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Autore: Simo_Dowaze    02/02/2019    4 recensioni
- Con le parole che vengono usate quotidianamente, si fanno molteplici cose: si ride, si scherza, si chiacchiera, si dimostra il proprio affetto, si fanno discorsi sia lunghi che brevi.
Tuttavia, non servono solo a tali sopracitate cose. Purtroppo, esse hanno altresì la capacità di far soffrire, di far piangere, di ferire, di affondare qualcuno nell'oblio della tristezza e del dolore.
Credo che, spesso, le parole diventino armi taglienti, delle quali non è assolutamente da sottovalutare l'effetto: si devono saper maneggiare con cura, sempre. -
Cit. Simo_Dowaze
Buona lettura.
Dio vi benedica ♡
Genere: Generale, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Blaze the Cat, Shadow the Hedgehog, Silver the Hedgehog
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '☆Insieme Contro Il Bullismo!'
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L'effetto delle parole (prima parte)
 

Era una normalissima giornata di scuola. Quell'anno, era arrivato un nuovo ragazzo nella classe di Dowaze. In realtà, era stato spostato lì per motivi sconosciuti. Non era esattamente nuovo poiché, effettivamente, già c'era chi lo conosceva; Tiger, ad esempio, che le aveva precedentemente confidato quanto quel tipo fosse imprevedibile e pericoloso. 
Era un riccio verde, dalla coda da volpe arancione con la punta giallastra. Anche le orecchie erano di quell'animale, solo che avevano il medesimo colore del corpo. Due occhi di ghiaccio spiccavano sul suo viso e, Dowaze doveva ammetterlo, lo rendevano affascinante.
La maggior parte delle ragazze gli ronzava intorno, come api su un fiore appena sbocciato, tranne lei e Aurora, la quale era interessata a Tiger e anche lui provava lo stesso nei confronti della riccia rosa. Infatti, da quando l'ibrida gliela aveva presentata, lui non le aveva staccato gli occhi di dosso neanche per un frangente di secondo; insomma, fu il classico 'amore a prima vista'.
Purtroppo, Tiger era in una classe differente dalla loro e, quindi, era costretto a vederla solo durante l'entrata, la ricreazione e l'uscita da scuola. Nondimeno, erano indecisi sui loro sentimenti.

Quel giorno, Alexander, codesto era il suo nome, ma veniva comunemente chiamato Alex, aveva intenzione divertirsi con qualcuno, perciò decise di andare a socializzare con Dowaze e Aurora, dal momento che non aveva mai avuto una vera e propria conversazione con nessuna delle due. Sapeva poco su di loro, ma le nozioni in suo possesso erano bastate affinché si fosse fatto un'idea su chi fossero. Ossia, delle ragazzine semplici e ingenue, ai suoi occhi.
Delle prede perfette da assalire, pensava. Ma si sbagliava.
La principessa era seduta sulla sedia di destra del suo banco, girata verso la finestra, mentre l'altra era all'impiedi, di fronte all'amica, appoggiata al muro, proprio accanto all'infisso (che in quell'aula erano tre), e stavano parlando del più e del meno. Tuttavia, la gatta-riccia lo notò con la coda dell'occhio. Girò la testa di scatto verso destra e seguì i suoi movimenti; poi smise di guardarlo e ridiede attenzione ad Aurora. Le due si trovavano all'ultimo banco della terza fila a partire da sinistra verso destra. Alex si posizionò sulla parete dietro le ragazze, le quali posarono lo sguardo su di lui.
- Hey, come butta? - domandò, mostrando loro un sorriso smagliante e facendo una strana mossa con le mani, mettendole a mo' di pistola. Indossava una giacca di pelle nera, dei jeans scuri strappati e delle scarpe nere.
Se cercava di ammaliarle con le sue mosse da 'fighetto', aveva sbagliato tipe:
"Non siamo mica quel genere di ragazze!", pensò Dowaze, irritata dal suo atteggiamento.
- Se sei venuto qui per dare fastidio, te ne puoi andare seduta stante! - affermò acida Aurora.
- Già! - le diede man forte l'amica, col suo stesso tono.
Risposero in quella maniera perché sapevano che tipo di ragazzo fosse e non volevano averci nulla a che fare, perciò preferirono stare sulla difensiva; non era loro intenzione comportarsi in quel modo, ma con i bulletti come lui era meglio essere diffidenti. Si mise le mani davanti, in segno di difesa.
- Hey, relax, babies! Ho solo chiesto "come butta?". - ma continuava ad avere quello stupidissimo sorrisetto stampato in faccia.
- Hmph! Molto meglio prima che arrivassi tu! - sentenziò Dowaze, con lo sguardo rivolto al cielo, fuori dalla finestra. Di colpo, sentì una risatina vicinissima al suo orecchio sinistro, che la fece sussultare e al contempo sgranare gli occhi: Alex si era avvicinato senza che lei se ne fosse minimamente accorta! Guardò un secondo la sua amica ed era sconvolta quanto lei.
- Ma che caratterino, Kitty! - le disse in un tono misto tra il sensuale e lo scherno, come se il suo obiettivo fosse quello di 'addolcirla'.
"Addolcire Dowaze The Hedgehog? Non sa proprio con chi ha a che fare, allora!"
- Non chiamarmi mai più "Kitty"! - gli ordinò, arrabbiata, guardandolo dritto in quegli occhi azzurri.
- Oh, giusto, mi perdoni. - fece finta di scusarsi, mantenendo sempre quella smorfia fastidiosa sulle labbra.
- Dimenticavo che voi siete un'ibrida, altezza! O dovrei dire bassezza! - la canzonò, in tono provocatorio.
Dowaze si chiese come facesse lui a sapere che lei appartenesse alla famiglia reale, dacché non ne aveva mai fatta parola con nessuno, ad eccezione di Tiger e Aurora. Mentre era ancora stupita, Alex continuò:
- Quindi, il vostro nome è Kittyhog! -
Lo fissò malissimo.
- È inutile discutere con te! Andiamo in bagno, Aurora! - affermò, alzandosi dalla sedia e facendo cenno alla migliore amica di seguirla. Mentre l'aspettava poco distante dalla porta, vide Alex premere, in un gesto veloce, le spine rosa della riccia, che le uscivano dalla schiena, con forza, facendole così emettere un dolorante "AHI!".
Si girò verso di lui, aggressiva.
- Come ti sei permesso?! - esclamò, fuori di sé.
Lui, per tutta risposta, rise divertito, cosa che suscitò ulteriore rabbia nelle due.
- Dimmi un po', cosa sono quelle cose lì dietro? Ali di insetto? Oppure pinne di pesce? - iniziò ad elencare molte specie delle creature citate.
Dowaze serrò i pugni.
Lo voleva bruciare con le proprie fiamme, quello screanzato!
Diede un'occhiata rapida alle sue, di spine: lui non le aveva notate perché erano nascoste dalla sua lunga chioma, altrimenti lo avrebbe fatto a lei piuttosto che ad Aurora; avrebbe preferito di gran lunga che fosse stata lei ad essere presa di mira, almeno sarebbe riuscita a difendersi.
"Nessuno deve osare farle del male, nessuno!"
- Ah, sì!! Ci sono! - le affermazioni del riccio dalla coda da volpe riportarono la principessa alla realtà.
- Sono pinne di squalo! Quindi, il tuo soprannome dev'essere Shark Fins*! - emise una risata scomposta, accompagnata da quelle degli altri studenti che avevano assistito alla scena. Aurora si sentì a disagio, derisa da tutti, offesa, a stento riusciva a trattenere le lacrime.
Uscì di corsa dalla classe, in direzione del bagno, e Dowaze la seguì a ruota. Durante il tragitto, incontrarono Tiger, che fece per salutarle,
- Hey, Dowaze! Hey, Auri! Stavo giusto venendo da-- - ma non poté finire la frase, ché la riccia rosa lo sorpassò, come se non l'avesse visto, imbucando il corridoio per la toilette femminile.
Tiger si stupì per il suo comportamento, non aspettandoselo da lei, che non esitava mai a salutarlo.
- Ho detto forse qualcosa che non va? - chiese alla gatta-riccia, deluso.
- No, Tiger. Ne parliamo dopo! - tagliò corto lei, affrettandosi a raggiungere Aurora.
La fine della ricreazione suonò. Giunta in bagno, iniziò a cercarla, aprendo ogni porta - fortunatamente, non vi era nessuno dentro - fino ad arrivare alla settima porta, cioè l'ultima, la quale si accorse che era chiusa dall'interno.
Bussò.
- Aurora? - la chiamò 
- V-vattene via! - le ordinò, tra i singhiozzi: stava piangendo.
- Auri, avanti, aprimi! - ma non lo fece. 
- Sono diventata lo zimbello di tutti, Dowaze ... - proferì, abbattuta.
- Ma che dici? Per questa cosa? Aurora, non vorrai mica dare ragione a quell'imbecille? - le domandò, cercando di alleggerirle quel peso.
- Ma ... ma hanno riso tutti! Hai visto c-come hanno riso, no? Le-le hai sentite le loro risate!? - insistette, con voce rotta, sempre più giù di morale.
- Sì, Auri, le ho sentite. - dovette ammettere, e aggiunse:
- Ma sta' tranquilla, se ne dimenticheranno ... - tentò di confortarla, anche se si disse un "prima o poi" tra sé, dal momento che, effettivamente, non poteva mai sapere quando tutto sarebbe giunto al termine. Dall'altro lato, la sua migliore amica non rispose.
- Per favore, Auri, dobbiamo andare! - persistette, bussando con più urgenza.
- E come posso fare? Non ce la farei a sopportare i loro sguardi ... ti prego, vattene! - le intimò.
- D'accordo! - esclamò, decisa.
- Se non mi apri tu, vorrà dire che lo farò a modo mio! - detto ciò, si tolse il guanto destro e fece uscire il suo artiglio più lungo, con il quale forzò la serratura e aprì; subito dopo, se lo infilò nuovamente.
La trovò all'angolo, con le ginocchia portate al petto e la schiena a muro; stava tra quest'ultimo e il gabinetto. Agli occhi di Dowaze, fu una scena deprimente.
- A-Aurora! - la richiamò; lei aveva lo sguardo perso nel vuoto.
- Dobbiamo andare o la prof ci rimprovererà. - entrò e si mise alla sua altezza, poggiandole una mano sulla spalla.
- Tieni. - le passò dei fogli di carta igienica, appena staccati.
Aurora li afferrò e si asciugò le lacrime.
- Ti prometto che qualsiasi cosa ti accadrà, io sarò lì a difenderti! -
La rosa tirò su col naso.
- S-sul serio? - domandò, tentennante.
- Puoi contarci! - le fece l'occhiolino e lei le rivolse un sorriso di devozione, dopodiché si lavò il viso ed uscirono dal bagno. Mentre si avviavano verso la classe, Dowaze arrestò la sua camminata, sbarrando gli occhi.
- Oh, cielo! - con la sua esclamazione, obbligò anche l'altra a fermarsi.
- Cosa c'è, Dow? - le chiese, perplessa.
- Ehm ... cosa diremo alla prof? - domandò a sua volta, inquieta, grattandosi il retro del collo con l'indice.
Aurora ci pensò su e, dopo una ventina di secondi pressanti per la gatta-riccia, le venne un'idea, che palesò all'amica, schioccando le dita.
- Ce l'ho! Facciamo così: io fingo di avere un mal di pancia terribile e mi piego in due, mentre tu mi accompagni con un braccio sulle spalle. In questo modo, se mi chiede perché ho gli occhi arrossati, le rispondo che il dolore era talmente forte che ho vomitato o qualcosa del genere. - spiegò, in tono convincente.
- Sei un genietto! - si complimentò con lei, dandole una pacca sulla spalla.
- Si va in scena! - scherzò la riccia. Risero all'unisono e batterono il cinque.
Messesi come avevano stabilito, la ragazza ibrida bussò ed entrarono. Il rimprovero della professoressa di storia, una volpe celeste dagli occhi viola, sui quali era stato applicato un trucco molto pesante, non mancò d'arrivare.
- Vi sembra questo l'orario per rientrare? La ricreazione è terminata un quarto d'ora fa! Che avete fatto tutto questo tempo? - le rimbeccò, seduta alla cattedra, mostrando il suo orologio da polso e picchiettando la superficie in vetro.
- Ci ... ci scusi, p-professoressa Fox. - iniziò Aurora, con la voce impastata: sembrava veramente che stesse poco bene.
- È-è colpa m-mia. Mi sono sentita male e ... - non terminò la frase, ché fece finta di inciampare, cosa che preoccupò non poco la prof.
- Cielo! Aurora, cos'hai? - domandò, spostando con un colpo secco la sedia, che produsse un rumore stridente, soccorendo la sua alunna per rialzarla, allarmata.
- Professoressa Fox ... - intervenne l'altra e, bisbigliandole all'orecchio, le comunicò:
- Mal di pancia. -
- Oh, capisco ... accompagnala a sedersi, cortesemente. - disse, esortando la principessa a fare ciò che le era stato chiesto.
- Sì, professoressa. - e aiutò Aurora ad accomodarsi al suo posto.
L'ora di storia non scorse velocemente e lo stesso valse per quella successiva: geografia. Malgrado la noia, la giornata scolastica terminò e gli studenti antropomorfi uscirono dall'edificio, al suono della campana. Prima che Tiger arrivasse, si fece avanti Alex, che continuò a schernire la riccia rosa con quel nomignolo, 'Shark fins'. Dowaze non mancò di rivolgergli delle occhiatacce e di ordinargli di lasciarla in pace. Purtroppo, quel suo comportamento causò solo delle ulteriori risatine derisorie da parte del riccio verde. Egli se ne andò e, dopo appena qualche secondo, le raggiunse il gatto blu notte. Lo salutarono insieme, ma poi Aurora avvisò i suoi due amici di dover tornare a casa, così la gatta-riccia le aprì un portale, grazie all'ausilio di un Sol Emerald. Non sfuggì ai due l'insolita e inusuale espressione spenta dipinta sul volto dell'amica: stava ancora giù di corda per quell'insulto. Li salutò, con un gesto di mano e un sorriso tirato, e scomparve, avvolta da un grande cerchio dall'involucro bianco. Appena fu sicuro che Aurora se ne fosse completamente andata,
il blu cominciò a fare all'ibrida delle domande, mentre si incamminavano per tornare ognuno alle proprie dimore.
- Quindi, cosa le è successo? Perché è passata oltre e non mi ha salutato? -
- Ci sei rimasto male, vero? - chiese e, come sospettava, lui annuì.
Lei sospirò.
- C'è un ragazzo nella nostra classe, quel tale ... Alex, che ha iniziato a prenderla in giro per via dei suoi aculei sulla schiena. - spiegò, indicando anche i suoi.
- Schernisce solo lei perché non ha visto i miei, altrimenti credo proprio che l'avrebbe fatto a me e-- - la interruppe improvvisamente, aggiungendo ciò che stava per dire
- ... e per te sarebbe stato meglio se fosse andata diversamente. Sì, lo so. -, lievemente annoiato, come se stesse ripetendo qualcosa che aveva sentito tante di quelle volte che ormai sapeva a memoria.
- Esatto. - asserì.
Stettero qualche attimo in silenzio, ma poi Tiger riprese a parlare:
- Io conosco Alex, te l'ho anche detto che era un tipo imprevedibile. Ma, sinceramente, non mi aspettavo fino a questo punto ... - lasciò volutamente la frase in sospeso, non sapendo cos'altro dire.
- Quello che vorrei capire, è perché l'ha fatto! - sbottò improvvisamente lei, seria, con le mani infilate nelle tasche dei suoi pantaloni e lo sguardo puntato in avanti. Tiger, invece, lo abbassò, dando con il piede un calcio ad un sassolino. Per tutto il tragitto, nessuno dei due ruppe il ghiaccio e la tensione che si erano consolidati dopo l'ultima frase detta dall'ibrida.
Giunti innanzi al portone del palazzo della principessa, entrambi si salutarono con un "Ciao, a domani" e lei varcò la grande porta. Dentro, ad attenderla nel cortile che divideva il primo portone dal secondo, il quale conduceva a tutte le sale del castello, c'era suo fratello Silver.
- Ciao, Dowaze! - la salutò, abbracciandola. Lei ricambiò il gesto ed esclamò:
- Hey, fratellone! - sorridendo.
Slegato l'abbraccio, salirono gli otto gradini e aprirono il secondo portone, che poi richiusero alle loro spalle. Percorso il lungo e sontuoso corridoio, ornato da armature di epoca medievale ad ambo i lati e da un tappeto rosso dai bordi dorati, arrivarono di fronte alla mastodontica porta che separava la sala del trono dal corridoio.
Apertolo, vi entrarono; lì, seduti sui loro rispettivi scranni, stavano i sovrani. Questi ultimi, veduti i loro due figli, scesero i pochi scalini, sottostanti ai troni, e andarono loro in contro.
- Ben tornata, figlia mia! - affermò la madre, abbracciando la principessa.
- Com'è andata, oggi? - chiese il padre, con la sua voce di velluto. La diretta interessata, staccatasi dalla dolce stretta della regina, disse, dopo un sospiro:
- Diciamo bene. - 
Blaze, da brava madre qual'era, capì all'istante che qualche cosa non quadrava in quella risposta.
- È successo qualcosa, Dowaze? Qualcuno ti ha fatto del male? - domandò, alzando un ipotetico sopracciglio. All'ultimo quesito della madre, la gatta-riccia fu costretta a posare gli occhi su di lei, sgranandoli a malapena: com'era possibile che lei centrasse sempre il punto della questione, la figlia non era mai riuscita a capacitarsene. Era l'istinto materno? O forse il fatto che le mamme sapevano sempre tutto? Qualunque fosse stato il motivo, Dowaze riconosceva di non poterle nascondere nulla, in quanto lei riusciva a sorprenderla ogni volta.
Sbuffò, sentenziando:
- In teoria, sì. In pratica no. -
- Spiega. - la spronò Silver.
- Un insensato di nome Alex ha messo in ridicolo la mia migliore amica, Aurora, a cagione dei suoi aculei sulla schiena. - fece in sintesi, a denti stretti, serrando violentemente i pugni al solo pensiero.
Le espressioni impassibili e curiose dei volti dei tre celavano compassione verso la sua amica.
- Lo volevo incenerire, quell'idiota! - tuonò, avendo nitida davanti agli occhi quella scena; frattanto, le sue mani chiuse venivano avvolte da fuoco dal colorito celeste e bianco. Il suo sguardo era indicibile, cupo, truce e terribilmente aggressivo; i suoi occhi brillavano di un solo sentimento che stava per nascere nel cuore di lei: vendetta. Ad accorgersi di ciò, fu Shadow, che intervenne prontamente.
- Dowaze, calmati! - le ordinò, avvicinandosi a lei.
Quel suo comportamento gli rammentò l'odio che un tempo lui stesso aveva provato nei riguardi degli esseri umani, malgrado Maria gli avesse chiesto di prometterle, prima di morire, di aiutare gli abitanti della Terra. Non voleva e non poteva permettere che sua figlia commettesse il suo medesimo errore, arrivando persino ad uccidere - seppure la conosceva bene e sapeva che non avrebbe mai e poi mai inflitto del male grave a qualcuno, poiché lei era d'animo buono e ciò non rientrava nella sua indole - e non provando alcuna pietà; che avesse agito senza pensare, per poi ritrovarsi un peso sulla coscienza che non sarebbe mai più riuscita a scrollarsi di dosso facilmente.
Blaze e Silver osservarono la scena con occhi vigili, seri.
Shadow le afferrò i polsi e lei fece scattare le sue pupille dorate, con sfumature rosse sopra, sui suoi cremisi; ambedue avevano la fronte corrugata. Lo sguardo di lui puntava a placare la sua ira, mentre quello della ragazza era furioso. Si scoccarono una lunga occhiata.
- Non voglio che tu coltivi l'odio nel tuo cuore. - le sussurrò, atono.
- Ha quasi ucciso la mia migliore amica nell'animo, come posso non farci caso?! - gli quasi urlò in faccia.
- Non ti ho detto di non farci caso! Voglio soltanto che tu non commetta un gesto per il quale potresti pentirtene per il resto della tua vita! - affermò risoluto, senza scomporsi e mantenendo la calma. 
- Questa non sei tu, Maria Dowaze. Reprimi questo tuo sentimento e non farlo riemergere mai più! - pronunciando ciò, i muscoli del volto di Shadow si rilassarono. Ecco, quando la chiamava con quel nome, al solo udire l'inclinazione che assumeva la sua voce, si capiva quanto il suo approccio con gli altri fosse cambiato; il tono con cui le rivolse quelle parole di incoraggiamento era estraneo a lui, paterno e, chi l'avrebbe mai detto, pur restando austero, quelle parole avevano un qualcosa di
amorevole: l'amore che nutriva nei confronti della sua amica di cinquant'anni orsono si ripresentava e stavolta mirava a trasmetterlo a qualcun'altra di cara al riccio nero: sua figlia, sangue del suo sangue. Lentamente, il viso dell'ibrida mutò, lasciando il posto a un'espressione più rilassata, finché le pieghe sulla sua faccia non scomparvero; si calmò e similmente fecero le sue fiamme, che si dissolsero.
A quel punto, Shadow poté allentare la morsa sui suoi polsi, fino a liberarglieli del tutto e ad allontanarsi. Dowaze inspirò ed espirò.
- Grazie, padre. - disse sincera, sorridendogli lievemente.
Il riccio striato le fece un semplice cenno del capo, tornando, poi, vicino alla consorte, la quale gli regalò un sorriso di ammirazione.
- Ora scusatemi, ma mi ritiro nella mia camera. - li avvisò l'ibrida, dando un bacio sulla guancia a ciascuno dei presenti e dirigendosi verso la sua stanza. Anche Silver uscì dalla sala del trono.
Una volta lasciati soli i due regnanti, Blaze ne approfittò per stampare un bacio sulle labbra del marito, gesto del tutto inaspettato, per il quale lui non nascose un certo stupore.
- Quello che hai fatto poco fa per nostra figlia è stato a dir poco sbalorditivo. Sei un padre fantastico, Shadow! - gli confessò, senza peli sulla lingua, rivolgendogli un altro sorriso.
Egli la osservò, pensoso. Era stato talmente tanto tempo in conflitto con la razza umana, che non aveva più considerato l'idea di poter chiamare nuovamente qualcosa con l'appellativo di famiglia. Pensava di non meritarne più una. Credeva che, per colpa sua, altri avrebbero perito, se si fossero affezionati o avvicinati a lui. Non voleva essere la causa del male altrui, e quello era uno dei tanti motivi per cui teneva tutti lontano da lui e preferiva la solitudine. Era pur vero, però, che nessuno voleva realmente rimanere da solo. E dopo tanto dolore avuto, dopo tanto odio dato, dopo tante lotte contro gli altri e contro se stesso, dopo tanti insulti e tanti inganni ricevuti, gli era stato riconcesso ciò che aveva perso da molti anni, e in scala più numerosa. Era tornato ad amare nuovamente qualcuno e aveva ottenuto di nuovo la felicità. Felicità che più nessuno gli avrebbe tolto. Ovviamente, la sua immagine austera e severa signoreggiava sempre su ciò che serbava dentro, come se lui fosse stato uno scrigno e le sue emozioni un tesoro inestimabile da custodire gelosamente. Nondimeno, la sua aria da duro non gli impediva di certo di amare, anzi. Anche lui possedeva un cuore e, sebbene fosse stato fatto a pezzi più volte, era stato ricostruito proprio dal sentimento più importante che quell'amica molto speciale gli aveva insegnato: l'amore.
- Questo e altro, per la mia famiglia. - dichiarò, incolore, spiazzando non poco la moglie per quella spontaneità non da lui. Ed, evidentemente, l'effetto delle parole dette prima a Dowaze aveva scaturito, in lui, una pausa di riflessione.
- Anche noi, Shadow. - ed entrambi si sorrisero, abbracciandosi.

Varcata la soglia della sua camera, l'ibrida si buttò a peso morto sul suo letto baldacchino, tirando un sospiro. Non riusciva a non pensare ad Alex. Perché aveva deciso di prendere in giro Aurora? Voleva fare un dispetto a Dowaze o alla riccia rosa? Con chi ce l'aveva?
La gatta-riccia fece mente locale, rammentando ogni momento da quando conosceva quel ragazzo per metà riccio e per metà volpe. Chiuse gli occhi per concentrarsi meglio. Mentre faceva scorrere le varie immagini nella sua mente, si rese conto che, in ciascuno dei suoi ricordi, Alex la osservava costantemente. Rialzò le palpebre di colpo.
- Se non sbaglio, anche oggi mi guardava, prima che succedesse il diverbio tra me, lui e Aurora ... ma perché? - con l'aiuto delle mani, si mise a sedere sul bordo del letto, meditando su quella situazione. Le venne in mente quando lui si era avvicinato al suo orecchio e aveva percepito sfiorarglielo col labbro inferiore, freddo, proprio come i suoi occhi ... era stata una sensazione strana, che persino in quel momento non riusciva a spiegarsi. Continuava a viaggiare e viaggiare per l'anticamera del cervello, quando ...
- E se a lui io ... NO! È impossibile ...! - scosse la testa, non potendo credere a ciò che aveva appena elaborato: non poteva interessare ad Alex!
"Una persona alla quale piaci non dovrebbe schernirti, no? Oppure sono io che non capisco niente in fatto di amore?"
Una smorfia di indecisione comparve sul viso viola scuro della giovane principessa. Era confusa, non lo nascondeva. Tuttavia, se la sua ipotesi si fosse rivelata esatta, non le sarebbe dispiaciuto piacere a qualcuno. D'altronde, lei non era mai piaciuta a qualcuno in particolare - o almeno, era quello che pensava.
Credeva di non piacere a nessuno, per via della sua serietà. Rispetto alle sue coetanee, riconosceva di essere più matura. E aveva solo sedici anni, accidenti!
Inoltre, non si vedeva bella e dava la colpa al suo atteggiamento serio che, secondo lei, la imbruttiva, cosa del tutto falsa.
Sua madre le diceva sempre che era bellissima, ma lei non le credeva, pensando che fosse tipico delle mamme fare quel genere di complimenti alle figlie.
Si passò una mano tra gli aculei, poi prese i libri e il diario dallo zaino e si mise sotto con lo studio. Avendo pochi compiti per il giorno seguente, li finì dopo un'ora. Tirato fuori anche il cellulare dalla tasca della cartella, accese la connessione Internet ed entrò su un social piuttosto conosciuto nella Sol Dimension. Mentre scorreva le varie foto di solariani e scatti fatti a disegni ideati da loro oppure a paesaggi o, ancora, alla flora, ne notò una che aveva postato ore prima, guarda caso, Alex. Quando caricò, si accorse, con stupore, che quell'immagine ritraeva Aurora, in classe - probabilmente, era stata scattata durante la ricreazione -, messa di profilo, con le cosiddette "labbra a papera", l'indice della mano destra sotto il mento e la gamba sinistra alzata ad angolo retto. Dowaze ricordò che, il giorno prima, l'amica aveva assunto quella posa per farla divertire un po' e, da quel che sembrava, il riccio verde ne aveva approfittato per farle quello scatto umiliante di nascosto. Vide che, accanto alla sua bocca, erano state aggiunte delle bollicine che, partendo da quella, andavano a salire. Ai lati di lei, invece, erano state posizionate due alghe. Aveva taggato Aurora con il suo nickname e, in più, aveva scritto: "Ecco a voi, Shark fins! Ahahah!!"
Una sfilza di commenti di compagni di scuola e di altri sconosciuti erano presenti sotto quella foto, mettendo in cattiva luce la povera riccia rosa, vittima di quegli scritti inopportuni e imbarazzanti che scioccarono Dowaze, sicché portò una mano alla bocca. Se la sua reazione era stata solo quella, non osava immaginare come fosse stata, in quel medesimo momento, quella di Aurora.
Spinta dalla rabbia che la investì, cominciò a scrivere anche lei, prendendo le difese della sua migliore amica.
"Razza di cosa inutile! Come ti permetti di ridicolizzare Aurora in questo modo?! Domani facciamo i conti, noi due!" lo rese pubblico e molteplici risposte iniziarono a spuntare, ad esempio:
"Weeee!! Fai attenzione, Alex! La gattina ti vuole graffiare! AHAHAH!!!"
"Attenzione, la gatta si è arrabbiata!"
"Aiuto, scappiamo dalla sua furia!"
"Si salvi chi può! Ahahah!!!"
Finché non arrivò il responso di Alex.
"Uuhh, sto tremando di paura! Voglio proprio vedere cosa mi farai, Kittyhog! AHAHAH!!!"
Dowaze digrignò i denti, infuriata. Tuttavia, decise di non rispondere alle sue provocazioni, per non dargli soddisfazione, e lasciò perdere. Stava per scendere dal letto, quando la sua attenzione venne catturata da un nuovo squillo del suo cellulare: un messaggio. Si rigettò sul materasso e controllò ciò che le era appena stato inviato. Il mittente era Aurora. (Siccome si trovavano in due Dimensioni Parallele, era possibile tenersi in contatto tramite i social network o per messaggi, sebbene la consegna richiedesse un po' di pazienza.) Visualizzò e lesse:
~Hai visto cosa hanno scritto sul social, no?~
Capì che quella era una domanda retorica. Avrebbe tanto voluto negare, ma non poteva smentire l'evidenza dei fatti: aveva persino risposto a quei commenti!
~Sì.~
Dopo qualche secondo, le arrivò un altro messaggio.
~Che cosa ho fatto di male per meritarmi questo?! Io proprio non capisco!~
~Non lo so, Auri.~ fu la desolata risposta.
Poteva ben immaginare cosa avesse provato: tristezza. E Dowaze, invece, si sentiva del tutto impotente, per non sapere come aiutarla. Non fu mandato altro. La loro chattata si concluse in quel modo.
"Starà sicuramente piangendo ... povera Aurora!"
Si avvicinò alla porta della sua camera, uscì e, mentre scendeva le scale per recarsi nella palestra del seminterrato del palazzo, per allenarsi, formulò un ultimo pensiero minaccioso:
"Domani faremo i conti, Alex!"



*Shark fins= ho preso spunto da un video su YouTube sulla coppia ShadowXAurora (della quale io NON sono fan), dove lei dice al riccio nero di essere presa in giro per via dei suoi aculei sulla schiena, che gli altri chiamano, appunto, "Shark fins".





Angolo Autrice

Io: Salve, gente! Ma quanto tempo è che non ci si "legge"? Un anno?
Dow: Sono passati DUE anni, tontolona!
Io: *scioccata* Vuoi dire che non posto niente in questo fandom dal 2017????
Dow: Esatto!
Io: Perdindirindina! Picciotti, scusatemi tantissimo per questo abnorme ritardissimo ritardo!!! (non che a qualcuno importi se scrivo o meno, ma dettagli! X'D) Vi chiedo perdono!
Cooomunque, che ne pensate di questa prima parte? Vi è piaciuta? (Forse l'ho fatta un tantinello lunga! ^^") Scoprirete perché ho deciso di mettere il rating giallo, nella prossima parte, che spero di pubblicare al più presto. Che dirvi, mi è mancato non scrivere più nulla, e mi siete mancati anche voi! <3
Spero tanto di non deludervi con queste due parti di questa nuova storia della serie "No Al Bullismo".
Concludo col salutarvi, sperando ancora che vi sia piaciuta (scusatemi se continuo a ripeterlo ma, dal momento che è da moltissimo che non posto nulla, mi sento parecchio insicura! Scusatemi!) e noi ci risentiamo nella seconda parte.

Alla proxima!

Ciao. Dio vi benedica!

Simo_Dowaze Bye ^.^
   
 
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