchioda nel bel mezzo della strada, per fortuna deserta, del quartiere che sta attraversando. Resta fermo, il volante stretto tra le mani a fissare un punto imprecisato davanti a sé.
<< Oh, cristo! >> esclama e un brivido gli attraversa la schiena. Si abbandona contro il sedile dell’auto e porta le mani al volto.
Aveva 23 anni. Era euforico per aver ultimano con successo i due anni del corso universitario in scienze forensi e criminali. Aveva passato l’esame ed era stato proclamato ufficiale di polizia in carico alla squadra omicidi. Lui e Jonathan erano al settimo cielo. Si erano conosciuti il primo giorno di università ed erano diventati inseparabili. Avevano deciso di partecipare alla festa che uno dei loro compagni, del quale non ricorda neppure il nome, aveva organizzato a casa sua. Faceva caldo, troppo caldo, molto più di quanto non ce ne fosse fuori. Quando l’ora si era fatta tarda, l’atmosfera si era scaldata ancora di più, portando molti a togliere magliette e canotte. Era una bolgia di uomini a petto nudo e donne in reggiseno.
Greg aveva bevuto tanto e non c’era abituato. L’essere sempre stato uno sportivo lo aveva portato a usare l’alcool con parsimonia e poi aveva timore di essere buttato fuori dal corso per sospetto uso di alcolici. Allora non sapeva neppure che sapore avessero le sigarette.
Quella sera aveva fatto il pieno di tutto. Alcool, sigarette e persino qualche spinello. Ha solo degli sprazzi di ricordi. Si vede in piedi su un tavolo, vestito dei soli jeans, a cantare a squarciagola una qualche canzone rock. Il suo amico appeso alle spalle a gridare con lui e con tutti gli altri.
Ricorda che lui e Jonathan avevano deciso di tornare a casa a piedi. Greg aveva preso un piccolo appartamento nel quartiere di Whitechapel, quello che aveva trovato più economico e a portata delle sue magre finanze. E poi, un futuro detective di Scotland Yard, a suo avviso, a Londra non poteva che vivere nello stesso quartiere in cui aveva operato Jack lo squartatore. Solo che all’appartamento non ci era mai arrivato.
Jonathan, che abitava più vicino ma nella stessa direzione in linea d’aria, lo aveva invitato a salire da lui. Per tutta la festa gli aveva parlato di Simcity, l’ultimo video gioco che aveva acquistato, e aveva insistito affinchè lo provassero. Tante volte, durante i pomeriggi piovosi e noiosi nei quali si ritrovavano entrambi liberi da studio e tirocinio si era ritrovato a casa di Jonathan a giocare a Super Mario Bros, a ‘The Legend of Zelda’ o a Tetris. A volte solo loro due, altre anche con altri amici e ogni pomeriggio diventava una sfida a chi otteneva più punti. Avevano, in quei due anni, organizzato persino dei veri e propri tornei nel monolocale di Jonathan.
Ricorda il grande schermo che il suo amico vantava di aver acquistato mettendo da parte soldi per un intero anno. Il videogioco che parte, la trama avvincente ma complicata da seguire per una mente obnubilata dall’alcool e tutte le altre cose. Le risate soffocate per non dare noia alla vicina rompicoglioni. Gli spintoni sul divano sfondato e poi...
<< Oddio >> sussurra, ancora fermo al centro della strada. Il rumore del motore a creare un monotono sottofondo.
Una battuta di Jonathan. Lui a ridere come un matto. L’altro a tentare di tappargli la bocca con la mano salendo a cavalcioni su di lui. Greg che quelle mani gliele blocca stringendole per i polsi.
<< Lestrade, smettila di ridere o dovrò trovare un altro modo per tapparti la bocca >> gli dice Jonathan ridendo a sua volta.
<< Quale altro modo, Parker? >> ribatte lui e, cristo, se ora questa battuta non gli suona maliziosa.
Jonathan non si era fatto problemi nell’avvicinarsi al suo viso e chiudergli la bocca con la propria. Neppure per lui era stato un problema accettare quel bacio e poi tutti gli altri e lo strofinarsi frenetico dei loro corpi sudati e i morsi e le risate e le unghie a graffiare la pelle.
<< Oddio >> ripete rendendosi conto di come, complice anche il troppo alcool bevuto e la cannabis, si fosse dimenticato del tutto di quella notte. Il giorno dopo si erano risvegliati uno sul divano l’altro sul pavimento, entrambi con indosso solo i boxer. Non gli era passata minimamente per la testa, però, la possibilità che avessero… fatto cose. Aveva una terribile emicrania e la cosa più importante era stata raggiungere il bagno per evitare di vomitare sul tappeto, che poi chi l’avrebbe sentita la padrona di casa?
L’amicizia con Jonathan era continuata come sempre. Non erano mai tornati a quella notte. Lui perché non la ricordava, l’altro… non saprebbe dire. Jonathan non aveva cambiato atteggiamento nei suoi confronti. Non era diventato né più pressante, né meno presente. Il solito Jo, quello che se gli girava di abbracciare gli amici lo faceva senza porsi troppi problemi. Si è trasferito in Scozia dopo cinque anni e ogni tanto ancora si vedono alle rimpatriate. Si è sposato con una ragazza del posto e hanno avuto due gemelle che ora hanno una decina d’anni.
<< Questo non vuol dire niente. Eravamo ubriachi e fatti. E poi non è mai più successo. Nè con lui, né con nessun altro >> dice continuando a stringere il volante. Sente il fiato corto e la pelle scossa da brividi. << E’ un’esperienza come tante. Come farsi uno spinello o prendersi una     sbronza >> continua cercando di togliersi dalla mente lo sguardo disgustato di Margaret.
Un’auto suona il clacson prima di sfrecciare al suo fianco, ricordandogli che è fermo al centro della strada forse da un po’ troppo tempo e Donovan lo aspetta dai Jackson. Si rimette in viaggio, ma è meno attento di prima. Le risate di Jonathan e il suo volto euforico si sovrappongono in continuazione a quello carico di giudizio e disprezzo di Margaret.
 
 
[1] La legge italiana permette ai figli di genitori divorziati di scegliere con chi vivere già dai 14 anni. Per l’Inghilterra non so come funzioni, non ho avuto il tempo di verificare. Mi sono basata, quindi, sulle nostre leggi.
[2] Secondo la Bibbia è stato il terzo re d’Israele. Conosciuto per la sua saggezza, è nota la storia in cui per stabilire di chi fosse figlio un bambino conteso da due donne propose a queste di tagliarlo a metà. Una accettò, l’altra no dichiarando che in effetti non era lei la madre. Salomone da questo capì che la vera madre del bambino era proprio la donna che, per amore suo, aveva rifiutato di farlo dividere a metà pur di averne una parte per sé.
   
 
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