Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Sinden    03/02/2019    1 recensioni
FF basata su film Il Signore degli Anelli - Le due Torri, genere fantasy/avventuroso
Storia di un esercito mercenario di Uomini dell'Est, comandati da una donna senza passato e senza scrupoli. Il suo arrivo nel regno di Rohan, oppresso da Saruman, porterà molte cose alla luce...non solo sul suo passato.
Estratto:
"Taci." le disse Éomer. "O i tuoi soldati non ti vedranno mai più."
"Spiacente, figlio di Éomund. Non mi impressioni. Non hai credibilità se lasci quel plebeo untuoso guidare il vostro reame. Ora sei tu il principe, non è cosí? Bene, guarda i tuoi sudditi." gli disse Goneril, indicando con un dito inanellato le abitazioni tutt'intorno. "È tua precisa responsabilità proteggerli. Per prima cosa, dovresti andare là dentro e mandare all'altro mondo quel Grima, o farlo imprigionare. Poi, dovresti galoppare con i tuoi Rohirrim verso Isengard, e spedire anche quel vecchio incartapecorito di Saruman dritto da Eru, e che se la veda lui. Allora tuo zio sarà libero, e anche tutti voi. Ma non farai né una, né l'altra cosa." Goneril fece una smorfia di disprezzo. "Invece, prendertela con una donna é più facile. Meno pericoloso."
⚜️⚜️⚜️
Capitolo conclusivo della saga Roswehn/Thranduil
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Eomer, Eowyn, Gandalf, Legolas
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Goneril era immersa nell'acqua calda della vasca di legno. Alcune candele accese illuminavano la piccola stanza da bagno, e un piacevole profumo di lavanda aveva impregnato l'aria.

In quel silenzio rotto solo da gocciolìo dell'acqua, la donna stava ripensando agli accadimenti delle ultime ore.

Quella tremenda battaglia.

Ma com'era possibile che Saruman avesse messo insieme in così poco tempo un esercito di tale ampiezza? Ma come accidente c'era riuscito? Doveva aver stretto un tremendo patto con Sauron, come sospettava Éomer. Certo, era incredibile: Saruman era il capo degli Istari, l'Ordine degli Stregoni che, così come gli Elfi, avevano il compito di proteggere la Terra di Mezzo. Il suo tradimento era qualcosa di inspiegabile e clamoroso.

Lui e il suo padrone erano stati miseramente umiliati al Fosso di Helm. Questo riequilibrava la situazione, che rimaneva tuttavia grave: era chiaro che quella sconfitta avrebbe spinto Sauron e i suoi seguaci a riprovarci, e solo Eru sapeva la forza di cui quei neri eserciti disponevano. Saruman aveva inviato diecimila Orchi contro il piccolo regno di Rohan, figurarsi cosa avrebbe fatto se gli fosse venuto il ghiribizzo di attaccare Gondor.

Pensó ad Aragorn. 
Era stato coraggioso al Fosso di Helm: in sostanza, aveva condotto lui la difesa all'assedio, nonostante Théoden avesse dato inizialmente il compito a Goneril. 
Quel ramingo era nato per essere Re. Così dicevano le voci. Si era dato alla macchia per anni, aveva scelto l'esilio, ma non poteva tradire il suo sangue.

La donna, tuttavia, aveva l'impressione che fosse turbato da qualcosa: sembrava combattuto, come se una parte di lui rifiutasse ancora quel ruolo.

Lei lo capiva bene. Era a sua volta sommersa da dubbi.
Fino a quel momento, aveva sempre avuto le idee chiare sulla sua vita, aveva passato anni in una legione mercenaria con il progetto ben delineato di accumulare una ricchezza sufficiente a costruirsi un suo piccolo mondo da qualche parte in quel vasto continente. Un mondo che avrebbe avuto le sue regole.

Gli ultimi fatti avevano stravolto e, in parte, ridimensionato quella visione. Intanto, aveva capito di non potersi fidare dei suoi soldati, in primo luogo di quell'avido brigante di Degarre. E questo era già di per sé una bella scocciatura, visto e considerato che la legione era il suo braccio armato, lo strumento con cui costruire quel sogno lontano. Aveva imparato che quei mercenari, invece, le avrebbero velocemente girato le spalle in un momento di disattenzione. 
Volevano quelle casse d'oro. A loro poco importava del suo progetto di una nuova società. Desideravano le monete e come poteva essere diversamente? Prima che Mainard li trasformasse in un esercito disciplinato, non erano stati altro che dei predoni, assassini, ladri, borsaioli. Quell'istinto disonesto era ancora forte in ognuno di loro.

Ma allora perché non mi uccidono? Si chiese. Perché non mi fanno fuori e vanno a prendersi quell'oro?

Goneril immaginó che fosse Hammon il motivo. Di tutti quei furfanti in uniforme, lui era l'unico onesto. Suo nonno era stato vice-capitano di Gondor, e leale servitore di Ecthelion. Era stato un soldato d'onore, e aveva trasmesso quella rettitudine al nipote. La sua influenza positiva sui soldati aveva evitato le rivolte contro di lei, aveva evitato che venisse uccisa. Hammon ripeteva sempre agli uomini che bisognava rispettare il Generale e questi lo ascoltavano.

Pensó anche a Théoden.
Quel Re anziano e provato dal recente lutto per la scomparsa del figlio, quel sovrano stanco e sfiduciato che stava per arrendersi e che aveva recuperato d'improvviso il suo orgoglio pochi attimi prima della capitolazione.

Era davvero suo padre? Forse. Comunque, l'eventuale conferma di questa parentela non avrebbe fatto differenza nella sua vita. Lei era cresciuta nella violenza ed era stata educata a combattere per vivere. Scoprire a trent'anni suonati di essere figlia di un Re non avrebbe cambiato un'acca nella sua esistenza. Gli anni erano passati ed erano stati duri: non sarebbero tornati indietro.

Si guardó le mani. Erano screpolate, le nocche erano dure, e sembravano invecchiate anzitempo. Tutte conseguenze di un decennio passato a marciare nel freddo, a impugnare l'elsa della sua spada, a reggere scudi, stringere funi, pulire la sua armatura con la lisciva, che bruciava sulla pelle e la piagava.

Erano le mani di un soldato. 
Se avesse fatto una vita da principessa, le sue mani sarebbero state bianche e delicate come quelle di Éowyn.

Goneril non sapeva perché in Théoden era così radicata la certezza che lei fosse sua figlia, ma una cosa era certa: in tutti quegli anni aveva vissuto in un modo che di regale aveva ben poco.

"Ti basta il sapone? Ce n'é un altro pezzo, se vuoi." chiese Éowyn, entrando nella stanza. Aveva in mano una lunga veste di lana. "Puoi indossare questa per la notte. È calda. Era di mia madre."

"Ti ringrazio. Stai esagerando con le cortesie." sorrise Goneril, sollevandosi in piedi.

Èowyn si girò dall'altra parte, imbarazzata dalla sua nudità. "Ti mette a disagio osservare un'altra donna?" chiese Goneril.

"No." rispose la principessa, porgendole un telo sempre senza guardarla. "Asciugati con questo." 

"Guardami." le ordinò lei.

Éowyn sussultò impercettibilmente, ma poi girò piano il capo. Goneril si era avvolta nel pezzo di stoffa, ma aveva lasciato scoperto un fianco. Lo sguardo di Éowyn venne attratto da un segno rosso che si allungava dalle costole fino all'anca della guerriera. 
Una brutta cicatrice.

"Oh...ma...come te lo sei fatto?" chiese la ragazza, impressionata.

"Non lontano da qui, tre anni or sono." spiegò Goneril, strofinandosi con il telo. Éowyn notò anche che aveva un fisico tonico, se non proprio muscoloso, specie le gambe. Anni spesi a cavalcare quel maestoso cavallo nero avevano fatto la loro parte, evidentemente.

"Sai gli Uomini delle Colline?" continuò Goneril, divertita dalle occhiate di Éowyn. La principessa di Rohan era esile e minuta, paragonata a lei. E piatta come una tavola: le forme della donna dell'Est erano decisamente più femminili.

"Sí. Quei rozzi barbari. Vivono ai confini del nostro regno, hanno rifiutato la protezione di mio zio." rispose Éowyn.

"Non esattamente. Tuo zio, e suo padre prima di lui, hanno rubato parte del loro territorio. Hanno tentato di sottometterli, ma si sono opposti. Hanno fieramente protetto la loro libertà." ribatté Goneril.

"No." obiettò Éowyn. "Opponendosi alla nostra protezione hanno scelto di continuare a vivere come animali. Dormono in grotte, si coprono con pelli di lupi, si cibano di frattaglie. E obbligano i loro bambini a crescere nella miseria. È terribile."

"Punti di vista. Io li considero un popolo orgoglioso, e in parte li rispetto. Il loro unico problema...è che sono un po' selvaggi, in questo hai ragione." disse Goneril, mettendosi quella specie di camicia da notte. La lana era grezza e pizzicava la pelle. "...come faceva tua madre a indossare questa veste? Sembra fatta con la juta."

Éowyn non replicò alla critica. "Quella cicatrice...te l'hanno lasciata loro?" chiese invece.

"Esatto, cara. Tempo fa commisero l'errore di attaccare un villaggio non lontano dalle colline. Un villaggio libero, non subordinato ad alcun regno. Noi c'eravamo accampati nei pressi, vedi il caso. Il capovillaggio ci raggiunse disperato: ci implorò di aiutare la sua comunità, perché quei barbari delle colline stavano razziando la sua gente. C'erano stati anche degli stupri. Cosí andammo sul posto e riuscimmo a disperdere quei pezzenti. Ne mandammo anche molti all'altro mondo." raccontò Goneril.

"Che orrore..." commentò Éowyn.

"Fu un pessimo affare, soprattutto. Quel villaggetto era povero, contadini... sai... ci pagarono in selvaggina e verdure." rise la donna. "Abbiamo mangiato carne di fagiano e lepre per non so quanti giorni."

"Ti colpirono al fianco?" chiese la ragazza bionda.

"Sí. Un tizio che credevo di aver ucciso stava solo fingendo di essere morto. Quando mi avvicinai al suo corpo steso a terra, mi pugnalò a tradimento." spiegò Goneril. "E cosí si spiega questo bel segno."

"Peccato. Rovina il tuo corpo." commentò Éowyn.

"Per quello che mi importa..." disse Goneril. "Hai un pettine, cugina?"

Éowyn rovistò fra le sue cose, tenute in un cassetto di un antico mobile. Estrasse un oggetto che sembrava una spazzola. "Tieni."

Goneril si sedette sul letto e iniziò a districarsi i capelli bagnati. Sembrava che una famiglia di topi ci avesse costruito un nido, tanto erano ingarbugliati.

"Ti aiuto. Aspetta." disse Éowyn, sedendosi dietro di lei.

"Se mi fai male, tra qualche anno anche tu ammirerai una bella cicatrice sul tuo corpo delicato, ti avverto." minacciò Goneril.

"Sei davvero cosí crudele? Io non lo credo." disse Éowyn, "... e sai una cosa? Ti invidio."

Goneril credette di non aver capito bene. "Invidi cosa?"

"La vita libera e avventurosa che hai fatto. Hai potuto combattere, farti valere, sei a capo di un esercito. Tutte cose che io posso solo sognare." rispose Éowyn amaramente.

"Hai ascoltato il mio discorso di prima?" rispose Goneril. "...vita libera e avventurosa..." ripeté. "Tu non sai neanche di che parli."

"Vorrei essere al tuo posto, invece." disse Éowyn, passando la spazzola fra quelle ciocche nere il piú delicatamente possibile.

"Curioso. Pensa, alcuni minuti fa ho pensato la stessa cosa riguardo a te." disse Goneril. "Mi sono chiesta come sarebbe fare una vita da privilegiata nipote di un Re. Servita, riverita, al sicuro in un Palazzo come questo. Ho idea che se fosse possibile scambiare le nostre esistenze, non saresti tu quella che ci guadagnerebbe."

Éowyn le diede uno strattone ai capelli. Goneril imprecó dal dolore e si giró per mollargliene uno dritto in faccia. Con inaspettata velocità, Éowyn le afferró la mano e le torse il braccio dietro la schiena. Il dolore alla spalla fu lancinante. Goneril urló di sorpresa e rabbia.

"Attenta, cugina...non sono debole come credi." disse la principessa di Rohan. Poi si alzó dal letto e lanció la spazzola sulle coltri. "Arrangiati da sola."

Senza ulteriori parole, uscì dalla stanza.

Goneril rimase seduta, massaggiandosi il braccio dolorante. 
La vecchia Goneril, la donna che era stata fino a qualche giorno prima, avrebbe seguito quella giovane impudente e le avrebbe dato un biglietto di sola andata per l'aldilà.

Stranamente, in quella circostanza stava invece mantenendo la calma. Anzi, vedere tanto carattere in quella ragazzetta le dava un certo senso di soddisfazione. Come una madre che pensa della figlia sono tanto orgogliosa di te.

Sorrise.

Questa te la lascio passare, bionda. Ma vedremo se avrai abbastanza fegato da tornare in questa stanza, pensó la guerriera, mentre il profumo di lavanda che usciva dalla sala da bagno iniziava a darle sonnolenza. Si adagió su quel letto improvvisato, e non ci volle molto perché gli occhi le si chiudessero. 
L'abbraccio del sonno l'avvolse.

⚜️⚜️⚜️

Si sveglió quando era giorno inoltrato. Lo capiva, perché dalle finestre entrava una luce forte e quasi accecante. Il sole era alto.

Calcolò che doveva aver dormito tredici ore come minimo. Per lei, che era abituata a svegliarsi ogni notte almeno cinque volte, era un fatto inusuale. Doveva essere stato l'assoluto silenzio del luogo, il fatto di essere adagiata su un vero materasso di lana e non un giaciglio di sacchi impilati uno sull'altro o forse il senso di tranquillità che quella stanza profumata le trasmetteva.

Si giró verso il letto di Éowyn. Lei non era lì, ma aveva dormito lì, perché le coperte erano sfatte.

Le aveva lasciato qualcosa. Su una delle sedie, era stato poggiato un abito per lei. Semplice, di tela grezza mista a velluto.

Goneril si decise ad alzarsi, con una smorfia: tutto il suo corpo era indolenzito. Non aveva ferite, per fortuna, ma sembrava che i suoi muscoli si fossero presi una vacanza. Le gambe protestarono alla sua decisione di alzarsi, e vennero percorse da delle improvvise contratture. "Sto invecchiando, mi sa." sorrise lei.

"Ti sei svegliata, finalmente." la salutó Éowyn, entrando nella stanza con una ciotola piena di qualcosa. "Questa la colazione gentilmente offerta dalle nostre cucine."

"Non mi avvicinerei troppo se fossi in te. Non è stata una bella pensata tentare di rompermi un braccio." rispose lei, osservando quel composto grigiastro nella ciotola. "Ma cos'é questa roba?"

"Zuppa d'avena. Riempirà il tuo stomaco per tutto il giorno." rispose la ragazza. "E...scusa per ieri."

"L'hai preparata tu? Se ti é venuta come quello stufato, puoi gettarla ai maiali." rispose Goneril, infilandosi quell'abito. Era stretto su di lei.

"Sempre gentile, vedo. L'hanno preparata le nostre cuoche. E non disturbarti a ringraziare." ribatté Éowyn. "Ho una notizia."

La donna si giró. "Cioé?"

"Aragorn e gli altri sono tornati da Isengard." spiegó la principessa. "Saruman é morto."

Goneril rimase spiazzata. "Saruman, dici sul serio...? L'ha ucciso Gandalf?"

"Non lo so. So che i suoi giorni da servo del Male sono finiti. É un grande sollievo per tutti." sospiró Éowyn. "Se Eru vuole, l'incubo é finito."

"Ma nemmeno per scherzo." ribatté Goneril. "Lo Stregone era un burattino. Il Nemico è Sauron. Sconfiggere lui sarà tutta un'altra storia."

Éowyn annuì. "Comunque, ora ha un'arma in meno. E c'é un'altra cosa che devi sapere." continuó. "Gandalf ha ritrovato quei due mezz'uomini...come li chiamano..."

"Hobbit." suggerì la soldatessa.

"Sì. Li ha portati qui. Forse dovresti incontrarli." disse Éowyn.

Goneril corrugó la fronte. "E perché? Che vuoi che mi importi di due nanetti della Contea?"

Éowyn si avvicinó a lei e l'aiuto a legarsi il corpetto dietro la schiena. "Ho origliato da dietro una porta mentre lo Stregone e Aragorn si parlavano. Ho sentito che uno di quei due porta su di sé un oggetto di enorme valore." disse. "Un...Anello."

"Hai la stoffa della spia, i miei complimenti." ghignó Goneril. "...che tipo di Anello?"

"Un Anello magico, dicevano. Ha a che fare con...Sauron." rispose Éowyn. 
"E credo che tu debba approfondire la faccenda."

Goneril si giró a guardarla. "Non so cosa possa essere." rispose, pensierosa. "Senti...avete una biblioteca qui?" chiese alla giovane.

"Ma certo." rispose Éowyn. "Come in tutti i reami."

"Suppongo abbiate dei volumi sulla Storia della Terra di Mezzo. Va' a cercarli e portami tutti quelli relativi alla genesi di Arda, agli Elfi, e agli strumenti magici." disse Goneril. "Da quando ho incontrato Aragorn e gli altri ho avuto il sospetto che fossero in missione. Forse quell'Anello di cui parli é legato alla faccenda in cui sono coinvolti, ma se é un segreto...di certo non me lo verranno a dire."

"Va bene. Ti porterò quello che hai chiesto. Ma ti chiedo un favore in cambio." propose Éowyn.

"Un altro, oltre a quello di fare una buona azione?" ribatté Goneril ironica. "E a proposito, credo di aver mantenuto la promessa, visto che non ti ho uccisa dopo lo sgarbo di ieri sera."

"No. Voglio che tu mi coinvolga in tutto ciò che farai. Voglio starti vicino e aiutarti. Voglio...vivere la vita che fai tu." disse Éowyn.

Goneril sorrise. "Beh, mia cara, non lo definirei un favore. É piuttosto una condanna."

Éowyn non rispose. Si limitava a osservarla con quegli occhi celesti pieni di improvvisa luce.

"...ma se desideri, ti accontenterò. Ora va'. E non farti sorprendere da tuo zio, o dagli altri." la esortò Goneril. "Se le informazioni che raccoglieremo porteranno alla scoperta di qualcosa di importante...potrei anche farti entrare nella mia legione."  disse con un sorriso. "...di certo mi saresti più leale di quei briganti là fuori."

"Aspetta qui." disse Éowyn, e lasciò la stanza.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Sinden