Forti esplosioni ripetute sovrastano la gioiosa confusione della festa.

Gli scherzi, le chiacchiere e le conversazioni si tramutano in urla di dolore e gemiti d'agonia.

Una colonna di fuoco e fiamme si alza nel cielo, dividendosi a forma di fungo.

La chiesa, con fragore, crolla su se stessa, come un castello di carte.

La potenza della detonazione mi spinge all'indietro.

Batto la testa contro un ostacolo duro.

Il dolore mi trafigge il cervello e quasi perdo i sensi.

Cosa è successo? Chi può avere gettato delle bombe in un'occasione festosa?

Perché? Perché è accaduto tutto questo?

Scuoto la testa.

Non ho il tempo di pormi queste domande.

Con fatica, mi alzo in piedi e mi guardo intorno.

Non mi curo dei lamenti dei feriti e del sangue dei morti, che arrossa l'asfalto.

Ana, sorella mia, dove sei?

Allontano dalla mente i pensieri funesti.

Lei è salva.

Deve essere viva!

Corro e giro la testa da una parte all'altra.

Il fumo dell'esplosione mi entra nei polmoni, soffocandomi, e gli occhi mi bruciano, ma non mi curo di questo.

Il mio unico pensiero, in questo momento, è lei.

Ana, la mia dolce sorellina.

Voglio risentire la sua voce profonda, così inconsueta per una ragazza tanto giovane.

Desidero rivedere i suoi grandi occhi castani, simili a due sfere d'ambra.

Qualche minuto dopo, la vedo.

Giace a terra, in posizione scomposta, circondata da macerie e polvere.

No! No!

Non può essere morta!

E' solo svenuta.

Deve essere così...

Corro verso di lei e, con delicatezza, la stringo tra le mie braccia.

Il mio cuore si ferma.

Il suo candido abito è rosso di sangue e il suo petto è fermo.

Non c'è nessuna speranza.

Non riesco a credere a quello che mi dicono i miei occhi.

Ana è morta.

Le lacrime si seccano nei miei occhi.

Non riesco nemmeno a piangere.

Un'esplosione d'ira divampa nel mio cuore.

So cosa devo fare.

Chiunque sia stato non sfuggirà alla mia vendetta.

E un urlo di belva ferita esplode nell'aria.