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Autore: Eevaa    03/02/2019    7 recensioni
...perché Kaarot, del resto, era l'unico che avrebbe potuto capirlo veramente, era l'unico il quale, per altri motivi, stava subendo il suo stesso identico destino. E, proprio come lui, aveva un'altra vita intera da vivere, da scrivere. Per un attimo, per qualche breve secondo, provò compassione per quell'uomo così come l'aveva per se stesso.
Erano entrambi sulla stessa barca e, volenti o nolenti, avrebbero dovuto cominciare a remare.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Goku, Vegeta | Coppie: Goku/Vegeta
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Disclaimer:
Questa storia non è scritta a scopo di lucro.
I personaggi usati e tutto ciò che fa parte dell'universo di Dragon Ball sono di proprietà di Akira Toriyama© e Toei Animation©. 

Non concedo, in nessuna circostanza, l'autorizzazione a ripubblicare questa storia altrove, anche se creditata e anche con link all'originale su EFP.
La fanart della copertina non mi appartiene.
Nessun copyright si intende violato.
 
 

-AFTER ALL -
CAPITOLO 67 - DALL'ALTRA PARTE

 



(è vivamente consigliato l'ascolto della seguente canzone durante la lettura del capitolo,
credo che rappresenti alla perfezione ciò che sta accadendo)

Tell me would you kill to save your life?
Tell me would you kill to prove you’re right?
Crash, crash, burn let it all burn, this hurricane’s chasing us all underground

No matter how many deaths that I die, I will never forget
No matter how many lies that I live, I will never regret
There is a fire inside that has started a riot about to explode into flames

The promises we made were not enough
The prayers that we had prayed were like a drug
Do you really want?
Do you really want me?
Where did you go?


Hurricanehttps://www.youtube.com/watch?v=mdJDPepGOAM
 
 
 
L'aveva visto cadere su se stesso tra le braccia di quella donna, accartocciarsi come un foglio spiegazzato. Goku l'aveva osservato perdere i sensi e chiudere i suoi occhi neri dal taglio allungato, e lui non era riuscito a fare niente per impedirlo. Lei, quella copia pressoché identica della sua migliore amica, aveva infine dimostrato la sua vera natura: un mutaforma. La sua pelle di porcellana, in pochissimi istanti, si era tinta dello stesso colore di un prato primaverile e, senza far passare attimo sufficiente per poter reagire, aveva preso di peso il corpo esanime del principe dei saiyan avvolgendosi in un fumo di colore nero, impedendo così ai due intrusi di poterlo seguire.
«DANNAZIONE!» urlò Goku gettandosi d'istinto all'interno del fumo, tentando in tutti modi di poter comprendere quanto lontano potesse essere andato. «DANNAZIONE, DANNAZIONE!» continuò a urlare, accendendosi come una torcia liberando finalmente quel fuoco, quella sensazione di bruciore che l'aveva assalito pochi minuti prima.
«Stupido, stupido, stupido!» ringhiò il ragazzo, battendo ripetutamente un pugno contro la parete metallica, causandone una grave incurvatura. Stupido. Non sapeva se rivolgere quell'insulto a se stesso - per non essere riuscito a fare niente per riportare Vegeta al pensiero ragionato - oppure direttamente al principe, il quale non era riuscito a distinguere la donna con la quale era stato sposato per anni da una mera copia. Eppure quella copia era identica, assolutamente la stessa persona. Se non avesse saputo che i tahabani fossero mutaforma, forse ci sarebbe cascato anche lui. Ma, dannazione, perché diavolo non li aveva ascoltati? Perché non si era fidato di lui ed era corso immediatamente da quel clone orribile? Quel testone, stupido, cretino. E poi diceva che era lui, l'idiota!
«Goku, dobbiamo trovarlo prima che possano fargli del male» lo riportò sulla retta via Kibitoshin, senza osare sfiorare l'alleato nemmeno con un dito. La temperatura del suo corpo probabilmente lo avrebbe persino ustionato per quant'era incandescente.
Il Super Saiyan cercò in tutti modi una via perseguibile per estinguere la sua furia e ragionare con razionalità. E la trovò in un angolo preciso del cuore nella consapevolezza che, per quanto fosse tremendamente arrabbiato, l'ultima cosa che avrebbe voluto era che qualcuno potesse far del male a Vegeta. Si rese conto che non ci sarebbe stato affatto tempo da perdere e con l'occhio della mente cercò tra tutte le auree esistenti quella del principe dei saiyan, percependola cristallina e potente.
«Arrivo!» mormorò lui aggrappandosi con le dita alla tunica di Kibitoshin, scomparendo dal corridoio angusto per ritrovarsi nell'immediato in un grande scantinato. Il rumore dei macchinari era assordante, il suono stereotipato delle pompe a gas che prelevavano il petrolio dal terreno fece vibrare i suoi timpani fino a provocargli dolore. Grandi e immense cisterne metalliche sbuffavano dalle valvole del vapore caldo, umido, tanto denso da limitare la visuale.
Ma, come percepito dal grande guerriero saiyan, Vegeta era lì in piedi di fronte a una di esse, con il volto scioccato e la tuta nera e grigia strappata in più punti.
«V-Vegeta! Cosa è successo?» domandò Kibitoshin con riluttanza, tirando però un sospiro di sollievo.
«Non ne ho idea. Quell'essere mi ha portato in questo luogo e poi è scappato di là» si apprestò a dire lui compiendo grandi passi nella loro direzione, indicando alle loro spalle una porta magnetica bloccata da una serie di codici. «Andiamo a vedere».
Vegeta gli intimò con un gesto meccanico di seguirlo, ma Goku non si mosse e lo lasciò avvicinare da solo alla porta. Lo guardò voltarsi, contraendo poi il volto in una delle sue consuete espressioni di sdegno.
«Beh? Si può sapere cosa diamine stai aspettando?» gracchiò lui aggrottando la fronte, ma di tutta risposta ricevette il silenzio più lugubre. Goku lo guardò di rimando, schifato, in uno sguardo così carico di tensione che Kibitoshin fu costretto a fare un passo indietro, intuendo perfettamente cosa stesse succedendo.
Goku mosse un passo nella sua direzione inaspettatamente, facendo risuonare un ringhio gutturale spaventosamente animalesco. Poi, in una frazione di secondo, alzò il braccio di scatto ed emanò un fascio di luce così potente e così caldo da investire in pieno Vegeta, aprendogli uno squarcio in pieno petto prima che egli potesse scappare, controbattere.
«K-Kaarot. C-cosa diavolo fa-» balbettò il principe dei saiyan, portandosi una mano a livello del cuore, interrotto però dal suo nemico il quale, teletrasportandosi a due centimetri dal suo viso, gli serrò un pugno sotto la mandibola.
«STAI ZITTO!» urlò Goku e, creando una nuova sfera di energia, gliela scagliò a livello dell'addome e lo polverizzò, guardandolo scomparire tra il fumo e le fiamme.

Goku si inginocchiò con le lacrime agli occhi, singhiozzando e sbattendo entrambi i pugni al pavimento. L'aveva ucciso, aveva ucciso Vegeta... o almeno, colui che aveva osato prendere le sue sembianze.
«Goku... calmati. Non era lui» sussurrò Kibitoshin.
«LO SO!» urlò,  rialzandosi in piedi di scatto, torcendo poi il collo in direzione del suo alleato nel tentativo di calmarsi. «Lo so».
Certo, certo che non era lui. Ma verità era che gli aveva fatto male, male da impazzire. Ed era stato difficile perché, seppur fosse un impostore di prima categoria, era esattamente uguale a Vegeta. Aveva la sua aura, i suoi occhi, il suo odore. In quel momento capì perché il principe avesse fatto estremamente fatica a distinguere Bulma da quel mutaforma, aveva semplicemente avuto la sfortuna di non udire che i tahabani avessero la capacità di mutare il proprio corpo, e aveva anche avuto la sfortuna che ciò capitasse in circostanze non così palesi come quella appena accaduta.
Del resto Goku aveva avuto il primo sospetto nel percepire l'aura di Vegeta forte e limpida, quando in realtà era stato addormentato pochi istanti prima. Secondo punto, non avrebbe avuto senso lasciarlo libero di scorrazzare in giro. E, terzo punto, un dettaglio macabro ma importante: la tuta di quel falso Vegeta era strappata negli stessi punti di quello vero, sì, ma su di essa non vi era traccia di sangue dei nemici uccisi. Era pulita, linda come mai avrebbe potuto essere. Una dimenticanza, uno sbaglio che a Goku non era passato inosservato.
«Ne sento un altro» mormorò Kibitoshin chiudendo gli occhi e appoggiando la mano sul passaggio metallico dal quale il mutaforma di Vegeta aveva suggerito di passare. «Qui, proprio oltre questa porta».
Goku sospirò. Non era pronto, non era affatto preparato a porre fine a un'altra vita umana con le sembianze di Vegeta, ma quella situazione impediva a lui di avere scelta. Pronto o non pronto avrebbe dovuto farlo, la storia non avrebbe aspettato. Quella vicenda aveva messo entrambi di fronte a vicende spiacevoli, orrende, impensabili. Prima l'esplosione di Namek, poi Radish, poi i loro genitori, Bulma... adesso persino un clone di Vegeta.
Goku – colui che aveva pazienza da vendere, colui che amava le sfide – non avrebbe mai pensato di dirlo, ma il suo equilibrio psicologico era oramai appeso a un filo troppo debole. E quell'equilibrio vacillò ancor di più quando, teletrasportandosi insieme nel laboratorio oltre la porta, non ritrovò un clone del principe dei saiyan. Ne trovò centinaia.
Tutti identici, tutti beffardi, sadici, belli e dannati come quello originale. Tutti con la stessa risata sguaiata di quel ragazzetto pronto a conquistare la Terra, tutti con lo stesso profumo dolce e speziato.
«Oh, Kami...» sussurrò Kibitoshin con la mandibola spalancata e gli occhi tremanti.
«Arrendetevi!» ordinarono le centinaia di copie di Vegeta all'unisono, posizionandosi tutti insieme per partire all'attacco dei due intrusi.
Veloci, scaltri, precisi. Quei mutaforma erano senza dubbio leggiadri ed eleganti come Vegeta nelle movenze ma, sebbene fossero degli eccelsi trasformisti, una cosa non sarebbero mai riusciti ad emularla: la sua forza. E, inoltre, non erano assolutamente in grado di utilizzare gli attacchi dell'aura di quest'ultimo. Utilizzavano l'alchimia, fuoco, acqua, elettricità. Modificavano le strutture e gli oggetti presenti nel laboratorio per fonderne delle armi da scagliare deliberatamente conto i due intrusi ma, specialmente Goku, non era un tipo facile da soggiogare con quei trucchetti di magia. E, superato il primo shock di colpire per uccidere delle persone con lo stesso aspetto del principe, successivamente non si fece remore a liberarsi di loro uno ad uno, con colpi astuti e mirati.
Venne colpito raramente, di spalle, da colpi di basso livello che quasi non lo scalfirono. Alcuni di loro tentarono anche di impossessarsi della sua mente, della sua fiducia, fingendo persino di colpire le altre copie per millantare la loro veridicità.
«Kaarot, sono io! Sono Vegeta!» aveva urlato uno di loro, avvicinandosi a lui fiancheggiandolo nel combattimento.
«Ah sì, sei tu?» gli aveva risposto Goku prendendolo per il collo, sbattendolo poi contro un altro nemico. «Fai un Final Flash e disintegra tutti questi bastardi, allora!»
Questi non rispose, ringhiando poi sonoramente contro di lui.
«No, eh?!» soffiò Goku, emanando ancor più corrente elettrica dalle sue mani e dai suoi muscoli. «Allora ci penso io!»
Si era stancato, si era stancato per davvero. Non c'era tempo da perdere con quelle orrende imitazioni, non avrebbe potuto permettere che passassero così tanti minuti e così, con entrambe le mani unite al proprio fianco, si apprestò a mostrare a tutti loro come veramente il principe dei saiyan avrebbe risolto le cose ma, proprio nell'esatto istante in cui stava per provare a scagliare il primo Final Flash della sua vita, una scintilla passò attraverso alla sua mente. Una debole aura, un respiro udito in lontananza in mezzo a tutto quel chiasso. E allora Goku si spense per un attimo, si lasciò cullare da quell'aura, permise a essa di avvolgere i propri sensi. Perché, del resto, il suo cuore l'avrebbe riconosciuta tra mille altre in apparenza uguali: l'aura di Vegeta, quello vero.
Scomparve nel nulla seguito a sua volta dal Kaiohshin e, nascosto dietro un macchinario in quello stesso laboratorio, il vero principe dei saiyan giaceva immobile e adagiato al terreno, con le braccia ancora sporche del sangue dei suoi nemici e gli occhi chiusi in un sonno pesante e senza sogni.
Goku si inginocchiò su di lui e iniziò a scuoterlo violentemente. La divinità, dal suo canto, aprì le mani nella direzione del corpo esercitando i suoi poteri curativi, i quali però non ebbero alcun effetto. Qualunque veleno o maledizione gli avesse inferto quel tahabano con un perfetto vestito da Bulma, andava decisamente studiata più a fondo.
«SVEGLIA! SVEGLIA!» Goku urlò forte strattonandolo per le spalle, ma quel corpo esanime non ne volle sapere e, dietro le loro schiene, l'esercito dei cloni si apprestò a lanciare le più impensabili maledizioni alchemiche nella loro direzione.
«Kibitoshin! Portalo al sicuro, nell'Aldilà! Qui ci penso io!» ordinò all'alleato, sollevando il corpo del suo amico posandolo senza troppi complimenti tra le braccia dell'essere divino.
«Ma Goku!» tentò di opporsi lui, mostrando tutta la sua preoccupazione.
«Posso farcela anche da solo, con queste mezze cartucce! Torna da me quando avrai lasciato Vegeta nelle mani di Dende. Lui saprà cosa fare» affermò convinto Goku. Si voltò poi con le mani cariche di tensione aurea, percependo le presenze dei suoi alleati sparire dietro di sé.



Li uccise tutti, uno per uno. E per ogni copia esatta di Vegeta caduta ai propri piedi per mano sua, Goku provò una stilettata al cuore. Ma si abituò in fretta: di dolore al cuore ne aveva già provato tanto in quegli ultimi accadimenti, per altre ragioni. Ragioni più profonde, dalle quali non riusciva proprio a uscire. Rabbia, tanta rabbia. E un cuore arrabbiato e ferito non avrebbe potuto dare altro che distruzione.
Scrisse la parola fine a quel gioco dei travestimenti più in fretta che poté, scomparendo tra le ceneri dei tahabani per immergersi in un nuovo livello, uno ancora più complesso. La ricerca dei tre namecciani tiranni durò poco meno di venti minuti, venti minuti durante i quali Goku dovette passare attraverso stanze iper-tecnologiche al confine del futuro, maledizioni alchemiche e ombre oscure di natura sconosciuta. Non riuscì a contare quante teste avesse mozzato, quante carni incenerito, quante grida avesse udito per arrivare lì, al centro di quel labirinto di lamiere e pulsanti. Ma ci arrivò e, in una stanza sufficientemente spaziosa da ospitare un aereo di grandi dimensioni, vi erano sette cisterne cilindriche e trasparenti ricolmi di liquido verdognolo e, al loro interno, sette sfere grosse come le ruote di un camion galleggiavano all'interno di esse collegate a cavi e fili colorati.
Guardiani di quello scenario vi erano tre grossi namecciani dalla pelle molto più scura di quella da loro conosciuta, quasi tendente al verde petrolio.
Non ci sarà molto da contrattare, con loro” lo aveva avvertito Kibitoshin all'inizio di quell'ennesima avventura, ma Goku – il vecchio Goku – ci avrebbe provato ugualmente. Il vecchio Goku, dal cuore buono e l'animo ingenuo e gentile avrebbe dato loro una possibilità.
Il nuovo Goku, invece, quello che Vegeta chiamava Kaarot per mille ragioni, non manifestò tale accortezza. Erano persone cattive, malvagie. Punto e basta. Non meritavano la sua pietà e nemmeno la sua pazienza – tuttalpiù che la sua pazienza era esaurita almeno due pianeti prima. Esitò per qualche istante, giusto il tempo per fare i conti con quella nuova parte di sé, una parte di sé che somigliava quasi più al principe dei saiyan che a lui, poi aprì i palmi delle sue grandi mani verso di loro, causando un'esplosione così forte da rompere persino i grandi cilindri in vetro.
Ma, quando il fumo da lui stesso causato si estinse lentamente, l'ennesimo smacco e l'ennesimo attentato alla sua integrità mentale gli si presentò di fronte agli occhi come la più beffarda delle verità: le Sfere del Drago, cadute malamente sul pavimento tra i vetri e il loro liquido amniotico verde, brillavano ancora di luce propria.
Non erano loro. I tre namecciani in quella stanza non erano veri. Erano altri mutaforma.
«B-basta...» balbettò Goku, facendosi pervadere dal più totale sconforto, a testa bassa rivolta al pavimento. La quiete prima della tempesta, così i terrestri la definivano. Perché, contorcendosi in spasmi muscolari involontari, il saiyan non riuscì più a trattenere dentro di sé tutta la frustrazione, tutto il dolore provato. E, illuminandosi di bianco e argento, raggiunse il quarto stadio del Super Saiyan senza volerlo, di fronte agli occhi esterrefatti di Kibitoshin giunto giusto in tempo per poter assistere a quel macabro spettacolo.
«BASTAAAAAAAA!» ululò Goku, esplodendo in una bolla di calore. Tremò, una pulsione di distruzione si fece spazio tra i suoi muscoli. Mai come in quella battaglia si era ritrovato a fare i conti con quella nuova parte di sé, quella che Vegeta chiamava "Kaarot", quella che non avrebbe mai più lasciato andare un nemico solo perché impossibilitato a combattere.
Era giunto il tempo di affrontare quel cambiamento, per Goku, e quel cambiamento avvenne perché il suo cuore una volta puro stava finalmente lasciando entrare i demoni che tutte le persone comuni possiedono. Perché, proprio come per la prima volta in settant'anni era riuscito ad amare sul serio, Kaarot era finalmente riuscito a odiare.
«NON NE POSSO PIÙ!» urlò lui librandosi il volo, aprendosi un varco nel soffitto con un fascio di energia potente per potervici passare attraverso e raggiungere il cielo gremito di persone. Namecciani. Finti, ovviamente. Tutti uguali, tutti con l'aspetto di quelli che dovevano essere i custodi tiranni delle sfere.
Cercarono di attaccarlo con le più disparate tecniche alchemiche e maledizioni, ma egli non ne avrebbe più voluto sentire. Si alzò ancor più in alto nel cielo, giungendo oltre le nuvole, fino all'atmosfera.
Forse i tahabani erano stati buoni, una volta, quando il loro pianeta non era stato conquistato dai namecciani di Namirah. Forse erano solo delle povere pedine al servizio di perfidi tiranni, ma forse non avevano nemmeno fatto niente per impedirlo. Forse gli faceva persino comodo. Fatto sta che, in quel momento, Goku non riuscì più a provare pena per loro: stavano difendendo ideali orrendi e, inoltre, stavano mettendo a repentaglio la vita dei terrestri e chissà di quante altre persone in quella galassia.
Così, arrabbiato più che mai, facendosi guidare solo e unicamente dal proprio istinto furente, Goku per la prima volta si ritrovò dall'altra parte. Dalla parte dell'assassino che distrugge pianeti. Con lacrime amare che gli rigavano il viso raccolse sopra le mani una gigantesca sfera di energia dal colore vola acceso, rendendola sempre più grande con il trascorrere dei secondi e con i vani tentativi dei tahabani di contrastarlo.
E, con ancor più dolore nel cuore e una sconfitta personale nell'anima nei confronti del vecchio Goku, il saiyan cresciuto sulla Terra decise di non provare pietà.
Con uno scatto nervoso lasciò andare quella sfera di energia grande verso il pianeta, lasciando che nelle proprie iridi azzurre si riflettesse il terrore delle persone che, con il dovuto tempo e modi, avrebbero persino potuto collaborare con lui. Guardò la sua creazione abbattersi su quel pianeta ricoperto di neve e ghiaccio fino a quando, finalmente, Kibitoshin si aggrappò a lui impedendogli di assistere a quello strazio, ad assistere all'estinzione della razza dei tahabani e del loro pianeta, così come le Sfere del Drago ospitate su di esso.

 

Vomitò più volte senza aver mangiato nulla, lasciando cadere sul regale pavimento dell'Aldilà solo sangue e saliva. Provò dolore, estremo dolore e senso di colpa per ciò che aveva fatto. Aveva ucciso tanti innocenti.
«Goku... calmati... calmati» lo accudì paternalmente Alphonse, asciugandogli il sudore dalla fronte con un lembo della sua camicia bianca.
In quella stanza - nella quale erano presenti solamente il marito di Eva, i due Kaiohshin e Re Kaioh - era calato il gelo. Quando l'avevano visto arrivare al tempio di Re Yammer pallido come un cencio e con lo sguardo perso straziato, l'avevano immediatamente portato in un luogo più intimo, più sicuro. Per farlo stare più tranquillo, certo, ma anche per non coinvolgere i bambini in ciò che solo le divinità erano state in grado di vedere.
«È stato... orribile» ammise lui con un altro colpo di tosse, sputando al terreno quel sapore tremendo che percepiva sul palato molle.
«Sarebbe stato difficile per chiunque mantenere i nervi saldi in una situazione del genere» tentò di rassicurarlo Alphonse, dandogli una lieve pacca sulla spalla, aspettando pazientemente che ritrovasse le forze per rialzarsi. Aveva tanto insistito per accudirlo, Alphonse. Aveva una mente brillante e un'empatia al di fuori da qualsiasi comune terrestre. Ma Goku era sconvolto, debole, spaventato persino da se stesso e da quello che era riuscito a combinare.
«Ho distrutto un pianeta... come... come Freezer» tremò lui. Si portò entrambe le mani sul volto e singhiozzò.
«Sai qual è la differenza tra te e Freezer, ragazzo?» domandò a un certo punto Re Kaioh, inginocchiandosi goffamente sulle sue gambe a fianco del suo vecchio allievo. Goku non rispose, ma arrestò i suoi singhiozzi e digrignò i denti.
«Che Freezer lo ha fatto per cattiveria, per malvagità. E aveva la scelta di non farlo. Ma tu non avevi scelta» continuò Re Kaioh del Nord, sollevandosi gli occhialetti sul nasone con un dito. «Tu non sei cattivo, Goku. Tu hai fatto ciò che hai fatto per proteggere chi ami».
Il saiyan sospirò, trovando finalmente pace e quiete in se stesso. Forse Re Kaioh non aveva nemmeno tutti i torti. Forse il fatto che provasse quel senso di colpa per non aver avuto alcuna pietà lo poneva su un altro livello, e sicuramente non era cattiveria. La quiete, però, non durò a lungo; la quiete si trasformò velocemente in angoscia, ma non più verso se stesso. Angoscia per una persona che non aveva ancora visto da quando era giunto lì. Colui che aveva voluto a tutti i costi proteggere ma colui che era riuscito, anche se involontariamente, a portarlo a impazzire in quel modo su Tahab. E così, di scatto, Goku sollevò la testa.
«Dov'è» disse gelido, con lo sguardo più indecifrabile che i presenti avessero mai visto. «Dov'è Vegeta?»



 
Continua...
 

 
ANGOLO AUTRICE:
Ehm ehm... salve XD
Ho combinato giusto un poco di casino in questo capitolo, eh?! Goku è ufficialmente passato fuori dalla grazia di Zeno e ha iniziato a smattare mica da ridere... e chi non lo avrebbe fatto! Cioè, poraccio: prima vede il suo amato correre tra le braccia della sua defunta moglie per poi venire addormentato e rapito, poi nel cercarlo è costretto ad uccidere una lunga serie di copie esattamente uguali del suddetto, poi lo ritrova mezzo morto, poi sti mutaforma del ca**o continuano a pigliarlo per il cu*o. E chi non avrebbe adottato soluzioni drastiche al suo posto?
Ma sopratutto... mo dov'è Vegeta? Che fine ha fatto? Si sarà svegliato? Che sarà successo una volta che Kibitoshin l'ha portato nell'aldilà? Aiuto. Un gran casino!
Non vedo l'ora di domenica prossima per farvi scoprire cosa diamine è accaduto mentre il nostro Kaarot ha fatto fuochi d'artificio con il fu pianeta Tahab.
Un bacione a tutti e a domenica!
Eevaa
  
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